L’interdittiva antimafia, che interviene nel corso di esecuzione di un contratto di appalto, stabilisce l’accertamento dell’incapacità originaria del privato ad essere parte in un contratto con la p.a. e giustifica la revoca dell’aggiudicazione
Consiglio di Stato
sezione IV
sentenza 20 luglio 2016, n. 3247
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Quarta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 661 del 2016, proposto da:
Eu. Srl, rappresentato e difeso dagli avv. Do. Bo. Di. Pa., Al. St. D’Al., con domicilio eletto presso Do. Bo. in Roma, Via (…);
contro
Aeroporti di Roma S.p.A., rappresentato e difeso dall’avv. Ma. An., con domicilio eletto presso Ma. An. in Roma, Via (…)
per la riforma
della sentenza breve del T.A.R. LAZIO – ROMA: SEZIONE III TER n. 11692/2015, resa tra le parti, concernente risoluzione contratto di appalto per realizzazione sistema di regolazione per proiettori torri faro aeroporto l da vinci – fiumicino – ris.danni
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Aeroporti di Roma S.p.A.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 12 maggio 2016 il Cons. Oberdan Forlenza e uditi per le parti gli avvocati An. e Ma. Co. (su delega di Bo. di Pa.);
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. Con l’appello in esame, la società Eu. s.r.l. impugna la sentenza 15 ottobre 2015 n. 11692, con la quale il TAR per il Lazio, sez. III-ter ha dichiarato irricevibile il ricorso proposto avverso gli atti con i quali si è disposta, da parte di Aeroporti di Roma s.p.a., la risoluzione del contratto di appalto per la realizzazione di un sistema di regolazione per i proiettori torri faro dell’aeroporto Leonardo da Vinci di Roma.
Tale risoluzione è stata determinata dalla ricezione della informativa antimafia 24 aprile 2015 del Prefetto di Palermo. Inoltre, la stazione appaltante ha comunicato l’applicazione di una penale pari al 10% del valore maturato del contratto.
La sentenza ha dichiarato irricevibile il ricorso in quanto “il provvedimento impugnato, datato 29 aprile 2015 e comunicato in pari data alla ricorrente, è stato tardivamente impugnato con ricorso notificato in data 26 giugno 2015 e quindi ben oltre il termine impugnatorio di decadenza dimidiato a trenta giorni dall’art. 120 Cpa”.
Avverso tale decisione,vengono proposti i seguenti motivi di appello (il primo specificamente avverso la declaratoria di irricevibilità, i successivi quale riproposizione dei motivi di ricorso assorbiti in I grado):
a) error in iudicando, per errata valutazione di tardività del ricorso per violazione del termine di decadenza; ciò in quanto, per effetto della scomparsa nel testo dell’art. 120 Cpa del riferimento alla fase di esecuzione dell’appalto, già contemplato dall’art. 23-bis l. n. 1034/1971, “il rito applicabile è quello ordinario, e non quello abbreviato, riservato solo alla fase della procedura di affidamento”;
b) violazione e falsa applicazione artt. 7 ss. l. n. 241/1990 e dei principi in materia di procedimento amministrativo; violazione artt. 21-bis, 21quinquies e 21novies l. n. 241/1990 e dei principi in tema di revoca ed annullamento degli atti amministrativi;
c) illegittimità derivata; violazione e/o falsa applicazione art. 94, co. 3, d.lgs. n. 159/2011; poiché l’appaltante “non avrebbe in alcun modo potuto disporre il recesso dal contratto… senza valutare adeguatamente la situazione anche in relazione allo stato di avanzamento dell’appalto”;
d) eccesso di potere per difetto di istruttoria e per mancanza dei presupposti; poiché, con riferimento all’applicazione della penale, non si configura il presupposto della imputabilità dell’inadempimento all’affidatario.
L’appellante richiede, inoltre, la condanna della società Aeroporti di Roma al risarcimento del danno, nella misura da determinarsi in corso di giudizio.
Si è costituita in giudizio l’appellata Aeroporti di Roma s.p.a., che ha concluso per il rigetto dell’appello, stante la sua infondatezza.
All’udienza pubblica di trattazione, la causa è stata riservata in decisione.
DIRITTO
2. L’appello è infondato e deve essere, pertanto, respinto, con conseguente conferma della sentenza impugnata.
In linea generale, ai sensi dell’art. 91 d.lgs. 6 settembre 2011 n. 159, i soggetti che vi sono tenuti devono acquisire la cd. informazione antimafia, in particolare “prima di stipulare, approvare o autorizzare i contratti e subcontratti” (co. 1).
