Consiglio di Stato, sezione terza, Sentenza 12 luglio 2018, n. 4275.
La massima estrapolata:
Anche nella materia elettorale, la tutela giurisdizionale piena e tempestiva nei confronti degli atti della pubblica amministrazione, garantita dagli artt. 24 e 113 Cost., non può non includere anche il rimedio cautelare.
Sentenza 12 luglio 2018, n. 4275
Data udienza 26 giugno 2018
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Terza
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3159 del 2018, proposto da
Si. Fu., rappresentata e difesa dall’avvocato Er. Tr., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via (…);
contro
Comune di (omissis) – non costituito in giudizio;
nei confronti
Fa. Tr., Va. Vi. – non costituiti in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione II bis Seconda) n. 10418/2017, resa tra le parti, nel capo relativo alla compensazione delle spese di giudizio “per evidenti ragioni di equità”, nonché nella parte in cui omette di revocare o modificare le spese della fase cautelare ai sensi dell’art. 57 c.p.a..
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 26 giugno 2018 il Cons. Giovanni Pescatore e udito per la parte appellante l’avvocato Er. Tr.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Il giudizio di primo grado conclusosi con la qui appellata sentenza n. 10418/2017, ha visto accolta la domanda con la quale la ricorrente Si. Fu. – candidata al consiglio comunale di (omissis), nonché cittadina elettrice dello stesso Comune – aveva impugnato i verbali delle operazioni dell’ufficio elettorale centrale del 16 giugno 2017 e del 25 giugno 2017, relativi alla procedura di elezione diretta del sindaco e del consiglio comunale di (omissis), e aveva chiesto la correzione in proprio favore del risultato elettorale, ottenendo all’esito la proclamazione alla carica di consigliere comunale in sostituzione del controinteressato Fa. Tr..
2. L’appellante Fuggi in questa sede si duole del fatto che il TAR, senza giustificato motivo, pur avendo accertato la piena fondatezza delle sue istanze, abbia compensato le spese di lite del primo grado di giudizio e confermato implicitamente (senza pronunciarsi sul punto) la statuizione di condanna della ricorrente alla refusione delle spese della fase cautelare.
3. Osserva l’appellante come la giurisprudenza da tempo abbia avuto cura di precisare che i “giusti motivi o le ragioni di equità”, in base ai quali il giudice dispone la compensazione tra le parti in causa delle spese del giudizio, devono quanto meno essere desumibili dal contesto della decisione (cfr. Cons. Stato, III, n. 3682/2014; id., n. 2508/2013) – e come, per converso, nella sentenza appellata tale corrispondenza tra motivazione e statuizione sulle spese non sia in alcun modo rinvenibile, non potendosi ritenere sufficiente l’affermazione di stile ivi contenuta secondo la quale “le spese processuali devono essere compensate tra le parti costituite, per evidenti ragioni di equità”. Nello stesso senso, l’appellante fa rilevare che l’art. 92 cod. proc. civ., nel testo vigente, dopo la modifica apportata dal d.l. n. 69/2009, convertito nella legge n. 135/2012, ha riferito la possibilità della compensazione alla più restrittiva sussistenza di “gravi ed eccezionali ragioni” (Cons. Stato, sez. IV, n. 4948/2016; Id., sez. III, n. 1262/2016), di cui nella specie non vi sarebbe alcun riscontro.
A detta dell’appellante, l’applicazione del criterio della soccombenza, e del sotteso principio di causalità cui è conformata tutta la disciplina in materia di regolamentazione delle spese processuali, risulterebbe doverosa in un caso come quello in esame, in cui sono state contestualmente riconosciute la piena fondatezza delle istanze avanzate dalla parte ricorrente e l’altrettanto integrale infondatezza delle eccezioni sollevate dal controinteressato.
4. Sotto tutti i profili sin qui richiamati, l’appellante deduce la violazione dell’articolo 26 c.p.a., la falsa ed errata applicazione dell’art. 57 codice del processo amministrativo, nonché la violazione degli artt. 91, 92, 93, 94, 96 e 97 del codice di procedura civile, oltre che dell’art. 24 Cost..
