Consiglio di Stato, sezione sesta, Sentenza 22 maggio 2018, n. 3053.
La massima estrapolata
La statuizione sulle spese è censurabile esclusivamente quando esse sono state poste, in tutto o in parte, a carico della parte totalmente vittoriosa o, altrimenti, se la medesima statuizione sia abnorme o macroscopicamente irragionevole o illogica.
Sentenza 22 maggio 2018, n. 3053
Data udienza 3 maggio 2018
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Sesta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 381 del 2018, proposto dalla signora In. Ce., rappresentata e difesa dall’avvocato Da. Gr., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, corso (…);
contro
il Comune di (omissis), il persona del Sindaco pro tempore, non costituitosi in giudizio;
nei confronti
della signora Virginia Ri., non costituitasi in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Liguria n. 744 del 2017, resa tra le parti, in tema di accesso ai documenti amministrativi, nella parte in cui ha compensato le spese del giudizio;
Visto il ricorso in appello, con i relativi allegati;
Lette le sentenze del TAR Liguria nn. 92/2016, 340/2016, 952/2016, 976/2016, 123/2017 (confermata in appello da Cons. Stato, VI, n. 295/2018) e 744/2017;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del 3 maggio 2018 il cons. Marco Buricelli e udito per la parte appellante l’avvocato Da. Gr.;
premesso e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Esigenze di sintesi nella redazione dei provvedimenti giurisdizionali (cfr. art. 3, comma 2, del c.p.a.) impongono di dare per conosciute le vicende, amministrative e contenziose, che hanno coinvolto le signore Ce. e Ri. e il Comune di (omissis), come descritte nel ricorso in appello e nelle sentenze indicate in premessa, compresa la decisione del TAR n. 744 del 2017, impugnata in parte qua e con la quale il giudice di primo grado, pur accogliendo il ricorso proposto dalla signora Ce. ai sensi dell’art. 116 del c. p. a., ha giudicato equo compensare le spese di lite, “in considerazione della peculiarità della vicenda, dell’articolato contenzioso già sviluppatosi tra le parti del presente giudizio e della pendenza dell’impugnativa avverso la menzionata sentenza di accoglimento del ricorso per ottemperanza”.
Parte appellante deduce l’erroneità della statuizione di compensazione delle spese, rilevando la sua illogicità manifesta, oltre che la violazione dell’art. 91 del c. p. c., in relazione a quanto specificamente rilevato dal medesimo giudice di primo grado nell’elaborare la motivazione di accoglimento del ricorso, per quanto riguarda, in particolare, la osservazione preliminare del TAR secondo cui la ricorrente aveva già intrapreso “plurime iniziative giurisdizionali, intese a contrastare la installazione della canna fumaria cui si fa riferimento nella istanza di accesso”: tali azioni giudiziali, come si evidenzia con l’appello, hanno visto la signora Ce. sempre vittoriosa, sicché con la sesta sentenza, “quella odierna gravata solo in punto spese”, il TAR avrebbe dovuto inevitabilmente condannare la parte soccombente alla rifusione delle spese del giudizio a favore della ricorrente, anziché disporre, in maniera “non equa, ma iniqua”, la compensazione delle spese stesse.
L’appellante ha concluso chiedendo che questa Sezione, in riforma parziale della sentenza in epigrafe, nella parte in cui è stata disposta la compensazione delle spese di lite, voglia accogliere l’appello e condannare l’Amministrazione al rimborso delle spese dei due gradi del giudizio.
Il Comune e la signora Ri., benché ritualmente intimati, non si sono costituiti.
2.Il Collegio ritiene che l’appello vada respinto, dato che non sussistono, nel caso in esame, ragioni per disattendere l’orientamento giurisprudenziale amministrativo consolidato sui limiti inerenti alla censurabilità, in appello, della decisione del giudice di primo grado sulle spese processuali, in base al quale la statuizione sulle spese è censurabile esclusivamente quando esse sono state poste, in tutto o in parte, a carico della parte totalmente vittoriosa o, altrimenti, se la medesima statuizione sia abnorme o macroscopicamente irragionevole o illogica (cfr., di recente, Cons. Stato, sez. III, 29 gennaio 2018, n. 608, secondo cui “in applicazione del condivisibile orientamento giurisdizionale (da ultimo, Cons. St., sez. IV, 17 ottobre 2017, n. 4795; id. 23 giugno 2017, n. 3068)… la decisione del giudice di merito, in materia di spese processuali, è censurabile in sede di legittimità, sotto il profilo della violazione di legge, soltanto quando le spese siano state poste, totalmente o parzialmente, a carico della parte totalmente vittoriosa; non è invece sindacabile, neppure sotto il profilo del difetto di motivazione, l’esercizio del potere discrezionale del giudice di merito sull’opportunità di compensare, in tutto o in parte, le spese medesime. Tali principi trovano applicazione non soltanto quando il giudice ha emesso una pronuncia di merito, ma anche quando egli si è limitato a dichiarare l’inammissibilità o l’improcedibilità dell’atto introduttivo del giudizio”; conf. Cons. Stato, sez. V, n. 2799 del 2017).
Poiché non risulta abnorme o macroscopicamente irragionevole o illogica, la statuizione impugnata va confermata.
Peraltro, è innegabile la qualificazione come peculiare della vicenda nel suo insieme, in quanto connessa all’articolato contenzioso che si è sviluppato tra le parti a partire dal 2015: peculiarità che il giudice di primo grado ha considerato, in maniera non manifestamente implausibile, come circostanza rilevante allo scopo di poter giustificare la decisione di compensare le spese tra le parti, sicché, in definitiva, non viene in considerazione una statuizione “manifestamente abnorme” che, sola, avrebbe potuto condurre a una riforma della decisione impugnata.
Si deve precisare in questa sede che – in considerazione della sentenza del TAR – l’Amministrazione è tenuta a rimborsare all’appellante quanto effettivamente versato a titolo di contributo unificato nel corso del giudizio di primo grado.
Non si fa luogo a pronuncia sulle spese del secondo grado del giudizio, dato che il Comune e la signora Ri. non si sono costituiti.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
(Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull’appello n. 381 del 2018, come in epigrafe proposto, lo respinge, confermando, per l’effetto, la sentenza impugnata nella parte in cui si dispone la compensazione integrale delle spese.
La presente sentenza sarà eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 3 maggio 2018, con l’intervento dei magistrati:
Luigi Maruotti – Presidente
Vincenzo Lopilato – Consigliere
Marco Buricelli – Consigliere, Estensore
Francesco Mele – Consigliere
Oreste Mario Caputo – Consigliere
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