Sentenza 1/2015 | |
Giudizio | |
Presidente NAPOLITANO – Redattore LATTANZI | |
Camera di Consiglio del 05/11/2014 Decisione del 12/01/2015 | |
Deposito del 22/01/2015 Pubblicazione in G. U. | |
Norme impugnate: | Art. 458 del codice di procedura penale; art. 1, c. 1°, del decreto del Presidente della Repubblica 22/09/1988, n. 448. |
Massime: | |
Atti decisi: | ordd. 17, 18 e 19/2014 |
SENTENZA N. 1ANNO 2015REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE COSTITUZIONALE composta dai signori: Presidente: Paolo Maria NAPOLITANO; Giudici : Giuseppe FRIGO, Alessandro CRISCUOLO, Paolo GROSSI, Giorgio LATTANZI, Aldo CAROSI, Marta CARTABIA, Sergio MATTARELLA, Mario Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, ha pronunciato la seguente SENTENZA nei giudizi di legittimità costituzionale dell’art. 458 del codice di procedura penale e dell’art. 1, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 22 settembre 1988, n. 448 (Approvazione delle disposizioni sul processo penale a carico di imputati minorenni), promossi dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale per i minorenni di Bologna con tre ordinanze del 27 novembre 2013, rispettivamente iscritte ai nn. 17, 18 e 19 del registro ordinanze 2014 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 10, prima serie speciale, dell’anno 2014. Udito nella camera di consiglio del 5 novembre 2014 il Giudice relatore Giorgio Lattanzi. Ritenuto in fatto 1.– Il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale per i minorenni di Bologna, con ordinanza del 27 novembre 2013 (r.o. n. 17 del 2014), ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 24 e 31 della Costituzione, questioni di legittimità costituzionale dell’art. 458 del codice di procedura penale e dell’art. 1, comma 1, del d.P.R. 22 settembre 1988, n. 448 (Approvazione delle disposizioni sul processo penale a carico di imputati minorenni), nella parte in cui prevedono che nel caso di giudizio abbreviato richiesto dall’imputato in seguito a un decreto di giudizio immediato, disposto su istanza del pubblico ministero, la composizione dell’organo giudicante nel processo minorile sia quella monocratica del giudice per le indagini preliminari «e non quella del Tribunale per i Minorenni nella composizione collegiale prevista per l’udienza preliminare». Il Giudice per le indagini preliminari rimettente premette che, su richiesta del pubblico ministero, aveva disposto di procedere con giudizio immediato nei confronti dell’imputato K.A. «per i reati di ricettazione descritti in imputazione». Il difensore munito di procura speciale aveva chiesto il rito abbreviato, che era stato disposto con decreto dal giudice dell’udienza preliminare e il relativo giudizio, svoltosi il 12 luglio 2012, si era concluso con una sentenza di condanna alla pena di un mese e dieci giorni di reclusione, «previa riqualificazione del fatto nel delitto di cui all’art. 647 c.p.». In seguito all’impugnazione del difensore dell’imputato, la Corte d’appello di Bologna, il 21 novembre 2012, aveva annullato la sentenza del giudice dell’udienza preliminare «per difetto di competenza funzionale», ai sensi degli artt. 178, comma 1, lettera a), e 179 cod. proc. pen., e la Corte di cassazione, con sentenza del 12 luglio 2013, aveva rigettato il ricorso proposto dalla Procura generale. Nel giudizio di rinvio davanti al rimettente Giudice per le indagini preliminari, il pubblico ministero aveva dedotto la parziale illegittimità costituzionale dell’art. 458 cod. proc. pen. In punto di rilevanza, il giudice a quo sottolinea che dalla risoluzione della questione di costituzionalità dipende la composizione (monocratica o collegiale) dell’organo giudicante e dunque la stessa validità del processo. Secondo tale giudice, non sarebbe possibile dare un’interpretazione adeguatrice delle norme sospettate di incostituzionalità, perché il dato normativo non si presta ad interpretazioni diverse da quella