Consiglio di Stato, Sezione quinta, Sentenza 30 dicembre 2019, n. 8907
La massima estrapolata:
Il testo dell’art. 80 lett. c) del nuovo Codice dei contratti pubblici va interpretato nel senso che, in disparte altri differenti profili di inadempimento contrattuale, qualora si tratti specificamente di condanne penali per fatti attinenti all’esercizio dell’attività d’impresa che abbiano avuto come destinatari organi di vertice della concorrente, non può essere rimesso a quest’ultima di valutarne la rilevanza ai fini dell’ammissione alla procedura di gara, spettando tale potere alla stazione appaltante, di modo che l’obbligo dichiarativo si rivela strumentale appunto al compimento di siffatta valutazione.
Sentenza 30 dicembre 2019, n. 8907
Data udienza 7 novembre 2019
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Quinta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso iscritto in appello al numero di registro generale 2166 del 2019, proposto da
-OMISSIS-in proprio e quale mandataria del costituendo -OMISSIS-e -OMISSIS-in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentate e difese dagli avvocati Al. St., Sa. St. Da., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia.
contro
In. – Ag. na. pe. l’at. de. in. e lo sv. d’im. s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Gi. Fr. Fe., Er. Pa., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Gi. Fr. Fe. in Roma, via (…);
Anac – Autorità Nazionale Anticorruzione e Ministero dell’Economia e delle Finanze, in persona dei legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via (…);
nei confronti
Vi. Mo. Co. e Re. s.r.l., ed altri, non costituiti in giudizio.
per la riforma della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio Sezione Terza n. -OMISSIS- resa tra le parti.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di In. – Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa s.p.a., di Anac – Autorità nazionale anticorruzione e del Ministero dell’economia e delle finanze;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 7 novembre 2019 il Cons. Giuseppina Luciana Barreca e uditi per le parti gli avvocati De Lu., in sostituzione dell’avv. St. Da., Fe., Pa. e dello Stato Gr.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1.Con la sentenza indicata in epigrafe il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio ha respinto il ricorso proposto dalla -OMISSIS- contro l’Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa s.p.a. – In., il Ministero dell’economia e delle finanze e l’Autorità nazionale anticorruzione – A.N.A.C., nonché nei confronti delle contro-interessate Vi. Mo. Co. e Re. s.r.l. e C.S. Re. Be. Cu. di Ri. Ma. s.a.s. per l’annullamento:
– della determina di annullamento del provvedimento di aggiudicazione della gara pubblica concernente l’affidamento dei lavori di “Manutenzione, recupero dell’area archeologica di -OMISSIS-“, adottata da In. s.p.a. in data 23 maggio 2018 e trasmessa via PEC in pari data;
– del provvedimento di aggiudicazione al secondo classificato, prot. n. 0041114, del 24 maggio 2018, con la relativa comunicazione prot. n. 0041114 di pari data;
– del parere di precontenzioso PREC 83/18/L approvato dal Consiglio dell’Autorità nazionale anticorruzione (ANAC) con delibera n. 416 del 2 maggio 2018, trasmesso con nota prot. n. 0040765 del 14 maggio 2018;
– e di ogni altro atto presupposto, connesso e/o conseguente, ivi inclusa: la relazione del R.U.P. del 23 maggio 2018 (prot. n. 0040550); ove occorra, il bando e il disciplinare di gara in parte qua;
nonché per la declaratoria di inefficacia del contratto, ove stipulato, ai sensi e per gli effetti di cui agli artt. 121 e 122 cod. proc. amm.;
e per la condanna a disporre il subentro della ricorrente nell’aggiudicazione e, ove stipulato, nel contratto, nonché, in subordine, al risarcimento del danno per equivalente, ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 124 cod. proc. amm..
2. Per ottenere la riforma della sentenza, le parti già ricorrenti in primo grado hanno avanzato appello con cinque motivi e riproposizione delle domande consequenziali all’annullamento.
2.1. Si sono costituiti per resistere al gravame In. s.p.a., il Ministero dell’economia e delle finanze e l’A.N.A.C.
2.3. Alla pubblica udienza del 7 novembre 2019 la causa è stata posta in decisione, previo deposito di memorie di tutte le parti costituite e di replica di In. s.p.a..
