Consiglio di Stato
sezione VI
sentenza 12 settembre 2014, n. 4670
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL CONSIGLIO DI STATO
IN SEDE GIURISDIZIONALE
SEZIONE SESTA
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 900 del 2014, proposto da Ca.Sc., rappresentata e difesa dall’Avv. Pi.Tr., con domicilio eletto presso lo studio del medesimo, in Roma.
contro
Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, in persona del Ministro in carica, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio eletto in Roma;
Ufficio scolastico regionale per il Lazio,
Commissione giudicatrice del concorso per esami e titoli per il reclutamento di dirigenti scolastici;
nei confronti di
Fe.Ro., ed altri, rappresentati e difesi dall’avv. Ro.Li., con domicilio eletto presso Ro.Co. Calabria in Roma;
e con l’intervento di
ad opponendum:
Co.El., ed altri, rappresentati e difesi dagli avv. Ga.Pa. e Ma.An., con domicilio eletto presso Leopoldo Fiorentino in Roma;
per la riforma
della sentenza del TAR Lazio – Roma (Sezione III bis) n. 7414 del 19 luglio 2013, resa tra le parti e concernente l’esclusione dal concorso per esami e per titoli per il reclutamento di dirigenti scolastici per la scuola primaria, secondaria di primo e secondo grado e per gli istituti educativi;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell’istruzione, dell’universita’ e della ricerca e di Fe.Ro., ed altri;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore, nell’udienza pubblica del giorno 24 giugno 2014, il Cons. Carlo Mosca e uditi per le parti l’avvocato dello Stato Me. e l’avvocato An..;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. Dalla documentazione agli atti risulta che la professoressa Ca.Sc., attuale appellante, non abbia superato la prova preselettiva a carattere culturale e professionale del concorso per esami e titoli, bandito dal Ministero per il reclutamento di dirigenti scolastici per la scuola primaria, secondaria di primo e secondo grado e per gli istituti educativi. Alla suddetta prova, la predetta Sc., non conseguiva il punteggio minimo di 80/100 previsto dal bando di concorso, all’articolo 8, comma 8 per l’ammissione alla prova scritta e così impugnava davanti al TAR Lazio il decreto n. 311 del 10 novembre 2011 di esclusione dal concorso, deducendo la violazione del predetto bando e dell’articolo 97 della Costituzione, nonché l’eccesso di potere per erroneità e/o inesistenza del presupposto di fatto, dal momento che tra le domande e risposte multiple ve ne erano diverse la cui risposta,ritenuta corretta dal Ministero, differiva da quanto previsto dalla normativa in vigore.
L’Amministrazione esistente, costituitasi in giudizio, chiedeva la reiezione del ricorso.
2. Il TAR Lazio, con la sentenza in epigrafe, respingeva il gravame in quanto:
a. infondate le censure della ricorrente avverso il sistema prescelto per la prova preselettiva, posto che il meccanismo della predisposizione dei quesiti e la possibilità di affidare all’esterno l’espletamento e l’organizzazione della citata prova sono chiaramente e tassativamente previsti dall’ordinamento primario, senza la necessità di ribadire nelle norme concorsuali, prescrizioni pre-selettive previste dalla legge e alle quali l’Amministrazione ha espressamente e legittimamente fatto esplicito rinvio;
b. inammissibili le doglianze tese a censurare il merito dell’azione amministrativa specie con riferimento al tempo di durata della prova e al rapporto di valutazione delle varie aree tematiche che sono censurabili in sede di giudizio amministrativo, solo in caso di manifesta illogicità e irrazionalità non rinvenibili nella specie;
c. inammissibili, per genericità, le censure tendenti a sindacare la discrezionalità tecnica dell’Amministrazione senza alcun principio di prova di eventuali irregolarità con la conseguenza di difettare dei presupposti di veridicità dei fatti su cui si fondano;
d. infondate le doglianze sulla irregolarità nella pubblicazione dei quesiti;
e. legittimo il potere e dovere dell’Amministrazione di procedere, in sede di autotutela, al ritiro dei quiz errati espungendoli dalla banca dati, atteso che tale adempimento ha determinato la persistenza della par condicio di tutti i concorrenti chiamati a rispondere ai quesiti nelle medesime condizioni;
f. assente la disparità di trattamento, perché tutti i candidati hanno svolto la prova nella medesima posizione a prescindere dalla personalità, capacità di studio e di apprendimento;
g. inconferente l’eventuale erroneità e ambiguità di alcuni quiz atteso che, quando anche fossero stati incerti e sbagliati , ciò non avrebbe inciso sulla par condicio dei concorrenti, tutti chiamati a rispondere sui medesimi quesiti e comunque la presenza di eventuali errori avrebbe avuto un effetto neutro, non influente sull’esito della selezione, essendo le risposte ritenute esatte, state pubblicate in anticipo il che ha eliminato la pretesa di una eccessiva e irragionevole difficoltà della prova.
