L’accreditamento non riguarda la struttura in sé

Consiglio di Stato, sezione terza, Sentenza 21 giugno 2019, n. 4284.

La massima estrapolata:

L’accreditamento non riguarda la struttura in sé, ma i posti letto suddivisi per disciplina presenti all’interno della stessa, pertanto non è possibile variare la destinazione del singolo posto letto rispetto alla patologia per la quale esso è stato accreditato. La flessibilità del sistema della destinazione dei posti letto nelle strutture accreditate è una esigenza di medio-lungo periodo, ancorata ai tempi della pianificazione e delle sue revisioni, sicché, senza una formale riconsiderazione del numero o della distribuzione dei posti letto, resta ferma, nell’ambito di ciascuna area funzionale omogenea (Afo), la loro ripartizione/quantificazione per singole discipline accreditate, così come è stata fissata nelle tabelle allegate alla legge regionale n. 6 del 2007.

Sentenza 21 giugno 2019, n. 4284

Data udienza 6 giugno 2019

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Terza
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 8779 del 2018, proposto da
L’Associazione Op. Sa. Ma. della Pa., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato To. Ma., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto ex art. 25 c.p.a. presso la Segreteria della terza sezione del Consiglio di Stato in Roma, p.zza (…);
contro
Commissario Ad Acta Piano di Rientro dai Disavanzi Settore Sanità Regione Abruzzo, Regione Abruzzo, Presidenza del Consiglio dei Ministri, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso cui domiciliano ex lege in Roma, via (…);
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per l’Abruzzo Sezione Prima n. 00081/2018, resa tra le parti, concernente il Decreto del Commissario ad acta del 14 novembre 2012 n. 64, avente ad oggetto l’approvazione dei protocolli di valutazione per le verifiche di appropriatezza, legittimità e congruità delle prestazioni sanitarie erogate dalle strutture accreditate.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Commissario Ad Acta Piano di Rientro dai Disavanzi Settore Sanità Regione Abruzzo, della Regione Abruzzo e della Presidenza del Consiglio dei Ministri;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 6 giugno 2019 il Cons. Giovanni Pescatore e uditi per le parti l’Avvocato Tommaso Marchese e l’Avvocato dello Stato Wa. Fe.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

1. Con il ricorso in appello qui in esame, l’Associazione Op. Sa. Ma. della Pa., quale ente titolare e gestore della Casa di Cura privata “L’I.” di (omissis) – struttura sanitaria privata regolarmente autorizzata all’esercizio della relativa attività nonché accreditata dalla Regione Abruzzo – ha impugnato la sentenza del Tar per l’Abruzzo n. 81/2018, reiettiva della domanda di annullamento del decreto del 14 novembre 2012, n. 64/2012.
2. Il provvedimento contestato – adottato dal Commissario ad acta per l’attuazione del Piano di rientro dai disavanzi del settore sanitario della Regione Abruzzo – reca l’approvazione dei protocolli di valutazione per le verifiche di appropriatezza, legittimità e congruità delle prestazioni sanitarie erogate dalle strutture accreditate.
3. Esso è controverso nella parte in cui ha stabilito, tra gli indicatori specifici derivanti dall’analisi dei flussi informativi e tra i parametri per l’effettuazione del controllo analitico dell’attività, che il tasso di occupazione dei posti letto venga determinato con riferimento alla “disciplina accreditata che, nelle UU.OO non associate a funzioni di emergenza, non può superare il 100% pro die del numero dei posti letto per disciplina accreditata” (paragrafo 1.1 – pagina 4 e paragrafo 1.2 – pagina 5).
4. I rilievi critici sollevati nel giudizio di primo grado e qui reiterati riguardano l’unità organizzativa da prendere in considerazione per determinare il tasso di occupazione di una struttura ospedaliera, disputandosi se questa debba coincidere con l’area funzionale omogenea medica o chirurgica – A.F.O. (come sostiene la parte ricorrente) o con le singole discipline accreditate nell’ambito di ciascuna A.F.O. (come ritenuto dal giudice di prime cure).