3. Le vicende della procedura esposte nella sentenza impugnata sono le seguenti:
” […] l’Agenzia Nazionale per l’Attrazione degli Investimenti e lo Sviluppo d’Impresa- In. aveva indetto, con bando del 26 aprile 2017, una procedura ad evidenza pubblica per l’affidamento dei lavori di “Manutenzione, recupero dell’area archeologica di -OMISSIS-giungendo, in data 29 settembre 2017, all’esito dello svolgimento della gara, all’aggiudicazione in favore del raggruppamento temporaneo di imprese formato da -OMISSIS–OMISSIS-ed -OMISSIS–OMISSIS-;
[…] tuttavia, con successivo provvedimento del 23 maggio 2018, In. ha annullato l’aggiudicazione, sulla base di un parere di precontenzioso del 2 maggio 2018 emesso dall’Autorità Nazionale Anticorruzione- ANAC (ai sensi dell’art. 211, comma 1, del d.lgs. n. 50 del 2016), nel quale si rilevava che la soc. coop. Archeologia “avrebbe dovuto dichiarare la sentenza definitiva di condanna a carico dell’attuale -OMISSIS-per consentire alla Stazione appaltante di valutarne la rilevanza al fine dell’integrazione della causa di esclusione di cui all’articolo 80 co. 5, lett. C) del D.Lgs n. 50/2016 (…)”, con riferimento ad una sentenza penale di condanna per omicidio colposo pronunciata a carico dell’attuale -OMISSIS-società (nonché, all’epoca dei fatti – 2008 – legale rappresentante e direttore tecnico della medesima); di conseguenza, come si rileva nell’atto di autotutela (con richiamo alle c.d. Linee Guida ANAC n. 6), “l’omissione della dichiarazione di situazioni successivamente accertate dalla stazione appaltante comportano l’applicazione dell’art. 80, comma 1 [ndr comma 5], lett. f-bis) del Codice dei Contratti”;
[…] con atto in data 24 maggio 2018, la stazione appaltante ha quindi aggiudicato la commessa pubblica al raggruppamento temporaneo di imprese secondo classificato (formato dalla Vi. Mo. Co. e Re. s.r.l. e dalla C.S. Re. Be. Cu. s.a.s. di Ri. Ma.).”
3.1. Il ricorso, basato su sei motivi, è stato respinto sul presupposto della rilevanza, ai sensi dell’art. 80, comma 5, lett. c), nel testo applicabile ratione temporis, nonché lett. f bis), del d.lgs. n. 50 del 2016 dell’omessa dichiarazione sopra indicata, anche sulla base dei precedenti conformi, di cui alle sentenze del Tribunale amministrativo regionale della Campania – Napoli, nn. 4676 e 4677 del 13 luglio 2018, emesse in controversie analoghe tra le stesse parti (in entrambi i casi, gare pubbliche per l’affidamento di lavori, dapprima aggiudicate al raggruppamento formato dalle due ricorrenti ma poi, dopo intervento in autotutela della stazione appaltante motivato in termini identici a quelli della presente causa, aggiudicati al raggruppamento secondo classificato), con motivi di gravame coincidenti.
3.2. Le sentenze appena richiamate sono state confermate da questo Consiglio di Stato, V, con sentenze del 12 marzo 2019, nn. 1649 e 1644.
4. Col primo motivo di appello viene censurato il rigetto del primo motivo dell’originario ricorso col quale era stata denunciata la violazione dell’art. 80, comma 5, lett. c, del d.lgs. n. 50 del 2016, deducendo l’illegittimità del provvedimento di annullamento dell’aggiudicazione adottato per violazione dell’onere dichiarativo, sia per l’asserito mancato riconoscimento da parte del nuovo codice dei contratti pubblici -a differenza del codice di cui al d.lgs. n. 163 del 2006- della c.d. teoria della omnicomprensività della dichiarazione sia per l’indeterminatezza del concetto di grave illecito professionale, a fronte del quale non sarebbe possibile imporre al concorrente un altrettanto indeterminato onere dichiarativo, che si porrebbe in contrasto, oltre che con la valutazione rimessa alla discrezionalità della stazione appaltante, con i principi euro-unitari (come espressi tra l’altro dal precedente di cui alla Corte di Giustizia, VI, 2 giugno 2016, in C-27/15), per i quali un obbligo dichiarativo in relazione all’illecito professionale si potrebbe ritenere sussistente solo a condizione che i documenti di gara ne traccino con esattezza il perimetro, quindi solo in presenza di condizioni di partecipazione formulate in maniera chiara, precisa ed univoca che consentano ai concorrenti di comprenderne portata e significato. Mancando tali specificazioni nella documentazione della gara de qua, la mera dichiarazione di non essersi reso colpevole di gravi illeciti professionali resa nel DGUE dall’appellante -OMISSIS- non avrebbe potuto essere ritenuta mendace o reticente.
