Il criterio cosiddetto della vicinitas

Consiglio di Stato, sezione seconda, Sentenza 30 settembre 2019, n. 6519.

La massima estrapolata:

La legittimazione dei soggetti terzi, non direttamente destinatari di un provvedimento di concessione edilizia in sanatoria, è riconosciuta nel settore edilizio in base al criterio cosiddetto della vicinitas, ovvero in caso di stabile collegamento materiale tra l’immobile del ricorrente e quello interessato dai lavori, quando questi ultimi comportino contra legem un’alterazione del preesistente assetto urbanistico ed edilizio; quanto al pregiudizio della situazione soggettiva protetta dei medesimi soggetti terzi, il danno è ritenuto sussistente in re ipsa per gli abusi edilizi, in quanto ogni edificazione abusiva incide se non sulla visuale, quanto meno sull’equilibrio urbanistico del contesto e l’armonico e ordinato sviluppo del territorio, a cui fanno necessario riferimento i titolari di diritti su immobili adiacenti, o situati comunque in prossimità a quelli interessati dagli abusi.

Sentenza 30 settembre 2019, n. 6519

Data udienza 14 maggio 2019

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Seconda
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1744 del 2009, proposto dal Comune di (omissis), in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Gi. Ag., con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Ma. Mu. in Roma, via (…);
contro
la Se. s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, e il Consorzio A.c. – A.s., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall’avvocato Ri. Ma., con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Lu. Na. in Roma, via (…);
nei confronti
del signor Ga. Za., non costituito in giudizio;
per la riforma della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Campania, sede di Napoli, sezione seconda, n. 1868/2008, resa tra le parti.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
visto l’atto di costituzione in giudizio della Se. s.p.a. e del Consorzio A.c. – A.s.;
visti tutti gli atti della causa;
relatore nell’udienza pubblica del giorno 14 maggio 2019 il consigliere Francesco Frigida e uditi per le parti gli avvocati Gi. Ag. e Ri. Ma.;
ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. L’oggetto del giudizio è costituito dalla concessione edilizia in sanatoria n. 121 del 6 luglio 2004, con cui il Comune di (omissis) ha regolarizzato un immobile abusivo con destinazione residenziale edificato dal signor Ga. Za. al confine con gli stabilimenti industriali della Se. s.p.a. e all’interno della fascia di rispetto di un’area sviluppo industriale (A.s.), in presenza di un vincolo di inedificabilità assoluta.
2. Avverso tale provvedimento, la Se. s.p.a. e il Consorzio industriale A.c. – A.s. (di cui la Se. s.p.a. fa parte) hanno proposto il ricorso di primo grado n. 13215 del 2004, dinanzi al Tribunale amministrativo regionale per la Campania, sede di Napoli; successivamente, con atto di motivi aggiunti depositato l’11 ottobre 2007, esse hanno impugnato la delibera del Consiglio comunale di Arzano n. 281 del 27 novembre 1989.
Il Comune di (omissis) e il signor Ga. Za. non si sono costituiti nel giudizio di primo grado.
3. Con l’impugnata sentenza n. 1868 del 4 aprile 2008, il T.a.r. per la Campania, sede di Napoli, sezione seconda, ha accolto il ricorso ed ha condannato il Comune di (omissis) al pagamento in favore delle ricorrenti delle spese di lite, liquidate in euro 1.000, mentre le ha compensate tra le parti private.
In particolare, ad avviso del collegio di primo grado, la concessione edilizia in sanatoria era stata rilasciata dal Comune di (omissis) sull’erroneo presupposto che i relativi immobili ricadessero in zona di scorporo e, quindi, al di fuori della fascia di rispetto; in proposito il T.a.r. ha affermato che l’amministrazione era giunta a tali erronee conclusioni ritenendo che la delibera del Consiglio comunale n. 281 del 27 novembre 1989 e la risposta favorevole del Consorzio per l’area di sviluppo industriale di Napoli fossero sufficienti a modificare la destinazione della zona interessata dagli abusi; il collegio di primo grado ha altresì precisato che la suddetta delibera del Consiglio comunale aveva valore di mera proposta e la stessa, pure favorevolmente esaminata dal Consorzio per l’area di sviluppo industriale di Napoli, non poteva incidere in alcun modo sulla perimetrazione dell’A.s., in assenza di atto di approvazione regionale.
4. Con ricorso ritualmente notificato e depositato – rispettivamente in data 16 febbraio 2009 e 5 marzo 2009 – il Comune di (omissis) ha interposto appello avverso la su menzionata sentenza, articolando il seguente composito motivo: “Error in judicando – error in procedendo – errata determinazione del thema decidendum e del thema probandum – difetto di istruttoria – difetto di motivazione”.
5. Si sono costituiti in giudizio la Se. s.p.a. e il Consorzio A.c. – A.s., deducendo entrambe l’infondatezza del gravame in fatto e diritto.
Il signor Ga. Za. non si è costituito in giudizio.
6. La causa è stata trattenuta in decisione all’udienza pubblica del 14 maggio 2019.
7. L’appello è infondato e deve essere respinto alla stregua delle seguenti considerazioni in fatto e diritto.
