Possono costituire ragioni legittimamente fondanti la revoca tutti quei comportamenti, tenuti o meno all’interno dell’organo, i quali, costituendo violazione degli obblighi di neutralità ed imparzialità inerenti all’ufficio, sono idonei a fare venire meno il rapporto fiduciario alla base dell’originaria elezione del presidente
Consiglio di Stato
sezione V
sentenza 5 giugno 2017, n. 2678
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Quinta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso iscritto in appello al numero di registro generale 2968 del 2017, proposto da:
Ci. Ru., rappresentato e difeso dall’avvocato Lu. To., domiciliato ex art. 25 c.p.a. presso la Segreteria della V Sezione del Consiglio di Stato in Roma, piazza (…);
contro
Comune di (omissis) (Na), in persona del Sindaco pro-tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Gi. Pa., con domicilio eletto presso l’avvocato Fe. De Lo. in Roma, via (…);
nei confronti di
Gi. Gi., non costituito in giudizio;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. Campania, Napoli, Sez. I n. 2174/2017, resa tra le parti, concernente la revoca del presidente del consiglio comunale;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di (omissis);
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 18 maggio 2017 il Cons. Raffaele Prosperi e uditi per le parti gli avvocati Luca Tozzi e Giuseppe Palma;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1.Con delibera n. 24 del 13 marzo 2017 il Consiglio comunale di San Giorgio a Cremano ha revocato dalla carica di presidente dell’organo consiliare il signor Ci. Ru., approvando la proposta di revoca presentata da alcuni consiglieri comunali, riconoscendo quest’ultimo responsabile di comportamenti non conformi al suolo ruolo istituzionale, che avevano incrinato i necessari requisiti di rappresentatività, neutralità ed imparzialità posti a garanzia e tutela dell’intera compagine consiliare.
2. L’interessato ha impugnato tale deliberazione e gli atti ad essa collegai innanzi al Tribunale amministrativo regionale per la Campania, lamentandone l’illegittimità innanzitutto perché la predetta revoca non era espressamente prevista nello Statuto dell’ente (bensì soltanto nell’art. 8 del Regolamento dell’organo assembleare), perché essa era inammissibilmente determinata da ragioni di natura politica piuttosto che istituzionali e perché erano state omesse le necessarie garanzie partecipative.
3. L’adito tribunale, nella resistenza del Comune di (omissis), il quale sosteneva l’inammissibilità del ricorso per omessa notifica ai consiglieri comunali proponenti la disposta revoca del Presidente del consesso di appartenenza e ne eccepiva poi l’infondatezza, con la sentenza segnata in epigrafe, prescindendo dall’esame dell’eccezione di inammissibilità, respingeva il ricorso, ritenendo infondate le censure sollevate.
4. Con atto di appello notificato il 24 aprile 2017 il signor Ci. Ru. ha chiesto la riforma di tale sentenza, riproponendo sostanzialmente a tal fine le censure sollevate in primo grado a suo avviso malamente apprezzate, superficialmente esaminate ed erroneamente respinte con motivazione lacunosa, approssimativa e non condivisibile.
Ha resistito al gravame il Comune di (omissis), che ne ha chiesto il rigetto.
5, Alla camera di consiglio del 18 maggio 2017, fissata per la delibazione dell’istanza cautelare di sospensione, la Sezione ha informate i difensori delle parti dell’intenzione di decidere direttamente nel merito la causa che, dopo la rituale discussione, è stata introitata.
DIRITTO
6. L’appello è infondato.
7. Occorre premettere che sul ruolo e sulla funzione del Presidente del Consiglio comunale la Sezione si è pronunciata con la sentenza 26 novembre 2013 n. 5605.
E’ stato al riguardo rilevato che l’art. 39 t.u.e.l. attribuisce al presidente del consiglio comunale poteri direttivi, di iniziativa ed impulso necessari al funzionamento degli organi collegiali: il comma 1 prevede che al titolare di detto ufficio spetta la convocazione e direzione dei lavori e delle attività del consiglio; il successivo comma 4 gli demanda l’obbligo di assicurare che sulle questioni sottoposte al consiglio siano preventivamente ed adeguatamente informati i componenti dell’organo.
E’ stato così sottolineato che si tratta di attribuzioni di carattere necessario, tant’è che il citato comma 1 dell’art. 39 contempla anche la figura del vicario, e che non si esauriscono sul piano interorganico dei rapporti e delle relazioni interne al consiglio, atteso che il comma 5 del suddetto art. 39 prevede che, in caso di mancata convocazione, possa provvedervi il Prefetto.
E’ stato quindi affermato che:
– la funzione del Presidente del Consiglio comunale è di carattere istituzionale e non politica, per cui la sua revoca non può che essere causata dal cattivo esercizio di tale funzione, tale da comprometterne la neutralità, non potendo essere motivata sulla base di una valutazione fiduciaria di tipo strettamente politico (sentenza 25 novembre 1999, n. 1983);
– la figura del presidente dell’organo consiliare è posta dall’ordinamento degli enti locali a garanzia del corretto funzionamento di detto organo e della corretta dialettica tra maggioranza e minoranza, per cui la revoca “non può essere causata che dal cattivo esercizio della funzione, in quanto ne sia viziata la neutralità, e dev’essere motivata perciò con esclusivo riferimento a tale parametro e non ad un rapporto di fiduciarietà politica” (sentenza 6 giugno 2002, n. 3187);
– possono costituire ragioni legittimamente fondanti la revoca tutti quei comportamenti, tenuti o meno all’interno dell’organo, i quali, costituendo violazione degli obblighi di neutralità ed imparzialità inerenti all’ufficio, sono idonei a fare venire meno il rapporto fiduciario alla base dell’originaria elezione del presidente (sentenza 18 gennaio 2006, n. 114).
