Consiglio di Stato, sezione terza, Sentenza 8 maggio 2019, n. 2997.
La massima estrapolata:
In materia di DASPO con specifico riferimento ad eventuali condotte individuali estrinsecatesi in azioni di gruppo, un comportamento di gruppo non esclude la possibilità di individuare con il Daspo (una somma di) responsabilità individuali omogenee, qualora queste siano supportate da elementi diretti o presuntivi che consentano di affermare l’inequivoca e consapevole partecipazione dei singoli al comportamento di gruppo.
Sentenza 8 maggio 2019, n. 2997
Data udienza 21 marzo 2019
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Terza
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2338 del 2017, proposto dal signor -OMISSIS-, rappresentato e difeso dall’avvocato Co. Vo. e con questi elettivamente domiciliato in Roma, via (…), presso lo studio dell’avvocato Ma. Pr.,
contro
il Ministero dell’interno, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria in Roma, via (…);
la Questura di Modena, in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituita in giudizio,
per la riforma
della sentenza del Tar Emilia Romagna, sede di Bologna, sez. I, n. -OMISSIS- del 19 gennaio 2017, che ha respinto il ricorso proposto per l’annullamento del provvedimento Daspo del 12 ottobre 2016, con il quale è stato vietato di accedere, per anni due, agli impianti sportivi siti su tutto il territorio nazionale, ove si svolgono manifestazioni calcistiche.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero dell’interno;
Vista la memoria depositata dal signor -OMISSIS- in data 18 febbraio 2019;
Vista la “memoria”, contenente la sola istanza di differimento della trattazione della camera di consiglio cautelare, depositata dal Ministero dell’interno in data 13 aprile 2017;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 21 marzo 2019 il Cons. Giulia Ferrari e udito altresì l’Avvocato dello Stato per il Ministero dell’interno, come da verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. Con Daspo del 12 ottobre 2016 al signor -OMISSIS- è stato vietato di accedere, per due anni, agli impianti sportivi siti su tutto il territorio nazionale, ove si svolgono manifestazioni calcistiche, in conseguenza di incidenti verificatisi al termine dell’incontro di calcio tra il Modena F.C. ed iI Brescia Calcio, disputato il 20 febbraio 2016 presso lo Stadio comunale “Al. Br.” di Modena, valevole per il campionato di serie “B”.
Avverso detto provvedimento il signor -OMISSIS- ha proposto ricorso al Tar Bologna che, con sentenza della sez. I, n. -OMISSIS- del 19 gennaio 2017, lo ha respinto.
2. La sentenza è stata impugnata con appello notificato il 30 marzo 2017 e depositato il successivo 31 marzo, deducendo che è stata emessa sulla base di fonti di prova nemmeno indiziarie o, meglio, sulla base di fonti di prove mai esaminate da parte dell’interessato, in quanto l’appellante non ha potuto accedere agli atti del procedimento amministrativo pur avendone fatto richiesta precedentemente all’irrogazione del Daspo stesso e, quindi, anche alla presentazione del ricorso di primo grado dinanzi al Tar Bologna.
Ha aggiunto l’appellante che la sentenza del giudice di primo grado basa la propria motivazione sulla ricostruzione fornita dell’identificazione del ricorrente in base alle attestazioni dei pubblici ufficiali, in conformità all’annotazione della Digos di Brescia, sulla base delle immagini estrapolate dagli impianti di videosorveglianza interni ed esterni allo stadio di Modena, con particolare riferimento al verbale degli accertamenti tecnici del 4 marzo 2016 derivanti dai fotogrammi. Di tali fotogrammi il signor -OMISSIS- non ha nemmeno avuto la cognizione dell’esistenza in quanto, pur avendo chiesto di visionarli, non è mai stato messo in condizioni di poterli vedere.
A fronte di questo evidente difetto di istruttoria erroneamente il Tar ha deciso con sentenza in forma semplificata, all’esito della camera di consiglio, invece di ordinare incombenti istruttori. Infine, il mancato accesso agli atti richiesto a mezzo pec con memoria dal ricorrente e negato dalla Questura di Modena sulla scorta del fatto che l’avviso di avvio del procedimento amministrativo contiene già in sé e per sé tutti gli elementi utili a identificare la violazione commessa e si appalesa come giustificazione e motivazione non valida e carente sia sul piano sostanziale che sul piano formale
3. Si è costituito in giudizio, in data 11 aprile 2017, il Ministero dell’interno senza espletare alcuna difesa.
4. La Questura di Modena non si è costituita in giudizio.
5. Alla pubblica udienza del 21 marzo 2019 la causa è stata trattenuta per la decisione.
DIRITTO
1. Preliminarmente si dà atto che all’udienza di merito di discussione il Ministero dell’interno non si è opposto al deposito dei fotogrammi (nn. 1-5) estrapolati dalla Questura di Modena, effettuato dal signor -OMISSIS- per dimostrare la propria estraneità ai fatti addebitati. Tali fotogrammi sono stati spillati alla memoria depositata il 18 febbraio 2019 e sono quindi tardivi rispetto al termine di 40 giorni previsto dall’art. 73, comma 1, c.p.a..