4.1. Le appellanti, ancora, criticano la sentenza nella parte in cui ha affermato che “non possono residuare dubbi sulla rilevanza della condanna riportata ai fini della valutazione sull’integrità ed affidabilità del concorrente, essendo state accertate, dai giudici penali, gravi carenze nell’adozione delle necessarie misure di sicurezza, tali da concorrere a determinare il decesso di una persona, come anche confermato dallo specifico precedente di cui alla sentenza n. 1141 del 2017 del Consiglio di Stato, sez. V, che ha già esaminato la medesima vicenda”. Osservano al riguardo che: tale ultima sentenza sarebbe irrilevante, in quanto relativa ad una gara disciplinata dal d.lgs. n. 163 del 2006, specificamente dall’art. 38, comma 1, lett. f); diversa è la portata della carenze esecutive rilevanti ai sensi dell’art. 80, lett. c), del d.lgs. n. 50 del 2016; in quest’ultima disposizione il legislatore ha tipizzato i casi in cui l’inadempimento contrattuale assurge a grave illecito professionale, tra i quali non rientrerebbe la sentenza di condanna adottata all’epoca nei confronti del legale rappresentante e direttore tecnico dell’appellante, per le ragioni esposte in ricorso a confutazione della su riportata motivazione della sentenza di primo grado.
5. Il motivo non è meritevole di accoglimento.
Esso non tiene nel debito conto che, nel caso di specie, non si è avuto alcun automatismo espulsivo, ma è stata la stazione appaltante a disporre l’esclusione della concorrente perché ritenuta inaffidabile, in ragione della mancata dichiarazione di un significativo precedente penale in capo al un suo esponente di vertice, ai sensi di quanto previsto dall’art. 80, comma 5 lettera c) del d.lgs. n. 50 del 2016 e delle Linee-guida Anac n. 6 del 2016.
A fronte di tale valutazione discrezionale consentita alla stazione appaltante, come peraltro riconosciuto dalle stesse parti appellanti, dall’art. 80, comma 5 lett. c (nel testo applicabile ratione temporis), il sindacato giurisdizionale ha un ambito di intervento più limitato di quello che sembra voler ad esso attribuire l’atto di appello, in quanto non ha ad oggetto immediato e diretto la violazione dell’obbligo dichiarativo da parte del concorrente bensì la valutazione di inaffidabilità che da essa ha tratto la stazione appaltante.
Nel caso di specie, il giudizio di inaffidabilità dell’impresa si sottrae alle censure dell’appellante, atteso che:
– in punto di diritto, se è vero che il testo dell’art. 80 lett. c) del nuovo Codice dei contratti pubblici differisce dalla previsione dell’art. 38, comma 3, del d.lgs. n. 163 del 2006, esso va interpretato nel senso che, in disparte altri differenti profili di inadempimento contrattuale (qui non rilevanti), qualora si tratti specificamente di condanne penali per fatti attinenti all’esercizio dell’attività d’impresa che abbiano avuto come destinatari organi di vertice della concorrente, non può essere rimesso a quest’ultima di valutarne la rilevanza ai fini dell’ammissione alla procedura di gara, spettando tale potere alla stazione appaltante, di modo che l’obbligo dichiarativo si rivela strumentale appunto al compimento di siffatta valutazione; come già affermato da questo Consiglio di Stato, in riferimento a fattispecie disciplinate dall’art. 80, lett. c), del d.lgs. n. 50 del 2016, “Non è certo ammissibile consentire alle concorrenti di nascondere alla stazione appaltante situazioni pregiudizievoli, rendendo false o incomplete dichiarazioni al fine di evitare possibili esclusioni dalla gara, e poi, ove siano state scoperte, pretendere il rispetto del principio del contraddittorio da parte della stazione appaltante (cfr. Cons. Stato, Sez. V 11 aprile 2016, n. 1412). Se ciò fosse possibile, si incentiverebbe la condotta “opaca” delle concorrenti, che non avrebbero alcun interesse a dichiarare fin dall’inizio i “pregiudizi”, rendendo possibile la violazione del principio di trasparenza e di lealtà che deve invece permeare tutta la procedura di gara.” (così Cons. Stato, III, 5 settembre 2017, n. 4192);
