Un’amministrazione comunale ha il pieno potere di applicare, nei confronti dell’intestatario di un titolo edilizio, la sanzione pecuniaria prescritta dalla legge per il caso di ritardo ovvero di omesso pagamento degli oneri relativi al contributo di costruzione anche ove, in caso di pagamento dilazionato di detto contributo, abbia omesso di escutere la garanzia fideiussoria in esito alla infruttuosa scadenza dei singoli ratei di pagamento ovvero abbia comunque omesso di svolgere attività sollecitatoria del pagamento presso il debitore principale.
Consiglio di Stato
sezione adunanza plenaria
sentenza 7 dicembre 2016, n. 24
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Adunanza Plenaria
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 11 di A.P. del 2016, proposto da:
Le. Re. s.a.s., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’avvocato En. Ve., con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via (…);
contro
Comune di (omissis), in persona del sindaco legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avvocati Gi. Sa. e Ga. Pa., con domicilio eletto presso l’avvocato Ga. Pa. in Roma, viale (…);
nei confronti di
Lu. Vi., UG. s.p.a. Di. Un., non costituiti in giudizio;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. VALLE D’AOSTA – AOSTA n. 71/2011, resa tra le parti, concernente applicazione di sanzioni pecuniarie per mancato pagamento di oneri concessori;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di (omissis);
Vista l’ordinanza 22 giugno 2016 n. 2766 con cui la Sezione quarta del Consiglio di Stato ha rimesso la decisione del ricorso a questa Adunanza plenaria;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 5 ottobre 2016 il consigliere di Stato Giulio Castriota Scanderbeg e udito per il Comune di (omissis) l’avvocato Em. Ro. per delega dell’avvocato Pa.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. LA PROCEDURA OGGETTO DEL PRESENTE GIUDIZIO.
1.1 Il giudizio verte sulla legittimità dell’atto sindacale 15 gennaio 2011 n. 60 col quale il Comune di (omissis) ha ingiunto alla qui appellante società Le. Re. s.a.s. il pagamento della complessiva somma di euro 51.089,41 a seguito dell’accertamento dell’omesso e del ritardato pagamento delle rate relative ai contributi per oneri di urbanizzazione e per costi di costruzione dovuti in forza di due distinti tioli edilizi, rilasciati dallo stesso Comune il 28 agosto 1996 ed il 22 novembre 2003, per la realizzazione nella frazione di (omissis) di un fabbricato a civile abitazione e di un fabbricato ad uso commerciale.
In relazione alla concessione edilizia del 1996, il Comune di (omissis) ha determinato gli oneri concessori, prevedendone il versamento in parte al rilascio del titolo edilizio (come di fatto avvenuto) e, per la residua parte, in quattro rate, con scadenza rispettivamente alla data di inizio dei lavori, della ultimazione della copertura, della fine dei lavori e del rilascio del certificato di agibilità. Anche in occasione del rilascio del secondo titolo edilizio in variante del 2003, il Comune ha concesso al richiedente il beneficio della rateizzazione dei pagamenti relativi al contributo di costruzione.
In entrambi i casi, al beneficiario del titolo edilizio è stato richiesto di costituire una polizza fideiussoria in favore del Comune di (omissis), a garanzia del puntuale pagamento delle singole rate dei distinti contributi di costruzione, determinati in relazione alla stima degli oneri di urbanizzazione e dei costi di costruzione.
1.2 La questione principale che la controversia pone è se, alla scadenza dei termini previsti per il pagamento rateale del contributo di costruzione, sia individuabile un onere collaborativo in capo alla Amministrazione concedente, desumibile dai principi generali in tema di buona fede e correttezza nei rapporti obbligatori di matrice civilistica ovvero dal principio di leale collaborazione proprio dei rapporti intersoggettivi di diritto pubblico, che si spinga fino al punto di ritenere che l’Amministrazione sia obbligata alla sollecita escussione della garanzia fideiussoria, al fine di non aggravare la posizione del soggetto obbligato, tenuto altrimenti al pagamento (oltre che delle rate non corrisposte) delle sanzioni di legge per omesso o ritardato pagamento.
La soluzione della questione incide direttamente sul tema della legittimità dell’atto sindacale impugnato in primo grado, posto che con tale atto l’Amministrazione comunale qui appellata ha richiesto alla società Le. Re. s.a.s. il pagamento dei contributi ancora dovuti con la maggiorazione delle sanzioni per omesso o ritardato pagamento, pur non avendo mai provveduto all’escussione della garanzia fideiussoria né altrimenti sollecitato il debitore al pagamento di quanto ancora dovuto.
1.3 La causa impone la soluzione di due ulteriori questioni (che tuttavia esulano dall’ambito cognitorio proprio di questa Adunanza plenaria delineato nell’ordinanza di rimessione e che in ogni caso necessitano di approfondimenti istruttori) riguardanti: a) l’avvenuta ultimazione (o meno) dei lavori assentiti con il primo titolo edilizio, posto che – come si è detto – al compimento dei lavori era stata cadenzato il pagamento della terza rata di contributo; b) la corretta imputazione dei pagamenti parziali eseguiti dal soggetto obbligato nel corso del tempo, imputazione che l’Amministrazione comunale (nel provvedimento impugnato in primo grado) ha compiuto ascrivendo quei pagamenti parziali prima a tacitazione del credito relativo alle sanzioni (applicate con lo stesso provvedimento ingiuntivo) e, soltanto per la residua parte, a parziale adempimento del debito relativo ai contributi ancora non versati. Entrambe le questioni sono controverse in quanto la società appellante assume che in realtà i lavori non siano mai stati completati (donde l’insussistenza di un suo inadempimento – quantomeno in relazione alle rate di pagamento ancorate a detta scadenza – suscettibile di essere sanzionato). Quanto alla questione della imputazione dei pagamenti, la società appellante assume che l’Amministrazione avrebbe dovuto imputare i pagamenti parziali al debito per contributi e non al debito per sanzioni, in quanto il primo sarebbe più oneroso per il debitore.
2. IL GIUDIZIO DI PRIMO GRADO.
2.Con ricorso proposto dinanzi al TAR della Valle d’Aosta la società Le. Re. s.a.s. ha impugnato il suindicato provvedimento ingiuntivo del sindaco del Comune di (omissis) articolando sei motivi di censura e deducendo i seguenti argomenti difensivi a supporto della illegittimità del gravato provvedimento:
a) che i lavori non erano stati in realtà ancora ultimati, in quanto l’edificio difettava di accesso alla viabilità pubblica, e che quindi la rata di pagamento correlata alla fine dei lavori avrebbe dovuto ritenersi come non ancora scaduta (al pari, a fortiori, delle rate successive);
b) che in generale il Comune di (omissis) avrebbe dovuto escutere tempestivamente la garanzia fideiussoria, senza attendere inutilmente la decorrenza dei termini di pagamento e le ulteriori scansioni temporali previste dalla legge per la gradazione delle sanzioni pecuniarie in relazione al ritardo;
c) che il Comune, erroneamente, aveva imputato taluni pagamenti parziali eseguiti nel corso del tempo dalla società Le. Re. a copertura delle sanzioni già maturate invece che a copertura delle rate dei contributi già scadute.
