Consiglio di Stato, Sezione quarta, Sentenza 2 luglio 2020, n. 4254.
La massima estrapolata:
L’unico criterio per individuare la destinazione urbanistica di un terreno o di un immobile è quello della edificabilità legale, per cui un’area va ritenuta edificabile quando essa risulti classificata come tale dagli strumenti urbanistici e ciò nei limiti della destinazione zonale formalmente impressa dal piano, con irrilevanza delle modificazioni di fatto intervenute all’interno delle zone ma non recepite in apposite varianti.
Sentenza 2 luglio 2020, n. 4254
Data udienza 18 giugno 2020
Tag – parola chiave: Interventi edilizi – Destinazione urbanistica – Individuazione – Criteri – Modificazioni di fatto intervenute all’interno delle zone ma non recepite in apposite varianti – Irrilevanza
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Quarta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 4126 del 2019, proposto da
Sa. S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Fa. Lo., Em. Lo., Cl. Pi., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Fa. Lo. in Bari, via (…);
contro
Comune di (omissis), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Gi. De Ca., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in (omissis), p.zza (omissis) ;
per la riforma
della sentenza breve del Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia Sezione Seconda n. 00363/2019, resa tra le parti, concernente Annullamento, previa sospensiva, del provvedimento di diniego del rilascio del permesso di costruire richiesto dalla Sa. s.r.l. in relazione all’intervento di demolizione e ricostruzione, ai sensi dell’art. 4 comma 1 delle L.R. 14/2009 ss.mm.ii., sull’immobile sito in (omissis) alla via (…), riportato nel N.C.E.U. al fg. (omissis) p.lla (omissis), P.E. 20/2017 e di ogni altro atto presupposto, connesso al provvedimento impugnato ed in particolare della nota dirigenziale prot. n. 57942 del 13 luglio 2017 con cui il comune di (omissis) ha comunicato alla ricorrente il preavviso di diniego della richiesta di permesso di costruire. Accertamento del diritto della Sa. s.r.l. all’ottenimento del permesso di costruire alla stregua della corretta interpretazione dell’art. 4 comma 1 delle L.R. 14/2009, nonché il risarcimento dei danni subiti e subendi dalla ricorrente in esito al comportamento illegittimo e reiterato della amministrazione comunale di (omissis).
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Comune di (omissis);
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 18 giugno 2020 il Cons. Antonino Anastasi e uditi per le parti gli avvocati Fa. Lo. e Gi. De Ca. che partecipano alla discussione orale ai sensi dell’art. 4 d.l. 28/2020;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
La società appellante, proprietaria di un immobile produttivo ubicato in zona D di p.r.g., nel marzo 2017 ha richiesto al comune di (omissis) il permesso per trasformarlo in residenziale, mediante demolizione e ricostruzione con gli aumenti volumetrici previsti dal c.d. piano casa regionale (l.r. Puglia n. 14 del 2009 e s.m.i.).
Nel novembre del 2018 il comune ha denegato l’assenso all’intervento con un provvedimento plurimotivato che la Ditta ha impugnato avanti al TAR Bari, il quale però ha respinto il gravame con la sentenza semplificata ex art. 60 c.p.a. in epigrafe indicata.
La sentenza è stata impugnata con l’atto di appello oggi all’esame dalla Ditta soccombente la quale ne ha chiesto l’integrale riforma, previa sospensione dell’esecutività .
Si è costituito in resistenza il comune di (omissis).
Alla camera di consiglio del 13 giugno 2019 l’istanza cautelare è stata rinviata al merito.
Il comune ha prodotto memoria e la società note di replica, entrambi insistendo nelle già rappresentate conclusioni.
All’udienza del 18 giugno 2020 – svoltasi in videoconferenza da remoto con la partecipazione dei Difensori delle Parti e con le modalità indicate a verbale – l’appello è stato trattenuto in decisione.
L’appello è infondato e va pertanto respinto, con integrale conferma della sentenza gravata.
Con il primo e complesso motivo di impugnazione l’appellante sostiene in generale che – a seguito delle modifiche apportate all’art. 5 comma 6 della l.r. 14/2009 dall’art. 3 comma 1 l.r. 33/2015 – non esisterebbero più preclusioni al cambio di destinazione di immobili interessati dal piano casa.
La piena assentibilità del cambio di destinazione in controversia si evincerebbe del resto (secondo l’ermeneutica a contrario) dal fatto che il comma 1 dell’art. 4 della legge (a seguito delle modifiche introdotte dalla l.r. 37/2016) vieta espressamente il cambio di destinazione in residenziale nelle sole zone territoriali omogenee E agricole.
Il mezzo è proposto in maniera molto suggestiva e articolata ma non è fondato.