– quanto, poi, alla dichiarazione resa nella procedura de qua da parte della -OMISSIS-, i fatti oggetto della non dichiarata condanna penale (per aver concorso l’allora legale rappresentante a cagionare nel 2008, in qualità di responsabile della società che, all’epoca, gestiva il -OMISSIS-, il decesso di una persona precipitata da un bastione della fortezza in occasione di una manifestazione musicale, per aver gestito l’attività di intrattenimento nell’immobile in mancanza dei necessari requisiti di sicurezza) di certo non “potevano dirsi palesemente inconferenti al giudizio di affidabilità dell’impresa, attenendo alla mancata adozione dei necessari requisiti di sicurezza (illuminazione insufficiente, mancanza di protezioni ai parapetti, inadeguata segnalazione del pericolo e mancanza di sistemi compensativi di sicurezza) nella gestione di un evento culturale” (così Cons. Stato, V, n. 1644/19 e n. 1649/19, su citate).
5.1. Con tali ultime sentenze è stato respinto per le seguenti ragioni un motivo di appello formulato dalle medesime appellanti nei confronti delle medesime appellate in termini sovrapponibili al presente:
“Va in primo luogo ribadito – come del resto ben chiarito nella sentenza appellata – che l’esclusione della concorrente dalla gara trova la propria causa non nella ritenuta rilevanza, ai fini dell’art. 80, comma 5, lettera c) del d.lgs. n. 50 del 2016, della condanna penale irrogata a carico dell’allora legale rappresentante della cooperativa, bensì nella mancata indicazione di detta condanna, costituente di per sé autonoma causa di esclusione, comportando l’impossibilità della stazione appaltante di valutare consapevolmente l’affidabilità del concorrente.
Anche alla luce dei rilievi che precedono, deve confermarsi il principio per cui qualsiasi condotta contra legem, ove collegata all’esercizio dell’attività professionale, è di per sé potenzialmente idonea ad incidere con il processo decisionale rimesso alle stazioni appaltanti sull’accreditamento dei concorrenti come operatori complessivamente affidabili (Cons. Stato, III, 29 novembre 2018, n. 6787; V, 13 giugno 2018, n. 3628; V, 25 febbraio 2016, n. 761). In questi termini, sussiste in capo alla stazione appaltante un potere di apprezzamento discrezionale in ordine alla sussistenza dei requisiti di “integrità o affidabilità ” dei concorrenti: costoro, al fine di rendere possibile il corretto esercizio di tale potere, sono tenuti a dichiarare qualunque circostanza che possa ragionevolmente avere influenza sul processo valutativo demandato all’amministrazione (ex multis, Cons. Stato, V, 24 settembre 2018, n. 5500).
Del resto si legge, nel precedente della Sezione relativo alla medesima vicenda oggetto della condanna di cui si tratta (Cons. Stato, V, n. 1141/2017 “motivata dalla sentenza penale per avere riaperto al pubblico l’area del -OMISSIS-, da cui pochi mesi prima era precipitato mortalmente un altro ragazzo […] senza che fossero state previamente adottate le necessarie misure di sicurezza del sito, come illuminazione idonea, avviso di pericolo, una ringhiera[…] E’ ictu oculi evidente che è da considerarsi ‘gravè, sulla base della semplice lettura delle motivazioni della sentenza penale di condanna, l’errore professionale commesso dalla dott.ssa […] Né può ritenersi che assuma rilievo nella specie il tempo trascorso dalla commissione del fatto, atteso che i fatti risalgono soltanto al 2008 e, in rapporto alla gravità del fatto addebitato, l’intervallo di tempo non è significativo al punto di incidere in senso diminutivo sulla valutazione della gravità della condotta addebitata dal giudice penale”.