Si tratta di questione trattata nel capo della sentenza di cui alle pagine da 6 a 8.
5. A premessa del motivo di appello (rubricato: “Violazione e falsa applicazione della legge regionale abruzzese 5.4.2007, n. 6, e di ogni altra norma e principio in materia di determinazione e disciplina del tasso di occupazione dei posti letto delle strutture sanitarie”), la parte appellante segnala che la materia non è oggetto di interventi normativi puntuali ad opera del legislatore statale, né si rinvengono “principi fondamentali” che le Regioni sono chiamate ad osservare nell’esercizio della loro potestà legislativa concorrente.
5.1. Ciò posto, la sentenza di primo grado viene censurata come errata, in quanto non avrebbe debitamente considerato che:
– la Regione Abruzzo ha adottato, con la legge regionale del 5 aprile 2007, n. 6, un peculiare sistema di qualificazione dell’organizzazione strutturale dei presidi di ricovero, valevole sia per le strutture pubbliche, sia per quelle private, costituente un unicum nel panorama nazionale, in quanto imperniato, per l’appunto, sulla suddivisione per “Aree Funzionali Omogenee” (A.F.O.), all’interno delle quali vengono declinate le discipline di specialità ad esse afferenti;
– l’Allegato A alla medesima legge regionale contiene una specifica disciplina in ordine ai “requisiti” da osservare, tra gli altri, per l’erogazione delle prestazioni a regime di ricovero: tra le altre prescrizioni vi è quella di “rispettare il criterio della non interscambiabilità dei posti letto tra le AFO medica e chirurgica, consentendo il criterio della interscambiabilità nella medesima AFO nell’ambito delle discipline accreditate” (così alla pagina 50 dell’allegato A);
– tale criterio della interscambiabilità è del tutto coerente sia con le esigenze di flessibilità insite nel modello organizzativo adottato dal legislatore regionale nell’ambito ospedaliero pubblico e privato; sia con il sistema di remunerazione delle prestazioni ospedaliere previsto dalla normativa statale, fondato sulla diagnosi di dimissione e non di ingresso. Ciò in quanto, la necessità di praticare terapie diverse da quelle in origine preventivate si addice ad un utilizzo “elastico” delle dotazioni assegnate, non rigidamente vincolato alla destinazione d’uso tabellarmente programmata;
– dunque, il rispetto complessivo delle norme regionali dettate in merito alla “producibilità ” delle prestazioni a regime di ricovero sui posti letto accreditati, come inteso dalla parte appellante, presuppone: (i) che la prestazione afferisca ad una disciplina per la quale la struttura è specificamente accreditata; (ii) che la stessa risulti conforme ai criteri di appropriatezza; (iii) che essa venga “prodotta” utilizzando posti letto che siano ricompresi in una stessa Area Funzionale Omogenea (medica o chirurgica), senza specifici vincoli correlati alla specialità medica accreditata alla quale la dotazione di posti letto in questione è stata originariamente abbinata;
– ne consegue che la pretesa della Regione a che, in ogni giornata di degenza, il numero dei ricoverati corrisponda esattamente alla specifica disciplina di riferimento (per la quale è contemplato un determinato numero di posti letto) e non alla dotazione complessiva dell’area funzionale, si appalesa, sempre secondo la parte appellante, strumentale e pretestuosa, avendo essa la sola finalità di “tagliare” prestazioni assolutamente congrue, legittime ed appropriate, ma ritenute non remunerabili per via del superamento, in una determinata giornata, del numero di posti letto in dotazione alla specifica unità operativa cui il paziente è stato inizialmente assegnato (e che potrebbe non corrispondere a quella di dimissione, l’unica rilevante per stabilirne la remunerabilità );
– è infine inconferente il richiamo operato dal Tar alla pronuncia della terza sezione del Consiglio di Stato n. 4359/2011, sia perché resa in relazione ad un diverso quadro normativo regionale (quello della Regione Puglia) – privo della regola specifica come sopra dettata invece dalla Regione Abruzzo; sia perché riferita ad una fattispecie in cui la pretesa della parte ricorrente era quella di rinvenire “affinità ” – e, dunque, possibilità di utilizzo promiscuo – tra i posti letto ricompresi nelle discipline della cardiochirurgia (Codice ministeriale 07)-e della cardiologia(Codice ministeriale 08).
