In sede di rilascio di un titolo edilizio in sanatoria per opere eseguite su immobili sottoposti a vincolo

Consiglio di stato, sezione quarta, Sentenza 24 maggio 2018, n. 3103.

La massima estrapolata:

In sede di rilascio di un titolo edilizio in sanatoria per opere eseguite su immobili sottoposti a vincolo, il giudizio preordinato alla valutazione della compatibilità delle opere realizzate postula la presa in considerazione, puntuale e concreta, del manufatto e delle sue caratteristiche, da rapportare ai valori del sito vincolato.

Sentenza 24 maggio 2018, n. 3103

Data udienza 12 aprile 2018

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Quarta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1053 del 2007, proposto da:
Ente Parco di Po., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avvocati Re. Mo. e Al. Pe. con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo, in Roma, via (…);
contro
Ro. del Ca. S.p.A., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avvocati Gi. Ge. e prof. An. Cl., con domicilio eletto presso lo studio del secondo in Roma, via (…);
nei confronti
Comune di (omissis) non costituito in giudizio;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. LIGURIA, sez. I^, n. 1710 del 2005.
Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio della società Ro. del Ca. s.p.a.;
Viste le memorie difensive;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore alla pubblica udienza del giorno 12 aprile 2018 il Cons. Silvia Martino;
Uditi, per le parti rispettivamente rappresentate, gli avvocati Re. Mo. e An. Cl.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. La società, odierna appellata, Ro. del Ca. s.p.a., nella qualità di proprietaria in (omissis) dell’Hotel Ce. dei Do., impugnava innanzi al TAR per la Liguria, chiedendone l’annullamento, il parere n. 202 del 26 giugno 2002, con il quale il Consiglio dell’Ente Parco di Po. aveva deliberato la difformità dalla vigente normativa della domanda di condono edilizio relativamente a due manufatti, il primo in adiacenza del corpo principale dell’albergo su due piani sfalsati di superficie pari a circa mq. 161 ed il secondo consistente in un ampliamento volumetrico di un fabbricato esistente per circa mq. 46 e alto tre metri.
La società ricorrente deduceva:
1.Violazione e falsa applicazione dell’art. 21 legge reg. 12/95. Difetto di presupposto, travisamento, sviamento, difetto di motivazione. Incompetenza.
L’Ente Parco è tenuto a rilasciare parere sulla compatibilità di un progetto con le norme positive vigenti nel territorio del Parco, senza esprimere giudizi di valore o di merito o apprezzamenti discrezionali di alcun genere: quindi la deliberazione non poteva muovere i rilievi quanto ad una presunta incisione sui valori architettonici e naturalistici dell’area interessata.
2. Violazione dell’art. 21 legge reg. 12/5. Tardività.
La deliberazione impugnata era stata pronunciata il 26 giugno 2002, quindi in presenza dell’avvenuto decorso dei sessanta giorni per l’adozione stabiliti dall’art. 21 legge reg. n. 12/95, essendo stata la domanda presentata il 4 gennaio antecedente.
3.In subordine. Violazione e falsa applicazione dell’art. 21 legge reg. 12/95 in relazione all’art. 32 L. 47/85. Difetto assoluto di presupposto.
Poiché il Parco di Po. è stato istituito nel 1976 ed i manufatti in questione sono stati realizzati prima del 1967, non vi era ragione perché venisse sentita l’amministrazione preposta al vincolo, dato che ai sensi delle norme in rubrica il parere sulla condonabilità di abusi in aree protette va rilasciato solo nel caso di abuso realizzato dopo l’istituzione di queste.