emergente dalla mera lettura del testo, «se non altro per la interpretazione costante e pacifica (c.d. diritto vivente) che ne ha dato finora la Suprema Corte», secondo cui, «in tema di procedimento a carico di minorenni, la competenza per il giudizio abbreviato instaurato a seguito di giudizio immediato spetta al giudice delle indagini preliminari e non al tribunale per i minorenni nella composizione prevista per l’udienza preliminare». Il giudice rimettente osserva che, nel procedimento penale con imputati minorenni, la delicatezza della materia e la peculiarità delle posizioni giuridiche e dei rapporti oggetto di giurisdizione hanno indotto il legislatore a garantire al «fanciullo» un giudice minorile specializzato, la cui composizione collegiale è resa necessaria dall’esigenza di fornire all’organo giudicante l’apporto di giudici laici, esperti nelle scienze pedagogiche e psicologiche. La protezione della gioventù, affermata dall’art. 31, secondo comma, Cost., si tradurrebbe, nel contesto processuale minorile, essenzialmente nell’esigenza di preservare il processo educativo in atto nel minore. Da ciò deriverebbe la necessità che a giudicare il minore sia il giudice minorile in composizione collegiale, cui partecipano due cittadini, un uomo ed una donna, benemeriti dell’assistenza sociale, scelti fra i cultori di biologia, di psichiatria, di antropologia criminale, di pedagogia e di psicologia. Alla base dell’istituzione del tribunale per i minorenni vi sarebbe stata proprio la considerazione che il minore, in genere portato al delitto da gravi carenze della personalità dovute a fattori familiari, ambientali e sociali, «dovesse essere valutato da giudici specializzati che avessero strumenti tecnici e capacità personali particolari per vagliare adeguatamente la sua personalità», al fine di individuare il trattamento rieducativo più appropriato. Attribuendo, ex art. 458 cod. proc. pen., alla competenza monocratica del giudice per le indagini preliminari il giudizio abbreviato disposto in seguito a un decreto di giudizio immediato si finirebbe per creare una «“sacca di area grigia” nella tutela del minore durante il processo penale», in cui verrebbero meno le garanzie previste dal d.P.R. n. 448 del 1988, che sono invece assicurate nell’udienza preliminare, nella quale l’organo giudicante è collegiale. Il momento processuale in cui interviene «la richiesta di essere ammesso al giudizio abbreviato (dopo il decreto di giudizio immediato richiesto dal pubblico ministero minorile o in sede di udienza preliminare, o, per la messa alla prova, in sede dibattimentale)» diventerebbe fattore selettivo rispetto alla possibilità per il minore di beneficiare o meno della valutazione degli esperti. Il tutto in violazione anche delle garanzie di specializzazione che il legislatore, «in conformità anche ai principi sanciti nelle principali Convenzioni internazionali (Regole di Pechino, Convenzione O.N.U. del 1989 sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, Convenzione di Strasburgo)», avrebbe voluto assicurare con le specifiche disposizioni sul processo penale minorile. La normativa impugnata sarebbe dunque in contrasto con l’art. 3, primo comma, Cost., perchè darebbe luogo ad una ingiustificata disparità di trattamento tra i minori assoggettati al giudizio abbreviato dinanzi al giudice per le indagini preliminari in composizione monocratica, ai sensi dell’art. 458 cod. proc. pen., e «quelli sottoposti al giudizio collegiale del tribunale per i minorenni», pur essendo, gli uni come gli altri, su un piano di sicura parità quanto all’esigenza di recupero e di reinserimento sociale, maggiormente garantita dal procedimento davanti all’organo specializzato, in composizione collegiale. Sussisterebbe anche la violazione dell’art. 3, secondo comma, Cost., in quanto, svolgendo il tribunale minorile una precisa funzione di garanzia dello sviluppo della personalità dell’adolescente, un’eccezione