Con sentenza 2 novembre 2011 n. 71 il Tar ha respinto il gravame, giudicando infondate tutte le censure dedotte.
In particolare, il giudice di primo grado ha ritenuto infondati i motivi di ricorso con i quali si contestava l’accertamento relativo alla fine dei lavori (propedeutico all’applicazione della sanzione per ritardo nel pagamento della rata collegata a tale evento) ritenendo incensurabili gli accertamenti istruttori dell’Amministrazione, che correttamente aveva fissato la data di ultimazione dei lavori in epoca ben anteriore all’applicazione della sanzione per il ritardo.
In ordine al tema della legittimità delle sanzioni applicate per il ritardo nel pagamento delle rate relative ai suddetti contributi il Tar, pur dando atto della esistenza di diversi orientamenti giurisprudenziali in materia, ha respinto la pretesa della ricorrente volta ad individuare un onere collaborativo a carico della Amministrazione comunale funzionale, anche a mezzo della escussione della garanzia fideiussoria, all’attuazione del rapporto obbligatorio ed ha conseguentemente ritenuto legittimo il provvedimento sindacale, anche nella parte applicativa delle maggiorazioni a titolo di sanzioni per il ritardo.
Il giudice di primo grado ha infine respinto anche il motivo di ricorso con il quale si contestava la corretta imputazione dei pagamenti parziali eseguiti dalla società ricorrente nel corso degli anni, essendo stata ritenuta incensurabile la scelta dell’Amministrazione di imputare detti pagamenti prima alle somme dovute per sanzioni e poi a quelle dovute per i contributi originariamente determinati, e tanto in applicazione analogica del principio di diritto desumibile dall’art. 1194 c.c. (secondo cui il pagamento fatto in conto di capitali e di interessi deve essere imputato prima agli interessi) essendo state le sanzioni qualificate alla stregua di accessori del credito, al pari degli interessi.
3. IL GIUDIZIO DI APPELLO DAVANTI ALLA IV SEZIONE DEL CONSIGLIO DI STATO.
3.1 Con ricorso in appello r.g. n. 3468/12, la società Le. Re. s.a.s. ha criticato la impugnata sentenza tornando a riproporre in secondo grado le censure già disattese dal Tar.
In particolare, la società appellante ha diffusamente contestato le conclusioni raggiunge dai primi giudici, insistendo sul rilievo secondo cui il Comune non avrebbe potuto legittimamente applicare le sanzioni previste per il ritardato pagamento di contributi concessori avendo omesso di sollecitare, in violazione dei doveri di correttezza e buona fede, il pagamento del dovuto alla scadenza delle singole rate e non avendo mai portato ad escussione la garanzia fideiussoria.
3.2 La società appellante ha richiamato a tal proposito gli orientamenti della giurisprudenza amministrativa favorevoli alla propria tesi difensiva (Cons. St., V, sentenze 5 febbraio 2003 n. 585 e 3 luglio 1995 n. 1001), lamentando che il giudice di primo grado abbia omesso di tener conto degli argomenti utilizzati nelle citate pronunce, addivenendo alla reiezione del ricorso sulla base di un’acritica o comunque non sufficientemente motivata adesione all’orientamento giurisprudenziale contrario.
A parere della società appellante, poiché era stata prestata, a garanzia del puntuale pagamento del contributo di costruzione, apposita garanzia fideiussoria (priva del beneficio di preventiva escussione del debitore principale, ai sensi dell’art. 1944, comma 2, cod. civ.) il Comune di (omissis) ben avrebbe potuto riscuotere per tempo direttamente dal garante le rate dei contributi ancora dovuti, evitando in tal modo la maggiorazione degli importi per effetto dell’applicazione delle sanzioni per omesso o ritardato pagamento. Nella prospettazione dell’appellante, sarebbe vieppiù ravvisabile un obbligo (e non una mera facoltà) per l’Amministrazione creditrice di escutere il garante nel caso di ritardato versamento dei contributi concessori, obbligo desumibile dai principi di buona fede e correttezza nei rapporti contrattuali oltre che dal principio, compendiato nell’art. 1227, comma 2, del cod. civ., di non aggravamento della posizione del debitore.
A diversamente opinare, ha osservato la società appellante, deriverebbe la paradossale conseguenza che l’Amministrazione comunale trarrebbe giovamento dal proprio comportamento illecito (o quantomeno non diligente), nella misura in cui la sua inerzia sarebbe produttiva dei maggiori introiti relativi agli importi delle sanzioni dovute per il ritardo.
In sostanza, secondo l’appellante, il Comune di (omissis), una volta accertato il mancato pagamento delle rate relative agli oneri concessori (oggi contributi di costruzione) avrebbe potuto e dovuto, senza particolari difficoltà, escutere il fideiussore, così evitando di aggravare la posizione della parte debitrice. Non avendolo fatto, l’Amministrazione dovrebbe ritenersi senz’altro decaduta dalla potestà di imporre sanzioni pecuniarie, donde la sicura illegittimità dell’atto avversato in primo grado.
La società appellante ha poi distintamente censurato i capi decisori della gravata sentenza che hanno affrontato, rigettandoli, gli ulteriori motivi inerenti all’epoca della ultimazione dei lavori nonché l’ulteriore questione della corretta imputazione dei pagamenti parziali eseguiti.
L’appellante ha quindi concluso per l’accoglimento, con l’appello, del ricorso di primo grado, con consequenziale annullamento, in riforma della impugnata sentenza, dell’atto in primo grado gravato.
Si è costituito in appello il Comune di (omissis) per resistere all’appello e chiederne la reiezione. In particolare, l’Amministrazione comunale ha dedotto che, a suo avviso, la prestazione della garanzia fideiussoria da un lato non libererebbe il debitore dall’obbligo di adempiere nel rispetto dei termini di pagamento, dall’altro non porrebbe a carico della Amministrazione comunale alcun onere di sollecitare il pagamento ovvero di escutere la garanzia fideiussoria (pena altrimenti la ipotizzata decadenza dalla potestà sanzionatoria).
All’udienza pubblica del 21 aprile 2016, fissata per la trattazione dinanzi alla Sezione quarta del Consiglio di Stato, la causa è stata trattenuta per la decisione.
4. L’ORDINANZA DI RIMESSIONE DELLA CAUSA ALL’ADUNANZA PLENARIA.
4.1 Con ordinanza 22 giugno 2016 n. 2766, la Sezione quarta del Consiglio di Stato, investita del ricorso in appello r.g. n. 3468/12, ha ritenuto di rimettere la decisione della causa a questa Adunanza plenaria, ai sensi dell’art. 99, comma 1, del cod. proc. amm..