4. Violazione e falsa applicazione dell’art. 21 legge reg. 12/95 in relazione all’art. 32 L. 47/85 sotto diverso profilo. Difetto assoluto di presupposto. Travisamento. Sviamento. Difetto di motivazione. Le ragioni per denegare la condonabilità risiederebbero nell’aver inciso sui valori architettonici e naturalistici con la realizzazione di nuove costruzioni ed ampliamenti funzionalmente o strutturalmente autonomi. La mera realizzazione di nuove costruzioni non può di per sé essere motivo per denegare la sanatoria: infatti, nell’area del Parco di Po. interessata dai manufatti in questione sono consentiti interventi di ristrutturazione edilizia con aumenti di volume fino a mc. 500 per ogni comprensorio e perciò il richiamo a “nuove costruzioni” può essere utile solo in caso di vincolo di inedificabilità assoluta. Inoltre il richiamo all’incisione su valori architettonici e naturalistici senza alcuna specificazione è un mero stereotipo che non ha valore di motivazione ed è un semplice richiamo ai criteri generali stabiliti dal Consiglio dell’Ente in materia di sanatoria.
5. Violazione e falsa applicazione dell’art. 21 legge reg. 12/95 in relazione alla violazione della legge reg. 40/77 (art. 10), del P.R. Del Monte di Po. (art. 24 – zona 4) e del Piano dell’Area di Parco. Difetto di istruttoria e di motivazione.
Secondo la ricorrente era del tutto illegittima l’applicazione della legge reg. n. 40/77, perché le planimetrie ad essa allegate non erano mai entrate in vigore in quanto mai pubblicate e poi perché tale legge era stata espressamente abrogata dalla legge reg. 12/95. Inoltre le norme di tutela dell’Area Parco risalgono alla legge reg. 4 dicembre 1986 n. 32. Andava altresì considerata la possibilità della maggiorazione della cubatura fino a mc. 500, esplicitamente valevole anche per l’albergo in questione. Il riferimento alla disciplina del piano dell”Area Parco adottato con deliberazione del consiglio 5 novembre 2001 era anch’essa inconferente, poiché necessitava di approvazione da parte del Consiglio regionale e comunque lo stesso piano prevedeva la valorizzazione delle potenzialità turistiche delle strutture esistenti: era evidente quindi che il provvedimento impugnato doveva essere assistito da consistente motivazione.
2. L’Ente Parco di Po. e il Comune di (omissis) non si costituivano in giudizio.
3. Il TAR per la Liguria riteneva infondati i primi tre motivi di ricorso, accoglieva il quarto ed assorbiva il quinto.
Il TAR condivideva le censure con cui la società aveva fatto rilevare che il diniego di parere favorevole era fondato su un mero richiamo all’incisione sui valori architettonici e naturalistici da parte delle costruzioni, ripetitivo dei criteri generali emessi dal Consiglio dell’Ente del Parco per pronunciarsi in materia di sanatoria, e non recava invece alcuna motivazione sia in ordine al fatto che l’area non era interessata da vincoli di inedificabilità assoluta, sia alla circostanza che il piano del Parco permetteva per i manufatti preesistenti interventi di ristrutturazione edilizia con aumenti fino a 500 mc di volumetria.
Il giudice di prime cura sottolineava che, se la condonabilità non è un obbligo per la p.a. tuttavia, in un caso come quello di specie, caratterizzato dalla presenza di norme di attuazione del piano del Parco che consentivano di valorizzare complessi immobiliari a fini turistici, anche con aumenti di volumetria, il provvedimento di diniego doveva essere accuratamente giustificato con richiami alla situazione concreta dei luoghi immediatamente interessati dalle costruzioni ed alla reale incombenza di credibili danni ambientali.
4. L’Ente Parco di Po., rimasto soccombente, ha impugnato siffatta pronuncia, deducendo un unico complesso mezzo di gravame che può essere così sintetizzato.
Premesso che l’Ente Parco di Po. è tenuto ad esprimere pareri ai sensi dell’art. 32 della l. n. 47/985 in qualità di amministrazione preposta alla tutela del vincolo a parco, l’appellante sottolinea che alla stregua dell’art. 9, comma 3, della N.d.A. del Piano del Parco, approvato con D.C.R. della Liguria n. 33 del 26.6.2002, la zona urbanistica di cui trattasi (C1 – Paesaggio agricolo e collinare) è assoggettata ad un rigoroso regime volto alla sua conservazione e al mantenimento dei caratteri tipici del paesaggio agricolo, consentendo esclusivamente marginali interventi edilizi strumentali e funzionali all’attività di coltivazione dei fondi e a quelle ad esse strettamente connesse.
