Lo strumento della penalità di mora è applicabile soltanto per il periodo successivo al termine fissato nella sentenza di ottemperanza e unicamente nel caso di mancato rispetto di detto termine
Consiglio di Stato
sezione IV
sentenza 27 settembre 2016, n. 3945
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Quarta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 10195 del 2015, proposto da:
Ga. Pa. rappresentato e difeso dall’avvocato Al. Za. D’A., con domicilio eletto presso l’avv. Fr. Ca. in Roma, via (…);
contro
Comune di (omissis), in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall’avvocato Vi. Co., con domicilio eletto presso Cl. Pa. in Roma, via (…);
per la riforma
della sentenza del T.A.R. LAZIO – SEZ. STACCATA DI LATINA – n. 00575/2015, resa tra le parti, concernente esecuzione sentenza del T.A.R. Lazio Sez. staccata di Latina n. 892/2014 – espropriazione terreni – mancato riconoscimento somme ex art. 114, comma 4, lett. e), c.p.a.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Comune di (omissis);
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 14 luglio 2016 il Cons. Andrea Migliozzi e uditi per le parti gli avvocati Za. D’A. e To. (quest’ultimo per delega dell’avv. Co.);
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Il Tar del Lazio sede di Latina, in accoglimento del relativo ricorso proposto dal sig. Ga. Pa., con sentenza n. 892/2014 disponeva l’annullamento del decreto del Comune di (omissis) n. 14425/2010 del 26 ottobre 2010 che aveva disposto l’espropriazione dei terreni di proprietà del suindicato ricorrente.
L’interessato quindi agiva ex artt. 112 e ss. del codice del processo amministrativo per l’adempimento degli obblighi derivanti da detto decisum, passato in giudicato.
In particolare, in sede di ricorso per l’esecuzione del giudicato chiedeva la restituzione dei beni immobili oggetto della procedura ablatoria, la nomina di un commissario ad acta in ipotesi di inerzia dell’Amministrazione a provvedere nonché, contestualmente, la condanna del Comune di (omissis) al pagamento della penalità di mora di cui all’art. 114 comma 4 lettera e) c.p.a.
L’adito Tribunale amministrativo con sentenza n. 575/2015 accoglieva parzialmente il ricorso, precisamente nei seguenti limiti:
disponeva la restituzione al sig. Pa. del terreno oggetto dell’esproprio poi annullato e assegnava al Comune di (omissis) 120 giorni per l’esecuzione delle operazioni di restituzione e rimessa in pristino dell’area, fatta salva la possibilità per l’Ente locale di valutare l’opportunità di adottare un provvedimento di acquisizione sanante ex art. 42 bis DPR n. 327/2001;
nominava, ai sensi dell’art. 114 comma 4 lettera d) c.p.a. il commissario ad acta “incaricato di provvedere, previa sollecitazione di parte, nell’ipotesi dell’inerzia del Comune di (omissis) perdurante oltre il succitato termine di giorni centoventi, designandolo nella persona del Prefetto di Latina o funzionario da lui delegato… che, avvalendosi dei poteri all’uopo necessari, provvederà nei successivi centoventi giorni decorrenti dalla predetta sollecitazione”.
Il primo giudice rigettava invece il capo di domanda costituito dalla richiesta di condanna del Comune di (omissis) al pagamento, ex art. 114 comma 4 lettera e) c.p.a. di una somma di denaro per ogni ulteriore ritardo nell’esecuzione del giudicato e tanto sul rilievo che le due misure, la nomina del Commissario ad acta e la condanna alla penalità di mora, sarebbero sostanzialmente alternative, per cui la pretesa del ricorrente ben poteva trovare soddisfazione nel sollecitare il commissario acta già nominato ad agire.
Il sig. Ga. Pa. ha impugnato in parte qua la sentenza n. 575/2015, precisamente nella parte in cui ha respinto la domanda di fissazione della penalità di mora, deducendo con un solo articolato motivo la erroneità delle statuizioni assunte sul punto dal Tar, posto che, ad avviso dell’appellante, la nomina del commissario ad acta e la penalità di mora sarebbero due forme di tutela contestualmente ammissibili e non incompatibili fra loro e tenuto altresì conto che il giudice di primo grado avrebbe omesso di verificare in concreto le circostanze che sarebbero ostative alla concessione dell’astreinte.