5. Le parti intimate non si sono costituite in giudizio.
6. La causa è stata discussa e posta in decisione all’udienza pubblica del 26 giugno 2018.
7. L’appello è fondato e meritevole di accoglimento.
Com’è noto, l’articolo 26 del c.p.a., salvo che per aspetti qui non in rilievo, reca un esplicito rinvio alle disposizioni del codice di rito, e segnatamente agli articoli 91, 92, 93, 94, 96 e 97 del codice di procedura civile, per la definizione del regime delle spese processuali.
Il suindicato sistema è incentrato sul principio generale secondo cui la parte soccombente va condannata al pagamento delle spese processuali in favore della parte risultata vittoriosa.
Tale principio, a mente dell’articolo 92 del c.p.c., patisce eccezione e può, dunque, essere derogato con la diversa regola della cd. compensazione, evenienza questa però sottoposta a progressive restrizioni da parte del legislatore che hanno via via eroso i margini di discrezionalità spettanti al giudice procedente.
8. Segnatamente, l’art. 92 cod. proc. civ., nel testo vigente, dopo la modifica apportata dal d.l. n. 69/2009, convertito nella legge n. 135/2012, ha riferito la possibilità della compensazione alla sussistenza di “gravi ed eccezionali ragioni, esplicitamente indicate nella motivazione”. Nella successiva e vigente versione della citata disposizione, come definita dall’art. 13, comma 1, D.L. 12 settembre 2014, n. 132, convertito, con modificazioni, dalla L. 10 novembre 2014, n. 162, le spese possono essere compensate nei soli casi di “soccombenza reciproca ovvero nel caso di assoluta novità della questione trattata o mutamento della giurisprudenza rispetto alle questioni dirimenti”.
Tale disposizione, con sentenza 7 marzo-19 aprile 2018, n. 77 (Gazz. Uff. 26 aprile 2018, n. 17, ediz. straord. – Prima serie speciale), è stata di recente dichiarata incostituzionale nella parte in cui non prevede che il giudice possa compensare le spese tra le parti, parzialmente o per intero, anche qualora sussistano altre analoghe gravi ed eccezionali ragioni.
9. Nell’assetto sopra definito, e nonostante l’introduzione per via giurisdizionale di una clausola residuale idonea ad accreditare come fattispecie derogatorie anche ulteriori cause diverse ed aggiuntive rispetto a quelle elencate dal legislatore, è rimasto fermo il divisato principio che pone i criteri della soccombenza e della compensazione in rapporto di regola ed eccezione, confinando, peraltro, l’ammissione di una deroga al principio generale solo entro gli stretti margini di ulteriori fattispecie contraddistinte dai predicati della “gravità” e della “eccezionalità”.
10. Così ricostruito il quadro normativo di riferimento, appare di tutta evidenza come ogni eccezione al principio della soccombenza, ancorché non riconducibile alle fattispecie tipiche indicate dal legislatore, possa trovare ingresso sempreché adeguatamente ‘esternatà in motivazione, in modo tale da rendere comprensibile l’iter logico-giuridico e/o le valutazioni (di fatto ed eventualmente di sostanziale equità) su cui essa si fonda, e purché impostata su argomentazioni coerenti con le coordinate normative soprarichiamate.
11. Tanto premesso, e venendo al caso qui in rilievo, non può dubitarsi del fatto che l’esito del giudizio di primo grado abbia dato origine ad una situazione di piena vittoria processuale in capo alla ricorrente e di radicale soccombenza del controinteressato resistente. Il giudice di primo grado ha infatti acclarato la completa infondatezza delle eccezioni da questi opposte al fine di far valere l’inammissibilità dell’iniziativa processuale avversaria, tutte singolarmente esaminate e respinte dal Tar.
Vale poi soggiungere che dalla motivazione della sentenza appellata non emerge alcun elemento dal quale sia possibile dedurre la sussistenza di “giusti motivi” sui quali poter fondare la più volte menzionata ‘derogà al c.d. “principio della soccombenza”.
La combinata considerazione di tali due parametri di valutazione, induce ad una piana applicazione del criterio della soccombenza con riferimento alle domande principali oggetto di giudizio.