Nella parte in fatto della citata ordinanza la Sezione rimettente ha dato atto che, nell’ambito del ricorso originario, le deduzioni di parte appellante avevano riguardato tre distinti profili di gravame, avendo in particolare la ricorrente prospettato:
a) che i lavori non erano stati ancora ultimati in quanto, secondo la prospettazione della società Le. Re. s.a.s., l’edificio difettava di accesso alla via pubblica donde non poteva ritenersi venuta a scadenza la rata di pagamento del contributo di costruzione fissata alla data della fine dei lavori (e, per conseguenza, anche la rata successiva);
b) che, in ogni caso, il Comune qui appellato avrebbe dovuto escutere tempestivamente il garante senza attendere la decorrenza dei termini di pagamento per l’irrogazione delle sanzioni;
c) che, infine, il Comune aveva imputato erroneamente taluni pagamento parziali a copertura delle sanzioni già maturate invece che a copertura delle rate relative agli oneri scaduti.
Ciò premesso la Sezione rimettente ha osservato come la questione centrale del giudizio fosse quella compendiata nella suindicata lett. b): e cioè se l’Amministrazione comunale sia legittimata a sanzionare il ritardo nel pagamento dei contributi di costruzione una volta che la stessa non si sia resa parte attiva nel richiedere al debitore principale ovvero al fideiussore, alle scadenze prestabilite, il pagamento delle rate scadute.
Su tale centrale questione del giudizio (in sé non esaustiva, posto che con l’appello sono state riproposte le ulteriori questioni di cui ai punti a) e c) che precedono) l’ordinanza di rimessione si è diffusamente soffermata, dando conto della esistenza di orientamenti non univoci nella giurisprudenza di questo Consiglio di Stato, per il che ha ritenuto necessario un intervento chiarificatore di questa Adunanza plenaria al fine di risolvere la suindicata questione interpretativa.
4.2 L’ordinanza ha richiamato anzitutto l’art. 1 della legge n. 10 del 1977, che ha introdotto nell’ordinamento italiano il principio secondo cui ogni attività comportante trasformazione urbanistico-edilizia del territorio partecipa agli oneri da essa derivanti.
Ha rilevato il giudice rimettente come tale principio dell’onerosità del permesso di costruire sia oggi confermato dall’art. 11, comma 2, del d.P.R. n. 380 del 2001 (recante il Testo unico in materia edilizia), il quale precisa (art. 16, comma 1) che il relativo contributo è costituito da due quote, commisurate rispettivamente all’incidenza delle spese di urbanizzazione e al costo di costruzione dell’edificio assentito. La quota di contributo relativa agli oneri di urbanizzazione è di norma (salvo eventuale rateizzazione a richiesta dell’interessato) corrisposta all’atto del rilascio del permesso (ai sensi dell’art. 16, comma 2) mentre la quota relativa al costo di costruzione è corrisposta in corso d’opera, con le modalità e le garanzie stabilite dal comune, non oltre sessanta giorni all’ultimazione della costruzione.
A completamento del quadro normativo applicabile alla fattispecie, il giudice rimettente ha osservato come, ai sensi dell’art. 16, comma 3, d.P.R. cit., al momento della quantificazione e della rateizzazione del contributo di costruzione gli enti locali richiedano all’intestatario del titolo edilizio la prestazione di una garanzia, nei modi indicati dall’art. 2 della legge n. 348 del 1982; e che, nel caso di ritardato od omesso pagamento del contributo di costruzione, l’art. 42 del d.P.R. cit. (il quale riproduce sostanzialmente le previsioni già contenute nell’art. 3 della legge n. 47 del 1985) prevede che siano applicate delle sanzioni pecuniarie, la cui determinazione in concreto è rimessa, sia pur nel rispetto di alcune soglie minime e massime fissate dalla legislazione nazionale, alla legislazione regionale.
4.3 Ciò premesso in ordine alle disposizioni normative applicabili alla fattispecie, l’ordinanza di rimessione dà conto della esistenza di un risalente orientamento giurisprudenziale di questo Consiglio di Stato, radicatosi con una prima sentenza della V Sezione (n. 1001 del 1995) secondo cui, allorché il credito vantato dal comune per il contributo di costruzione nei confronti del titolare di una concessione edilizia sia assistito da garanzia fideiussoria, una siffatta obbligazione di garanzia, priva di beneficium excussionis ed al di là della solidarietà tra debitore principale e fideiussore, esclude che il comune stesso possa far legittimamente ricorso alle sanzioni ai sensi dell’art. 3 l. 28 febbraio 1985 n. 47 (oggi art. 42 d.P.R cit.), salvo che l’amministrazione creditrice abbia previamente escusso infruttuosamente il fideiussore. Solo in tal modo il comune conseguirebbe il pronto soddisfacimento del proprio credito salvaguardando, ad un tempo, l’interesse del debitore al contenimento delle somme da corrispondere a quel titolo (in sostanza, escludendo le maggiorazioni a titolo di sanzione).
4.4 Seguendo la stessa linea interpretativa, in epoca più recente (Cons. St., V, n. 32 del 2003, V, n. 571 del 2003 e I, parere 17 maggio 2013 n. 11663) è stato affermato che qualora il titolare di una concessione edilizia abbia stipulato, a garanzia del versamento dei contributi, una polizza fideiussoria, non possono essere applicate le sanzioni previste dall’art. 3 della l. 28 febbraio 1985, n. 47, per il caso di omesso o ritardato versamento dei contributi, ove l’amministrazione creditrice, violando i doveri di correttezza e buona fede, non si sia attivata per tempo nel chiedere al garante il pagamento delle somme dovute.
A sostegno di tale indirizzo è stato tra l’altro addotto il rilievo che l’ente locale, ove il suo credito sia assistito da garanzia incondizionata, avrebbe uno specifico dovere, ai sensi degli artt. 1175, 1375 e 1227, comma 2, cod. civ., di richiedere quanto dovutogli al garante, con la conseguenza che, ove l’ente stesso ometta tale (ben esigibile) adempimento, violerebbe appunto l’obbligo per il creditore di non aggravare inutilmente la posizione del debitore.
Osserva la Sezione rimettente come, sul piano funzionale, tale orientamento giurisprudenziale faccia leva sull’ulteriore argomento secondo cui la previsione legislativa delle sanzioni per il mancato pagamento degli oneri concessori trovi ragione nella necessità per l’amministrazione di disporre tempestivamente delle somme dovute dai privati, onde poter procedere alla realizzazione delle necessarie infrastrutture di urbanizzazione: in tale contesto, un ente locale che sceglie di non incamerare subito la fideiussione non persegue la finalità di interesse pubblico per cui la sanzione è appunto predisposta (e cioè assicurare la tempestiva disponibilità delle somme per l’urbanizzazione) bensì altro scopo, ossia attendere che per effetto della scadenza dei termini di pagamento possano essere applicate le sanzioni con conseguente maggiorazione degli introiti.
4.5 La Sezione rimettente richiama poi altro indirizzo, seguito dalla giurisprudenza maggioritaria, che inquadra la fattispecie in esame in una prospettiva asseritamente pubblicistica, significativamente caratterizzata dalla presenza di strumenti – le sanzioni e la riscossione coattiva – tipici di un procedimento autoritativo e non paritetico. Secondo tale orientamento, la fideiussione – che il comune può richieder in caso di rateizzazione del versamento – non avrebbe affatto la finalità di agevolare l’adempimento del soggetto obbligato al pagamento, bensì costituirebbe una garanzia personale prestata unicamente nell’interesse dell’amministrazione, sulla quale non graverebbe pertanto alcun obbligo giuridico di preventiva escussione del fideiussore.