6. La Presidenza del Consiglio dei Ministri, il Commissario Ad Acta Piano di Rientro dai Disavanzi Settore Sanità Regione Abruzzo e la Regione Abruzzo si sono ritualmente costituiti in giudizio, questi ultimi due formulando deduzioni in replica a quelle avversarie e chiedendo la reiezione dell’appello.
7. In assenza di istanze cautelari, espletato lo scambio di memorie ex art. 73 c.p.a, la causa è stata discussa e posta in decisione all’udienza pubblica del 6 giugno 2019.

DIRITTO

1. L’appello è infondato.
2. Il costrutto argomentativo posto a suo fondamento trae spunto dalla prescrizione contenuta alla pag. 50 dell’Allegato A alla legge regionale n. 6/2007 (par. 5.4), ove si prevede – in tema di pianificazione dei “posti letto della rete ospedaliera privata” – che “le prestazioni a regime di ricovero, producibili sui posti letto accreditati.. dovranno rispettare i seguenti requisiti:
– essere conformi ai criteri di appropriatezza secondo quanto previsto anche dalla L.R. 23 giugno 2006, n. 20 ed eventuali ulteriori criteri stabiliti d’intesa con le associazioni di categoria;
– rispettare il criterio della non interscambiabilità dei posti letto tra le AFO medica e chirurgica, consentendo il criterio della interscambiabilità nella medesima AFO nell’ambito delle discipline accreditate;
– rispettare la esclusiva pertinenza specialistica”.
Di particolare rilievo, ai fini della tesi argomentata dalla parte appellante, è la previsione della “interscambiabilità dei posti letto.. nella medesima AFO nell’ambito delle discipline accreditate”.
2.1. Nel medesimo contesto disciplinare, sempre al paragrafo 5.4, si legge quanto segue: “Nella Tabella 17 sono riportati i PL per le discipline accreditate nella rete ospedaliera privata… Con la redazione del nuovo Piano Sanitario Regionale, ferme restando le misure di contenimento della spesa e invariato il numero dei PL complessivamente riconosciuti a ciascuna struttura privata accreditata e delle discipline accreditate, possono essere modificati i numeri dei PL riconosciuti per singole discipline e la loro articolazione strutturale sia per le singole strutture sia per i gruppi. È vietato l’accreditamento di PL in sovrannumero rispetto a quelli riportati nella tabella 17”.
2.2. Le previsioni richiamate si inseriscono nel quadro di un sistema dell’organizzazione strutturale dei presidi di ricovero, valevole sia per le strutture pubbliche, sia per quelle private, imperniato per l’appunto sulla suddivisione per “Aree Funzionali Omogenee” (A.F.O.), all’interno delle quali vengono declinate le discipline di specialità ad esse afferenti.
2.3. Il meccanismo della interscambiabilità dei posti letto afferenti alla medesima area funzionale, sembrerebbe rispondere all’esigenza di rendere flessibile la programmazione puntuale per PL per specialità e per presidio, evitando che la stessa finisca per ingessare il sistema per lungo tempo, senza corrispondere alle mutevoli esigenze del sistema sanitario (cfr. punto 3.1.1 – “programmazione regionale”, dell’Allegato A).
2.4. Si tratta, all’evidenza, di previsione di non perspicua lettura, poiché priva di elementi di coordinamento con le restanti disposizioni, anche interne allo stesso paragrafo 5.4 (si pensi alla sua ardua combinazione con il criterio della “esclusiva pertinenza specialistica”, di cui si dirà nel prosieguo) e mancante di una regolamentazione sub-legislativa di dettaglio, in grado di chiarirne le modalità attuative.
Occorre tuttavia renderne un’interpretazione che le conferisca un senso plausibile all’interno del quadro normativo nel quale è inserita.
2.5. Il metodo di lettura sistematica della fonte regionale induce a ritenere che la rimodulazione dei posti letto (per loro diversa articolazione o distribuzione) non possa prescindere da formali atti di revisione delle dotazioni tabellari.
