Consiglio di Stato, Sentenza|3 febbraio 2022| n. 755.
L’accertamento della lottizzazione abusiva costituisce un procedimento autonomo e distinto dall’eventuale rilascio anche postumo del titolo edilizio, pertanto alcun rilievo sanante può rivestire il rilascio di una eventuale concessione edilizia, sia ex ante, in presenza di concessioni edilizie già rilasciate, sia successivamente, in presenza di concessioni rilasciate in via di sanatoria.
Sentenza|3 febbraio 2022| n. 755. Accertamento della lottizzazione abusiva
Data udienza 20 gennaio 2022
Integrale
Tag- parola chiave: Abusi edilizi – Lottizzazione abusiva – Accertamento – Procedimento – Natura – Individuazione – Accertamento della lottizzazione abusiva
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Sesta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 7626 del 2015, proposto da
-OMISSIS-, rappresentata e difesa dall’Avvocato Gi. Ma., con domicilio eletto presso la Segreteria della Sezione, in Roma, piazza (…);
contro
Comune di Bari, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocato Au. Fa., con domicilio eletto presso l’Avv. Fa. Ca., in Roma, via (…);
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia Sezione Terza n. -OMISSIS-/2015, resa tra le parti, concernente il diniego condono edilizio;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Bari;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 20 gennaio 2022 il Cons. Marco Poppi e uditi per le parti gli Avvocati presenti come da verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
Accertamento della lottizzazione abusiva
FATTO e DIRITTO
La vicenda oggetto del presente giudizio origina da un articolato intervento repressivo posto in essere dall’amministrazione relativamente ad un intervento edilizio, integrante una lottizzazione abusiva perseguita anche in sede penale, consistente nella costruzione di un compendio immobiliare, costituito da più unità abitative, edificato da un’unica proprietaria e successivamente alienato ad una pluralità di acquirenti.
Relativamente a dette unità, venivano presentate, a più riprese, istanze di condono a cura, dapprima dell’originaria proprietaria e, successivamente, dei singoli possessori, poi proprietari, delle abitazioni realizzate.
La presente controversia concerne il diniego opposto dall’amministrazione comunale all’istanza presentata dall’odierna appellante ai sensi del D.L. n. 269/2003 vantando la qualità di possessore promissaria acquirente di una delle unità abitative abusivamente realizzate.
Si premette che l’appellante, benché proprietaria dell’immobile in questione in virtù di contratto di compravendita del 17 maggio 2006, era nel possesso dello stesso dal 3 novembre 1998 in forza di espressa clausola contrattuale contenuta nel contratto preliminare.
Ai fini di un corretto inquadramento della articolata vicenda e per esigenze di completezza espositiva, si evidenzia che relativamente a dette unità, edificate nel 1983, la dante causa dell’appellante, nel mese di ottobre 1986, presentava distinte domande di condono edilizio (per ciascuna unità realizzata) ai sensi della L. n. 47/1985, respinte sul presupposto che i lavori di realizzazione delle stesse fossero terminati successivamente al 1° ottobre 1983 (provvedimenti oggetto di impugnazione in separati giudizi).
Seguiva, da parte del Comune, l’adozione dell’ordine di demolizione e ripristino n. 10721 del 28 febbraio 1992, da eseguirsi nel termine di 90 giorni, ammonendo che, in caso di mancata ottemperanza, sarebbero stati adottati gli “ulteriori provvedimenti previsti dalla L n. 47/1985”.
Accertamento della lottizzazione abusiva
Preso atto, quindi, dell’inottemperanza alla disposta demolizione e del sopravvenuto, nelle more, rigetto dell’istanza di sospensione del diniego di sanatoria avanzata nel relativo giudizio, l’amministrazione con un’ulteriore ordinanza n. 63945 del 31 ottobre 1994 (trascritta presso la Conservatoria dei Registri Immobiliari, in favore del Comune di Bari, a seguito di apposita nota di trascrizione presentata il 7 aprile 1994), in dichiarata applicazione dell’articolo 15 della legge n. 10/1977, vigente all’epoca della realizzazione delle opere abusive, e dell’articolo 7 della sopravvenuta legge n. 47/1985, disponeva l’acquisizione gratuita dei manufatti unitamente alle rispettive aree di sedime e pertinenziali.
La proprietaria, dante causa dell’appellante, in data 6 dicembre 1994 presentava ulteriori distinte domande di condono edilizio ai sensi dell’art. 39 della L. n. 724/1994, tutte respinte nel dicembre 1996 con dinieghi, anche questi, impugnati innanzi al Tar.