In sostanza, la garanzia sussidiaria servirebbe a scongiurare che il comune possa irrimediabilmente perdere una entrata di diritto pubblico, ma non varrebbe ad alleggerire la posizione del soggetto tenuto al pagamento, né attenuerebbe le conseguenze previste nel caso di un eventuale suo inadempimento, conseguenze appunto riconducibili all’applicazione delle sanzioni e alla riscossione coattiva dell’intera somma dovuta. (ex multis IV Sez. n. 5818 del 2012).
Tale maggioritario orientamento (IV n. 4320 del 2012, VI n. 5884 del 2014 e V n. 777 del 2016) si sarebbe peraltro fatto carico di precisare che la soluzione non cambierebbe quand’anche si volessero applicare alla fattispecie i principi desumibili dal diritto delle obbligazioni tra privati; ed invero, in materia di obbligazione “portable”, quale appunto quella pecuniaria, e con termine di adempimento che esonera dalla costituzione in mora del debitore, il creditore è soltanto facultato ad attivare la solidale responsabilità del fideiussore, senza che possa invece ritenersi tenuto ad escutere la fideiussione piuttosto che attendere il pagamento – ancorché tardivo – dell’obbligato principale, salva l’esistenza di apposita clausola in tal senso accettata dal creditore stesso.
Sempre secondo tale orientamento, non sarebbe pertinente il richiamo all’art. 1227, comma 2, cod. civ. – che riguarda l’esonero di responsabilità per i danni che il creditore avrebbe potuto evitare usando l’ordinaria diligenza – in primo luogo perché l’obbligazione relativa alle sanzioni pecuniarie di cui all’art. 3 della legge 28 febbraio 1985 n. 47 non avrebbe natura risarcitoria, configurandosi come obbligazione legale, con finalità chiaramente e univocamente “sanzionatorie”. In secondo luogo, in ragione del fatto che l’onere di diligenza che l’art. 1227, comma 2, fa gravare sul creditore non si estende alla sollecitudine nell’agire a tutela del proprio credito onde evitare maggiori danni, i quali sono viceversa da imputare esclusivamente alla condotta del debitore, tenuto al tempestivo adempimento della sua obbligazione (in tal senso, Corte cost. n. 308 del 1999 in tema di maggiorazione delle sanzioni amministrative per ritardato pagamento).
Dopo aver esposto le ragioni sottese ai distinti orientamenti giurisprudenziali il giudice rimettente esprime la sua netta preferenza per l’orientamento maggioritario, ritenuto più coerente con la disciplina applicabile alla fattispecie. E tuttavia, nell’ordinanza di rimessione, dà conto di un ulteriore e più recente indirizzo giurisprudenziale, che potrebbe definirsi intermedio rispetto ai precedenti.
4.6 In particolare, secondo tale ulteriore approccio interpretativo della Sezione quinta di questo Consiglio di Stato (n. 5734 del 2014 e n. 5287 del 2015) nella fattispecie oggetto di causa sussisterebbe un preciso onere collaborativo a carico dell’ente locale, desumibile dal principio di leale collaborazione tra cittadino e comune, avente valenza pubblicistica e rientrante nell’ambito dei principi di imparzialità di cui all’art. 97 Cost.; secondo tale indirizzo, il ritardo con cui il comune agisce per riscuotere le somme a titolo di contributi dovuti, se non può impedire del tutto l’applicazione delle sanzioni, atteso il carattere automatico delle sanzioni, scaturenti direttamente dalla legge, impedisce tuttavia l’applicazione delle sanzioni massime.
In sostanza, secondo tale innovativo orientamento, risulterebbe compatibile con l’interesse pubblico azionato, con il tenore delle disposizioni applicabili e con i principi costituzionali che ispirano i rapporti tra cittadino e pubblica amministrazione che l’ente locale provveda alla riscossione della sanzione ma soltanto nella misura minima, conseguente all’accertamento del ritardo protrattosi per i primi 120 giorni (ai sensi dell’art. 42, comma 2, lett. a) del d.P.R. n. 380 del 2001). Per converso, sarebbero inapplicabili le maggiori sanzioni previste per ritardi superiori nella misura in cui l’amministrazione, con un comportamento improntato a diligenza e buona fede avrebbe potuto evitare, a mezzo della tempestiva escussione della garanzia fideiussoria, di aggravare la posizione debitoria dell’intestatario del titolo edilizio.
Proprio in ragione della eterogeneità delle posizioni che si riscontrano nella giurisprudenza di questo Consiglio di Stato il giudice rimettente, senza nascondere la sua già manifestata preferenza per l’orientamento espresso dalla giurisprudenza maggioritaria, ha ritenuto di rimettere la risoluzione della questione interpretativa a questa all’Adunanza plenaria, che è stata così investita della decisione del ricorso a norma dell’art. 99, comma 1, cod.proc.amm..
4.7 Per effetto del rinvio della causa dinanzi a questa Adunanza plenaria è stata fissata l’udienza pubblica del 5 ottobre 2016 alla quale il ricorso è stato trattenuto per la sentenza.
5. CONSIDERAZIONI DELLA ADUNANZA PLENARIA.
5.1 Ritiene l’Adunanza plenaria che, nell’ambito dei contrastanti orientamenti giurisprudenziali di cui ha riferito il giudice rimettente, sia senz’altro condivisibile l’orientamento maggioritario maturato in seno a questo Consiglio di Stato.
La soluzione si impone alla luce delle chiare previsioni delle disposizioni normative applicabili alla fattispecie nonché alla luce dei principi generali dell’ordinamento.
Per vero, può fin d’ora anticiparsi come il quadro delle diposizioni normative applicabili al caso in esame non consenta di individuare, a carico della Amministrazione comunale qui appellata, un onere di collaborazione con il debitore nella finalizzazione del pagamento del contributo di costruzione tale per cui la sua violazione possa tradursi in una decadenza della stessa Amministrazione dal potere di sanzionare il ritardo nel pagamento.
Peraltro, la soluzione non muta a seconda che la questione controversa sia affrontata sulla base dei principi desumibili dal sistema normativo applicabile ai rapporti intersoggettivi di diritto amministrativo, al cui novero la fattispecie andrebbe ascritta (quantomeno in relazione al rapporto debitore principale-pubblica amministrazione) ovvero attingendo ai canoni interpretativi di matrice civilistica.
Ed infatti, quale che sia l’approccio interpretativo che si voglia seguire, si deve ritenere che resti in ogni caso integro il potere-dovere della amministrazione comunale di applicare le sanzioni pecuniarie per il ritardo nel pagamento dei contributi di costruzione al semplice verificarsi delle condizioni previste dalla legge, dovendosi per contro escludere la sussistenza di un obbligo di preventiva escussione della garanzia fideiussoria.
5.2 Giova premettere, riguardo alla natura del contributo di costruzione dovuto dal soggetto che intraprenda un’iniziativa edificatoria, che detto contributivo rappresenta una compartecipazione del privato alla spesa pubblica occorrente alla realizzazione delle opere di urbanizzazione.