Si è costituito in giudizio con memoria difensiva il Comune di (omissis) che anche in replica ha contestato la fondatezza dell’appello in ragione del fatto che l’avvenuta nomina del commissario ad acta impedisce in radice l’irrogazione della sanzione de qua rivelandosi ingiusto imporre all’Amministrazione una sanzione per eventuali ritardi imputabili eventualmente al solo commissario.
All’udienza del 14 luglio 2016 la causa è stata introitata per la decisione.
Tanto premesso, l’appello non appare meritevole di accoglimento sia pure con le precisazioni di seguito esposte.
Dunque, parte ricorrente ha chiesto con l’azione di esecuzione del giudicato, ai sensi delle disposizioni di cui all’art. 114 c.p.a., oltre che la nomina del Commissario ad acta che agisca in luogo dell’Amministrazione eventualmente ancora inadempiente, anche la fissazione a carico del Comune di (omissis) della c.d. penalità di mora e il Tar ha accolto solo la prima domanda, ritenendo la seconda delle suddette richieste incompatibile con la disposta nomina dell’organo straordinario deputato ad agire in sostituzione della P.A.
Ritiene il Collegio che la richiesta di condanna dell’Amministrazione all’astreinte non meriti positivo apprezzamento ancorché i rilievi del primo giudice abbisognino di alcune integrative considerazioni.
L’istituto della penalità di mora è stato introdotto in via originaria nel giudizio amministrativo dall’art. 114 del codice del processo amministrativo, lì dove al comma 4 lettera e) è previsto che il giudice, in caso di accoglimento del ricorso per ottemperanza “fissa su richiesta di parte la somma di denaro dovuta dal resistente per ogni violazione o inosservanza successiva, ovvero per ogni ritardo nell’esecuzione del giudicato, salvo che ciò sia manifestamente iniquo e non sussistono altre ragioni ostative”.
Sulla natura giuridica del c.d. “astreinte” va richiamato l’orientamento dell’Adunanza Plenaria di questo Consiglio di Stato che, con la decisione n. 14 del 25/6/2014, ha avuto modo di soffermarsi funditus su detto istituto processuale, stabilendo che la penalità di mora costituisce una misura coercitiva indiretta a carattere pecuniario, inquadrabile nelle pene private o sanzioni civili indirette.
Trattasi, com’è evidente, di un ulteriore rimedio processuale posto a disposizione del creditore della P.A onde assicurare l’effettività e la pienezza della tutela giurisdizionale a fronte della mancata o non esatta o comunque non tempestiva esecuzione della sentenza di merito (Cons. Stato Sez. V 20/12/2011 n. 6688).
Ciò precisato, venendo al nucleo centrale della problematica giuridica in rilievo, occorre verificare la coerenza e possibile coesistenza del rimedio della penalità di mora con la tecnica surrogatoria che permea il giudizio di ottemperanza, nella specie rappresentata dalla nomina del commissario ad acta.
Ebbene, il Collegio ritiene di condividere l’orientamento giurisprudenziale dettato dall’Adunanza Plenaria che ritiene i due rimedi non alternativi, bensì cumulabili. A tale conclusione peraltro la Sezione perviene senza che si debba necessariamente scegliere tra le contrapposte tesi per cui l’Amministrazione non perde il potere di conformarsi al giudicato neppure dopo l’insediamento del Commissario ad acta oppure l’insediamento di tale organismo produce un definitivo trasferimento di poteri (cfr. Cons. Stato Sez V 1/5/2014 n. 1975; questa Sezione 1° dicembre 2014 n. 5912).
Invero, se si considerano le finalità dell’istituto, volto a spingere l’amministrazione alla sollecita esecuzione della sentenza, la fissazione di una misura di astreinte, che affianchi la disposta nomina di un Commissario ad acta che provveda in via sostitutiva dell’Amministrazione, ha un senso logico e trova la sua giustificazione, proprio perché con la doppia richiesta (astreinte e nomina commissario ad acta) si perviene non già alla doppia riparazione di un unico danno (quello da ritardo nell’esecuzione), ma si ottiene l’aggiunta di una misura sanzionatoria ad una tutela risarcitoria.
