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13. Va dato atto che sulle questioni sopra sintetizzate si riscontra una certa (per lo più apparente) varietà di indirizzi all’interno della Sezione, sovente cagionata dall’andamento del processo fra i due gradi di giudizio e dalle preclusioni verificatesi.
In particolare:
a) alcune decisioni ammettono tout court l’accesso alle cartelle esattoriali (30 novembre 2015, n. 5410; 17 novembre 2016, nn. da 4760 a 4764);
b) altre affermano in linea di principio l’esistenza del diritto all’accesso alle cartelle di pagamento escludendolo tuttavia se l’agente della riscossione, rispettando determinate formalità, certifichi l’inesistenza documenti in suo possesso (31 marzo 2015, nn. da 1696 a 1705, ricordate in narrativa);
c) altre ancora, assunte specialmente in sede cautelare, negano l’accesso alle cartelle, ma ritengono sufficiente a soddisfare l’interesse dell’istante la conoscenza dell’estratto di ruolo, l’avviso di ricevimento e l’attestazione del soggetto notificante, mentre negano l’onere di produrre copia integrale delle cartelle, in quanto non in possesso dell’agente della riscossione, e di fornire ulteriori informazioni (quali quelle su messi e agenti notificatori) non contenute in documenti amministrativi e sulle quali il privato non ha interesse all’accesso (ordinanza 16 giugno 2016, n. 2240; ordinanze 10 marzo 2017, n. 1004, n. 1006, n. 1007; sentenze 26 maggio 2017, n. 2477 e 7 agosto 2017, n. 3947).
14. E’ preliminare distinguere la problematica dell’accesso alle cartelle esattoriali da quello avente a oggetto dati diversi o documenti alle prime solo connessi.
15. Il Collegio ritiene che, in linea di principio, non vi sia motivo di negare al privato il diritto di accesso alle cartelle esattoriali che lo riguardano (in senso conforme, sia pure nel contesto del processo penale, cfr. Cass. pen., sez. III, 19 gennaio 2016, n. 4654).
15.1. Ferma, in linea di principio, l’esclusione del diritto di accesso nei procedimenti tributari sancita dalla legge [art. 24, co. 1, lett. b), della legge 7 agosto 1990, n. 241], vale comunque il co. 7, primo periodo, del medesimo art. 24, secondo il quale “deve comunque essere garantito ai richiedenti l’accesso ai documenti amministrativi la cui conoscenza sia necessaria per curare o per difendere i propri interessi giuridici”.
15.2. Come ha avuto occasione di rilevare la Sezione (11 febbraio 2011, n. 925; 26 settembre 2013, n. 4821; 13 marzo 2014, n. 1211), svolgendo considerazioni dalle quali non vi è motivo per discostarsi in questa sede, una lettura costituzionalmente orientata dell’art. 24 conduce alle seguenti conclusioni:
I) l’inaccessibilità degli atti del procedimento tributario è temporalmente limitata alla fase di pendenza del procedimento stesso, non rilevandosi esigenze di segretezza nella fase che segue l’adozione del provvedimento definitivo e dunque nella fase della riscossione (fermo restando che sono inaccessibili i documenti relativi all’attività investigativa, ispettiva e di controllo specie della Guardia di finanza dalla cui diffusione possa derivare pregiudizio alla prevenzione e repressione della criminalità nei settori di competenza di quest’ultima anche sotto il profilo della conoscenza delle tecniche e delle fonti informative ed operative: cfr. Cons. Stato, sez. IV, 11 aprile 2002, n. 1977);
II) il comma 7 costituisce una norma di chiusura che, nei limiti di legge, garantisce l’accesso a quei documenti amministrativi la cui conoscenza sia necessaria per curare o per difendere i propri interessi giuridici e pone come unico limite il fatto che i documenti contengano dati sensibili o giudiziari;
III) il soggetto pubblico richiesto non può andare oltre una valutazione circa il collegamento dell’atto – obiettivo o secondo la prospettazione del richiedente – con la situazione soggettiva da tutelare e quanto all’esistenza di una concreta necessità di tutela, senza poter apprezzare nel merito la fondatezza della pretesa o le strategie difensive dell’interessato (cfr. Cons. Stato, sez. V, 10 gennaio 2007, n. 55; sez. V, sez. IV, 29 gennaio 2014, n. 461; sez. V, 23 marzo 2015, n. 1545).
16. Ciò premesso, la questione dell’accesso alle cartelle esattoriali va in concreto declinata avuto riguardo alle modalità di notifica adottate nella specie, nel senso che la piena esplicazione del diritto può trovare un limite obiettivo nella configurazione materiale dell’atto che la richiesta prende a oggetto, cioè nel supporto fisico della cartella esattoriale.
16.1. A norma dell’art. 26, primo comma, del d.P.R. n. 602/1973 la notifica può avvenire:
I) ad opera di ufficiali della riscossione o di altri soggetti abilitati;
II) mediante servizio postale con l’invio di raccomandata con avviso di ricevimento;
III) a mezzo P.E.C. secondo le modalità previste dal decreto del Presidente della Repubblica 11 febbraio 2005, n. 68.
16.2. Come conviene Eq. nel suo appello, nella prima e nella terza ipotesi resta conservato l’originale dell’atto. In questi casi, il diritto di accesso è dunque facilmente e legittimamente esperibile.
16.3. In ogni caso, l’accesso a copie di cartelle esattoriali di pagamento non potrebbe essere legittimamente negato dall’agente della riscossione con riferimento all’avvenuto decorso del quinquennio entro il quale – a norma dell’art. 26, quarto comma, del d.P.R. n. 602/1973 – essa sarebbe obbligata a conservarle, trattandosi di obbligo minimo, e non massimo, di conservazione delle stesse, che deve durare fin quando il credito non è stato recuperato (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 26 settembre 2013, n. 4821; sez. IV, 31 marzo 2015, nn. da 1696 a 1705; 30 novembre 2015, n. 5410).
16.4. Il punto delicato si pone con riguardo alla notifica per il tramite del servizio postale. Non a caso tutte le controversie sottoposte all’esame della Sezione attengono a cartelle esattoriali notificate con tale modalità.
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