In altri termini, fin dalla legge che ha introdotto nell’ordinamento il principio della onerosità del titolo a costruire (art. 1 della legge n. 10 del 1977), la ragione della compartecipazione alla spesa pubblica del privato è da ricollegare sul piano eziologico al surplus di opere di urbanizzazione che l’amministrazione comunale è tenuta ad affrontare in relazione al nuovo intervento edificatorio del richiedente il titolo edilizio.
Il contributo per il rilascio del permesso di costruire ha natura di prestazione patrimoniale imposta, di carattere non tributario, ed ha carattere generale, prescindendo totalmente delle singole opere di urbanizzazione che devono in concreto eseguirsi, venendo altresì determinato indipendentemente sia dall’utilità che il concessionario ritrae dal titolo edificatorio, sia dalle spese effettivamente occorrenti per realizzare dette opere.
In sostanza, le opere di urbanizzazione (per la cui remunerazione il contributo viene imposto) hanno spesso portata più ampia rispetto a quelle strettamente necessarie ad urbanizzare il nuovo insediamento edilizio posto in essere da chi abbia ottenuto il titolo edilizio ed hanno quindi sovente natura indivisibile, nel senso che non sono frazionabili in porzioni funzionali al soddisfacimento delle esigenze dei singoli nuovi insediati. In ragione di tanto, per l’esecuzione di dette opere, da realizzare in conseguenza del fatto edificatorio in sé considerato, l’amministrazione comunale attinge normalmente alla fiscalità generale, senza necessariamente attendere il pagamento del contributo da parte dell’obbligato, e quindi a prescindere dal suo puntuale adempimento.
Per tale motivo, quand’anche risultino trasfuse in apposita convenzione urbanistica, le prestazioni da adempiere da parte dell’amministrazione comunale e del privato intestatario del titolo edilizio non sono tra loro in posizione sinallagmatica. Come si è detto, infatti, l’amministrazione è tenuta ad eseguire le opere di urbanizzazione ed a dotare degli indispensabili standard il comparto ove viene allocato il nuovo insediamento edilizio a prescindere dal puntuale pagamento del contributo di costruzione da parte del soggetto che abbia ottenuto il titolo edilizio; per parte sua, questi è tenuto al pagamento del contributo senza poter pretendere la previa realizzazione delle opere di urbanizzazione.
Da ciò discende che il soggetto obbligato sia tenuto a corrispondere il contributo di costruzione nel rispetto dei termini convenuti e che l’amministrazione comunale deve eseguire le opere di urbanizzazione in coerenza, anche sul piano temporale, allo sviluppo edilizio del territorio.
5.3 Vale altresì osservare, ancora in via preliminare, come il contributo di costruzione, quale prestazione patrimoniale imposta funzionale a remunerare l’esecuzione di opere pubbliche, si collochi pacificamente nell’alveo dei rapporti di diritto pubblico. Ne è ulteriore riprova il fatto che, come si dirà meglio in seguito, il suo mancato pagamento legittima l’amministrazione all’applicazione di sanzioni pecuniarie crescenti in rapporto all’entità del ritardo (art. 42 d.P.R. cit.) e, in caso di persistenza dell’inadempimento, alla riscossione del contributo e delle sanzioni secondo le norme vigenti in materia di riscossione coattiva delle entrate (art. 43 d.P.R. cit.).
5.4 Tali preliminari affermazioni di principio, ad avviso di questa Adunanza plenaria, non sono senza conseguenze, per le ragioni che saranno via via esplicitate più avanti, nella risoluzione nei sensi già indicati del quesito interpretativo qui all’esame.
5.5 In tale direzione conduce anzitutto l’argomento, di per sé dirimente, di natura esegetico-letterale, desumibile dal contenuto delle specifiche disposizioni normative applicabili alla fattispecie.
Il riferimento è qui sia alla disposizione (art. 16 d.P.R. cit.) che prevede il meccanismo della prestazione della garanzia per il caso di pagamento rateale del contributo di costruzione, sia alla disposizione (art 42 d.P.R. cit.) che disciplina le sanzioni per l’omesso o ritardato pagamento.
Orbene, nessuna di tali disposizioni consente di enucleare elementi letterali da cui desumere, anche indirettamente, la sussistenza di un onere collaborativo, o soltanto sollecitatorio dell’adempimento, a carico della amministrazione creditrice del contributo, una volta che siano venuti a scadenza i termini per il pagamento.
In particolare, l’art. 16, comma 2, del d.P.R. n. 380 del 2001, la cui rubrica reca contributo di costruzione prevede – per quel che qui rileva – che il Comune possa rateizzare, su richiesta dell’interessato, la quota di contributo relativa agli oneri di urbanizzazione mentre, per ciò che attiene alla quota di contributo relativa al costo di costruzione, la norma (art. 16, comma 3) dispone che la stessa sia corrisposta in corso d’opera, con le modalità e le garanzie previste dal Comune.
Pertanto, la fonte normativa che attribuisce al Comune la facoltà richiedere garanzia all’intestatario di un titolo edilizio cui sia stato accordato il beneficio della rateizzazione del contributo di costruzione (nelle due componenti suindicate) nulla prevede riguardo all’ipotizzato dovere dell’amministrazione di attivarsi al più presto per la escussione della garanzia fideiussoria.
Pertanto, già in base a tale rilievo, appare evidente come la costruzione interpretativa che enuclea dal sistema giuridico il suddetto dovere collaborativo in capo all’amministrazione risulti sfornita di una sicura base legale.
Ancor più significativo in tal senso il dettato letterale della disposizione che regola l’applicazione delle sanzioni.
L’art. 42 del d.P.R. n. 380 del 2001 (che riproduce il contenuto dell’art. 47 della legge 28 febbraio 1985 n. 47) prevede che “le regioni determinano le sanzioni per il ritardato o mancato versamento del contributo di costruzione in misura non inferiore a quanto previsto nel presente articolo e non superiore al doppio. Dispone più nel dettaglio la norma che il mancato versamento, nei termini stabiliti, del contributo di costruzione di cui all’articolo 16 comporta:
a) l’aumento del contributo in misura pari al 10 per cento qualora il versamento del contributo sia effettuato nei successivi centoventi giorni;
b) l’aumento del contributo in misura pari al 20 per cento quando, superato il termine di cui alla lettera a), il ritardo si protrae non oltre i successivi sessanta giorni;
c) l’aumento del contributo in misura pari al 40 per cento quando, superato il termine di cui alla lettera b), il ritardo si protrae non oltre i successivi sessanta giorni.
Recita ancora la disposizione che le misure di cui alle lettere precedenti non si cumulano e che, nel caso di pagamento rateizzato, le norme di cui al secondo comma si applicano ai ritardi nei pagamenti delle singole rate.
Infine, la norma stabilisce che decorso inutilmente il termine di cui alla lettera c) del comma 2, il comune provvede alla riscossione coattiva del complessivo credito nei modi previsti dall’articolo 43. E che, in mancanza di leggi regionali che determinino la misura delle sanzioni di cui al presente articolo, queste saranno applicate nelle misure indicate nel comma 2.