La medesima vicenda costituiva oggetto, come anticipato, di un parallelo procedimento penale definito con sentenza -OMISSIS- (confermata in appello con sentenza -OMISSIS-, divenuta irrevocabile in data 20 marzo 1998), con la quale il giudice dichiarava di “non doversi procedere nei confronti dei suddetti imputati in ordine alle contravvenzioni loro ascritte, essendo tali reati estinti per prescrizione. Visto l’art. 19 della legge 47/85, dispone la confisca del suolo abusivamente lottizzato e delle opere abusivamente costruite”.
Entrato nel frattempo in vigore il D.L. 30/09/2003, n. 269, l’appellante, non ancora proprietaria, in data 9 dicembre 2004, presentava domanda di condono edilizio riferita alla propria porzione di fabbricato, di cubatura pari a 750 m.c., indicata come facente parte “della costruzione di maggior consistenza”, avente cubatura pari a m.c.1.463.
L’amministrazione, in sede di preavviso di diniego, valutato che l’immobile in questione faceva parte di un più ampio complesso immobiliare di volumetria superiore al limite legale di 3000 m.c., comunicava all’istante che la domanda non era “suscettibile di accoglimento, in quanto in contrasto con il disposto di cui all’art. 32 commi 25 e 32 della L n. 326/2003”.
L’odierna appellante, con ricorso iscritto al n. -OMISSIS-/2008 R.R., impugnava innanzi al Tar Puglia – Bari il diniego di condono edilizio adottato dal Comune in data 30 ottobre 2007, a conclusione del procedimento, deducendo, in sintesi:
– l’omessa considerazione dei propri apporti procedimentali;
– l’incompletezza della comunicazione di avvio del procedimento;
– la sovrastima della volumetria dell’abuso contestato;
– la violazione del principio di irretroattività e l’inopponibilità del giudicato penale formatosi in un procedimento del quale non era parte;
– la tardività del provvedimento adottato oltre lo spirare del termine biennale e, quindi, successivamente alla formazione del titolo abilitativo tacito.
Il Tar, con l’impugnata sentenza n. -OMISSIS-/2015, rilevava il difetto di legittimazione della ricorrente in quanto non proprietaria dell’immobile affermando, altresì, l’infondatezza delle suesposte censure di merito.
L’appellante impugnava la sentenza di primo grado con appello depositato il 12 settembre 2015 deducendone l’erroneità sotto plurimi profili.
Il Comune di Bari si costituiva formalmente in giudizio il 22 settembre 2015 sviluppando le proprie difese con memoria del 29 ottobre 2021 con la quale eccepiva l’inammissibilità del gravame per le ragioni già esposte in primo grado (difetto di legittimazione) e, in ogni caso, l’infondatezza nel merito dell’appello.
L’appellante rassegnava le proprie conclusioni in vista della discussione di merito con memoria depositata il 20 dicembre 2021.
Accertamento della lottizzazione abusiva
All’esito della pubblica udienza del 20 gennaio 2022, la causa veniva decisa.
Con il primo motivo, afferente una questione meramente processuale, l’appellante censura la sentenza nella parte in cui rigettava l’istanza di rinvio per “violazione del principio di affidamento delle parti del processo amministrativo nella prassi giurisprudenziale consolidata circa la gestione del RUOLO AGGIUNTO, e violazione dell’art. 24 della Costituzione” invocando la “rimessione in termini per la produzione di nocumenti non esibiti in primo grado e comunque necessari ai fini della decisione ex art. 104 secondo comma c.p.a.”.
La doglianza prende le mosse dalla circostanza che l’avviso di udienza specificava che la causa veniva fissata nel ruolo aggiunto (e non straordinario) e che per tale ragione non era prevedibile che venisse trattenuta in decisione.
Sul punto deve ritenersi l’ammissibilità delle produzioni in questione essendo l’appellante incorsa in un errore scusabile.