Si tratta peraltro di documentazione, non depositata in primo grado ma ammissibile ai sensi dell’art. 104, comma 2, c.p.a.. Sono infatti indispensabili ai fini della presente giudizio poiché sono atti relativi al procedimento amministrativo sfociato nell’adozione del provvedimento di Daspo in questo giudizio contestato.
Vale sul punto rammentare la consolidata giurisprudenza di questo Consiglio di Stato, secondo la quale gli atti e i documenti inerenti al procedimento sono per definizione “indispensabili” ai fini della decisione e sussiste il potere-dovere in capo al giudice amministrativo, anche in sede di appello, di acquisirli, se del caso con l’esercizio del proprio potere officioso ai sensi dell’art. 46, comma 2, c.p.a., senza incorrere nella preclusione ai nova in appello di cui all’art. 104, comma 2, c.p.a. (Cons. St., sez. VI, 22 maggio 2018, n. 3042).
2. E’ impugnata la sentenza, resa in forma semplificata all’esito della camera di consiglio per la trattazione dell’istanza cautelare, n. -OMISSIS- del 19 gennaio 2017 della sez. I del Tar Bologna, che aveva respinto il ricorso proposto avverso il provvedimento Daspo emesso dalla Questura di Modena nei confronti del signor -OMISSIS- il 12 ottobre 2016.
In particolare, il Daspo prevedeva “ii divieto di accedere, per anni due, a decorrere dalla notifica del presente provvedimento, agli impianti sportivi, siti su tutto il territorio nazionale, ove si svolgono manifestazioni sportive relative alla ‘disciplina del calciò, e più specificatamente, agli incontri di caldo disputati dalla Nazionale Italiana dl Calcio, della medesima compagine ‘Under 21’ e successive ‘categorie giovanilà, disputati da tutte le squadre di calcio che militano nei campionati nazionali di Serie A, – 13, – Lega Pro, – campionati dilettantistici di Serie D, – campionati regionali di Eccellenza, ‘Promozione, – Prima Categoria, Seconda Categoria, Terza Categorià, nonché tutti gli incontri di calcio relativi alla Coppa Italia, Champions League ed Europa League con l’estensione anche all’estero del divieto di accedere agli Impianti sportivi, ove si svolgono manifestazioni relative alla disciplina del calcio. Il divieto di accesso alle suddette manifestazioni sportive legate al gioco del calcio deve intendersi esteso anche alle gare amichevoli disputate da ogni società sopra elencata, purché, ai fini della determinatezza del divieto da rispettare, siano adeguatamente pubblicizzate dalla stampa o dalla televisione o dalla radio o dai siti internet specializzati o da qualsiasi altro mezzo di diffusione pubblica delle notizie. Il divieto di accesso è esteso, per lo stesso arco temporale di anni due, alle stazioni ferroviarie, caselli autostradali, scali aerei, autogrill ed In tutti gli altri luoghi interessati alla sosta, al transito ed al trasporto di coloro che partecipano ed assistono alle medesime competizioni calcistiche.
Specificatamente e con particolare riguardo alle giornate in cui la squadra di calcio del Brescia Calcio disputa le partite casalinghe, il divieto di accesso è esteso, per un periodo temporale ricompreso tra due ore prima l’inizio e due ore dopo il termine di ciascun incontro di volta in volta programmato, alla zona attigua lo stadio “M. Ripamontr, di Brescia”.