Se così è la statuizione del Tar di ritenere alternativi i rimedi all’esame (quello della nomina del commissario ad acta e quello della fissazione della penalità di mora) appare meritevole di correttivo, giacché in linea di principio, come sopra detto, tra i due istituti non v’è incompatibilità, stante la diversità della natura giuridica e delle finalità ricadenti in capo a ciascuno di essi.
Nondimeno, rileva il Collegio che la richiesta in questione, pur in linea di principio invocabile dalla parte appellante, non può nella specie essere concessa, per l’assenza di concreti presupposti di applicazione della misura sanzionatoria.
Come già visto, il primo giudice ha in primo luogo condannato il Comune di (omissis) al risarcimento in forma specifica, con l’ordine di provvedere alla restituzione dell’area, previa rimessione in pristino della medesima, assegnando all’uopo centoventi giorni per l’esecuzione dell’adempimento in questione.
In relazione a ciò, premesso che in ogni caso lo strumento della penalità di mora è applicabile soltanto per il periodo successivo al termine fissato nella sentenza di ottemperanza e unicamente nel caso di mancato rispetto di detto termine (cfr. Cons. Stato Sez. IV 22/5/2014 n. 2653; idem 16/6/2015 n. 2922), il problema dell’ulteriore ritardo si pone solo con riferimento allo scadere dei centoventi giorni, allorché scatta la misura sostitutiva della nomina del Commissario ad acta che deve provvedere in luogo dell’Amministrazione inottemperante nel predetto termine.
Il fatto è però che nella decisione impugnata il TAR ha previsto che l’opera del Commissario ad acta interviene su “sollecitazione di parte, specificando espressamente che “l’entrata in azione del commissario ad acta è subordinata alla sollecitazione di parte”.
Ora, come espressamente ammesso dal difensore della parte ricorrente all’odierna udienza pubblica, tale sollecitazione non vì è stata e, se così è, in concreto non è possibile configurare, a voler ritenere persistente il potere dell’Amministrazione di conformarsi al giudicato pur dopo la prevista nomina del commissario ad acta, un ulteriore colpevole ritardo nell’esecuzione da parte del suindicato Ente locale.
In altri termini, non avendo adempiuto la parte interessata all’onere espressamente posto a suo carico dal giudice dell’esecuzione, appare incongruo e comunque oltremodo gravoso (id est iniquo) porre a carico dell’Amministrazione una sanzione in relazione ad una situazione di esecuzione concreta delle statuizioni di merito fatta dipendere dal giudice dell’esecuzione dall’iniziativa della parte privata che però non vi è stata.
Naturalmente la non accoglibilità della domanda di astreinte vale allo stato, posto che, appunto, al momento in cui il ricorso viene tratto in decisione non si può parlare di ulteriore, colpevole ritardo, anche se nulla vieta che la situazione invocata dalla parte ricorrente possa in seguito inverarsi, in ipotesi, ben s’intende, del verificarsi di tutti i presupposti di fatto e di diritto previsti dalla normativa processuale oltre che delle condizioni apposte dal giudice dell’esecuzione.
Per concludere va comunque disatteso l’assunto della parte resistente di cui alla memoria difensiva di replica con cui si oppone una sorta di preclusione alla domanda di astreinte proposta dal sig. Pa. sul rilievo dell’avvenuto avvio della procedura di acquisizione sanante dell’area de qua, come deliberato dalla Giunta Municipale di (omissis) con delibera n. 2 del 28/6/2016 pure comunicata all’interessato.
E’ evidente infatti che il mancato perfezionamento, allo stato, della procedura in questione con l’adozione dello specifico provvedimento di acquisizione ex art. 42 bis del DPR n. 327/2001 è inidoneo a paralizzare l’azione di inottemperanza comprensiva della domanda di condanna alla penalità di mora (ancorché, come sopra evidenziato nel merito, allo stato, detta domanda appare nel merito infondata).
Nella novità e peculiarità della vicenda all’esame si ravvisano giusti motivi per compensare tra le parti le spese del presente grado del giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
(Sezione Quarta)
definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo rigetta.
Compensa tra le parti le spese del presente grado del giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 14 luglio 2016 con l’intervento dei magistrati:
Filippo Patroni Griffi – Presidente
Andrea Migliozzi – Consigliere, Estensore
Silvestro Maria Russo – Consigliere
Oberdan Forlenza – Consigliere
Giuseppe Castiglia – Consigliere
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