Quanto al merito della controversia, l’appellante:
– con il secondo motivo censura “il capo della sentenza alla relazione dell’Amministrazione resistente, richiesta con ordinanza istruttoria presidenziale, contenente il riepi dei fatti con la contestazione del difetto di titolarità del rapporto dedotto in giudizio” lamentando la “violazione del divieto di integrazione postuma della motivazione dei provvedimenti impugnati. Violazione del principio di parità delle parti e giusto processo (art. 2 c.p.a.1 e di pienezza della tutela secondo il diritto Europeo (art. 1 c.p.a.). Violazione dell’art. 21 octies della legge n. 241/1990. Violazione del diritto costituzionale di difesa ex articolo 24 della Costituzione”;
– con il terzo motivo, deduce “violazione dell’art. 38 l. n. 47 del 1985 e dell’art. 39 comma 19 della legge n. 724/1994, circa l’annullamento della trascrizione del provvedimento di acquisizione, cosi come risultante dall’interpretazione autentica di cui all’articolo 24 della legge 30 aprile 1999 n. 136 oltre che dal contenuto dell’originario testo dell’articolo 15 della legge n. 10,1977 e di quello risultante dalla sostituzione del contenuto di tale articolo tramite l’articolo 2 della n. 47/1987 nonché dell’art. 32 comma 25 e ss. del DL n. 269/2003 come convertito con modificazioni dalla legge n. 326(2003. Errore in diritto per omessa valutazione dell’effetto estintivo della sanzione amministrativa dell’acquisizione al patrimonio comunale, derivante dalla presentazione della domanda di definizione dell’illecito edilizio e del conseguente diritto di ottenere la cancellazione della trascrizione precedentemente effettuata in danno”;
– con il quarto capo di appello, l’appellante censura la sentenza di primo grado nella parte in cui “il ricorso è stato dichiarato anche infondato in ragione della ritenuta mancata formazione del silenzio – assenso per l’inutile decorso di ventiquattro mesi previsto dall’art. 32 comma 37 del D.L. n. 269/2003 convertito nella legge n. 326/2003”;
– con il quinto capo di impugnazione l’appellante censura “il capo della sentenza con il quale si è riottenuto che fosse corretto il rigetto dell’istanza di sanatoria in quanto l’immobile che ne è oggetto “concorre a determinare la volumetria eccedente il limite di 3000 mc” dell’intero complesso edilizio. Violazione dell’art. 32 comma 25 L. 326/03″.
L’appello è infondato sul rilievo assorbente della accertata lottizzazione abusiva con conseguente confisca dell’immobile oggetto contestazione.
Accertamento della lottizzazione abusiva
Deve riconoscersi che il condono di opere abusivamente realizzate ai sensi dell’art. 43 della L. n. 47/1985 non è precluso dal sopravvenire di un provvedimento di acquisizione gratuita dell’immobile abusivo al patrimonio del Comune, così come tale efficacia preclusiva non si determina in virtù dell’avvenuta trascrizione del provvedimento sanzionatorio e presa di possesso del bene da parte del Comune.
Tuttavia, come già affermato dalla Sezione, con posizione dalla quale non si ha motivo di discostarsi, “l’accertamento della lottizzazione abusiva – fattispecie posta a tutela del potere comunale di pianificazione in funzione dell’ordinato assetto del territorio – costituisce un procedimento autonomo e distinto dall’eventuale rilascio anche postumo del titolo edilizio, pertanto alcun rilievo sanante può rivestire il rilascio di una eventuale concessione edilizia, sia ex ante, in presenza di concessioni edilizie già rilasciate, sia successivamente, in presenza di concessioni rilasciate in via di sanatoria (Consiglio di Stato, Sez. IV, 19 giugno 2014, n. 3115)” e, pertanto, “su queste basi, non è possibile la sanatoria della lottizzazione abusiva tramite il condono delle singole unità immobiliari realizzate abusivamente, non potendo le singole porzioni di suolo ricomprese nell’area abusivamente lottizzata essere valutate in modo isolato e atomistico, ma in relazione allo stravolgimento della destinazione di zona che ne deriva nel suo complesso (cfr. Consiglio di Stato, Sez. IV, 7 giugno 2012, n. 3381; Consiglio di Stato sez. II, 7 agosto 2019, n. 5607)” (Cons. stato, Sez. VI, 4 novembre 2019, n. 7530).
La già richiamata confisca disposta dal giudice penale, inoltre, è circostanza dirimente in ordine alla eccepita assenza, in capo all’appellante, di un effettivo titolo legittimante la invocata sanatoria speciale.
Ciò premesso, deve ulteriormente evidenziarsi che la presente vicenda, come sopra esposto, si caratterizza per una reiterata presentazione di istanze di condono, anche precedenti a quella avanzata dall’odierna appellante, che venivano sistematicamente respinte.