Il Daspo è stato emesso perché il signor -OMISSIS- – in concorso con altri tifosi ultras del “Brescia Calcio”, in data 20 febbraio 2016, al termine dell’incontro di calcio tra il Modena F.C. ed iI Brescia Calcio, disputatosi presso lo Stadio Comunale “Al. Br.” di Modena, valevole per il campionato di serie “B” – all’interno del settore riservato ai tifosi ospiti, alle ore 17.00, si radunava, unitamente ad altri ultras bresciani sotto gli spalti, all’altezza della porta in vetro che divide il settore “ospiti” da quello “gradinata”, ove in quel momento si trovavano i tifosi modenesi ed, al fine di entrare in contatto fisico con quest’ultimi, tentava di scardinarla ed aprirla con la forza. Solo il tempestivo intervento del personale della D.I.G O.S. della Questura di Brescia ha evitato il contatto tra le due tifoserie. Successivamente, alle 17.05 circa, unitamente agli altri ultras bresciani, fallito il tentativo di invasione del settore “gradinata” riservato ai tifosi di casa, dopo essersi travisato con una sciarpa ed un cappellino, indossati in maniera da coprirsi interamente il volto, usciva velocemente dalla curva ospiti e, percorrendo il tunnel del “settore A”, si dirigeva verso il portone carraio posto in viale Montecuccoli. Il -OMISSIS-, unitamente ad altri tifosi bresciani, iniziava a battere con forti calci il portone carraio posto in viale Montecuccoli, con il chiaro intento di provocarne lo sfondamento per entrare in contatto con la tifoseria modenese. Per questi ultimi episodi solo il tempestivo intervento del personale delle Forze di Polizia in servizio allo stadio modenese riusciva ad evitare che il proposito degli ultras bresciani si realizzasse.
3. L’appello non è suscettibile di positiva valutazione.
Prima di esaminare i motivi di appello giova ricordare alcuni principi dettati dalla Sezione in materia di Daspo.
Ai sensi dell’art. 6, comma 1, l. 13 dicembre 1989, n. 401, per il Daspo disposto dal Questore, come per tutto il diritto amministrativo della prevenzione incentrato su una fattispecie di pericolo per la sicurezza pubblica o per l’ordine pubblico, deve valere la logica del “più probabile che non”, non richiedendosi, anche per questa misura amministrativa di prevenzione (al pari di quelle adottate in materia di prevenzione antimafia), la certezza ogni oltre ragionevole dubbio che le condotte siano ascrivibili ai soggetti destinatari del provvedimento, ma appunto una dimostrazione fondata su “elementi di fatto” gravi, precisi e concordanti, secondo un ragionamento causale di tipo probabilistico improntato ad una elevata attendibilità, come è nel caso di specie, proprio sulla base della documentazione in questa sede prodotta (Cons. St., sez. III, 4 febbraio 2019, n. 866).
Peraltro, e con specifico riferimento ad eventuali condotte individuali estrinsecatesi in azioni di gruppo, la Sezione non ha mancato di rilevare che, anche prima delle modifiche introdotte dal d.l. 24 giugno 2014, n. 90 all’art. 6 della l. n. 401 del 1989, un comportamento di gruppo non ha mai escluso la possibilità di individuare con il Daspo (una somma di) responsabilità individuali omogenee, qualora queste fossero supportate da elementi diretti o presuntivi che consentissero di affermare l’inequivoca e consapevole partecipazione dei singoli al comportamento di gruppo (Cons. St., sez. III, 4 novembre 2015, n. 5027).
Nel caso di specie, la condotta del signor -OMISSIS-, a differenza di quanto dallo stesso argomentato nell’atto di appello ma soprattutto in primo grado (essendo l’appello pressoché volto a denunciare il difetto di istruttoria), denota una inequivoca e consapevole sua partecipazione al comportamento di gruppo, che si è estrinsecato in più episodi gravissimi, tutti finalizzati ad entrare in contatto con la tifoseria avversaria, intento non portato a compimento solo grazie all’intervento della personale della D.I.G O.S. della Questura di Brescia e delle Forze di polizia in servizio allo stadio comunale “Al. Br.” di Modena.
Di qui la legittimità del provvedimento di Daspo emesso nei confronti dell’appellante, sulla base di concreti elementi di fatto e secondo la cennata logica del “più probabile che non”, applicabile – come si è detto – a tutto il diritto amministrativo della prevenzione, non esclusi, quindi, i provvedimenti di Daspo in ragione della loro essenziale, innegabile, finalità preventiva, quale ora affermata anche dalla stessa Corte europea dei diritti dell’uomo.
4. Ciò preliminarmente chiarito, non sono suscettibili di positiva valutazione i motivi con i quali si afferma la nullità del Daspo impugnato dinanzi al Tar Bologna e, conseguentemente, della sentenza di detto Tar per difetto di istruttoria e omesso rilascio della documentazione posta a base del provvedimento restrittivo.