alla sua generale composizione collegiale finirebbe per configurarsi come un ostacolo a tale sviluppo. Inoltre, sarebbe violato l’art. 31 Cost, essendo l’organo giudiziario minorile, a differenza del tribunale ordinario, uno degli istituti diretti alla protezione della gioventù. Infine, le norme impugnate sarebbero in contrasto con l’art. 24, secondo comma, Cost., perchè il minore si vedrebbe privato della possibilità di avvalersi, per la sua difesa, delle particolari garanzie offerte dal procedimento innanzi al giudice collegiale. L’orientamento ormai costante della Corte di cassazione, secondo cui il giudice per le indagini preliminari del tribunale per i minorenni è un giudice specializzato, anche nella sua composizione monocratica, in ragione delle competenze acquisite con l’esperienza e la pratica nel settore minorile e tramite la partecipazione ai vari corsi per la formazione e l’aggiornamento dei magistrati, sarebbe in contrasto con la ratio e i principi che avevano portato all’istituzione del tribunale per i minorenni, la cui principale caratteristica distintiva rispetto alla magistratura ordinaria sarebbe costituita proprio dalla sua composizione collegiale mista. Dopo aver brevemente ripercorso i momenti salienti dell’evoluzione che ha condotto all’istituzione del tribunale per i minorenni, il giudice rimettente sostiene che la peculiare composizione del giudice minorile garantisce un’approfondita ricerca, comprensione e valutazione delle ragioni alla base di un comportamento criminoso messo in atto da un minorenne e consente l’adozione di misure personalizzate, adeguate alle specifiche esigenze del minore. L’intero sistema legislativo indurrebbe a ritenere che i magistrati non possano giudicare in autonomia un minore e, conseguentemente, che il giudice minorile professionale debba essere sempre integrato dagli esperti. Per effetto dell’orientamento giurisprudenziale della Corte di cassazione «la mera scelta processuale del P.M., prima (richiesta di giudizio immediato) e quella successiva dell’imputato (richiesta di giudizio abbreviato) vanificherebbero la valenza educativa del processo penale minorile, creando una situazione di disparità di trattamento tra imputati che hanno commesso illeciti penali, i quali verrebbero giudicati da un giudice monocratico o collegiale in virtù di una scelta di natura meramente strategico-processuale». 2.– Il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale per i minorenni di Bologna, con ordinanza del 27 novembre 2013 (r.o. n. 18 del 2014), ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 24 e 31 Cost., questioni di legittimità costituzionale dell’art. 458 cod. proc. pen. e dell’art. 1, comma 1, del d.P.R. n. 448 del 1988, nella parte in cui prevedono che nel caso di giudizio abbreviato richiesto dall’imputato in seguito a un decreto di giudizio immediato, disposto su istanza del pubblico ministero, la composizione dell’organo giudicante nel processo minorile sia quella monocratica del giudice per le indagini preliminari «e non quella del Tribunale per i Minorenni nella composizione collegiale prevista per l’udienza preliminare». Il Giudice per le indagini preliminari rimettente premette che su richiesta del pubblico ministero aveva disposto il giudizio immediato e che poi l’imputato era stato, su sua richiesta, giudicato con il rito abbreviato dal giudice collegiale per l’udienza preliminare del tribunale per i minorenni, che, in data 8 giugno 2010, lo aveva condannato a due anni di reclusione e 200 euro di multa. In seguito all’impugnazione del difensore dell’imputato, la Corte d’appello di Bologna aveva emesso un’ordinanza di sospensione del processo con messa alla prova dell’imputato per la durata di due anni, ai sensi dell’art. 28 del d.P.R. n. 448 del 1988, revocando contemporaneamente la misura cautelare cui l’imputato era sottoposto. Successivamente, nell’udienza del 19 dicembre 2012, la Corte d’appello