Né potrebbe a priori escludersi che tale condanna – a suo tempo considerata rilevante ad integrare un’ipotesi di grave negligenza professionale ai sensi dell’allora vigente art. 38, comma 1, lettera f), del d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163 – rilevi anche ai fini della valutazione (che compete alla sola stazione appaltante) di cui all’art. 80, comma 5 lett. c) del d.lgs. n. 50 del 2016, attesa l’atipicità delle fattispecie suscettibili di esservi ricondotte (Cons. Stato, V, 2 marzo 2018, n. 1299). Fattispecie quindi astrattamente riconducibili a qualsivoglia pregresso rapporto negoziale, ivi compreso quello avente ad oggetto una concessione di beni, quale quella assentita dal Comune di Firenze alla Cooperativa.”.
Si tratta di argomentazioni che pienamente si condividono e si confermano.
Il primo motivo di appello va quindi respinto.
6. Col secondo motivo viene censurata la sentenza perché non si sarebbe pronunciata sul secondo motivo dell’originario ricorso, col quale è stata denunciata la violazione dell’art. 80, comma 3 e 5, lett. c, del d.lgs. n. 50 del 2016 e della lex specialis di gara per avere la stazione appaltante, così come l’A.N.A.C. nel parere di precontenzioso, ampliato l’ambito soggettivo della causa di ostativa dell’illecito professionale. Si deduce che la sentenza di condanna, riguardando il -OMISSIS–OMISSIS- e non anche l’impresa in sé considerata, non sarebbe sussumibile nella categoria dei gravi illeciti professionali; ciò comporterebbe l’illegittimità in parte qua anche delle linee guida ANAC n. 6/2016, che riferiscono le cause ostative per le persone fisiche anche ai soggetti individuati dall’art. 80, comma 3, del d.lgs. n. 50 del 2016, tra i quali si fanno rientrare i membri degli organi con poteri di direzione e vigilanza (come da Comunicato del Presidente ANAC dell’8 novembre 2017).
6.1. Secondo le appellanti si avrebbe violazione del principio di tassatività e violazione degli artt. 6 e 7 CEDU perché il riferimento fatto nei detti provvedimenti alle persone fisiche dell’art. 80, comma 3 (in sé riferito soltanto alle ipotesi dello stesso art. 80, commi 1 e 2), finirebbe per estendere illegittimamente l’area di rilevanza della fattispecie dell’illecito professionale -già di per sé dai contorni incerti sul piano oggettivo- di cui al comma 5 dello stesso articolo.
7. Il motivo non è fondato per le ragioni già espresse nei citati precedenti nn. 1644 e 1649 del 2019, concernenti non solo le medesime parti sia pure in riferimento ad altra gara, ma anche un disciplinare di gara formulato in termini analoghi (nel caso di specie, cfr. pag. 26 del disciplinare) secondo cui:
“Va evidenziato, in primo luogo, che il disciplinare di gara (par. 3.1) chiedeva ai concorrenti, a pena di esclusione, di attestare, tra l’altro, l’insussistenza “delle cause di esclusione previste dall’articolo 80 del Codice dei contratti riferibili direttamente all’operatore economico […] in quanto persona giuridica”, nonché l’insussistenza, “nei confronti di alcuno dei soggetti di cui all’articolo 80, co. 3, del Codice dei Contratti, delle cause di esclusione previste dall’articolo 80 del Codice dei Contratti”.
[…]
Ciò premesso, non è corretta la pretesa delle appellanti di distinguere concettualmente l’impresa (in quanto tale, un’entità puramente giuridica) dai soggetti – di cui all’art. 80 comma 3 – per il tramite dei quali, in ragione delle loro funzioni di amministrazione e controllo, la medesima impresa concretamente opera sul mercato.
La tesi delle appellanti, per contro, produrrebbe l’effetto aberrante di escludere la rilevanza di qualsiasi sentenza di condanna ai fini della valutazione di affidabilità sottesa al precetto dell’art. 80, comma 5, lett. c) del d.lgs. n. 50 del 2016, dal momento che nel vigente sistema normativo la responsabilità penale riguarda direttamente le sole persone fisiche e non anche le imprese, ritenendo invece il Collegio di dover confermare il generale principio (ex multis, Cons. Stato, V, 22 ottobre 2018, n. 6016) secondo cui tra le condanne rilevanti ai sensi dell’art. 80, comma 3, del Codice dei Contratti, ai fini dell’esclusione dalla gara, vanno incluse non solo quelle specificamente elencate ai commi 1 e 2 della norma, ma anche quelle comunque incidenti, ai sensi del successivo comma 5, sull’affidabilità dell’impresa.