Con riferimento specifico alla domanda da ultimo presentata dall’appellante, non può in ogni caso sottacersi che la condotta del Comune è da ritenersi conforme all’orientamento della Sezione per il quale la presentazione della domanda di sanatoria determina unicamente l’inefficacia dei precedenti atti sanzionatori (ordini di demolizione, inibitorie, ordini di sospensione dei lavori) atteso che, sul piano procedimentale, il Comune è tenuto ad esaminare l’istanza effettuando una nuova valutazione della situazione (Cons. Stato, Sez. VI, 3 ottobre 2014, n. 4963).
Nel caso di specie, il Comune valutava l’istanza rilevando due autonomi motivi ostativi, concernenti il superamento del limite volumetrico imposto anche dal terzo condono e il carattere preclusivo della accertata lottizzazione, entrambi resistenti alle censure dedotte e confermati dalle risultanze degli atti.
Fermo restando quanto già esposto circa la rilevanza della accertata lottizzazione abusiva, deve, infatti, rilevarsi che anche per ciò che concerne il superamento del limite volumetrico, va condivisa la valutazione unitaria svolta dall’amministrazione.
Deve sul punto essere ribadito che l’opera edilizia abusivamente eseguita va identificata con riferimento all’unitarietà dell’immobile o del complesso immobiliare, ove realizzato in esecuzione di un disegno unitario, essendo irrilevante la suddivisione del complesso in più unità abitative e la presentazione di istanze separate tuttavia tutte imputabili ad un unico centro sostanziale di interesse, poiché tale condotta integra un espediente finalizzato ad aggirare i limiti di volume ammessi ai fini del condono (Cons. Stato, Sez. IV, 12 giugno 2014, n. 2995).
Va di conseguenza disattesa anche la censura dedotta in termini di integrazione postuma della motivazione, atteso che il diniego impugnato già conteneva due autonomi motivi di diniego, entrambi, come evidenziato, di per sé sufficienti a sostenere il rigetto dell’istanza.
Deve, infine, ritenersi priva di pregio la tesi per la quale avrebbe trovato applicazione al caso in esame il meccanismo del silenzio assenso, risultando pienamente condivisibile la ricostruzione posta a fondamento del rigetto di prime cure.
Sul punto deve evidenziarsi che ai fini della formazione del silenzio – assenso su domanda di condono edilizio, il termine biennale, non decorre nel caso in cui la domanda sia carente dei documenti necessari ad identificare compiutamente le opere oggetto della richiesta sanatoria.
Di conseguenza quando manca la prova della sussistenza dei requisiti soggettivi ed oggettivi richiesti, il termine di ventiquattro mesi decorre, in caso di incompletezza della domanda o della documentazione inoltrata a suo corredo, dal momento in cui tali carenze siano state eliminate ad opera della parte interessata.
Con riferimento specifico al procedimento di condono di cui alla L. n. 326/2003, assume altresì rilievo la disciplina di cui all’art. 32, comma 37, laddove afferma che “il pagamento degli oneri di concessione, la presentazione della documentazione di cui al comma 35, della denuncia in catasto, della denuncia ai fini dell’imposta comunale degli immobili di cui al decreto legislativo. 30 dicembre 1992, n. 504, nonché, ove dovute, delle denunce ai fini della tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani e per l’occupazione del suolo pubblico, entro il 31 ottobre 2005, nonché il decorso del termine di ventiquattro mesi da tale data senza l’adozione di un provvedimento negativo del comune, equivalgono a titolo abilitativo edilizio in sanatoria”.
Ne deriva che il provvedimento di diniego, adottato il 30 ottobre 2007 è tempestivo poiché intervenuto entro il predetto termine di 24 mesi decorrenti dal 31 ottobre 2005.
Per quanto precede l’appello deve essere respinto con condanna dell’appellante al pagamento delle spese di giudizio nella misura liquidata in dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Sesta, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge per le causali di cui in motivazione.
Condanna l’appellante al pagamento delle spese di giudizio che liquida in Euro 3.000,00 oltre oneri di legge se dovuti.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e dell’articolo 10 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità dell’appellante, nonché, di qualsiasi altro dato riferito al procedimento penale menzionato.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 20 gennaio 2022 con l’intervento dei magistrati:
Giancarlo Montedoro – Presidente
Andrea Pannone – Consigliere
Dario Simeoli – Consigliere
Davide Ponte – Consigliere
Marco Poppi – Consigliere, Estensore
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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