non aveva accolto la richiesta del Procuratore Generale di declaratoria di estinzione del reato per esito positivo della messa alla prova e aveva dichiarato la nullità della sentenza di primo grado. La Procura generale aveva proposto un ricorso che la Corte di cassazione aveva rigettato con sentenza del 15 luglio 2013. Gli atti erano stati restituiti al «Giudice di prime cure», che aveva fissato l’udienza per la rinnovazione del giudizio, nel corso della quale il pubblico ministero aveva dedotto la parziale illegittimità costituzionale dell’art. 458 cod. proc. pen. A sostegno della ritenuta rilevanza e non manifesta infondatezza della questione, il rimettente ripropone le argomentazioni già svolte nell’ordinanza del 27 novembre 2013 (r.o. n. 17 del 2014). 3.– Il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale per i minorenni di Bologna, con ordinanza del 27 novembre 2013 (r.o. n. 19 del 2014), ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 24 e 31 Cost., questioni di legittimità costituzionale dell’art. 458 cod. proc. pen. e dell’art. 1, comma 1, del d.P.R. n. 448 del 1988, nella parte in cui prevedono che nel caso di giudizio abbreviato richiesto dall’imputato in seguito a un decreto di giudizio immediato, disposto su istanza del pubblico ministero, la composizione dell’organo giudicante nel processo minorile sia quella monocratica del giudice per le indagini preliminari «e non quella del Tribunale per i Minorenni nella composizione collegiale prevista per l’udienza preliminare». Il Giudice per le indagini preliminari rimettente premette che, il 6 giugno 2012, aveva convalidato l’arresto del minorenne M.G. per i reati di rapina, resistenza a pubblico ufficiale e lesioni personali e che poi, con decreto del 2 agosto 2012, aveva accolto la richiesta di giudizio immediato avanzata dal pubblico ministero. L’imputato aveva chiesto il giudizio abbreviato, che si era concluso, nell’udienza del 25 ottobre 2012, con una sentenza di condanna a un anno e quattro mesi di reclusione e 400 euro di multa. In seguito all’impugnazione del difensore dell’imputato, la Corte d’appello di Bologna aveva dichiarato la nullità della sentenza di primo grado per difetto di competenza funzionale del giudice, ai sensi degli artt. 178, comma 1, lettera a), e 179 cod. proc. pen., e il ricorso contro la decisione della Corte d’appello, proposto dalla Procura generale, era stato rigettato dalla Corte di cassazione con sentenza del 12 luglio 2013. Nel giudizio di rinvio davanti al giudice per le indagini preliminari, il pubblico ministero aveva dedotto la parziale illegittimità costituzionale dell’art. 458 cod. proc. pen. A sostegno della ritenuta rilevanza e non manifesta infondatezza della questione il rimettente ripropone le argomentazioni già svolte nell’ordinanza del 27 novembre 2013 (r.o. n. 17 del 2014). Considerato in diritto 1.– Con tre distinte ordinanze del 27 novembre 2013 (r.o. nn. 17, 18 e 19 del 2014), di identico tenore, il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale per i minorenni di Bologna ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 24 e 31 della Costituzione, questioni di legittimità costituzionale dell’art. 458 del codice di procedura penale e dell’art. 1, comma 1, del d.P.R 22 settembre 1988, n. 448 (Approvazione delle disposizioni sul processo penale a carico di imputati minorenni), nella parte in cui prevedono che, nel processo minorile, in caso di giudizio abbreviato richiesto dall’imputato in seguito a un decreto di giudizio immediato, la composizione dell’organo giudicante sia quella monocratica del giudice per le indagini preliminari «e non quella del Tribunale per i minorenni nella composizione collegiale prevista per l’udienza preliminare». Ad avviso del giudice rimettente, sussisterebbe la violazione dell’art. 3, primo comma, Cost., perchè vi sarebbe una ingiustificata disparità di trattamento tra i minori assoggettati al giudizio abbreviato