Condanne che, per le ragioni sovra ricordate, non potranno che essere riferite agli esponenti dell’impresa per mezzo dei quali la stessa agisce sul mercato o comunque tenuti, in ragione dei propri poteri di controllo, ad assicurare che la relativa attività si svolga nel rispetto delle norme di diritto vigenti, tra i quali sicuramente rientrava la sig.ra […]”.
Il secondo motivo di appello va perciò respinto.
8. Con il terzo motivo – premessa l’asserita inesistenza, nella documentazione di gara, di un obbligo di dichiarare gli illeciti professionali in capo alle persone fisiche di cui all’art. 80, comma 3, del d.lgs. n. 50 del 2016 – si è invocato il soccorso istruttorio per supplire alle carenze riscontrate, nonostante il contrario avviso del primo giudice, secondo cui “non è predicabile l’attivazione del potere di soccorso istruttorio, visto che il comportamento dell’impresa dichiarante va qualificato come omissivo e, quindi, insuscettibile di un’integrazione consentita solo nei confronti di una dichiarazione esistente, ma incompleta, dovendosi per il resto richiamare la posizione assunta dalla Corte di Giustizia UE, sez. X, nella sentenza 6 novembre 2014, C-42/13, Cartiera dell’Adda s.p.a., con cui è stata ritenuta legittima la mancata attivazione del soccorso istruttorio in relazione alla produzione tardiva della documentazione relativa a una condanna penale di cui è stata omessa la dichiarazione”.
8.1. Sostengono le appellanti che il richiamo a tale ultima sentenza sarebbe erroneo e fuorviante, in quanto la Corte di Giustizia si è pronunciata nel senso indicato dalla sentenza di primo grado, ma riferendo il divieto di rettifica alle sole omissioni comportanti l’esclusione dell’offerente “secondo le espresse disposizioni dei documenti di appalto”, precisando che nel caso oggetto di quel giudizio l’obbligo di cui si trattava era stato imposto dai documenti dell’appalto sotto pena di esclusione, mentre ciò non sarebbe nel caso in esame.
9. Il motivo non merita di essere accolto, atteso che, come già evidenziato in relazione al precedente motivo di appello, le dichiarazioni in questione erano state in realtà previste dal disciplinare di gara a pena di esclusione, potendo quindi trovare applicazione esattamente i principi enunciati nella decisione della Corte di giustizia dell’Unione europea n. 42 del 6 novembre 2014 (causa C-42/13), richiamata nelle motivazioni della sentenza appellata (in termini coincidenti, cfr. Cons. Stato, V, nn. 1644 e 1649 del 2019, citate).
Il terzo motivo di appello va respinto.
10. Col quarto motivo si censura la sentenza nella parte in cui ha affermato l’applicabilità della causa di esclusione di cui all’art. 80, comma 5, lett. f bis), concernente le dichiarazioni non veritiere.
Sostengono le appellanti che la disposizione non è applicabile alla gara de qua, bandita prima dell’entrata in vigore del d.lgs. n. 56 del 2017, col quale è stata introdotta la lettera f bis), sicché il richiamo di tale ultima norma vizierebbe sia il provvedimento di annullamento dell’aggiudicazione che il parere di precontenzioso.
In ogni caso, secondo le appellanti, la mancanza di contenuti specifici della dichiarazione da rendere ai sensi dell’art. 80, comma 5, lett. c, renderebbe impossibile la configurazione di una fattispecie di falsità della dichiarazione, ma si potrebbe tutt’al più tacciare di incompletezza una dichiarazione quale quella resa nel DGUE dalla -OMISSIS-. Dato ciò, sarebbero “manifestamente errate e illogiche” le Linee guida ANAC (contestualmente impugnate per tuziorismo), richiamate nel parere di precontenzioso, laddove fanno discendere la falsità della dichiarazione dalla mancata attestazione di tutte le “situazioni astrattamente idonee a configurare causa di esclusione” di cui all’art. 80, comma 5, lett. c), del d.lgs. n. 50 del 2016.