7.1. Il Comune di (omissis) ha dedotto l’erroneità della sentenza per non aver dichiarato l’inammissibilità del ricorso per carenza di legittimazione attiva della Se. s.p.a. e del Consorzio A.c. – A.s., atteso che queste ultime avrebbero dovuto identificare il bene della vita pregiudicato dal provvedimento impugnato e conseguentemente non sarebbe stato possibile verificare la concreta lesione di un interesse giuridicamente rilevante.
Siffatta doglianza è infondata. Ed invero, la legittimazione ad agire delle ricorrenti in primo grado, come correttamente ritenuto dal T.a.r., si rinviene nella sussistenza del requisito della vicinitas, insistendo il manufatto su un’area posta a ridosso degli stabilimenti industriali della Se. s.p.a.. Al riguardo la giurisprudenza amministrativa ha chiarito che: “La legittimazione dei soggetti terzi, non direttamente destinatari del provvedimento, è riconosciuta nel settore edilizio in base al criterio cosiddetto della vicinitas, ovvero in caso di stabile collegamento materiale tra l’immobile del ricorrente e quello interessato dai lavori, quando questi ultimi comportino contra legem un’alterazione del preesistente assetto urbanistico ed edilizio; quanto al pregiudizio della situazione soggettiva protetta dei medesimi soggetti terzi, il danno è ritenuto sussistente in re ipsa per gli abusi edilizi, in quanto ogni edificazione abusiva incide se non sulla visuale, quanto meno sull’equilibrio urbanistico del contesto e l’armonico e ordinato sviluppo del territorio, a cui fanno necessario riferimento i titolari di diritti su immobili adiacenti, o situati comunque in prossimità a quelli interessati dagli abusi” (Consiglio di Stato, sezione IV, sentenza 26 luglio 2018, n. 4583).
7.2. L’appellante ha inoltre contestato la pronuncia impugnata per non aver accertato la tardività del ricorso in primo grado, sussistente, ad avviso dell’amministrazione, in quanto gli immobili condonati sono stati realizzati negli anni ottanta del secolo scorso. Questa censura non è condivisa dal Collegio, il quale osserva che l’interesse ad agire delle odierne appellate è divenuto attuale solo nel momento in cui esse sono venute a conoscenza del rilascio dei singoli permessi in costruire in sanatoria.
7.3. Il Comune ha affermato che le ricorrenti in primo grado avrebbero dovuto impugnare la delibera del Consorzio per l’area di sviluppo industriale di Napoli del 24 gennaio 1991 di presa d’atto della proposta del Comune di (omissis), avente ad oggetto lo scorporo dell’area di rispetto adiacente nel nucleo dell’A.s., da cui sarebbe discesa la presunta lesione. Il Collegio rileva, per contro, che tale delibera era una mera presa d’atto inidonea a determinare una lesione in capo alle parti private, sicché essa non doveva e non poteva essere impugnata.
7.4. Nel merito l’appello è infondato. In assenza dell’approvazione della Regione, infatti, non può ritenersi perfezionata la variante urbanistica al piano dell’area di sviluppo industriale (non essendo sufficienti la delibera del Consiglio comunale n. 281 del 1989 e quella del Consorzio per l’area di sviluppo industriale di Napoli del 24 gennaio 1991) e, pertanto, non può ritenersi sussistente lo scorporo, invocato dal Comune, di aree dalla fascia di rispetto dell’A.s.. Gli immobili oggetto dell’impugnato condono ricadono quindi in siffatta fascia di rispetto e non sono condonabili.
7.5. Ad avviso dell’appellante, il T.a.r. avrebbe omesso di considerare che la volontà del Consorzio per l’area di sviluppo industriale, seppure non ha perfezionato una variante al piano regolatore territoriale dell’area di sviluppo industriale, sicuramente ha espresso il proprio parere favorevole circa la sanabilità delle opere. Questo rilievo, tuttavia, non è dirimente, poiché nella formazione dei piani regolatori delle aree industriali (articoli 51 e seguenti del D.P.R. n. 218 del 1978) i Consorzi di Comuni svolgono funzioni meramente preparatorie, che si esauriscono nella predisposizione di un progetto di piano che deve essere sottoposto all’approvazione dell’autorità compente, cosicché, in assenza dell’approvazione dell’organo tutorio, non può ritenersi operante il piano urbanistico né la variante al piano.
8. In conclusione l’appello deve essere respinto.
9. In applicazione del principio della soccombenza, al rigetto dell’appello segue la condanna dell’appellante al pagamento, in favore della Se. s.p.a. e del Consorzio A.c. – A.s., delle spese di lite del presente grado di giudizio, che, tenuto conto dei parametri stabiliti dal D.M. 10 marzo 2014, n. 55 e dall’art. 26, comma 1, c.p.a., si liquidano in euro 2.000,00 (duemila/00), oltre accessori di legge (I.V.A., C.P.A. e 15% a titolo di rimborso di spese generali).

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, sezione seconda, definitivamente pronunciando sull’appello n. 1744 del 2009, come in epigrafe proposto, lo respinge e, per l’effetto, conferma la sentenza impugnata; condanna il Comune di (omissis) al pagamento, in favore della Se. s.p.a. e del Consorzio A.c. – A.s., delle spese di lite del presente grado di giudizio, liquidate in complessivi euro 2.000,00 (duemila/00), oltre accessori di legge (I.V.A., C.P.A. e 15% a titolo di rimborso di spese generali).
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 14 maggio 2019, con l’intervento dei magistrati:
Paolo Giovanni Nicolò Lotti – Presidente FF
Fulvio Rocco – Consigliere
Italo Volpe – Consigliere
Francesco Frigida – Consigliere, Estensore
Giovanni Orsini – Consigliere

 

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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