dinanzi al giudice per le indagini preliminari, ai sensi dell’art. 458 cod. proc. pen., e «quelli sottoposti al giudizio collegiale del tribunale per i minorenni», pur essendo tutti su un piano di parità quanto all’esigenza di recupero e di reinserimento sociale, maggiormente garantita dal procedimento avanti all’organo specializzato in composizione collegiale. Si configurerebbe anche la violazione dell’art. 3, secondo comma, Cost., in quanto, svolgendo il giudice minorile una precisa funzione di garanzia dello sviluppo della personalità dell’adolescente, la previsione di un’eccezione alla sua generale composizione collegiale finirebbe per configurarsi come un ostacolo a tale sviluppo. Inoltre, sarebbe violato l’art. 31 Cost., essendo il giudice minorile, a differenza del tribunale ordinario, specificamente diretto alla protezione della gioventù. Infine, le norme impugnate sarebbero in contrasto con l’art. 24, secondo comma, Cost., perchè il minore, per effetto della denunciata norma, non potrebbe avvalersi, per la sua difesa, delle particolari garanzie offerte dal procedimento innanzi al giudice collegiale. 2.– I giudizi propongono questioni identiche in relazione alle medesime norme e vanno di conseguenza riuniti per essere congiuntamente esaminati e decisi con un’unica pronuncia. 3.– Nei tre casi oggetto delle ordinanze di rimessione, il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale per i minorenni di Bologna, su richiesta del pubblico ministero, aveva disposto il giudizio immediato, e gli imputati avevano successivamente chiesto il rito abbreviato. Il relativo giudizio si era svolto davanti al giudice collegiale minorile per l’udienza preliminare e si era concluso con la condanna dei minori. La Corte d’appello di Bologna aveva annullato le sentenze «per difetto di competenza funzionale del giudice» e la Corte di cassazione aveva rigettato il ricorso della Procura generale contro tale decisione, affermando, in conformità con un orientamento giurisprudenziale costante, che, rispetto al giudizio abbreviato richiesto dopo il decreto di giudizio immediato, la competenza appartiene al giudice monocratico per le indagini preliminari e non a quello collegiale per l’udienza preliminare. Il rinvio operato dall’art. 1, comma 1, del d.P.R. n. 448 del 1988, al codice di procedura penale fa ritenere, secondo questa giurisprudenza, che anche nel processo minorile debba trovare applicazione l’art. 458 cod. proc. pen., a norma del quale, per il giudizio abbreviato richiesto dopo il decreto di giudizio immediato, la competenza spetta al giudice per le indagini preliminari. L’orientamento giurisprudenziale in questione è stato di recente superato da una decisione delle sezioni unite della Corte di cassazione, con l’affermazione che «Nel processo penale a carico di imputati minorenni la competenza per il giudizio abbreviato, sia esso instaurato nell’ambito dell’udienza preliminare o a seguito di decreto di giudizio immediato, spetta al giudice nella composizione collegiale prevista dall’art. 50-bis, comma 2, dell’ordinamento giudiziario» (Cassazione, sezioni unite penali, 27 febbraio 2014, n. 18292). Il principio affermato dalle sezioni unite non può tuttavia trovare applicazione da parte del giudice rimettente, che, a norma dell’art. 25 cod. proc. pen., è vincolato dalla decisione sulla competenza emessa dalla Corte di cassazione nel giudizio a quo (sentenza n. 408 del 2005), sicché la questione di legittimità costituzionale non è divenuta priva di rilevanza in seguito alla sopravvenienza giurisprudenziale. Piuttosto si deve rilevare che è il vincolo dell’art. 25 cod. proc. pen. a porre un problema di ammissibilità, perché, secondo la giurisprudenza di questa Corte, dall’effetto vincolante delle decisioni della Corte di cassazione in materia di competenza, stabilito dall’art. 25 cod. proc. pen., «discende la irrilevanza di questioni che tendano a rimettere in discussione la