Improprio sarebbe altresì il richiamo fatto dal TAR all’obiettivo di valorizzare i complessi turistici ove si ponga mente all’art. 12 delle suddette Norme di Attuazione secondo cui gli interventi di valorizzazione delle potenzialità turistiche devono rispettare le caratteristiche paesaggistiche dell’area nella quale sono situati, ammettendosi in essa soltanto gli “interventi di cui alle lettere a), b) e c) del comma 1 dell’art. 31 della l. 5.8.1978, n. 457” e comunque subordinando “eventuali altri interventi finalizzati alla razionalizzazione o al potenziamento delle attrezzature di servizio e funzionali al miglioramento dell’offerta turistico ricettiva” all’adozione degli “specifici strumentiurbanistici attuativi prevista dall’art. 19 della l.r. 12/1995, corredati da un piano aziendale di sviluppo che ne dimostri l’esigenza nel rispetto della destinazione alberghiera tradizionale”.
5. In data 17.9.2007 si è costituita, per resistere, con comparsa di stile, la società Ro. del Ca. s.p.a..
6. Con successiva memoria del 31.8.2017 la società ha sottolineato che la ricostruzione della normativa che vige nel Parco, effettuata dall’ente appellante, è parziale in quanto non è stato riprodotto l’art. 24 del Piano Regolatore del Monte di Po., il quale incontestabilmente ammetteva per il Ce. dei Do., così come per gli altri tre alberghi ivi considerati, la ricostruzione dei volumi esistenti “con una maggiorazione non superiore a mc. 500 per ogni comprensorio”, e con altezza massima di m. 10,50.
Palese sarebbe dunque il tentativo dell’ente appellante di operare una inammissibile integrazione postuma della motivazione dell’atto gravato.
Dalla premessa che si trattava di “nuove costruzioni ed ampliamenti” e dalla constatazione ovvia che essi avessero rilievo “architettonico” (meno comprensibile sarebbe stato l’aggettivo “naturalistico”), peraltro positivamente valutato dall’organo competente che si era espresso nel senso della compatibilità paesaggistica, l’Ente Parco si era infatti limitato a trarre l’illogica conclusione “che l’intervento eseguito non era conforme alla normativa vigente”, normativa neppure specificata.
La società ha poi riproposto espressamente il quinto motivo del ricorso di primo grado assorbito dal TAR.
7. In vista della pubblica udienza del 12 aprile 2018, le parti hanno depositato memorie conclusionali e/o di replica.
8. Nella memoria del 12.3.2018, l’Ente Parco, oltre a ribadire le argomentazioni svolte nell’atto di appello, ha stigmatizzato, in quanto tardiva, la riproposizione da parte della società appellata del quinto motivo del ricorso di primo grado.
9. In replica, la società appellata ha fatto osservare:
– che l’art. 9 della N.d.A. del Piano del Parco, su cui si incentra l’atto di appello, non era neppure richiamato nel provvedimento impugnato, configurandosi, pertanto, un inammissibile tentativo di integrazione postuma della motivazione;
– che nell’area di intervento non esisteva un vincolo di inedificabilità assoluta;
– che comunque anche la disciplina di zona invocata con l’atto di appello consente, oltre agli interventi fino al restauro e risanamento conservativo inclusi, anche “eventuali altri interventi” finalizzati alla razionalizzazione o al potenziamento delle attrezzature di servizio e funzionali al miglioramento dell’offerta turistico ricettiva.
10. Nella propria memoria di replica l’ente appellante ha ribadito ed ulteriormente argomentato l’eccezione di inammissibilità relativa alla riproposizione del quinto motivo del ricorso di primo grado assorbito dal TAR, essendo stata articolata esclusivamente con una memoria depositata ben dieci anni dopo la costituzione in giudizio.