Allegata alla memoria del 18 febbraio 2019 l’appellante ha depositato copia dei cinque fotogrammi dai quali si evincerebbe, a parere della Questura, la sua partecipazione ai disordini avvenuti allo Stadio comunale di Modena, conclusione invece contestata dallo stesso -OMISSIS- proprio attraverso l’esame dei 5 scatti. La produzione di detta documentazione non era stata possibile, per ragioni evidenziate in appello, dinanzi al Tar.
Rileva il Collegio anche tale documentazione, contrariamente a quanto assume l’appellante, offre la riprova della correttezza dell’operato della Questura.
E’ certo che nel fotogramma n. 5 il tifoso (identificato come “soggetto n. 9”) che si vede è il -OMISSIS-, perché il tornello – all’orario (14.50.35) rilevato dal sistema di videosorveglianza dello Stadio – ha marcato, attraverso il biglietto nominale, l’ingresso proprio del -OMISSIS-.
Sulla questione se il “soggetto n. 9” degli altri quattro fotogrammi sia proprio il -OMISSIS- il Collegio ritiene di condividere le conclusioni alle quali è pervenuta la Questura, smentite dall’appellante, nella memoria del 18 febbraio 2019, con una assertiva ma immotivata affermazione che negli altri fotogrammi si vede un “soggetto non riconducibile al soggetto di cui al fotogramma 5”.
La conclusione della Questura è supportata dal confronto tra le sagome dei “soggetti n. 9” dei cinque fotogrammi, dalla loro forte somiglianza (se non identità ) anche con riferimento all’abbigliamento (giacca a vento con cappuccio e copricapo diverso da quello della giacca a vento), distinto nel fotogramma n. 5 ma chiaro anche nei nn. 1-3 e quasi chiaro nel n. 4. Proprio il riferimento soprattutto all’abbigliamento del “soggetto n. 9” rende irrilevante la circostanza che nell’ultimo tentativo di assalto il -OMISSIS- avesse indossato, per non farsi identificare, un cappellino, in modo da coprirsi interamente il volto.
Tali prove, acquisite dalla Questura a seguito delle citate attività investigative, portano altresì a concludere per la carenza di interesse in ordine al rilascio di documentazione, negata dalla Questura di Modena con la nota del 27 settembre 2016, atteso che a fronte della sufficienza dei fotogrammi a comprovare la presenza attiva del -OMISSIS- nel gruppo di tifosi protagonisti dei tentativi di scontri, alcun altro documento in mano all’Amministrazione avrebbe potuto scaglionarlo.
Né potrebbe apportare alcuna utilità la declaratoria di nullità della sentenza del Tar, di cui peraltro non si ravvisano i presupposti, atteso che le prove portate in appello dallo stesso -OMISSIS- non potrebbero condurre ad un diverso esito del gravame.
Contrariamente a quanto afferma l’appellante non è stato decisivo, ai fini della reiezione del giudizio di primo grado, la risposta (verbalizzata) data dal difensore del -OMISSIS-, su richiesta del presidente del Collegio giudicante, in ordine alla mancata proposizione della querela di falso “rispetto alle attestazioni sull’identificazione dei ricorrenti”, atteso che la ragione del rigetto del ricorso, che si evince nella sia pur molto breve motivazione della sentenza, è nell’identificazione dei ricorrenti (si trattava infatti di ricorso collettivo, proposto da -OMISSIS- ed altri due tifosi destinatari dei ana Daspo) tra gli ultras pronti all’assalto della tifoseria avversaria. Diventano così irrilevanti le disquisizioni dell’appellante sulla mancanza di un obbligo – in capo al soggetto che voglia in sede giudiziaria far valere le proprie ragioni contro l’Amministrazione che ha adottato un atto o tenuto un comportamento a lui sfavorevole – a intentare un’azione incidentale di querela di falso.
Quanto alla decisione del giudice di primo grado di definire la sentenza in forma semplificata, è noto che l’esigenza e l’opportunità della sollecita decisione nel merito di una causa è rimessa dal legislatore al prudente apprezzamento del giudice e non alla volontà delle parti, che devono essere avvertite sul punto (come risulta essere stato fatto dalla annotazione, a pag. 2 della sentenza, “sentite le stesse parti ai sensi dell’art. 60 c.p.a.”); questo indirizzo è coerente con l’imperativo costituzionale della ragionevole durata del processo, a sua volta discendente dal principio generale del giusto processo ex art. 111 Cost. alla cui realizzazione le parti e il giudice sono tenute a collaborare ai sensi dell’art. 2, comma 2, c.p.a. (Cons. St., sez. V, 23 ottobre 2014, n. 5248). Pertanto, anche la presenza di una situazione manifesta in relazione alla ricevibilità, procedibilità, ammissibilità, fondatezza o infondatezza del ricorso, che giustifica la decisione del giudice di definire la causa con sentenza in forma semplificata, è rimessa esclusivamente al giudice, con la conseguenza che la sua scelta deve intendersi quale espressione di una valutazione di opportunità insindacabile (Cons. St., sez. V, 27 giugno 2012, n. 3777).