12. Lo stesso criterio rende meritevole di riforma anche la statuizione sulle spese assunta, nella fase cautelare, in senso sfavorevole alla ricorrente. Vero è, infatti, che il Collegio di primo grado si è risolto per il rigetto della istanza cautelare (con ordinanza 3919/2017), ma mette conto rilevare che tale statuizione è stata motivata sulla base di ragioni meramente processuali (desunte dalla “speciale natura del giudizio elettorale”, ritenuto non compatibile con la tutela cautelare “sia per la natura dei contrapposti interessi da bilanciare nella fase cautelare, sia per la speciale celerità del rito elettorale”), che non hanno toccato il fumus dell’istanza e che, comunque, non rinvengono la loro fonte in un espresso divieto di legge, quanto nelle valutazioni elaborate ex nihilo dal giudice di primo grado. Si tratta peraltro di argomentazioni non condivisibili, in considerazione del principio secondo cui il potere di sospensione dell’esecuzione dell’atto amministrativo è «elemento connaturale» di un sistema di tutela giurisdizionale incentrato sull’annullamento degli atti delle pubbliche amministrazioni. Sulla scorta di tale principio generale, la Corte Costituzionale ha affermato che, anche nella materia elettorale, la tutela giurisdizionale piena e tempestiva nei confronti degli atti della pubblica amministrazione, garantita dagli artt. 24 e 113 Cost., non può non includere anche il rimedio cautelare (Corte Cost. n. 236/2010).
13. Merita considerare, inoltre, che la stessa ordinanza che ha disposto la reiezione della domanda cautelare ha invece accolto l’istanza di esibizione documentale avanzata dalla ricorrente, disponendo l’acquisizione di “tutta la documentazione relativa alle operazioni elettorali contestate, incluse, in particolare, le tabelle di scrutinio riferite alla sezione elettorale n. 13”: proprio dagli esiti dell’incombente istruttorio è emersa quell’erronea attribuzione dei voti che ha poi originato il pieno accoglimento del ricorso di primo grado.
14. La rivalutazione della regolamentazione delle spese di lite relative alla fase cautelare, ai sensi dell’art. 57 c.p.a. (“La pronuncia sulle spese conserva efficacia anche dopo il provvedimento che definisce il giudizio, salvo diversa statuizione espressa nella sentenza di merito”), non è condizionata ad una specifica istanza di parte, sicché anche sotto questo profilo nulla ostava a che il giudice di primo grado, alla luce delle ragioni di merito definitivamente appurate all’esito della trattazione, riconsiderasse la complessiva regolamentazione delle spese di lite, anche al fine di renderla coerente con il parametro di “equità” conclusivamente prescelto.
15. In ragione di quanto fin qui esposto – in accoglimento della espressa domanda giudiziale veicolata con l’atto di appello in esame ed in riforma dell’appellata impugnata – le spese della fase cautelare relative al giudizio di primo grado vanno compensate e la parte controinteressata deve essere condannata al pagamento delle spese processuali per entrambi i gradi di giudizio, nella misura omnicomprensiva indicata nel dispositivo.
16. Sussistono giusti motivi per disporre la compensazione delle spese di lite nei rapporti tra l’appellante e le rimanenti parti non costituite, stante il loro contegno di mancata opposizione alle istanze dedotte dalla controparte.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
(Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto:
– lo accoglie e, per l’effetto, in parziale riforma della sentenza impugnata, compensa le spese di lite riferite alla fase cautelare del giudizio di primo grado;
– condanna il controinteressato Traini al pagamento, in favore della parte appellante, delle spese processuali relative ai due gradi del giudizio, che liquida nella misura omnicomprensiva di €. 3.000,00 oltre I.v.a. e accessori di legge;
– compensa le spese di lite del presente grado di giudizio tra le rimanenti parti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 26 giugno 2018 con l’intervento dei magistrati:
Marco Lipari – Presidente
Massimiliano Noccelli – Consigliere
Giovanni Pescatore – Consigliere, Estensore
Giulia Ferrari – Consigliere
Raffaello Sestini – Consigliere
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