3. Avverso la sentenza in epigrafe ha proposto appello l’originaria ricorrente in primo grado, la quale, ripercorrendo le censure formulate davanti al giudice di prime cure, anche quelle non esaminate in quella sede, ha ribadito:
a. la correttezza delle risposte fornite alle domande n. 24 e n. 25 della prova preselettiva e l’ambiguità delle domande n 20, n. 88 e n. 89;
b. l’erroneità e l’ingiustizia della sentenza impugnata per violazione della corrispondenza tra chiesto e pronunciato, riguardando il ricorso non le modalità di svolgimento della prova, né la questione della disparità di trattamento, quanto invece l’errato conteggio delle risposte esatte alla domanda formulata in sede di quiz preselettivo che, a fronte delle 5 risposte sbagliate, ma indicate come corrette dal Ministero, ha comportato la sua illegittima esclusione dal concorso;
c. l’erroneità e l’ingiustizia della sentenza impugnata per violazione dell’articolo 8 del bando di concorso, secondo cui la prova preselettiva è diretta all’accertamento del possesso della conoscenza di base per l’espletamento delle funzioni dirigenziali e non alla mera conoscenza mnemonica di risposte errate. Dando prevalenza ai quiz errati, si viola l’articolo 8 del bando e si avvantaggiano quei candidati il cui merito è quello di rispondere in maniera conforme a quanto indicato dal Ministero. Ciò vanifica la finalità del concorso che non è quello di reclutare dirigenti i quali reputano corretta una conoscenza in realtà errata. Peraltro, non a tutti i candidati sono state poste le stesse domande e quindi non tutti si sono trovati nelle medesime condizioni.
L’appellante ha, nella circostanza, evidenziato che, in base all’ordinanza cautelare n. 69/2012 di questo Consiglio che ha accolto la sua istanza di appello di essere stata ammessa con riserva alle prove scritte, ha superato queste ultime e le stesse prove orali e di essere risultata al 169° posto, a fronte dei 215 posti messi a concorso per la Regione Lazio.
4. Si costituiva in giudizio l’Amministrazione che, nel precisare la correttezza del calcolo del punteggio riportato dall’appellante, ribadiva di aver pubblicato l’archivio dei quiz con un anticipo di ben 45 giorni riportando per ciascuna di essi anche le risposte esatte, offrendo così la possibilità ai candidati di esercitarsi per la prova, così garantendo trasparenza ed eliminando ogni margine di incertezza e ambiguità. Secondo l’Amministrazione, è proprio la giurisprudenza ad affermare come il fatto della pubblicazione in anticipo delle risposte ritenute esatte (non importa se a torto o a ragione) valga ad eliminare ogni valenza argomentativa alla pretesa di un’eccessiva e irragionevole difficoltà della prova preselettiva, a meno che l’Amministrazione nelle scelte delle risposte non sia incorsa in vizi di illogicità manifesta non riscontrabili nella specie, laddove non è presente neanche l’irragionevolezza evidente e la non congruità che giustificherebbe il sindacato del giudice amministrativo.
L’Amministrazione, nella nota del 5 marzo 2014, riteneva comunque assolutamente privi di fondamento i rilievi formulati dall’appellante sulle risposte alle domande n.25, n.24, n.20, n.88 e n.89 del test preselettivo, dimostrando l’esattezza delle domande prive di ogni ambiguità e delle risposte indicate dal Ministero.
5. Nel giudizio intervenivano i signori Ro. Fe., ed altri quali, con un atto definito controricorso, dichiaravano di aver partecipato al concorso, di aver superato le prove orali per i 108 posti resi disponibili per la regione Calabria e di essere stati dichiarati idonei, collocandosi in posti utili nella graduatoria di merito.
Quali controinteressati alla conservazione del provvedimento di cui la parte appellante ha chiesto l’annullamento, i medesimi richiedevano l’integrazione del contraddittorio perché pretermessi, allo scopo di esplicitare le proprie difese per ottenere la conferma della sentenza del giudice di prime cure.