11. Sebbene si verta in ipotesi di inapplicabilità ratione temporis della disposizione dell’art. 80, comma 5, lett. f) bis alla gara oggetto del presente contenzioso, in quanto il bando è stato pubblicato sulla GURI n. 47 del 24 aprile 2017, il motivo non merita di essere accolto.
11.1. Per un verso, infatti, la censura risulta essere inammissibile, per come eccepito dalla difesa di In., in quanto non espressamente posta nel giudizio di primo grado.
11.2. Per altro verso, essa non considera che, pur avendo la sentenza richiamato la norma la cui entrata in vigore è sopravvenuta all’indizione della gara, ha tuttavia confermato la legittimità della valutazione di esclusione che la stazione appaltante ha riferito altresì alla lettera c) dello stesso art. 80, comma 5.
Tale riferimento è stato effettuato mediante l’esplicita condivisione delle “motivazioni di diritto” esposte nel parere di precontenzioso, il quale, a sua volta, rilevava che “[…] -OMISSIS-, in sede di autocertificazione del possesso dei requisiti generali di cui all’art. 80 tramite compilazione del DGUE avrebbe dovuto dichiarare la sentenza definitiva di condanna a carico dell’attuale -OMISSIS-per consentire alla Stazione appaltante di valutarne la rilevanza al fine dell’integrazione della causa di esclusione di cui all’art. 80 co. 5 lett. c) […]”.
Il quarto motivo va quindi respinto.
12. Col quinto motivo sono riproposti il quinto e il sesto motivo del ricorso, con i quali è stato censurato l’annullamento dell’aggiudicazione disposto nei confronti delle appellanti ed il conseguente affidamento in favore del Rti secondo classificato, deducendone l’illegittimità in ragione: (i) del rinvio per relationem ad un parere di precontenzioso Anac (n. 83/18/L) privo di efficacia vincolante nella procedura di che trattasi, perché asseritamente formulato in relazione ad una diversa procedura di gara; (ii) dell’omessa indicazione delle ragioni di interesse pubblico sottese al provvedimento di autotutela; (iii) della mancata comunicazione di avvio del procedimento.
12.1. In ordine al primo punto, va precisato che, contrariamente a quanto affermato dalle appellanti, il procedimento di precontenzioso avviato dalla contro-interessata, cui In. ha aderito, riguardava proprio la gara in questione e non una diversa procedura, sicché si applica l’art. 211, comma 1, del d.lgs. n. 50 del 2016, che non può non condizionare la stazione appaltante, tenuta a dare atto del parere, pur non essendo questo vincolante in pregiudizio dell’appellante che non vi ha aderito.
Peraltro, la stazione appaltante non si è limitata a richiamare il contenuto del parere di precontenzioso, ma ha esposto ulteriori argomenti a fondamento della valutazione della sussistenza della causa di esclusione.
12.2. In ordine al secondo ed al terzo punto, la sentenza di primo grado ha così motivato:
” […] l’esclusione dalla gara non costituisce atto di autotutela ai sensi dell’art. 21-nonies della legge n. 241 del 1990 ma atto vincolato conseguente all’applicazione dell’art. 80, comma 5, lett. c, f-bis, del d.lgs. n. 50 del 2016 per il quale non occorreva la previa comunicazione di avvio del procedimento; peraltro, a sostegno di tale conclusione milita anche il consolidato indirizzo pretorio secondo cui l’esclusione da una gara, disposta in esito al riscontro negativo circa il possesso di un requisito di partecipazione, non postula la previa comunicazione di avvio del procedimento, attenendo ad un segmento necessario di un procedimento della cui pendenza l’interessato è già necessariamente a conoscenza (così le richiamate sentenze del TAR Campania, condivise dal Collegio, le quali richiamano, sul punto, ex multis, Cons. Stato, sez. III, sentt. nn. 2450 e 1471 del 2016)”.
13. Le ragioni di infondatezza del motivo, che risultano già da quanto sin qui esposto, trovano riscontro in quanto deciso da questa Sezione V relativamente a motivi di appello analoghi, con la seguente motivazione:
“Il richiamo per relationem operato dalla stazione appaltante alle argomentazioni del parere di precontenzioso Anac non presuppone infatti la vincolatività di quest’ultimo, bensì la condivisione delle stesse ai fini della motivazione del provvedimento.