11. L’appello, infine, è stato trattenuto per la decisione alla pubblica udienza del 12 aprile 2018.
12. L’appello è infondato e deve essere respinto.
12.1. Appare dirimente stabilire, ai fini del decidere, quali siano le norme di piano applicabili alla fattispecie.
L’appello dell’Ente Parco si basa infatti sull’assunto che la disciplina applicabile sia quella della delibera del Consiglio regionale n. 26 giugno 2022, n. 33, recante l’approvazione del Piano del Parco regionale di Po. (adottato con deliberazione del Consiglio dell’Ente Parco 5 novembre 2001, n. 77), pubblicata sul Bollettino Ufficiale della Regione Liguria 24 luglio 2002, n. 30, parte seconda.
E’ tuttavia agevole rilevare che la motivazione della sentenza impugnata richiama, inequivocabilmente, il testo dell’art. 24 delle Norme di Attuazione del Piano regolatore del Monte di Po., approvato con la deliberazione della Giunta Regionale 9 dicembre 1976, n. 5974.
E’ tale norma, infatti, a stabilire che per la zona 4 (in cui, secondo il provvedimento impugnato in prime cure, ricadono gli interventi oggetto della domanda di condono), “formata da comprensori […] destinati ad insediamenti con finalità turistico-alberghiera, culturale, promozionale […]” e che “si localizza in (omissis), Albergo Sp., Albergo Ce. dei Do. […]”, vi è la:
” – possibilità di ristrutturazione e/o ricostruzione dei volumi edilizi esistenti con una cubatura pari a quella preesistente, salvo una maggiorazione non superiore a mc. 500 per ogni comprensorio, nei confronti del volume edilizio realizzato alla data di adozione del presente Piano. Le soluzioni architettoniche proposte debbono inserirsi validamente nell’ambiente.
– L’altezza massima degli edifici di cui sopra è mt.10,50 salvo maggiori limitazioni per esigenze di inserimento nel paesaggio”.
E’ bene anche precisare che, indipendentemente dalla tardività della riproposizione del quinto motivo del ricorso di primo grado (che in qualche modo affrontava il medesimo tema), spetta al giudice, secondo il principio iura novit curia, ricostruire il quadro giuridico – normativo nel quale il potere è stato esercitato al fine di verificare l’esistenza delle illegittimità dedotte nell’impugnativa (cfr., con riferimento al regolamento edilizio, Cons. Stato, Sez. IV, 16 giugno 2017, n. 2956; con riferimento al piano regolatore Cassazione civile, sez. II, 27 agosto 2002, n. 12561).
Ciò senza considerare che, come già evidenziato, è l’appello del Comune ad avere introdotto il tema delle fonti applicabili alla fattispecie.
12.2. L’esame congiunto degli articoli 18 e 37 della legge della Regione Liguria n. 12 del 1995, in materia di “Riordino delle aree protette”, induce a ritenere che le sole norme di piano applicabili alla fattispecie, per quanto riguarda la disciplina del Parco di Po., fossero, all’epoca, unicamente quelle del richiamato Piano Regolatore del Monte di Po..
L’art. 18 della suddetta legge regionale è infatti chiaro nello stabilire che “Entro sei mesi dalla data di insediamento del Consiglio direttivo l’Ente Parco di Po. adotta il Piano sulla base delle indagini conoscitive già effettuate dalla Regione in collaborazione con l’Ente regionale Monte di Po. e tenendo conto delle relative elaborazioni e indicazioni progettuali” (comma 2), e che “Dall’approvazione del Piano cessa l’efficacia del Piano Regolatore del Monte di Po., redatto ai sensi della legge 20 giugno 1935, n. 1251 e approvato con deliberazione della Giunta regionale 9 dicembre 1976, n. 5974”.
A sua volta, l’art. 37, comma 3, della medesima legge regionale, dispone che “Il Piano entra in vigore dalla data di pubblicazione nel Bollettino Ufficiale della Regione della deliberazione del Consiglio regionale di approvazione del Piano stesso ed è vincolante immediatamente nei confronti delle pubbliche amministrazioni e dei privati. Il Piano ha effetto di dichiarazione di pubblico generale interesse, di urgenza ed indifferibilità per gli interventi in esso previsti e sostituisce ad ogni livello il piano paesistico, i piani territoriali ed urbanistici ed ogni altro strumento di pianificazione territoriale”.
