Palazzo-Spada

Consiglio di Stato

sezione V

sentenza 12 febbraio 2016, n. 621

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale

Sezione Quinta

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1080 del 2015, proposto dalla

s.r.l. Mo., rappresentata e difesa dall’avvocato Fa.Pa., con domicilio eletto presso il signor Al.Pa., in Roma, via (…);

contro

Il Comune di (omissis), rappresentato e difeso dall’avvocato An.Va., con domicilio eletto presso il signor Gi.Pe. in Roma, via (…);

l’Ato Provincia di (omissis);

l’Ato Le/1, in persona del commissario ad acta;

per l’annullamento

della sentenza del T.A.R. Puglia, Sezione staccata di (omissis), Sez. I, n. 118/2015, resa tra le parti, che ha dichiarato il difetto della giurisdizione amministrativa su una domanda per la rideterminazione del canone per l’appalto dei servizi di igiene urbana nel bacino (omissis);

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di (omissis);

Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

Visti tutti gli atti della causa;

Visti gli artt. 105, comma 2 e 87, comma 3, cod. proc. amm.;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 21 gennaio 2016 il consigliere Fabio Franconiero e uditi per le parti gli avvocati Fa.Pa. e An.Va.;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. L’odierna appellante Mo. s.r.l. è un’impresa facente parte del raggruppamento temporaneo che si è aggiudicato l’appalto indetto dall’Ambito territoriale Lecce/1 “per i servizi di spazzamento delle reti stradali urbane e delle aree pubbliche di 9 comuni appartenenti all’autorità per la gestione dei rifiuti solidi urbani nel bacino di Lecce/1, di raccolta indifferenziata e differenziata, trasporto agli impianti di smaltimento e/o trattamento dei rifiuti urbani (rsu) e dei rifiuti speciali assimilati agli urbani (rsau) e per la gestione dell’impianto di Ca.Sa. per lo stoccaggio e lavorazioni dei materiali rinvenienti dalla raccolta differenziata”, stipulando il relativo contratto in data 23 maggio 2006.

2. Come deduce la società appellante, il servizio oggetto dell’appalto in questione era stato affidato per la prima volta a livello di ambito territoriale sovracomunale (“in via sperimentale”: pag. 2 dell’appello). In ragione di ciò, il corrispettivo, fissato secondo le “quantità presunte” di mezzi da impiegare nell’esecuzione del contratto, era stato convenzionalmente assoggettato ad un meccanismo di revisione, da svolgersi con cadenza semestrale attraverso un accertamento in contraddittorio tra l’appaltatrice e l’autorità appaltante (art. 8, rubricato “ampliamento e/o riduzione dei servizi e aggiornamento del canone”).

La pretesa azionata dalla Mo. nel presente giudizio trae origine proprio dalla sopra richiamata previsione negoziale, e più precisamente dal diniego di adeguamento del canone che il Comune di (omissis), facente parte dell’ambito territoriale, ha opposto all’istanza della società odierna appellante per il periodo dal 1° aprile 2006 al 31 dicembre 2011.

3. Sulla conseguente impugnativa di quest’ultima, il TAR Puglia – sez. staccata di (omissis) ha dichiarato il proprio difetto di giurisdizione con la sentenza in epigrafe.

Il giudice di primo grado ha escluso che la clausola in questione sia riconducibile al meccanismo di revisione dei prezzi dell’appalto previsto dall’art. 6 della legge 537/1993 (“Interventi correttivi di finanza pubblica”), in relazione alla cui applicazione sussiste la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo ex art. 133, comma 1, lett. e), n. 2, cod. proc. amm., e che nel contratto d’appalto tra le parti in causa trova separata regolamentazione, all’art. 7.

Sul punto il TAR ha in particolare specificato che il meccanismo di rideterminazione di cui al successivo art. 8 è invece finalizzato a coprire “i costi ulteriori che si ritengono sostenuti per rendere prestazioni eccedenti quelle previste nel contratto”, e dunque attiene alla fase esecutiva del rapporto.

4. Tanto premesso, le ragioni a sostegno della declinatoria di giurisdizione, ora esposte, resistono alle critiche formulate dalla s.r.l. Mo. nel presente appello, che deve dunque essere respinto.

Il TAR ha infatti colto esattamente il fondamento della pretesa azionata nel presente giudizio dalla società odierna appellante, la quale, non derivando da alcun meccanismo revisionale previsto dalla legge, ancorché riprodotto in clausole negoziali, ma appunto da queste ultime tout court, ha secondo la giurisprudenza delle Sezioni unite della Cassazione natura di diritto soggettivo, conoscibile dal giudice ordinario (sentenza 19 marzo 2009, n. 6595; ordinanza 13 luglio 2015, n. 14559).

5. Deve precisarsi al riguardo che solo per meccanismi di adeguamento del canone d’appalto aventi fonte di rango normativo sono configurabili poteri dell’amministrazione appaltante di apprezzamento discrezionale di carattere autoritativo, i quali costituiscono il necessario fondamento costituzionale della giurisdizione amministrativa (cfr. Corte Cost., 6 luglio 2004, n. 204). All’opposta conclusione deve invece pervenirsi laddove la clausola revisionale sia stata autonomamente pattuita dalle parti ed inserita nel contenuto del contratto d’appalto, perché le pretese da essa discendenti sorgono nell’ambito di una relazione bilaterale paritaria avente fonte nel vincolo negoziale e nella quale l’amministrazione è priva di poteri di supremazia speciale nei confronti del contraente privato.

D’altra parte, la giurisdizione amministrativa esclusiva, avente per oggetto la revisione dei prezzi, riguarda tecnicamente i meccanismi di rideterminazione del quantum dovuto per le prestazioni rese dalle controparti sulla base del contratto, e non anche la domanda volta a far determinare in sede giurisdizionale se le prestazioni da effettuare vadano modificate in considerazioni di sopravvenienze, con i conseguenti conguagli.

6. Non induce a conclusioni diverse il fatto che sullo stesso contratto d’appalto e con specifico riguardo alla stessa clausola revisionale qui in contestazione un’altra società facente parte del medesimo raggruppamento aggiudicatario, la mandataria As. s.r.l., abbia ottenuto da questa Sezione una pronuncia affermativa della giurisdizione amministrativa (sentenza 6 maggio 2008, n. 2668).

Come infatti deduce il Comune di (omissis) di (omissis) in contrario agli assunti della Mo., la pronuncia in questione, risalente ad epoca precedente al chiarimento fornito dalle Sezioni unite della Cassazione con la citata sentenza del 19 marzo 2009, n. 6595, non ha autorità di giudicato nella presente fattispecie controversa, essendo stata pronunciata nei confronti di parti diverse da quelle coinvolte in questo giudizio.

7. Malgrado il rigetto dell’appello, le spese del presente grado di giudizio possono nondimeno essere compensate, tenuto conto del precedente contrario e della particolarità della questione controversa.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta) definitivamente pronunciando sull’appello n. 1080 del 2015, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Compensa le spese del secondo grado tra tutte le parti in causa.

Ordina che la pubblica amministrazione dia esecuzione alla presente decisione.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 21 gennaio 2016 con l’intervento dei magistrati:

Luigi Maruotti – Presidente

Fabio Franconiero – Consigliere, Estensore

Luigi Massimiliano Tarantino – Consigliere

Raffaele Prosperi – Consigliere

Oreste Mario Caputo – Consigliere

Depositata in Segreteria il 12 febbraio 2016.

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