Consiglio di Stato, sezione terza, sentenza 9 aprile 2018, n. 2159.
L’art. 30 d.P.R. 16 maggio 1960, n. 570, pur non menzionando in via esplicita la facoltà ammessa dal successivo art. 33, non detta un divieto di integrazione documentale e va, quindi, interpretato in modo compatibile con il sistema normativo favorevole all’integrazione di lacune meramente formali. Alla stregua di un’interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 30 cit., deve pertanto estendersi anche ai Comuni con popolazione inferiore ai 10.000 abitanti la facoltà, esplicitamente prevista dall’ultimo comma del successivo art. 33 del Testo Unico per i Comuni con popolazione superiore, di produrre “nuovi documenti”.
Una diversa opzione, che consentisse l’integrazione documentale esclusivamente nell’ambito delle procedure elettorali relative ai Comuni più popolosi, produrrebbe – stante l’assenza di una ragione giustificativa legata a specifiche esigenze organizzative e operative – una non ammissibile diversa conformazione dei diritti politici dei cittadini e dello status di elettore.
Sentenza 9 aprile 2018, n. 2159
Data udienza 9 aprile 2018
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Terza
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2736 del 2018, proposto dalla sig.ra Pa. Iu., rappresentata e difesa dall’avvocato Ma. Ma. e con questo elettivamente domiciliata all’indirizzo Pec (omissis);
contro
la Prefettura di Pordenone e la Seconda Sottocommissione elettorale circondariale di Pordenone, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, non costituiti in giudizio;
nei confronti
signori Gi, Sa, ed altri, non costituiti in giudizio,
e con l’intervento di
della sentenza del Tar Friuli Venezia Giulia 3 aprile 2018, n. 96, che ha respinto il ricorso proposto contro l’esclusione della candidatura in occasione delle elezioni amministrative nel Comune di (omissis).
per la riforma
della sentenza del Tar Friuli Venezia Giulia 3 aprile 2018, n. 96, che ha respinto il ricorso proposto contro l’esclusione della candidatura in occasione delle elezioni amministrative nel Comune di (omissis).
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 9 aprile 2018 il Cons. Giulia Ferrari e il difensore presente dell’appellante, avvocato Ma. Ma.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. La signora Pa. Iu. ha proposto la sua candidatura, nella lista “Al. ci.”, alle elezioni amministrative del Comune di (omissis), che si terranno il prossimo 29 aprile.
La candidatura è stata però ricusata per mancanza del certificato di iscrizione nelle liste elettorali, prescritto dall’art. 32, d.P.R. 16 maggio 1960, n. 570 senza che la Seconda Sottocommissione assegnasse all’interessata un termine per la regolarizzazione della carenza mediante integrazione del documento mancante.
Avverso detta esclusione la signora Iu. ha proposto ricorso al Tar Friuli Venezia Giulia che, con sentenza 3 aprile 2018, n. 96, lo ha respinto sul rilievo che a tale fattispecie non si applica il c.d. soccorso istruttorio né i principi espressi dall’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato n. 23 del 2009, che si riferiscono ai certificati dei sottoscrittori di lista, e non dei candidati. In ogni caso, conclude il Tar, l’interessata non aveva prodotto in giudizio una prova di essersi tempestivamente attivata per la richiesta del certificato elettorale.
2. La sentenza del Tar è stata impugnata dalla signora Iu. con appello notificato e depositato il 5 aprile 2018, nel quale ha dedotto l’erroneità della sentenza del giudice di primo grado per essere il principio del soccorso istruttorio applicabile anche al caso in cui ad aver omesso la produzione del certificato di iscrizione delle liste sia stato il candidato.
E’ vero, infatti, che l’Adunanza Plenaria n. 23 del 2009 si era pronunciata su una fattispecie di carenza documentale riconducibile ai presentatori di una lista elettorale; ma è altrettanto vero che il principio di diritto affermato riguardava in generale l’inciso “ammettere i nuovi documenti”, contenuto nell’ultimo comma dell’art. 33, inciso che si riferisce indistintamente a tutti i documenti di cui all’art. 32, ivi compresi i certificati di iscrizione nelle liste elettorali dei candidati. L’art. 33, come interpretato dall’Adunanza Plenaria e dalla giurisprudenza successiva, non presuppone affatto la dimostrazione di esimenti o cause di giustificazione per l’attivazione del dovere di soccorso previsto nell’ultimo comma della norma.
3. La Prefettura di Pordenone e la Seconda Sottocommissione elettorale circondariale di Pordenone non si sono costituite in giudizio.