Ciò in quanto la sussistenza di condizioni per l’emissione di informativa antimafia interdittiva determina (così argomentando dall’art. 67 d.lgs. n. 159/2011) una particolare forma di incapacità giuridica, riferita in particolare alla stipulazione di contatti e ad essere parte nei conseguenti rapporti contrattuali con la pubblica amministrazione.
Tuttavia., in talune ipotesi di urgenza, ovvero di superamento dei termini previsti per il rilascio dell’informativa da parte del Prefetto, è possibile procedere anche in assenza di informativa antimafia; in questa ipotesi, però, “i contributi, i finanziamenti, le agevolazioni e le altre erogazioni di cui all’art. 67 sono corrisposti sotto condizione risolutiva e i soggetti di cui all’articolo 83, commi 1 e 2, revocano le autorizzazioni e le concessioni o recedono dai contratti, fatto salvo il pagamento del valore delle opere già eseguite e il rimborso delle spese sostenute per l’esecuzione del rimanente, nei limiti delle utilità conseguite” (art. 92, co. 3).
Nelle ipotesi ora descritte, l’eventuale stipulazione del contratto, pur consentita dalla legge al fine di tutelare l’efficienza, e dunque il buon andamento dell’attività amministrativa, avviene tuttavia sub condicione del possesso (non tanto di requisiti di ordine generale, ma più precisamente) della indispensabile capacità giuridica.
Di modo che, laddove l’informativa antimafia interdittiva sopravvenga in corso di esecuzione di un contratto stipulato con la pubblica amministrazione (e segnatamente, come nel caso di specie, di un contratto di appalto), ciò non costituisce una “sopravvenienza” impeditiva dell’ulteriore esecuzione del contratto stipulato, bensì l’accertamento dell’incapacità originaria del privato ad essere parte contrattuale della pubblica amministrazione.
Da ciò consegue:
– per un verso, la sussistenza della giurisdizione del giudice amministrativo (ex art. 133, co. 1, lett. e), n. 1 Cpa) in ordine ai provvedimenti con i quali l’amministrazione committente revoca il provvedimento di affidamento di un appalto ovvero recede unilateralmente dal contratto, per effetto di una sopravvenuta informativa antimafia interdittiva;
– per altro verso, la riconduzione del provvedimento così adottato agli atti che concernono l’affidamento dell’appalto (avvenuto in favore di un soggetto a ciò interdetto, e dunque in difetto dei presupposti necessari per essere destinatario dell’affidamento), con conseguente applicazione dell’art. 120 Cpa e dei termini dimidiati ivi previsti (il che fonda il rigetto del primo motivo di appello);
– per altro verso ancora, l’esclusione dell’obbligo di invio della comunicazione di avvio del procedimento di revoca dell’atto di affidamento ovvero di recesso dal contratto, non potendosi l’amministrazione appaltante determinare diversamente (art. 21-octies, co. 2, l. n. 241/1990), né potendo, peraltro, la stessa né procedere ad istruttoria ed a valutazioni autonome su quanto risultante dall’informativa, né valutare lo stato di esecuzione del contratto, stante il chiaro disposto dell’art. 92 d.lgs. n. 159/2011 (il che determinerebbe, in ogni caso, il rigetto dei motivi proposti con il ricorso instaurativo del giudizio di I grado e riproposti in appello: sub lett. b), c) e d) dell’esposizione in fatto).
Per tutte le ragioni esposte, il primo motivo di appello (sub a) dell’esposizione in fatto) deve essere rigettato, stante la sua infondatezza, con conseguente reiezione dell’appello proposto e conferma della sentenza impugnata.
Stante la natura delle questioni trattate, sussistono giusti motivi per compensare tra le parti spese ed onorari di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) definitivamente pronunciando sull’appello proposto da Eu. s.r.l. (n. 661/2016 r.g.), lo rigetta e, per l’effetto, conferma la sentenza impugnata.
Compensa tra le parti spese ed onorari di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 12 maggio 2016 con l’intervento dei magistrati:
Antonino Anastasi – Presidente
Raffaele Greco – Consigliere
Andrea Migliozzi – Consigliere
Silvestro Maria Russo – Consigliere
Oberdan Forlenza – Consigliere, Estensore
Depositata in Segreteria il 20 luglio 2016.
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