Di contenuto sostanzialmente analogo la legge regionale della Valle d’Aosta 6 aprile 1998 n. 11 (adottata sulla base della legge 28 febbraio 1985, n. 47 art. 3), applicabile alla fattispecie di causa, che tuttavia ha graduato diversamente (in misura più consistente) gli aumenti del contributo dovuti in relazione al ritardo nel pagamento, determinandoli nella misura minima del 20% (per il caso di ritardo contenuto entro il termine di 120 gg dalla scadenza del primo termine), nella misura intermedia del 40% (per il caso di ritardo contenuto entro gli ulteriori 60 gg) fino a giungere al 100% del contributo (per ritardi ancora superiori).
Orbene, anche dalla portata letterale delle disposizioni che integrano il regime sanzionatorio, si evince come l’applicazione dell’aumento di contributo sia correlata al fatto in sé del suo mancato o non puntuale pagamento da parte dell’obbligato, senza distinzione alcuna, sul piano delle conseguenze del meccanismo sanzionatorio, tra l’ipotesi dell’obbligazione del solo debitore e quella in cui sia stata prestata una garanzia fideiussoria accessoria per il pagamento del suddetto contributo. E soprattutto, ciò che appare davvero dirimente, è che la norma sanzionatoria (nazionale o regionale) non riconnette rilevanza alcuna ai comportamenti delle parti diverse dal debitore principale (e cioè della amministrazione e del fideiussore) antecedenti al fatto-inadempimento. Ciò che unicamente rileva, nella logica della norma sanzionatoria, è il semplice mancato pagamento della rata di contributo imputabile al debitore principale.
L’argomento esegetico-letterale depone pertanto per l’insussistenza di un dovere di “soccorso” dell’amministrazione comunale nei confronti del beneficiario di un titolo edilizio in ritardo nel pagamento del contributo di costruzione. Per contro, sempre sulla base del tenore letterale delle richiamate disposizioni, l’amministrazione è tenuta, trattandosi di attività vincolata prevista direttamente dalla fonte normativa di rango primario (che trova applicazione ove la regione non abbia diversamente articolato l’entità delle sanzioni nel rispetto dei parametri fissati dalla legge nazionale), all’applicazione delle sanzioni alla scadenza dei termini di pagamento, senza potersi sottrarre al potere-dovere di aumentare, in funzione sanzionatoria, l’importo del contributo dovuto.
5.6 Da quanto appena detto discende che risulta sfornita di base normativa ogni opzione interpretativa che correli il potere sanzionatorio del comune al previo esercizio dell’onere di sollecitazione del pagamento presso il debitore principale ovvero presso il fideiussore.
Ed invero il sistema di pagamento del contributo di costruzione è caratterizzato dalla presenza solo eventuale di una garanzia prestata per l’adempimento del debito principale e di un parallelo strumento a sanzioni crescenti, con chiara funzione di deterrenza dell’inadempimento, che trova applicazione, in base alla legge, al verificarsi dell’inadempimento dell’obbligato principale.
In tale sistema, l’amministrazione comunale, allo scadere del termine originario di pagamento della rata ha solo la facoltà di escutere immediatamente il fideiussore onde ottenere il soddisfacimento del suo credito; ma ove ciò non accada, l’amministrazione avrà comunque il dovere/potere di sanzionare il ritardo nel pagamento con la maggiorazione del contributo a percentuali crescenti all’aumentare del ritardo. Peraltro, solo alla scadenza di tutti termini fissati al debitore per l’adempimento (e quindi dopo aver applicato le massime maggiorazioni di legge), l’Amministrazione avrà il potere di agire nelle forme della riscossione coattiva del credito nei confronti del debitore principale (art. 43 d.P.R. n. 380 del 2001). La portata di tale ultima disposizione è peraltro tale da ritenere che l’amministrazione, se pure non è impedita dallo svolgere attività sollecitatoria dei pagamenti (senza attingere al rimedio straordinario della riscossione coattiva) in occasione delle scadenze dei termini intermedi cui sono correlati gli aumenti percentuali del contributo secondo il già indicato modello, è certo facultata ad attendere il volontario pagamento da parte del debitore (e eventualmente del suo fideiussore), salvo in ogni caso restando il suo potere-dovere di applicare le sanzioni di legge per il ritardato pagamento.
Per quanto su evidenziato, deve convenirsi sul fatto che la lettera della legge sia chiara nell’assegnare all’amministrazione il potere/dovere di applicare le sanzioni al verificarsi di un unico presupposto fattuale, e cioè il ritardo nel pagamento da parte dell’intestatario del titolo edilizio (o di chi gli sia subentrato secundum legem).
La stretta osservanza del principio di legalità, imposta dalla rigorosa applicazione del canone interpretativo- letterale delle disposizioni richiamate, comporta pertanto che va ritenuta legittima l’applicazione delle sanzioni per il ritardo, a prescindere da richieste di pagamento che siano potute venire all’interessato o al suo fideiussore dalla amministrazione concedente il titolo edilizio. In definitiva, la facoltà per l’amministrazione di escutere direttamente il fideiussore (nei casi, quali quello di specie, in cui non è stato convenuto il beneficium excussionis) non può tradursi, in difetto di espressa previsione normativa, in una decadenza dell’amministrazione dal potere di sanzionare il pagamento tardivo dell’obbligato, essendo tale potere incondizionatamente previsto (allo stato attuale della legislazione) dall’art. 42 d.P.R. cit.e dall’art. 72 della legge 6 aprile 1998 n. 11 della Regione Valle d’Aosta.
Tali conclusioni risultano coerenti con l’affermazione secondo cui il principio di legalità che connota l’azione dei pubblici poteri va letto in una duplice declinazione: in senso proprio, secondo cui non può darsi esercizio legittimo di potere senza che sussista una specifica fonte legislativa legittimante; ma anche nel senso che, ove detta fonte legislativa sussista e, come nella fattispecie oggetto di causa, l’esercizio del potere (sanzionatorio) sia vincolato al verificarsi di taluni presupposti fattuali, l’amministrazione non potrebbe, dopo aver riscontrato la ricorrenza delle condizioni previste dalla legge, sottrarsi legittimamente al suo esercizio.
Ora, in applicazione di tali chiari principi normativi, il soggetto che abbia omesso o ritardato il pagamento del contributo di costruzione incorre nelle sanzioni per ritardato pagamento. Peraltro, il regime giuridico che connota la genesi e le modalità di riscossione del contributo de quo esclude che possano essere configurate ipotesi di non debenza della specifica prestazione patrimoniale diverse da quelle individuate dal legislatore (v. in tal senso, Cons. Stato, sez. V, 20 aprile 2009, n. 2359).