Non sono previste norme di salvaguardia, salvo che per le modifiche successive all’approvazione del Piano (cfr. il comma 9 della disposizione testé citata, secondo cui “Fino all’approvazione di modifiche di Piano si applicano le norme del Piano vigente o, in salvaguardia, le norme modificate e adottate se più restrittive”).
Come già accennato, il Piano del Parco regionale di Po., adottato ai sensi dell’art. 18 della cit. l.r. n. 12 del 1995 con delibera n. 77 del 2001, è stato approvato in data 26 giugno 2002 e pubblicato sul Bollettino Ufficiale della Regione Liguria in data 24 luglio 2002, ovvero successivamente al provvedimento impugnato che reca la data del 26 giugno 2002.
Il giudice di primo grado ha quindi, correttamente, tenuto conto solo della normativa di piano previgente.
13. Quanto appena esposto, in ordine alla successione nel tempo delle disposizioni applicabili all’area protetta in esame, elide in radice la validità della tesi del Comune il quale – sull’assunto che gli abusi realizzati nell’area di pertinenza dell’hotel Ce. dei Do. ricadessero nella zona C1 di cui alla delibera n. n. 77/01 (relativa al “paesaggio agricolo collinare”) – tende evidentemente ad accreditare l’idea dell’esistenza, all’epoca di cui si verte, di una sorta vincolo di inedificabilità assoluta già pienamente efficace, rispetto al quale sarebbe stato sostanzialmente affievolito l’obbligo di puntuale motivazione la cui assenza il giudice ligure ha, per contro, stigmatizzato.
Per quanto occorrer possa è comunque bene precisare che il provvedimento annullato dal TAR non faceva alcun riferimento né alla norme di piano in concreto applicate, né all’esistenza di vincoli di inedificabilità assoluta idonei a rendere il diniego una soluzione, per così dire, vincolata.
Esso, dopo avere nelle premesse “considerato che l’area interessata dagli interventi ricade in zona 4 del P.R. del Monte di Po., in zona C della legge regionale 12/09/1977, n. 40 ed in zona C1 del Piano dell’Area del Parco adottato con delib. di Consiglio n. 77/01” si limitava infatti a ritenere che “l’istanza di condono è volta a sanare opere che hanno comportato nuove costruzioni ed ampliamenti funzionalmente o strutturalmente autonomi ed hanno inciso su valori architettonici e naturalistici”, sicché, appare condivisibile la statuizione del giudice di prime cure, secondo cui l’assenza nell’area di previsioni di inedificabilità assoluta e, per contro, la possibilità di valorizzare complessi immobiliari a fini turistici (ammessa dalle norme di piano all’epoca vigenti) richiedeva l’esposizione di una “motivazione concreta sulla realtà dei fatti e sulle ragioni ambientali ed estetiche” idonea a giustificare il diniego opposto dall’Ente Parco.
La decisione appare poi conforme alla giurisprudenza di questo Consiglio secondo cui, in sede di rilascio di un titolo edilizio in sanatoria per opere eseguite su immobili sottoposti a vincolo, il giudizio preordinato alla valutazione della compatibilità delle opere realizzate postula la presa in considerazione, puntuale e concreta, del manufatto e delle sue caratteristiche, da rapportare ai valori del sito vincolato (cfr., con riferimento, al vincolo paesaggistico, Cons. Stato, sez. VI, 11 settembre 2013, n. 4493).
14. In definitiva, per quanto appena argomentato, l’appello deve essere respinto.
Sussistono tuttavia giuste ragioni, in ragione della complessità della fattispecie, per compensare le spese del grado.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
(Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull’appello, di cui in premessa, lo respinge.
Spese del grado compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 12 aprile 2018 con l’intervento dei magistrati:
Antonino Anastasi – Presidente
Luigi Massimiliano Tarantino – Consigliere
Giuseppe Castiglia – Consigliere
Silvia Martino – Consigliere, Estensore
Giuseppa Carluccio – Consigliere

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