6. Nel giudizio intervenivano, altresì, con atto ad opponendum Ch.Co., + altri che dichiaravano di ricevere un irreparabile pregiudizio nella denegata ipotesi di accoglimento delle censure della parte appellante. Le medesime ritenevano l’appello inammissibile e infondato alla stregua di plurimi motivi, sostenendo la correttezza delle decisioni assunte dal giudice di primo grado.
7. Con la memoria del 22 maggio 2014, la parte appellante ha evidenziato di non aver lamentato alcun errore nel calcolo del punteggio riportato in sede preselettiva, ma di aver lamentato che il punteggio calcolato correttamente sia stato ottenuto considerando errate risposte che, alla luce della vigente normativa, risultano invece corrette. Ha, altresì, sottolineato di non aver contestato la pubblicazione delle risposte con anticipo rispetto alle prove svolte, ma solo la correttezza di queste ultime, né di aver mai rilevato la violazione della par condicio dei concorrenti, fermo restando che questi ultimi non sono stati posti tutti nelle medesime condizioni, attesa la diversità delle domande poste. L’appellante ha, poi, insistito sulla violazione dell’articolo 8 del bando di concorso per le motivazioni già esposte nell’appello introduttivo e sul convincimento di ritenere lesa la finalità stessa della prova selettiva e dell’intero concorso, non ritenendo infine necessario replicare ai chiarimenti forniti dal Ministero su ogni domanda.
La parte appellante ha, quindi, dichiarato di ritenere inammissibile il “controricorso” presentato da Ro.Fe. + altri, non potendo i medesimi essere considerati né controinteressati non intimati, né terzi portatori di un interesse mediato alla conferma dell’atto impugnato. Ciò perché il gravame in questione era relativo all’ammissione alle prove scritte dei soli candidati per i posti messi a concorso nel Lazio, mentre i controricorrenti avevano partecipato al concorso per la Regione Calabria e non figuravano così nell’elenco degli ammessi alle prove scritte allegato al decreto n. 311 impugnato con il ricorso in primo grado.
Comunque, il controricorso non è stato notificato all’appellante con la conseguenza, in ogni caso, sotto questo profilo, dell’inammissibilità, peraltro confermata dalla circostanza della mancanza dell’intervento nel giudizio di primo grado, pur sussistendo l’ipotetico interesse già in quella fase.
8. La stessa parte appellante, con la successiva replica del 27 maggio 2014, ha svolto alcune considerazioni in merito agli interventi ad opponendum. Anche in questo caso, nessuno degli intervenienti è stato ritenuto titolare della posizione di controinteressato non intimato o terzo portatore di un non meglio precisato interesse alla conferma dell’atto impugnato, secondo quanto previsto dagli articoli 28 e 50 del codice del processo amministrativo disciplinanti l’intervento volontario in causa. Pure in questo caso, la causa era relativa all’ammissione alla prova scritta dei soli candidati per i posti messi a concorso nel Lazio e gli intervenienti in questione avevano partecipato al concorso per la regione Campania. Come nell’ipotesi del “controricorso” di cui al precedente paragrafo 7, la parte appellante ha così evidenziato la mancanza di interesse degli intervenienti con la conseguente inammissibilità dell’intervento, anche in ragione del mancato spiegamento dello stesso nel giudizio di primo grado.
DIRITTO
L’appello è infondato. La sentenza del Tribunale amministrativo del Lazio accerta, con chiarezza e incisività, la legittimità dell’operato dell’Amministrazione e di tutta la procedura concorsuale posta in essere da quest’ultima, relativamente alla predisposizione e alla modalità di svolgimento della prova preselettiva del concorso in questione.
Il giudice di primo grado ha, infatti, stabilito, senza esitazione, che:
il meccanismo della predisposizione dei quesiti e la possibilità di affidamento all’esterno dell’espletamento e dell’organizzazione della prova selettiva sono tassativamente previsti dall’ordinamento primario;
che le censure al merito dell’azione amministrativa, relativamente al tempo di durata della prova e al rapporto di valutazione delle aree tematiche, sono infondate, non sussistendo nella specie né manifesta illogicità, né irrazionalità;
che le doglianze riguardanti le modalità di espletamento delle prove preselettive sono in parte infondate e in parte inammissibili per genericità e perché attingono il merito della discrezionalità tecnica dell’Amministrazione, non sindacabile in sede di giudizio amministrativo senza fornire un principio di prova di eventuali irregolarità che non attingono neanche la pubblicazione dei quesiti, con evidente inconsistenza delle censure di violazione dell’articolo 8 del bando di concorso.