Come si è anticipato, il paragrafo 5.4 assegna tale compito al nuovo Piano Sanitario Regionale, con il quale, appunto, “..invariato il numero dei PL complessivamente riconosciuti a ciascuna struttura privata accreditata e delle discipline accreditate, possono essere modificati i numeri dei PL riconosciuti per singole discipline e la loro articolazione strutturale sia per le singole strutture sia per i gruppi”; similmente dispone il paragrafo 3.1.1 (intitolato “La programmazione regionale”), stando al quale “..la pianificazione prevista sarà oggetto di verifica periodica per poter intervenire, in modo sollecito, con eventuali atti di revisione ed aggiustamento”.
2.6. Così intesa, la flessibilità del sistema si pone come una esigenza di medio-lungo periodo, ancorata ai tempi della pianificazione e delle sue susseguenti revisioni, sicché, in difetto di una formale riconsiderazione del numero o della distribuzione dei posti letto, rimane ferma, nell’ambito di ciascuna A.F.O., la loro ripartizione/quantificazione per singole discipline accreditate, così come determinata nelle tabelle allegate alla legge regionale n. 6/2007 – cornice normativa dal chiaro tenore programmatorio (come dichiarato espressamente dall’art 1).
2.7. Del carattere persistente e relativamente rigido della programmazione tabellare dei posti letto si traggono elementi di conferma proprio dalla enunciazione di principio posta a premessa delle linee della programmazione sanitaria regionale (par. 3.1.1 “programmazione regionale”). In tale passo, pure invocato dalla parte appellante a rinforzo delle proprie argomentazioni, si afferma che “una programmazione puntuale per PL per specialità e per presidio ingesserebbe il sistema per lungo tempo e non corrisponderebbe a quelle esigenze di “flessibilità ” che un processo di riqualificazione, come quello ivi descritto, richiede”.
Il susseguente corollario che il legislatore fa discendere da tale premessa di principio è così formulato: “Pertanto la pianificazione prevista sarà oggetto di verifica periodica per poter intervenire, in modo sollecito, con eventuali atti di revisione ed aggiustamento”.
L’esegesi letterale impone due notazioni essenziali: i) la consequenzialità tra i due enunciati è resa evidente dalla congiunzione “pertanto”, sicché non può dubitarsi che l’effetto che il legislatore ha inteso far scaturire dalla premessa di principio è esattamente quello, e solo quello, individuato dalla proposizione introdotta dal “pertanto”; ii) nel merito, gli “atti di revisione ed aggiustamento” nei quali si traduce l’opera di “verifica periodica” della “pianificazione”, lasciano chiaramente intendere che la flessibilità del sistema passa attraverso la rimodulazione programmatica delle dotazioni iniziali e si conforma ad atti di pianificazione rinnovabili nel tempo, alle cui puntuali indicazioni, sino alla loro successiva revisione, gli operatori privati devono giocoforza attenersi.
La stessa esigenza di “flessibilità ” non può invece intendersi come facoltà della struttura privata di operare in deroga al numero di posti letto assegnati alle singole discipline, secondo uno schema variabile e non predefinito, rimesso alla sua piena discrezione e, quindi, di assai difficile previsione e controllo da parte dell’ente regionale.
2.8. Ai superiori rilievi occorre aggiungere che, sempre seguendo l’impostazione proposta dalla parte appellante, risulterebbe immotivato il riferimento al limite della “esclusiva pertinenza specialistica” presente tra le condizioni elencate ai fini della “producibilità delle prestazioni a regime di ricovero” (a pag. 50 dell’Allegato A si legge infatti che “le prestazioni a regime di ricovero, producibili sui posti letto accreditati” dovranno rispettare, oltre ai criteri di appropriatezza e di interscambiabilità nella medesima AFO, anche il criterio della “esclusiva pertinenza specialistica”).