Come infatti ben evidenziato dal TAR, le modifiche normative cui l’appellante si riferisce vanno lette e interpretate alla luce della incisiva modificazione introdotta dal Legislatore regionale al testo dell’art. 1 della legge stessa, il quale appunto ne individua e delimita le finalità .
In origine, l’art. 1 comma 2 della legge consentiva infatti di perseguire le finalità promozionali indicate al comma 1 mediante “l’esecuzione di interventi di ampliamento e di demolizione e ricostruzione, anche in deroga alla pianificazione urbanistica locale, secondo le modalità e nei limiti previsti dalle norme seguenti”.
Successivamente però detto comma fu sostituito dall’art. 1 comma 1 l.r. 33/2015 con il testo seguente: “Per perseguire le finalità di cui al comma 1, la presente legge disciplina l’esecuzione di interventi di ampliamento e di demolizione e ricostruzione, anche in deroga agli indici e parametri prescritti dalla pianificazione urbanistica locale, secondo le modalità e nei limiti previsti dalle norme seguenti”.
E’ dunque evidente che la legge – nella versione applicabile ratione temporis – non autorizza più quella deroga generalizzata alle previsioni degli strumenti urbanistici comunali che in origine era invece consentita, ma solamente permette di prescindere dai parametri edificatori fissati dallo strumento urbanistico per le varie zone di riferimento.
Sempre con il primo motivo l’appellante deduce che l’opificio (dismesso da oltre dieci anni) insiste in una zona ormai inglobata nell’ambito residenziale e pienamente infrastrutturata, e quindi pienamente equiparabile alle zone di piano aventi anche tale destinazione abitativa.
Il mezzo non merita positiva considerazione perché l’unico criterio per individuare la destinazione urbanistica di un terreno o di un immobile è quello della edificabilità legale, per cui un’area va ritenuta edificabile quando essa risulti classificata come tale dagli strumenti urbanistici e ciò nei limiti della destinazione zonale formalmente impressa dal piano, con irrilevanza delle modificazioni di fatto intervenute all’interno delle zone ma non recepite in apposite varianti.
Con il secondo motivo l’appellante ribadisce che (diversamente da quanto sostenuto dal comune nell’atto impugnato) il diniego non potrebbe comunque trovare giustificazione nella deliberazione n. 6/2012 adottata dal consiglio comunale di (omissis) proprio in applicazione dell’articolo 6, comma 2, della l.r. n. 14/2009 il quale consente in sostanza ai comuni di perimetrare l’ambito di applicabilità del piano casa nel territorio comunale.
Il motivo (che il TAR aveva in sostanza assorbito) è chiaramente infondato, in quanto dal testo della citata deliberazione si evince che nel territorio di (omissis) il consiglio comunale ha espressamente limitato l’applicazione del piano casa alla zona B e alla zona E (agricola di pregio o senza vincoli particolari).
In tale ottica non si condivide il giudizio del TAR circa una qualche ambiguità della citata deliberazione, in quanto la stessa – ove se ne consideri il dispositivo in rapporto alle premesse, come è doveroso in sede interpretativa – è chiarissima nel porre detti limiti di applicazione del piano casa, come ben dimostra il fatto che appunto nel dispositivo si introducono deroghe ai parametri edificatori proprio e soltanto con riferimento alle zone citate.
In altri termini, a giudizio di questo Collegio la lettera della deliberazione è chiarissima – giusta quanto sostiene il comune resistente e nonostante il contrario sforzo argomentativo dell’appellante – nell’estrinsecare la volontà del consiglio comunale di delimitare (come la legge consentiva) l’applicazione del piano casa a quelle individuate Zone.
Ne segue -anche volendo per ipotesi prescindere dall’analisi della normativa regionale svolta in relazione al primo motivo – che comunque l’intervento non sarebbe stato in concreto assentibile in virtù della specifica delibera comunale.
Sulla scorta delle considerazioni che precedono l’appello va respinto, con integrale conferma della sentenza gravata.
Ogni ulteriore profilo di dettaglio resta assorbito, perché irrilevante ai fini della decisione.
Le spese del giudizio di appello seguono la soccombenza come per legge e sono liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Quarta, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna Sa. s.r.l. al pagamento in favore del comune di (omissis) di euro 5.000,00 (cinquemila/0) oltre spese generali IVA e CPA per spese e onorari di questo grado del giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 18 giugno 2020 con l’intervento dei magistrati:
Antonino Anastasi – Presidente, Estensore
Leonardo Spagnoletti – Consigliere
Daniela Di Carlo – Consigliere
Francesco Gambato Spisani – Consigliere
Roberto Caponigro – Consigliere
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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