Questo Collegio non valuta, poi, errati i profili della sentenza contestati dalla parte appellante per violazione tra chiesto e pronunciato, dal momento che il giudice di prime cure ha fornito un’articolata serie di argomentazioni in coerente scrutinio della legittimità dell’azione amministrativa e dell’infondatezza delle censure formulate riguardo alla presunta violazione dell’articolo 8 del bando di concorso, contestando l’erroneità del conteggio delle risposte sulla base dell’assunto di parte appellante che le cinque risposte sbagliate non erano da considerarsi tali solo perché a proprio avviso erano invece corrette.
Il giudice di primo grado ha, infatti, evidenziato la correttezza, la trasparenza e l’imparzialità dell’azione amministrativa a garanzia della par condicio di tutti i concorrenti, anche con riguardo a possibili errori o ambiguità della domanda oggetto della prova preselettiva, poiché le risposte esatte ritenute tali dall’Amministrazione sono state pubblicate in anticipo e la loro conoscenza era acquisibile da tutti i candidati con evidente inconsistenza di una presunta eccessiva o irragionevole difficoltà delle prove.
Il giudice di primo grado non ha quindi argomentato oltre il richiesto, ma ha semplicemente voluto, in maniera esaustiva, sgomberare il campo da qualsiasi censura di illegittimità, pure quella che la parte appellante ha dichiarato di non aver formulato o di aver formulato – aggiunge questo Collegio- in maniera non così puntuale da esigere comunque un’esaustiva risposta su ogni profilo, pure quello non risultante in modo esplicito dalle censure addotte.
Nel momento in cui la parte appellante insiste nel circoscrivere la portata sulle doglianze all’errore che l’Amministrazione ha compiuto nel ritenere esatte alcune risposte, essendo queste ultime state pubblicate con congruo anticipo, questo Collegio non può che rilevare, nel solco di una giurisprudenza da cui non intende discostarsi (ex multis, Sezione VI, 5 aprile 2013, n. 1883) che, in tal modo, si sconfina nel merito amministrativo, ambito precluso al giudice amministrativo, il quale non può sostituirsi ad una valutazione rientrante nelle competenze valutative specifiche degli organi dell’Amministrazione a ciò preposti, e titolari della discrezionalità di decidere quale sia la risposta esatta ad un quiz formulato; ciò secondo la propria visione culturale, scientifica e professionale che ben può essere espressa in determinazioni legittime nei limiti, complessivi, della attendibilità obiettiva, nonché, – quanto al parametro-limite logico “inferiore” di tale sfera di discrezionalità-, della sua non manifesta incongruenza/travisamento rispetto ai presupposti fattuali assunti o della sua non evidente illogicità.
Questo Collegio neppure ravvisa, quindi, nelle scelte operate dalla Amministrazione con riguardo alle risposte ritenute esatte, che sia possibile ravvisare manifesta irragionevolezza, illogicità e incongruità che potrebbero giustificare un sindacato da parte di questo giudice. Sono, infatti, convincenti le argomentazioni esposte dall’Amministrazione nella nota del 5 marzo 2014 ed è processualmente rilevante che ad esse la parte appellante abbia inteso non replicare.
Neppure, sulla base di quanto esposto, può ritenersi fondato il convincimento della parte appellante sulle finalità non raggiunte dal concorso in questione, nel momento in cui vengono selezionati candidati il cui unico merito è quello di rispondere in maniera conforme a quanto indicato dal Ministero.
Ove si aderisse a tale tesi, infatti, verrebbe meno per ogni candidato, qualsiasi riferimento certo e soprattutto si accentuerebbero i margini di opinabilità, certamente in modo non coerente con il principio di trasparenza dell’azione amministrativa.
L’infondatezza dell’appello esime dal pronunciarsi sugli atti di intervento proposti nel giudizio e tendenti alla conferma della sentenza impugnata.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sul ricorso in appello (n. 900 del 2014), lo respinge e, per l’effetto, conferma la sentenza impugnata.
Spese compensate.
Ordina che la sentenza sia eseguita dall’Autorità Amministrativa.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio del giorno 24 giugno 2014, con l’intervento dei magistrati:
Luciano Barra Caracciolo – Presidente
Claudio Contessa – Consigliere
Gabriella De Michele – Consigliere
Giulio Castriota Scanderbeg – Consigliere
Carlo Mosca – Consigliere, Estensore
Depositata in Segreteria il 12 settembre 2014.
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