2.9. Il vincolo della “pertinenza specialistica” è incompatibile con il significato che la parte appellante intende conferire all’interscambio dei posti letto, quale facoltà rimessa alla discrezionalità dell’operatore privato. Al contrario, esso appare coerente con l’idea secondo la quale le prestazioni producibili sono pur sempre quelle rapportate al numero di posti letto accreditati e pertinenti alla disciplina specialistica alla quale il paziente trattato è assegnato; ferma restando la possibilità di modificare tale assetto, attraverso atti formali di revisione delle dotazioni iniziali, in grado di riallinearle alle sopravvenute esigenze del medio-lungo periodo.
2.10. Il quadro degli argomenti di esegesi testuale si completa con il richiamo alle previsioni del contratto per l’acquisto di prestazioni ospedaliere annualità 2011/2012 – sottoscritto nell’ottobre 2011 dalla ricorrente Casa di Cura e vigente alla data di approvazione del Decreto impugnato – le quali significativamente precisano che “Fino a diversa disposizione la non interscambiabilità dei posti letto tra discipline della stessa AFO è regolata dalla normativa regionale vigente” (art. 3, comma 2, ultimo periodo) (art. 7). La disposizione ribadisce, nella materia della destinazione d’uso dei posti letto, la funzione regolatoria e vincolante delle norme regionali vigenti e, al contempo, implicitamente nega agli operatori privati la possibilità di decampare dalle stesse.
3. Così ricostruito l’assetto regolativo della materia, risulta persuasiva la tesi accolta dal Tar dell’infondatezza del motivo di appello e dei diversi argomenti spesi dalla parte ricorrente a suo suffragio e qui unitariamente esaminabili.
3.1. La rilevanza della interscambiabilità va difatti riconosciuta – alla luce delle vigenti disposizioni come innanzi richiamate – nei limiti dei periodici atti di revisione dell’assetto della pianificazione delle dotazioni assegnate; non può invece essere intesa come una frontiera mobile in grado di legittimare, di volta in volta, l’estemporanea messa a frutto dell’intera dotazione dei posti letto assegnati all’AFO, indipendentemente dal loro riparto tra singole discipline ricomprese nella medesima area funzionale.
3.2. Non solo una tale libertà gestionale non è espressamente prevista dal legislatore, ma, ponendosi essa in evidente dissidio logico con il modello dell’accreditamento (come si chiarirà tra breve), è scarsamente plausibile che il legislatore regionale abbia voluto conferirla ai privati, senza disciplinarla nel dettaglio e senza definirne parametri, limiti e condizioni.
3.3. Quanto al meccanismo ed alla logica di funzionamento dell’accreditamento, è noto che i ricoveri presso le strutture accreditate presentano carattere programmato (e non urgente), sicché per tali strutture non si pone un’esigenza di garanzia all’utenza del posto letto (come ad es. per i pazienti provenienti da pronto soccorso) – e quindi di pieno utilizzo delle dotazioni disponibili – tipica, invece, delle strutture pubbliche.
Avallare il libero interscambio dei posti letto vorrebbe dire vanificare il fine della programmazione dei ricoveri e consentire alla struttura accreditata di prescindere dalle prestazioni e dalle attività concordate (per specifica tipologia e quantità ) con la ASL.
3.4. In un siffatto contesto, potrebbe dunque darsi il caso concreto che pazienti, affetti da patologia per la quale all’interno della struttura della casa di cura sono previsti dei posti letto accreditati, si vedano impossibilitati a usufruirne perché nel frattempo occupati da altri pazienti interessati da altra patologia non pertinente a quelle dotazioni.
3.5. Il sistema, pur rigido, naturalmente contempla un margine di adattamento che lo rende capace di fronteggiare situazioni contingenti ed emergenziali, attraverso deroghe e disallineamenti occasionali alle previsioni tabellari. È quanto chiarisce la nota commissariale n. prot. RA 157853/COMM del 18 giugno 2013, ove si precisa che “.. l’utilizzo flessibile dei posti letto nell’ambito della stessa AFO è consentito con carattere di eccezionalità “.
