Consiglio di Stato, sezione terza, Sentenza 11 luglio 2018, n. 4232.
La massima estrapolata:
Il procedimento di emersione presuppone la veridicità del rapporto di lavoro.
Sentenza 11 luglio 2018, n. 4232
Data udienza 24 maggio 2018
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Terza
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 4878 del 2015, proposto da
Ra. Ab., rappresentato e difeso dall’avvocato Al. Ba., con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Em. Be. in Roma, viale (…);
contro
Ministero dell’Interno, U.T.G. – Prefettura di Genova, in persona dei legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata ex lege in Roma, via (…);
per la riforma
della sentenza del T.A.R. per la Liguria, Sezione Seconda, n. 1779/2014, resa tra le parti, concernente il diniego di emersione dal lavoro irregolare;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell’Interno e dell’U.T.G. – Prefettura di Genova;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 24 maggio 2018 il Cons. Stefania Santoleri e udito per la parte appellata l’avvocato dello Stato Ge. Di Le.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. – Con ricorso proposto dinanzi al TAR per la Liguria, il ricorrente, cittadino del Bangladesh, ha impugnato il provvedimento della Prefettura di Genova – Sportello Unico per l’Immigrazione, del 6 novembre 2013, con il quale è stata disposta l’archiviazione della domanda di emersione dal lavoro irregolare presentata, ai sensi dell’art. 5 del D.Lgs. n. 109/2013, dalla sig.ra Gi. La. in suo favore.
L’archiviazione è stata disposta a causa della mancata presentazione delle parti (datore di lavoro e lavoratore) dinanzi allo S.U.I. al fine della definizione del procedimento, nonostante fossero stati convocati per due volte.
Lo S.U.I. ha, infatti, rilevato che la mancata presentazione delle parti interessate aveva impedito lo svolgimento della necessaria istruttoria sulla domanda di emersione.
Il ricorrente ha impugnato il provvedimento di archiviazione deducendo plurimi motivi di impugnazione.
2. – Il primo giudice, dovendo provvedere sull’istanza cautelare, ha disposto un’istruttoria al fine di accertare l’effettività del rapporto di lavoro per il quale era stata presentata l’istanza di emersione.
In data 4 novembre 2014 la sig.ra Gi. La. è stata convocata presso la Questura di Genova – Ufficio Immigrazione, ed ha dichiarato che il ricorrente, che le era stato presentato da un connazionale per essere assunto alle sue dipendenze come badante per accudire il figlio invalido, non era stato mai assunto essendosi accorta che non era idoneo a stare con suo figlio.
3. – Il TAR, preso atto di questa dichiarazione e tenuto conto che non vi erano concreti elementi di prova a sostegno dell’effettività del rapporto di lavoro, ha respinto il ricorso.
4. – Avverso tale sentenza il ricorrente ha proposto appello chiedendo l’integrale riforma della sentenza impugnata.
L’Amministrazione appellata si è costituita in giudizio chiedendo il rigetto dell’appello.
5. – Con ordinanza n. 2991/2015 la domanda cautelare è stata respinta.
Con memoria del 23 aprile 2018 l’appellante ha ribadito le proprie tesi difensive alla luce di alcune pronunce della Sezione.
6. – All’udienza pubblica del 24 maggio 2018 l’appello è stato trattenuto in decisione.
7. – L’appello è infondato e va, dunque, respinto.
8. – Innanzitutto non può accogliersi la prima doglianza diretta a sostenere l’incompletezza dell’istruttoria: la datrice di lavoro ha espressamente dichiarato di non aver mai assunto alle proprie dipendenze il cittadino straniero, sebbene avesse presentato l’istanza di emersione.
In pratica, ha reso dinanzi alla Questura una dichiarazione contrastante con la condotta che aveva tenuto in precedenza, avendo formalmente presentato la domanda di emersione in favore dell’appellante.
Il procedimento di emersione – però – presuppone la veridicità del rapporto di lavoro, elemento chiaramente negato dalla datrice di lavoro.
A fronte della sua condotta contraddittoria, nessun elemento concreto ha addotto l’appellante a dimostrazione della veridicità di tale rapporto.
8.1 – Questa Sezione nella sentenza del 27 giugno 2017 n. 3129 ha precisato che “riguardo alla effettiva sussistenza del rapporto di lavoro, non è ipotizzabile un onere di “attività accertativa da parte dell’Amministrazione”, ma solo l’apporto (materiale o comunque informativo) del lavoratore, che, quale parte del rapporto di lavoro “illegale” (v. le definizioni recate all’art. 2 della citata Direttiva 2009/52/CE), è sicuramente in possesso di conoscenze relative ai concreti elementi del rapporto di lavoro illegalmente intercorso (luogo di lavoro, tipologia di lavorazioni svolte, organizzazione del lavoro, orari di lavoro, numero e profilo professionale degli addetti, committenza del datore di lavoro, fornitori, ecc.), che può concorrere in maniera decisiva a portare alla luce (cfr. Cons. Stato, III, n. 4207/2015)”.
In sostanza, in presenza del formale disconoscimento del rapporto di lavoro da parte del datore di lavoro, il lavoratore deve fornire elementi di prova per contrastare quanto da questi affermato.
Non possono, infatti, bastare a dimostrare la effettiva sussistenza del rapporto di lavoro, in presenza di una dichiarazione contraria da parte del datore di lavoro, la sola presentazione della domanda di emersione e la compilazione del modello F24.
9. – Neppure può accogliersi il secondo motivo di appello, in quanto lo S.U.I. ha convocato le parti utilizzando i dati indicati dalle stesse parti nella domanda di emersione, né può rilevare l’omessa comunicazione del preavviso di diniego, tenuto conto della non rintracciabilità dello straniero.
10. – Neppure può essere accolta la pretesa diretta ad ottenere il rilascio del permesso di soggiorno per attesa occupazione, tenuto conto del tenore della dichiarazione resa dalla datrice di lavoro.
11. – Devono essere respinti, infine, anche gli ulteriori motivi di appello, atteso che:
– il permesso di soggiorno presuppone la conclusione del procedimento di emersione, che nel caso di specie non si è verificata;
– in sede istruttoria è emersa la non veridicità del rapporto di lavoro;
– la presenza in modo irregolare da tempo sul territorio nazionale non rileva ai fini dell’emersione;
– non rilevano neppure l’assenza di precedenti penali a carico del cittadino straniero e la promessa di assunzione da parte di terzi;
– l’omessa traduzione del provvedimento impugnato nella lingua conosciuta dall’appellante non costituisce – in base alla giurisprudenza consolidata del giudice amministrativo – motivo di illegittimità del provvedimento impugnato (cfr., ex plurimis, Cons. Stato Sez. III, 06-02-2017, n. 525; Cons. Stato Sez. III, 16-11-2016, n. 4736).
12. – In conclusione, per i suesposti motivi, l’appello va respinto e, per l’effetto, va confermata la sentenza di primo grado che ha respinto il ricorso di primo grado.
13. – Quanto alle spese di lite, sussistono i presupposti per disporne la compensazione tra le parti.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
(Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge e, per l’effetto, conferma la sentenza di primo grado che ha respinto il ricorso di primo grado.
Compensa tra le parti le spese del grado di appello.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 24 maggio 2018 con l’intervento dei magistrati:
Marco Lipari – Presidente
Umberto Realfonzo – Consigliere
Stefania Santoleri – Consigliere, Estensore
Giulia Ferrari – Consigliere
Ezio Fedullo – Consigliere
Leave a Reply