4. I signori Gi. Sa., Gi. Ce., Cr. Bi., Fa. Bo., No. Bo., Lu. Ch., St. Da., An. Fa., Gi. Pa., Um. Sc., Da. Se., Cr. Qu., Cr. Ta., Ka. Za., Re. Mu., Da. Le., Fe. Be., Ca. Dal Ma., Ta. Ro., Fe. Co., Mi. Ca., Gi. Zi., Gl. Ba., Pa. De Bo., Lo. Ri., Ro. Fr., El. Ma., An. Li., Fr. Va., Jo. Mo., Br. Zi., Ma. Si., Do. Ni., Pa. Mo., Pi. Fr. Ca., Ma. Be., Gu. Bo., Ma. Bo., Na. Es. Co., De. Cu., An. De To., Da. Fr., Si. Ga., Al. Gr., Gi. Ma., Ro. Ma., Pa. Fi., Er. Mo., An. Pi., An. Ma. Po., Fr. Pa., Il. Mu., Lu. Pa., Ma. Pi., Io. Ma., Pa. Pi., Fa. Zi., Lo. Ma., Ta. Pi., Al. Qu., Cr. Mo., St. Pi., An. Ti., Lo. Pa., Er. Ro., Re. No., Be. Se., non si sono costituiti in giudizio.
5. Alla pubblica udienza del 9 aprile 2018 la causa è stata trattenuta per la decisione.
DIRITTO
Come esposto in narrativa è impugnata la sentenza del Tar Friuli Venezia Giulia 3 aprile 2018, n. 96, che ha respinto il ricorso proposto dalla signora Pa. Iu. – candidata con la lista “Al. ci.” alle elezioni amministrative del Comune di (omissis) – per l’annullamento della propria esclusione, disposta dalla Seconda Sottocommissione elettorale circondariale di Pordenone per mancanza del certificato di iscrizione nelle liste elettorali, prescritto dall’art. 32 del Testo unico delle leggi per la composizione e l’elezione degli organi delle Amministrazioni comunali, approvato con d.P.R. 16 maggio 1960, n. 570.
L’appello è fondato.
Risulta dagli atti di causa che il Comune di (omissis) ha 8.419 abitanti.
La puntualizzazione circa il numero di abitanti rileva ai fini dell’individuazione della disciplina che regola la fattispecie. Per le elezioni amministrative, con popolazione fino a 10.000 abitanti, si applicano gli artt. 28-31 della Sezione II del d.P.R. n. 570 del 1960.
Non è infatti condivisibile l’assunto dell’appellante secondo cui troverebbero applicazione le disposizioni (artt. 32-35) dettate dalla Sezione III per effetto della novella introdotta dall’art. 1, l. 10 agosto 1964, n. 663, secondo cui “le norme per la elezione dei consiglieri comunali nei Comuni con popolazione superiore ai 10.000 abitanti, previste dal testo unico delle leggi per la composizione e la elezione degli organi delle Amministrazioni comunali approvato con d.P.R. 16 maggio 1960, n. 570, si applicano anche per la elezione dei consiglieri comunali dei Comuni con popolazione superiore ai 5.000 abitanti”. Si tratta, infatti, di affermazione che non tiene conto che il citato art. 1 è stato abrogato dall’art. 1 e dall’allegato 1 (n. 70699), d.lgs. 13 dicembre 2010, n. 212.
Tale conclusione non esclude peraltro l’applicazione, al caso in esame, dell’ultimo comma dell’art. 33, d.P.R. n. 570, invocato dall’appellante, secondo cui “La commissione, entro il ventiseiesimo giorno antecedente la data della votazione, si riunisce per udire eventualmente i delegati delle liste contestate o modificate, ammettere nuovi documenti e deliberare sulle modificazioni eseguite; nella stessa seduta ricusa altresì le liste per le quali non si sia provveduto a ripristinare il rapporto percentuale”.
Ha chiarito Cons. St., sez. V, 18 maggio 2015, n. 2524 – con argomentazioni che il Collegio condivide e fa proprie – che l’art. 30, pur non menzionando in via esplicita la facoltà ammessa dal successivo art. 33, non detta un divieto di integrazione documentale e va, quindi, interpretato in modo compatibile con il sistema normativo favorevole all’integrazione di lacune meramente formali. Alla stregua di un’interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 30 cit., deve pertanto estendersi anche ai Comuni con popolazione inferiore ai 10.000 abitanti la facoltà, esplicitamente prevista dall’ultimo comma del successivo art. 33 del Testo Unico per i Comuni con popolazione superiore, di produrre “nuovi documenti”.
Una diversa opzione, che consentisse l’integrazione documentale esclusivamente nell’ambito delle procedure elettorali relative ai Comuni più popolosi, produrrebbe – stante l’assenza di una ragione giustificativa legata a specifiche esigenze organizzative e operative – una non ammissibile diversa conformazione dei diritti politici dei cittadini e dello status di elettore.