3.6. In linea generale, invece, un interscambio dei posti letto di più ampia portata e, quindi, eccedente le ipotesi della stretta emergenza, non appare congruente con la pianificazione rigida delle prestazioni in regime di ricovero concordate tra l’amministrazione e il soggetto erogatore, per la quale i posti letto vengono individuati in anticipo tramite il registro di prenotazione dei ricoveri; di modo che la possibilità di correzione dell’indirizzo terapeutico praticato, rispetto a quello inizialmente previsto, si configura come ipotesi certamente possibile ma ampiamente marginale.
3.7. Nel medesimo ordine di considerazioni di carattere logico-sistematico, mette conto osservare che è la stessa esigenza di attuabilità pratica dei controlli di appropriatezza ad imporre che a ciascun posto letto corrisponda una specifica prestazione di cura (riferibile solo alla branca specialistica accreditata), poiché proprio attraverso questa corrispondenza si rende possibile accertare che la spesa sanitaria venga correttamente impiegata, nel quadro della programmazione regionale del fabbisogno, per gli specifici obiettivi che le sono assegnati. Il controllo di appropriatezza esige, dunque, che le prestazioni di ricovero siano ancorate alle singole discipline e che a ciascun posto letto corrisponda una specifica prestazione di cura (riconducibile alla branca specialistica convenzionata).
3.8. Nella segnalata implicazione tra programmazione ex ante del fabbisogno e verifica ex post della congruenza delle risorse impiegate, si inserisce il dato relativamente “rigido” (in quanto rivedibile solo attraverso periodiche revisioni delle piante numeriche iniziali) e “puntiforme” (poiché ancorato alla tipologia e alla quantità delle prestazioni contrattualizzate) del riparto dei posti per singole discipline accreditate.
3.9. Trattandosi, peraltro, di accertamento preordinato allo scopo di vigilare sulla destinazione della spesa sanitaria, non può revocarsi in dubbio che la pubblica amministrazione goda di ampi poteri di controllo sul corretto impiego delle risorse pubbliche e che questa esigenza primaria prevalga su quella di massimizzazione dei profitti da parte degli operatori privati.
4. Portando a sintesi i diversi argomenti sin qui richiamati, può dunque concludersi che l’esigenza di un utilizzo massimamente efficiente e flessibile delle dotazioni, finalizzato a ridurre i tempi di attesa per l’erogazione delle prestazioni: i) non si addice alla natura programmata dei ricoveri presso le strutture accreditate e al carattere rigido e vincolante della pianificazione sanitaria; ii) neppure si confà al carattere integrativo e selettivo delle prestazioni contrattualizzate con l’operatore privato, destinate a colmare – sulla base di un vincolo negoziale cogente – un fabbisogno ed una esigenza assistenziale selezionati e contingentati; iii) può al più essere riconosciuta e soddisfatta in situazione residuali, caratterizzate da carattere di eccezionalità, come si evince dalla nota commissariale n. prot. RA 157853/COMM del 18 giugno 2013.
4.1. Ne consegue che risulta legittima la pretesa della Regione a che in ogni giornata di degenza il numero dei ricoverati corrisponda esattamente alla specifica disciplina di riferimento e non alla dotazione complessiva dell’Area funzionale.
4.2. Sulla tematica in esame, diversamente da quanto sostenuto in appello, risulta poi illuminante il precedente di questa sezione del 19 luglio 2011, n. 4359, concernente la vicenda di una Casa di Cura alla quale un’ASL locale aveva proprio contestato “l’utilizzazione in soprannumero dei posti letto accreditati per ogni branca specialistica, ottenuta effettuando il ricovero dei pazienti su posti appartenenti ad altre discipline”.
4.3. Vi si afferma, infatti – con argomenti di carattere generale, non strettamente condizionati dai tratti differenziali del caso esaminato e, come tali, estendibili anche alla fattispecie in esame – che il fondamento del sistema dell’accreditamento istituzionale delle strutture sanitarie poggia sulla necessaria corrispondenza tra il fabbisogno delle prestazioni definito dalla programmazione regionale e il volume di esse che l’Azienda sanitaria si impegna a retribuire alle strutture private. Da tale principio generale, discende che “.. ogni decreto di accreditamento non può prescindere dalle prestazioni e posti letto distinti per specialità e disciplina” e che “correlativamente, l’importo complessivo assegnato alle singole strutture sanitarie accreditate non è un dato globale assegnato alla struttura privata e disponibile da parte della stessa, bensì un dato massimo erogabile in relazione a contingenti esigenze che non può prescindere dalle prestazioni e attività ritenute carenti nelle strutture pubbliche”.