5.7 Tali considerazioni sarebbero già sufficienti a ritenere che la corretta soluzione della questione interpretativa sia quella già individuata dalla giurisprudenza prevalente di questo Consiglio di Stato (ex multis IV n. 5818 del 2012, IV n. 4320 del 2012 e V n. 777 del 2016), senza che la soluzione al quesito possa mutare nei casi in cui – quale quello oggetto di causa – al debitore principale si aggiunga un ulteriore obbligato (il fideiussore) in funzione di un rafforzamento della garanzia patrimoniale. Ove sia costituita a richiesta della amministrazione, la garanzia fideiussoria, quale obbligazione accessoria di quella principale, è prestata nell’interesse esclusivo dell’ente locale, al fine di offrire maggiori garanzie di soddisfacimento del gettito relativo alla speciale entrata di diritto pubblico di che trattasi (i.e. il pagamento del contributo di costruzione) e rappresenta, ex latere debitoris, l’onere correlato al beneficio della rateizzazione del pagamento.
Sarebbe paradossale se, in tale situazione giuridico-fattuale, per effetto del rilascio di una garanzia fideiussoria in suo favore, l’amministrazione risultasse privata del potere di sanzionare il ritardo o l’omesso pagamento del debitore principale se solo abbia mancato di escutere il fideiussore alla scadenza del termine di pagamento; altrettanto illogico sarebbe che, correlativamente, con la stipula della polizza fideiussoria, il debitore principale possa conseguire un’esimente speciale, non prevista dalla legge, rispetto all’applicazione a suo carico delle sanzioni per omesso o ritardato pagamento (nella misura in cui, così ragionando, alla scadenza del termine di pagamento, o l’amministrazione provvede ad escutere tempestivamente il fideiussore o perde il diritto di applicare le sanzioni di legge).
Si aggiunga che, come correttamente rilevato nella richiamata sentenza di questo Consiglio di Stato n. 777 del 2016, nei casi – quali quello in esame – di fideiussione con clausola a prima richiesta non alterante il tipo normativo di garanzia fideiussoria in senso stretto (e quindi non assimilabile al cd. contratto autonomo di garanzia), troverebbe comunque applicazione, sul piano dei principi generali, l’art. 1942 cod.civ.: a mente del quale la fideiussione si estende “a tutti gli accessori del debito principale”, con esclusione tuttavia delle somme dovute ad altro titolo (quali certamente le sanzioni amministrative dovute ex lege per il ritardato versamento dei ratei del contributo di urbanizzazione. In tal senso, Cass. 12 giugno 2001 n. 7885). Nel caso di specie, peraltro, l’esclusione della responsabilità del fideiussore per il pagamento delle sanzioni risulta poi espressamente esclusa dal tenore testuale della polizza fideiussoria versata in atti.
Da ciò conseguirebbero difficoltà ulteriori per l’amministrazione comunale nella riscossione del credito, ove dovesse predicarsi la sussistenza di una regola praeter legem che condizionasse la legittimità delle sanzioni alla previa escussione del fideiussore. Ed infatti, prima della scadenza del termine di pagamento, il comune non potrebbe azionare la garanzia; una volta scaduto il termine, l’ente non potrebbe richiedere al fideiussore (il quale, per quanto detto, sarebbe tenuto solo nei limiti del contributo omesso) le maggiorazioni del contributo dovute a titolo sanzionatorio. Con il risultato che, ove dovesse accedersi alla tesi del necessario coinvolgimento del fideiussore, l’amministrazione dovrebbe indirizzare in senso bidirezionale l’azione esecutiva, non utilizzando lo strumento normativo ben più rapido ed efficace che la legge le affida (art. 43 d.P.R. cit), rappresentato dalla riscossione coattiva di diritto pubblico nei confronti del solo debitore principale, per tutte le somme derivanti da contributi omessi o pagati in ritardo e dalle maggiorazioni dovute ex lege a titolo di sanzioni pecuniarie.
Tale ulteriore contraddizione dimostra come debba essere senz’altro preferita la soluzione che esclude che l’applicazione delle sanzioni di legge possa essere correlata alla previa escussione della garanzia e come non sia ragionevolmente esigibile richiedere alla amministrazione comunale una tale attività supplementare nell’attuazione del rapporto obbligatorio.
5.8 D’altra parte, gli argomenti utilizzati dalla giurisprudenza minoritaria di questo Consiglio di Stato, pur se non scevri di qualche aspetto suggestivo, risultano tuttavia non utili, ad un più approfondito esame, a ricostruire la sussistenza del predetto onere collaborativo a carico della Amministrazione anche sulla base dei principi desumibili dal diritto civile.
Si è detto che, secondo l’indirizzo giurisprudenziale minoritario, il problema interpretativo all’esame non può che risolversi facendo coerente applicazione dei principi civilistici in tema di obbligazioni, primo fra tutti quello che impone al creditore in buona fede di collaborare con il debitore ai fini del puntuale adempimento dell’obbligazione.
Osserva l’Adunanza plenaria che, nella fattispecie in esame, l’applicazione dei canoni civilistici della correttezza e della buona fede nell’adempimento delle obbligazioni ed in sede di esecuzione contrattuale (artt. 1175 e 1375 cod.civ.), ove anche applicati allo speciale rapporto che lega- in posizione non paritetica- l’Amministrazione che rilascia il titolo edilizio ed il privato cittadino (cui viene imposto il pagamento dei relativi oneri) non potrebbe condurre a conclusioni diverse da quelle fin qui esposte.
Ed invero, anche nei rapporti interprivati, il mancato pagamento, alla scadenza del termine convenuto, di un’obbligazione portable da eseguirsi al domicilio del creditore (nel cui genus rientra pacificamente l’obbligazione pecuniaria ai sensi dell’art. 1182, comma 2, cod.civ.) determina ipso facto l’inadempimento del debitore, il quale è costituito in mora senza necessità di intimazione o richiesta fatta per iscritto (cfr. art. 1219 cod.civ.). Non è pertanto esigibile, neanche secondo i canoni del diritto civile, un onere collaborativo a carico dell’amministrazione creditrice tale per cui la stessa possa essere giuridicamente tenuta a sollecitare il pagamento del credito alla scadenza del termine ovvero ad escutere tempestivamente (e necessariamente) l’obbligazione fideiussoria prestata in suo favore. E, d’altra parte, anche secondo i canoni civilistici, il creditore non è onerato, e ancor meno obbligato, ad escutere preventivamente il fideiussore prima di agire nei confronti del debitore (salvo che non si rinvenga una clausola contrattuale in tal senso).
Per tutte le ragioni già enunciate è da escludere che un siffatto onere sussista ed è del pari escluso che la sua ipotizzata genesi possa ricondursi al dovere di correttezza (art. 1175 cod. civ.) cui devono ispirare il comportamento il debitore ed il creditore nello svolgimento del rapporto obbligatorio. Anche il principio relativo all’esecuzione del contratto secondo buona fede (art. 1375 cod. civ.) non risulta correttamente evocato nella fattispecie posto che, se il debitore è inadempiente alla scadenza del termine fissato per il pagamento e se, sul piano civilistico, egli subisce tutte le conseguenze negative derivanti dalla mora ex re a prescindere dall’eventuale inerzia del creditore,non sarebbe giuridicamente corretto assimilare tale semplice inerzia della amministrazione ad un atteggiamento addirittura contrario a buona fede, in quanto funzionale all’arricchimento derivante dalle maggiorazioni del contributo dovuto in applicazione delle sanzioni.