In breve, tramite il richiamo del contenuto del parere Anac la stazione appaltante ha motivato per relationem (quanto ai profili giuridici) il proprio provvedimento, anche in considerazione del fatto che la vicenda ivi considerata era sostanzialmente identica a quella sottoposta al suo esame; tale rinvio, del resto, può ben essere riferito a quanto esposto in un provvedimento di altra amministrazione (Cons. Stato, IV, 29 marzo 2017, n. 1432).
Né un tale modo di procedere può considerarsi per altro verso scorretto, nel caso di specie, essendo evincibili dal complesso degli atti del procedimento le ragioni giuridiche che supportano la decisione.
Neppure è condivisibile la censura relativa alla mancata indicazione, nel provvedimento di annullamento dell’aggiudicazione, delle ragioni di interesse pubblico poste a suo fondamento, in palese violazione della regola di cui all’art. 21-octies della l. n. 241 del 1990.
Invero, una volta che la stazione appaltante ha dato atto (sia pure per relationem alle argomentazioni esposte in altro provvedimento amministrativo, come si è detto) delle ragioni per cui l’omessa comunicazione dei precedenti penali integra un grave illecito professionale, tale da rendere dubbia la sua integrità o affidabilità, nessuna ulteriore motivazione poteva essere richiesta a supporto del provvedimento di annullamento dell’aggiudicazione, dovendosi ritenere sussistente in re ipsa, alla luce di tali presupposti, l’interesse pubblico (espressione, del resto, di un principio generale di ordine pubblico economico) a che il contraente dell’amministrazione sia un soggetto affidabile.
Per quanto infine concerne la mancata comunicazione dell’avvio del procedimento di annullamento, va confermato il principio, dal quale non vi è evidente ragione per discostarsi, secondo cui l’esclusione da una gara, disposta in esito al riscontro negativo circa il possesso di un requisito di partecipazione, non postula la previa comunicazione di avvio del procedimento, attenendo ad un segmento necessario di un procedimento della cui pendenza l’interessato è già necessariamente a conoscenza (ex multis, Cons. Stato, III, 13 aprile 2016, n. 1471; III, 8 giugno 2016, n. 2450; VI, 21 dicembre 2010, n. 9324).
Del resto, “Il contraddittorio previsto nel nuovo codice degli appalti, ai fini dell’accertamento della carenza sostanziale dei requisiti di ammissione alla gara, […] riguarda i soli casi in cui il concorrente si è dimostrato leale e trasparente nei confronti della stazione appaltante, rendendola edotta di tutti i suoi precedenti, anche se negativi, e ha fornito tutte le informazioni necessarie per dimostrare l’attuale insussistenza di rischi sulla sua inaffidabilità o mancata integrità nello svolgimento della sua attività professionale.
[…] Non è certo ammissibile consentire alle concorrenti di nascondere alla stazione appaltante situazioni pregiudizievoli, rendendo false o incomplete dichiarazioni al fine di evitare possibili esclusioni dalla gara, e poi, ove siano state scoperte, pretendere il rispetto del principio del contraddittorio da parte della stazione appaltante” (Cons. Stato, V, 11 aprile 2016, n. 1412; in termini anche Cons. Stato, III, 5 settembre 2017, n. 4192).”.
Anche il quinto motivo va respinto.
14. Il rigetto di tutti i motivi di gravame comporta l’infondatezza dell’ultimo mezzo col quale sono state riproposte le domande consequenziali a quella di annullamento.
14.1. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo in favore delle parti appellate costituite.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Quinta, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna le appellanti, in solido, al pagamento delle spese processuali che liquida nell’importo complessivo di Euro 4.000,00 (quattromila/00), oltre accessori di legge, in favore di In. e nell’importo complessivo di Euro 4.000,00 (quattromila/00), oltre accessori di legge, in favore del Ministero dell’economia e delle finanze e dell’A.N.A.C., in solido fra loro.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e dell’articolo 10 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare la parte appellante -OMISSIS-.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 7 novembre 2019 con l’intervento dei magistrati:
Giuseppe Severini – Presidente
Raffaele Prosperi – Consigliere
Angela Rotondano – Consigliere
Stefano Fantini – Consigliere
Giuseppina Luciana Barreca – Consigliere, Estensore
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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