Dunque,” l’accreditamento non riguarda la struttura in sé considerata, ma i posti letto suddivisi per disciplina esistenti nella struttura” sicché esso pone “..le condizioni ed i limiti entro i quali porre a carico del servizio sanitario nazionale le prestazioni erogate dalla struttura”.
4.4. Se così è, se cioè l’accreditamento (per prestazioni e posti letto distinti per specialità e disciplina) costituisce la cornice entro la quale è possibile riconoscere alla struttura la remunerazione per le prestazioni rese, ne consegue che la verifica di appropriatezza non può che attenersi ai margini predefiniti entro i quali l’operatore privato è abilitato a svolgere la sua funzione e a porne i relativi oneri a carico del servizio sanitario nazionale.
4.5. E’ quindi lecito concludere che “..il collegamento tra il numero dei posti letto e specialità stabilito, prima nel piano regionale, poi nelle singole convenzioni, è vincolante e il superamento delle degenze giornaliere previste per le singole specialità non è consentito alle case di cura se non invia di eccezione a meno di non compromettere l’interesse pubblico al controllo della spesa sanitaria e alla corretta destinazione delle risorse disponibili”; ovvero a costo di disattendere la logica sottesa alla pianificazione e vanificare “il suo obiettivo primario (“l’eliminazione degli squilibri esistenti nei servizi e nelle prestazioni nel territorio regionale”)” (Cons. Stato, sez. III, 19 luglio 2011, n. 4359).
4.6. Le enunciazioni di principio testé richiamate rivestono valenza generale, in quanto insite nella logica del sistema della remunerazione delle prestazioni rese in regime di accreditamento. Si legge nella pronuncia del 2011 che “è la stessa logica sottesa alla pianificazione dei posti letto cui segue il procedimento di accreditamento che determina il carattere giornaliero dell’accreditamento suddiviso per singola disciplina” (par. 4); e che “per ragioni di intrinseca coerenza deve ritenersi, senza di che risulterebbe disattesa la logica sottesa alla pianificazione e vanificato il suo obiettivo primario (“l’eliminazione degli squilibri esistenti nei servizi e nelle prestazioni nel territorio regionale”), che il collegamento fra numero dei posti letto e specialità stabilito prima nel piano regionale, poi nelle singole convenzioni sia vincolante, nel senso che il superamento delle degenze previste per le singole specialità non è consentito alle case di cura private, se non in via d’eccezione” (Cons. Stato, Sez. V, 2.10.2000 n. 5208)” (par. 6 Cons. Stato, sez. III, 19 luglio 2011, n. 4359).
4.7. La parte appellante pretende di sterilizzare la portata generale di tali statuzioni, riconducendole nei confini dello specifico caso scrutinato, per i tratti differenziali che lo farebbero divergere dalla fattispecie qui in oggetto.
Tuttavia, non solo nel testo della pronuncia non si rinvengono siffatti limiti applicativi, ma i principi che vi sono affermati rivelano un’ampia latitudine applicativa, estendibile a tutti i casi nei quali si faccia questione del superamento dei limiti prestazionali entro i quali è stata concordato l’apporto dell’operatore privato al sistema sanitario pubblico.
5. Per quanto esposto, l’appello non può trovare accoglimento.
6. Nondimeno, la complessità e la consistenza essenzialmente interpretativa delle questioni trattate giustificano la compensazione delle spese di lite relative al presente grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Terza, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto,
lo respinge.
Spese di lite compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 6 giugno 2019 con l’intervento dei magistrati:
Roberto Garofoli – Presidente
Giulio Veltri – Consigliere
Massimiliano Noccelli – Consigliere
Paola Alba Aurora Puliatti – Consigliere
Giovanni Pescatore – Consigliere, Estensore

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