competenza attribuita nel caso concreto dalla Cassazione medesima, in quanto ogni ulteriore indagine sul punto deve ritenersi definitivamente preclusa e quindi nessuna influenza potrebbe avere una qualsiasi pronuncia di questa Corte nel giudizio a quo» (ex plurimis, sentenze n. 294 del 1995 e n. 25 del 1989; ordinanze n. 306 del 2013 e n. 222 del 1997). A ben vedere però il giudice rimettente non propone una questione di competenza ma, deducendo la violazione degli artt. 3, 24 e 31 Cost., sostiene che nel processo minorile il giudice per le indagini preliminari, per la sua struttura monocratica, non è idoneo a svolgere il giudizio abbreviato. La questione riguarda quindi la composizione dell’organo, non solo per il suo carattere monocratico, ma anche e soprattutto perché tale carattere lo priva dell’apporto degli esperti che compongono, invece, il collegio del giudice minorile dell’udienza preliminare e svolgono il giudizio abbreviato quando questo, come avviene normalmente, è richiesto nell’udienza preliminare. Lo stesso tipo di giudizio, a seconda del momento processuale in cui è richiesto, viene svolto da due organi strutturalmente diversi, e uno solo di questi, cioè quello collegiale, avrebbe, secondo il giudice rimettente, caratteristiche che lo rendono idoneo a giudicare i minori. 4.– Sotto questo aspetto la questione è ammissibile e fondata. 5.– Questa Corte ha avuto modo di sottolineare come il principio costituzionale espresso dall’art. 31, secondo comma, Cost., «richieda l’adozione di un sistema di giustizia minorile caratterizzato dalla specializzazione del giudice, dalla prevalente esigenza rieducativa, nonché dalla necessità di valutazioni, da parte dello stesso giudice, fondate su prognosi individualizzate in funzione del recupero del minore deviante (v. sentenza n. 222 del 1983)» (sentenza n. 143 del 1996). Ciò posto, la Corte ha considerato preminente, «la finalità perseguita con la istituzione di un giudice specializzato per gli imputati minorenni» ed ha aggiunto: «“Il tribunale per i minorenni – si legge nella relazione del Consiglio superiore della magistratura per il 1971 sullo stato della giustizia – fu istituito proprio perché si ritenne che il minore, spesso portato al delitto da complesse carenze di personalità dovute a fattori familiari, ambientali e sociali, dovesse essere valutato da giudici specializzati che avessero strumenti tecnici e capacità personali particolari per vagliare adeguatamente la personalità del minore al fine di individuare il trattamento rieducativo più appropriato”» (sentenza n. 222 del 1983). L’interesse del minore nel procedimento penale minorile, pertanto, «trova adeguata tutela proprio nella particolare composizione del giudice specializzato (magistrati ed esperti)» (sentenza n. 310 del 2008), e questa composizione è stata opportunamente prevista anche per il giudice dell’udienza preliminare, formato «da un magistrato e da due giudici onorari, un uomo e una donna» (art. 50-bis, comma 2, del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12 – Ordinamento giudiziario). Per la loro specifica professionalità, che assicura un’adeguata considerazione della personalità e delle esigenze educative del minore, i due esperti che affiancano il magistrato contribuiscono anche all’osservanza del principio di minima offensività, che impone di evitare, nell’esercizio della giurisdizione penale, ogni pregiudizio al corretto sviluppo psicofisico del minore e di adottare le opportune cautele per salvaguardare le correlate esigenze educative. Il giudizio abbreviato, di cui è prevista l’adozione sia nell’udienza preliminare, sia in seguito a un giudizio immediato, può dar luogo non solo a una sentenza di proscioglimento o a una sentenza di condanna, come quelle pronunciate nei giudizi a quibus, ma anche alla sospensione del processo con messa alla prova (sentenza n. 125 del 1995) e ad altre definizioni particolari che caratterizzano il processo