L’appellante afferma che avrebbe comunicato al Collegio di primo grado l’intenzione di proporre motivi aggiunti.
Rileva il Collegio che di tale intenzione non vi è traccia alcuna nel ricorso depositato dinanzi al Tar, nel quale anzi, pur richiamando più volte il diniego di accesso opposto dalla Questura, non si fa riserva di proporre motivi aggiunti una volta che il Tar avesse ordinato l’esibizione, essendo l’atto introduttivo del giudizio essenzialmente volto ad affermare la completa estraneità ai fatti del -OMISSIS- (e degli altri due ricorrenti) e a chiedere la nullità del Daspo per violazione del diritto di difesa, con la conseguenza che una volta superata, da parte dei giudicanti, tale censura (richiamando i limiti all’accesso di documenti inerenti l’ordine pubblico) non avrebbe avuto più ragione il rinvio della causa.
Giova aggiungere, per concludere, che non costituisce una prova delle ragioni dell’appellante neanche la circostanza che in data 28 settembre 2016 non risultavano a carico dello stesso “iscrizioni suscettibili di comunicazioni”, come attestato dalla Procura della Repubblica di Modena. L’adozione del Daspo prescinde, infatti, dall’inizio di un procedimento penale, né la sanzione amministrativa potrebbe essere impedita dalle vicende di tale (eventuale) procedimento (Cons. St., sez. III, 14 gennaio 2016, n. 92).
5. E’ invece inammissibile per genericità la richiesta, proposta nella parte conclusione (P.T.M.) di “remissione degli atti alla Corte Costituzionale per violazione degli artt. 16, 97, 111, comma 2, Costituzione della Repubblica Italiana”, non accompagnata da alcuna altra indicazione e motivazione delle ragioni per cui la legge (peraltro neanche indicata) non sia conforme ai principi dettati dalla Costituzione.
6. L’infondatezza nel merito del ricorso comporta il rigetto della domanda di risarcimento del danno (peraltro chiesta per la prima volta in appello) atteso che l’illegittimità del provvedimento impugnato è condizione necessaria per accordare il risarcimento richiesto; la reiezione della parte impugnatoria del gravame impedisce infatti che il danno stesso possa essere considerato ingiusto o illecita la condotta tenuta dall’Amministrazione (Cons. St., sez. V, 1 ottobre 2015, n. 4588; id., sez. IV, 29 dicembre 2014, n. 6417; id., sez. V, 5 dicembre 2014, n. 6013; id. 27 agosto 2014, n. 4382; id. 13 gennaio 2014, n. 85; id., sez. IV, 17 settembre 2013, n. 4628; id., sez. V, 15 gennaio 2013, n. 176).
7. Per tutte le ragioni sopra esposte i motivi di appello e le questioni sottoposte con la memoria del 13 marzo 2019 non sono tali da portare alla nullità della sentenza del Tar Bologna né, tanto meno, al Daspo del Questore di Modena del 12 ottobre 2016.
Le questioni vagliate esauriscono la vicenda sottoposta alla Sezione, essendo stati toccati tutti gli aspetti rilevanti a norma dell’art. 112 c.p.c.. Gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati, infatti, dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e, comunque, inidonei a supportare una conclusione di segno diverso.
Sussistono giusti motivi, per compensare tra le parti in causa le spese e gli onorari del giudizio, sia per la mancanza di difesa scritta da parte del Ministero dell’interno, sia per avere l’appellante acquisito copia dei fotogrammi, dai quali come si è detto era possibile evincere la propria posizione, solo nel corso del giudizio di impugnazione.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Terza,
definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Compensa tra le parti in causa le spese e gli onorari del grado di giudizio
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’art. 52, d.lgs. 30 giugno 2003 n. 196, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare l’appellante.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 21 marzo 2019 con l’intervento dei magistrati:
Franco Frattini – Presidente
Giulio Veltri – Consigliere
Pierfrancesco Ungari – Consigliere
Giovanni Pescatore – Consigliere
Giulia Ferrari – Consigliere, Estensore
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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