In definitiva da tali precedenti giurisprudenziali si ricava l’incontestabile rilievo istituzionale della funzione di presidente del consiglio, che trascende gli equilibri politici, che pure ne fondano la costituzione attraverso l’elezione, di garante del regolare funzionamento dell’organo consiliare e dell’ordinato svolgersi della dialettica tra le forze politiche in esso presenti; è altrettanto pacifico che sia l’elezione a presidente del consiglio comunale, sia la relativa revoca, esprimono una scelta ampiamente fiduciaria delle forze politiche rappresentate nell’organo consiliare, convergente verso una personalità in grado di rispondere alle suddette necessità istituzionali o, al contrario, manifestano il ripensamento di quella scelta iniziale, così che la revoca – al pari dell’elezione – pur non essendo scevra da apprezzamenti di natura latamente politica, esprime nondimeno una scelta amministrativa che non è libera nei fini e che deve pertanto rispettare le finalità normative di garantire la continuità e la correttezza del concreto espletamento della funzione di indirizzo politico-amministrativo dell’ente.
Di conseguenza il sindacato di legittimità del giudice amministrativo sull’atto di revoca, per un verso, non può prescindere da fatti specifici inerenti il concreto svolgimento della carica e dalla conseguente valutazione che i componenti dell’organo traggono da tali fatti in ordine alla persistente sussistenza dei requisiti che avevano determinato l’originaria investitura, e, per altro verso, è necessariamente circoscritto all’apprezzamento della congruenza di tali fatti rispetto allo svolgimento della funzione, apprezzamento che si sostanza necessariamente in una verifica estrinseca imperniata sulla sussistenza dei fatti, sulla non arbitrarietà e plausibilità della valutazione compitane dall’organo consiliare, pena altrimenti lo sconfinamento del sindacato giurisdizionale nell’ambito del potere esecutivo (Cons. Stato, sez. V, 13 giugno 2008, n. 2970).
8. Ciò premesso, i motivi di gravame non sono meritevoli di favorevole considerazione.
8.1. Quanto al primo motivo, imperniato sulla carenza di espressa previsione della possibilità di revoca nello Statuto comunale di San Giorgio a Cremano, carenza che impedirebbe in radice la revoca, è sufficiente osservare che è la stessa natura e delicatezza delle funzioni di Presidente del Consiglio comunale, come sopra delineate, ad escludere logicamente la configurabilità della irrevocabilità della funzione, ciò anche a prescindere dalla considerazione che, secondo i principi generali, il potere di adottare un atto implica di per sé il potere di emettere anche il contrarius actus, salvo che ciò sia espressamente escluso da una specifica disposizione normativa che nel caso di specie non si riscontra.
Non può poi desumersi dalla omessa previsione statutaria una volontà implicita dell’ente di escludere tale revoca, dal momento che il regolamento per il funzionamento del consiglio comunale, com’è pacifico tra le parti, espressamente la prevede.
8.2. Quanto al secondo motivo di gravame, con cui si prospettata un uso distorto e strumentale della revoca per il raggiungimento di finalità di natura squisitamente politica, non possono che richiamarsi i citati limiti del sindacato di legittimità affidato al giudice amministrativo e la natura latamente politica della nomina e della revoca del Presidente del Consiglio comunale.
Nel caso di specie, i fatti storici posti a base del provvedimento impugnato sono sussistenti, mentre la loro valutazione, in quanto non manifestamente implausibile o arbitraria o irragionevole, da parte dell’organo consiliare, sfugge al sindacato del giudice amministrativo, rientrando nell’ambito della opinabilità, il cui controllo non è consentita come tale al giudice, dando vita ad un giudizio che sfocerebbe necessariamente nell’ambito dell’esercizio del potere amministrativo.
Priva di rilievo ai fini per cui è causa è la documentazione da ultimo prodotta dall’appellante (in particolare dichiarazione del segretario generale dell’ente), non essendo idonea a scalfire la natura ampiamente discrezionale e latamente politica della deliberazione contestata.
8.3. Quanto infine alla questione della dedotta violazione delle garanzie partecipative, deve rilevarsi che, anche a voler prescindere dalla considerazione che il provvedimento impugnato non ha neppure natura latu sensu sanzionatoria, la partecipazione procedimentale risulta essere stata in concreto garantita dallo stesso procedimento tipico delle deliberazioni di un organo collegiale, scandito dalla convocazione dell’organo con la predisposizione dell’ordine del giorno, dalla sua notifica, dall’intervallo temporale tra notifica e adunanza dell’organo, dalla discussione assicurata su ogni questione all’ordine del giorno, fasi tutte di cui non è stata dedotta la mancanza, con la conseguenza che non vi è ragione di dubitare che l’interessato abbia avuto la possibilità di conoscere gli addebiti contestati e di svolgere le proprie osservazioni e controdeduzioni al riguardo.
E’ appena il caso di rilevare che la eventuale scelta dell’interessato di non partecipare alla seduta consiliare in cui quella delibera di revoca è stata adottata è del tutto irrilevante ai fini della legittimità dell’atto impugnato.
9. In conclusione l’appello deve essere respinto.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
(Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge..
Condanna l’appellante al pagamento in favore del Comune di (omissis) delle spese di giudizio liquidandole in complessivi €. 3.000,00 (tremila/00), oltre agli accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 18 maggio 2017 con l’intervento dei magistrati:
Carlo Saltelli – Presidente
Roberto Giovagnoli – Consigliere
Claudio Contessa – Consigliere
Raffaele Prosperi – Consigliere, Estensore
Alessandro Maggio – Consigliere
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