minorile, come le sentenze di non luogo a procedere per concessione del perdono giudiziale o per irrilevanza del fatto. Perciò, come si è rilevato in dottrina, il giudizio abbreviato minorile è sostitutivo sia dell’udienza preliminare, sia del dibattimento. I suoi esiti possono, dunque, essere i più diversi e tutti richiedono la valutazione del giudice collegiale e degli esperti che lo compongono, perché è proprio per garantire decisioni attente alla personalità del minore e alle sue esigenze formative ed educative che il tribunale per i minorenni è stato strutturato nel modo che si è detto. Si tratta di decisioni che non sono sostanzialmente diverse se vengono prese nel giudizio dibattimentale o nel giudizio abbreviato, così come non lo sono se vengono prese nel giudizio abbreviato disposto nell’udienza preliminare o in quello disposto dopo il decreto di giudizio immediato. È dunque manifestamente incongruo, anche con riguardo ai valori costituzionali sottesi alla tutela del minore, che sia il giudice monocratico delle indagini preliminari a celebrare il giudizio abbreviato, che di regola è invece svolto dal giudice collegiale dell’udienza preliminare. Infatti, come hanno osservato le sezioni unite della Corte di cassazione, è il «peculiare “contenuto decisorio” degli esiti del giudizio abbreviato che impone la composizione collegiale dell’organo giudicante, non la sede formale in cui questi si innestano» (Cassazione, sezioni unite penali, 27 febbraio 2014, n. 18292). Fondatamente, pertanto, il giudice rimettente ha dedotto la violazione dell’art. 3, primo comma, Cost., per la struttura monocratica, anziché collegiale, del giudice del giudizio abbreviato richiesto dopo l’emissione del decreto di giudizio immediato. La sua funzione è uguale a quella svolta dal giudice collegiale dell’udienza preliminare, sicché la diversa composizione dell’organo giudicante è priva di ragioni che possano giustificare il sacrificio dell’interesse del minore, la cui tutela è affidata di norma alla struttura collegiale di tale organo. Questa composizione dipende infatti da mere evenienze processuali e soprattutto dalla determinazione discrezionale del pubblico ministero di esercitare l’azione penale con la richiesta di giudizio immediato, anziché con la richiesta di rinvio a giudizio. 6.– Deve quindi dichiararsi l’illegittimità costituzionale dell’art. 458 cod. proc. pen. e dell’art. 1, comma 1, del d.P.R. n. 448 del 1988, nella parte in cui prevedono, in base alla regola di diritto che vincola il giudice rimettente, che, nel processo minorile, nel caso di giudizio abbreviato richiesto dall’imputato in seguito a un decreto di giudizio immediato, la composizione dell’organo giudicante sia quella monocratica del giudice per le indagini preliminari e non quella collegiale prevista dall’art. 50-bis, comma 2, del r.d. n. 12 del 1941. 7.– Le censure riferite agli altri parametri restano assorbite. per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 458 del codice di procedura penale e dell’art. 1, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 22 settembre 1988, n. 448 (Approvazione delle disposizioni sul processo penale a carico di imputati minorenni), nella parte in cui prevedono che, nel processo minorile, nel caso di giudizio abbreviato richiesto dall’imputato in seguito a un decreto di giudizio immediato, la composizione dell’organo giudicante sia quella monocratica del giudice per le indagini preliminari e non quella collegiale prevista dall’art. 50-bis, comma 2, del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12 (Ordinamento giudiziario). Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 12 gennaio 2015. F.to: Paolo Maria NAPOLITANO, Presidente Giorgio LATTANZI, Redattore Gabriella Paola MELATTI, Cancelliere Depositata in Cancelleria il 22 gennaio 2015. Il Direttore della Cancelleria F.to: Gabriella Paola MELATTI |
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