Corollario obbligato di tale premessa era l’obbligo della Seconda Sottocommissione elettorale circondariale di Pordenone, prima di procedere all’esclusione della candidatura della signora Iu., di chiederle la produzione del certificato mancante, che peraltro era stato rilasciato dal Comune di Trieste all’interessata il 27 marzo 2018 (id est, lo stesso giorno in cui il delegato di lista, dottor An. Ma. Cr., ha presentato la lista, con la relativa documentazione, alla Seconda Sottocommissione elettorale circondariale) e del quale, come ha affermato il difensore dell’appellante in udienza, è stato precluso il deposito, seppure tardivo.
La soluzione indicata si rivela, in definitiva, come quella più rispettosa, al contempo, del principio del favor partecipationis, inteso come ineludibile declinazione dell’effettiva garanzia di esercizio dei diritti politici costituzionalmente garantiti, e degli interessi pubblici sottesi alla normativa di riferimento, restando, comunque, salvaguardata l’acquisizione delle certificazioni se la richiesta fosse stata rivolta alla signora Iu. appena riscontrata la mancanza, senza generare, in tal modo, alcun nocumento ai principi di celerità e certezza del procedimento elettorale.
Tale conclusione è peraltro supportata dai principi espressi dall’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato n. 23 del 30 novembre 1999 che, seppure con riferimento alla diversa fattispecie dell’ammissione delle liste elettorali, esprime un favor per la regolarizzazione o integrazione postuma della documentazione, che non può non estendersi al caso in cui a non essere completa è la documentazione relativa all’ammissione dei candidati; la diversa conclusione non troverebbe, infatti, alcuna ratio né logica né tantomeno giuridica.
Ritiene invero il Collegio che in entrambi i casi vale il principio del favor, di rilievo costituzionale (artt. 48 e 51), per la più ampia partecipazione all’esercizio del diritto di elettorato attivo e passivo.
Giova aggiungere che l’applicazione del principio del favor partecipationis alle competizioni elettorali risulta corroborata dalle considerazioni della Corte costituzionale e della Corte europea dei diritti dell’uomo: con la sentenza n. 1 del 13 gennaio 2014, la Corte costituzionale ha evidenziato che le disposizioni sui sistemi elettorali sono ragionevoli se stabiliscono “oneri non sproporzionati rispetto al perseguimento” di obiettivi legittimi, il che comporta che le medesime disposizioni possono comportare l’esclusione delle liste o delle candidature solo quando siano violate chiare previsioni che precisino le formalità da seguire e le conseguenze derivanti nel caso di loro violazione; con la sentenza 16 marzo 2006, n. 58278, la Corte europea dei diritti dell’uomo, Grande Chambre, ha evidenziato che la legislazione elettorale dei singoli Stati deve tendere a procedure volte a determinare l’effettiva volontà del popolo; la Corte europea ha chiarito che “vi sono molti modi per organizzare e gestire i sistemi elettorali e numerose differenze in Europa specie nell’evoluzione storica, nella diversità culturale, nel pensiero politico e spetta ad ogni Stato contraente fondere tali diversità nella sua propria visione della democrazia”. Ha aggiunto la Corte che la disciplina nazionale deve comunque consentire che le condizioni, alle quali sono subordinati il diritto di votare o di candidarsi alle elezioni, non riducano i diritti ad un punto tale da pregiudicare la loro essenza e privarli della loro effettività; che perseguano uno scopo legittimo; che i mezzi impiegati non siano, soprattutto, sproporzionati rispetto al fine che la legislazione nazionale persegue, sicché tutte le condizioni imposte da questa devono rispecchiare “la preoccupazione di mantenere l’integrità e l’effettività di una procedura elettorale volta a determinare la volontà del popolo mediante un suffragio universale”.
Non vi è dubbio, quindi, che, proprio alla luce di tali fondamentali principi costituzionali ed europei, l’applicazione della strumentalità delle forme debba a maggior ragione trovare applicazione alla carenza documentale del candidato alla competizione elettorale.
In conclusione, per i suesposti motivi, l’appello va accolto, con conseguente riforma della sentenza del Tar Friuli Venezia Giulia 3 aprile 2018, n. 96 e ammissione alla competizione elettorale della signora Pa. Iu.
La complessità della vicenda contenziosa comporta l’esonero delle parti soccombenti, non costituite in giudizio, dalla rifusione delle spese e degli onorari del giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
(Sezione Terza),
definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla la sentenza del Tar Friuli Venezia Giulia 3 aprile 2018, n. 96 e ammette la signora Pa. Iu. alle elezioni amministrative del Comune di (omissis) del 29 aprile 2018.
Nulla per le spese.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 9 aprile 2018 con l’intervento dei magistrati:
Lanfranco Balucani – Presidente
Pierfrancesco Ungari – Consigliere
Giulia Ferrari – Consigliere, Estensore
Solveig Cogliani – Consigliere
Luigi Birritteri – Consigliere
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