Anche il richiamo al capoverso dell’art. 1227 cod. civ. è fuorviante e non vale a costituire una valida base giuridica per l’individuazione di un onere collaborativo della amministrazione comunale nell’immediata attuazione del rapporto obbligatorio onde non aggravare la posizione del debitore.
Ed invero viene qui facile osservare come la maggiorazione del contributo di costruzione in ragione del ritardo nel pagamento prevista dal richiamato art. 42 d.P.R. n. 380 del 2001 (e dalle analoghe disposizioni normative precedenti) non ha natura risarcitoria o corrispettiva, bensì di sanzione pecuniaria nascente al momento in cui diviene esigibile la sanzione principale.
Orbene, l’onere di diligenza che la appena richiamata disposizione del codice civile, ispirata a principi di solidarietà sociale, fa gravare sul creditore si inscrive nella ben distinta fattispecie del concorso del fatto colposo del creditore nella causazione di un danno.
Nel caso in esame, non sarebbe corretto sul piano giuridico configurare alla stregua di un fatto colposo la mancanza di sollecitudine della amministrazione creditrice nell’agire a tutela del proprio credito (in senso non diverso, Corte cost. n. 308 del 1999). Del pari non corretta sarebbe l’assimilazione delle sanzioni pecuniarie derivanti ex lege dal mancato pagamento imputabile esclusivamente al debitore ai danni che il creditore avrebbe potuto evitare usando l’ordinaria diligenza.
5.9 Per ragioni non dissimili da quelle fin qui enunciate non merita condivisione, a parere di questa Adunanza plenaria, l’orientamento giurisprudenziale che potrebbe definirsi intermedio e di cui ha dato conto l’ordinanza di rimessione. Secondo tale approccio interpretativo, la sanzione per il ritardo potrebbe essere applicata nella misura minima soltanto in relazione al mancato pagamento della rata di contributo entro i primi 120 giorni dalla data di scadenza (secondo quanto dispone l’art. 42, comma 2, lett. a) del d.P.R. n. 380 del 2001).
Solo a seguito dello spirare di tale prima scansione temporale (nel cui ambito soltanto sarebbe legittima l’applicazione della sanzione nella percentuale minima prevista dalla legge nazionale e, ove esistente, dalla legge regionale) diverrebbe esigibile l’onere per l’amministrazione di escutere il fideiussore con la conseguenza che, in difetto, la stessa amministrazione non avrebbe titolo per sanzionare l’ulteriore ritardo nel pagamento da parte del debitore principale.
L’Adunanza rileva come anche tale soluzione interpretativa non sia condivisibile atteso che la stessa:
– non risulta fondata su salde basi normative ed anzi si risolve in un’inammissibile disapplicazione delle disposizioni normative nazionali e regionali che, come si è detto, correlano l’applicazione delle sanzioni al manifestarsi del semplice ritardo ovvero dell’omesso pagamento del contributo di costruzione (quali unici presupposti fattuali);
– è in sé non ragionevole, posto che sterilizza il potere sanzionatorio dell’amministrazione proprio in relazione ai ritardi più significativi, cui il legislatore riserva un trattamento sanzionatorio più severo;
– individua un onere di soccorso a carico della Amministrazione, sia pure allo scadere del primo periodo di inadempimento protrattosi per 120 giorni, che non solo non è nella legge ma che, per quanto già detto, non sarebbe neppure correttamente desumibile in applicazione dei principi di buona fede e correttezza che governano le obbligazioni ed i contratti di diritto civile ovvero, per analoghe ragioni, del principio di leale collaborazione proprio dei rapporti intersoggettivi di diritto amministrativo.
Peraltro, anche l’argomento della strumentalità della pronta escussione del fideiussore in funzione della rapida acquisizione nelle casse comunali del contributo di costruzione per l’esecuzione delle opere pubbliche è smentito dalla già evidenziata natura non sinallagmatica delle distinte prestazioni della parte pubblica e di quella privata (sul punto v.supra, par. 5.2).
Anche in ragione di tanto, e cioè del rapporto non corrispettivo delle prestazioni delle parti, non sarebbe esigibile a carico dell’amministrazione un onere di verifica riguardo al puntuale pagamento, nel rispetto delle scadenze fissate per le singole rate, del contributo di costruzione (nelle suindicate sue componenti), né sarebbe esigibile la tempestiva escussione della garanzia fideiussoria pena, altrimenti, la decadenza dal potere sanzionatorio. Un’opzione interpretativa di tale portata si porrebbe infatti in contrasto, oltre che con il principio di legalità (nei sensi dianzi indicati), anche con il principio costituzionale del buon andamento, attese le difficoltà oggettive cui andrebbero incontro i comuni (specie quelli di grandi dimensioni) nell’attivare tempestivamente le attività propedeutiche alla sollecitazione dei pagamenti dei contributi di costruzione alla scadenza delle singole rate.
5.10 In definitiva, per tutte le suesposte ragioni, l’Adunanza plenaria ritiene di poter concludere, per quanto di sua competenza, con l’affermazione del seguente principio di diritto:
<<Un’amministrazione comunale ha il pieno potere di applicare, nei confronti dell’intestatario di un titolo edilizio, la sanzione pecuniaria prescritta dalla legge per il caso di ritardo ovvero di omesso pagamento degli oneri relativi al contributo di costruzione anche ove, in caso di pagamento dilazionato di detto contributo, abbia omesso di escutere la garanzia fideiussoria in esito alla infruttuosa scadenza dei singoli ratei di pagamento ovvero abbia comunque omesso di svolgere attività sollecitatoria del pagamento presso il debitore principale>>.
Ai fini della risoluzione delle ulteriori questioni controverse (i.e., determinazione della fine dei lavori e corretta imputazione dei pagamenti eseguiti), anch’esse incidenti sulla legittimità dell’atto oggetto del ricorso di primo grado, nonché ai fini della definizione dell’intero giudizio alla luce del principio di diritto in questa sede espresso dalla Adunanza plenaria, le parti sono rimesse dinanzi alla Sezione quarta del Consiglio di Stato, cui vanno restituiti gli atti per ogni ulteriore statuizione, in rito, nel merito e sulle spese anche di questa fase di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Adunanza Plenaria) non definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto:
a) formula il principio di diritto di cui in motivazione;
b) restituisce gli atti alla Sezione IV del Consiglio di Stato per ogni ulteriore statuizione in rito, nel merito e sulle spese del giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 5 ottobre 2016 con l’intervento dei magistrati:
Filippo Patroni Griffi – Presidente
Sergio Santoro – Presidente
Giuseppe Severini – Presidente
Luigi Maruotti – Presidente
Antonino Anastasi – Presidente
Carlo Deodato – Consigliere
Roberto Giovagnoli – Consigliere
Manfredo Atzeni – Consigliere
Raffaele Greco – Consigliere
Claudio Contessa – Consigliere
Fabio Taormina – Consigliere
Giulio Castriota Scanderbeg – Consigliere, Estensore
Paolo Giovanni Nicolò Lotti
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