La dimostrazione della stabilità dell’alloggio e permesso di soggiorno

Consiglio di Stato, Sezione terza, Sentenza 28 luglio 2020, n. 4791.

La massima estrapolata:

La dimostrazione della stabilità dell’alloggio costituisce un presupposto indefettibile per il rilascio del permesso di soggiorno; è l’interessato a dover offrire la prova della disponibilità dell’alloggio, presso il quale è domiciliato, producendo, ad esempio, documenti quali pagamenti delle utenze, delle spese condominiali o un contratto di locazione regolarmente registrato o un atto di acquisto dell’immobile, che dimostri l’effettiva permanenza nell’immobile indicato.

Sentenza 28 luglio 2020, n. 4791

Data udienza 2 luglio 2020

Tag – parola chiave: Stranieri – Istanza di rilascio permesso di soggiorno per motivi di lavoro subordinato-attesa occupazione – Rigetto – Documentazione falsa – Irreperibilità – Fittizietà del domicilio dichiarato

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Terza
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1227 del 2017, proposto dal Sig. -OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli Avvocati An. Am. e Sv. Vi., domiciliato presso la Segreteria della III Sezione del C.d.S. in Roma, piazza (…);
contro
Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via (…);
per la riforma
della sentenza del T.A.R. CAMPANIA – NAPOLI, SEZIONE VI, -OMISSIS-, resa tra le parti, concernente l’annullamento del decreto del Questore di Caserta Cat A12/Imm/14 prot. -OMISSIS-di rigetto dell’istanza di rilascio del permesso di soggiorno per motivi di lavoro subordinato – attesa occupazione.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero dell’Interno;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 2 luglio 2020, svoltasi in vidoconferenza, ai sensi dell’art. 84 del D.L. 18/2020, il Consigliere Paola Alba Aurora Puliatti;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

1.- Con ricorso al TAR per la Campania n. -OMISSIS-, il ricorrente ha impugnato il decreto del Questore di Caserta Cat A12/Imm/14 prot. -OMISSIS-di rigetto dell’istanza di rilascio del permesso di soggiorno per motivi di lavoro subordinato – attesa occupazione, presentata tramite kit postale il 19.12.2013 ai sensi della procedura di emersione.
A fondamento del diniego era posto il motivo che la “documentazione prodotta a corredo della succitata istanza (comunicazione di cessione di fabbricato) è risultata completamente falsa come accertato dal personale del…Comando di Polizia Municipale di (omissis) (CE) in viale (omissis)”.
Per i fatti suddetti è stata redatta comunicazione di notizia di reato in data 22.7.2014.
L’Amministrazione rilevava che il ricorrente si era reso irreperibile con “condotta… oggettivamente incompatibile con le finalità di integrazione sociale poste a fondamento della legislazione vigente in materia di immigrazione” e che “l’istante è stato tratto in arresto in data 5.12.2007 per violazione dell’art. 73 del D.P.R. n. 309/1973”.
Con ordinanza -OMISSIS-, il TAR respingeva la domanda di tutela cautelare.
In data 7 dicembre 2015, il ricorrente chiedeva il riesame della decisione cautelare alla luce della intervenuta archiviazione con decreto del -OMISSIS-
Con ordinanza n. -OMISSIS- il TAR rigettava l’istanza di riesame ritenendo tali elementi insufficienti a mutare le valutazioni compiute.
A seguito di appello (proposto con altro ricorso n. -OMISSIS-tra le stesse parti e relativo alla impugnazione dello stesso provvedimento), questa Sezione, con l’ordinanza n. 2309 del 23 giugno 2016, ha riformato l’ordinanza -OMISSIS-del TAR Campania, premesso che “con nota del -OMISSIS-, la Polizia Municipale di (omissis), senza attendere neanche il termine della compiuta giacenza della raccomandata, comunicava la irreperibilità dell’immigrato alla Questura di Caserta”, concludeva, quindi, che “non risultano chiare le ragioni per cui la Questura di Caserta abbia ritenuto falsa la comunicazione di cessione del fabbricato, allegata dall’immigrato alla istanza di rilascio del permesso di soggiorno”.
2. – Con la sentenza in epigrafe, il ricorso veniva rigettato con condanna del ricorrente alle spese di giudizio.
Il TAR riteneva motivato il provvedimento e sufficiente l’istruttoria compiuta.
Affermava che la falsità dei documenti prodotti a corredo della domanda di rilascio del permesso di soggiorno per ottenere il titolo di soggiorno produce un automatico effetto ostativo al suo rilascio.
Rilevava, inoltre, il TAR che “il provvedimento è incentrato sulla “falsità ” della documentazione esibita e parte ricorrente non ha fornito elementi utili a contestare le descritte emergenze processuali (la dedotta circostanza che “la nota di irreperibilità ” sarebbe stata redatta in data 27 settembre 2014 a fronte della comunicazione di avvio del procedimento inviata il 25 settembre 2014 ossia senza rispettare “i termini di giacenza” è del tutto irrilevante dal momento che il ricorrente non risulta essersi poi attivato in alcun modo”).
Il TAR ha, quindi, dichiarato assorbite le residue censure concernenti la violazione delle garanzie di partecipazione al procedimento sia perché tali adempimenti risultavano impediti dalla rilevata fittizietà del domicilio dichiarato, sia perché in applicazione dell’articolo 21 octies della legge n. 241/1990 la partecipazione al procedimento non avrebbe consentito di acquisire nuovi e diversi elementi conoscitivi idonei a conferire un diverso contenuto al provvedimento.
3. – Con l’appello in esame, il ricorrente deduce l’erroneità ed ingiustizia della sentenza, di cui chiede la riforma.
4. – Si è costituita in giudizio l’Amministrazione intimata che ha chiesto il rigetto dell’appello.
5. – Alla pubblica udienza del 2 luglio 2020, l’appello è stato deciso.

DIRITTO

1. – L’appello è infondato.
2. – Il ricorrente deduce che il TAR non avrebbe tenuto in debito conto l’ordinanza cautelare di questo Consiglio di Stato n. 2309/2016.
Ripropone i motivi disattesi: violazione e falsa applicazione dell’art. 3 e 10 bis della L. 241/1990; violazione e falsa applicazione degli artt. 5, comma 5, e 9, 6, commi 7 e 8, del D.lgs. n. 286/1998, come modificato dalla legge n. 189/2002, nonché eccesso di potere per erronea valutazione dei fatti e presupposti, sviamento di potere per contraddittorietà ed illogicità della motivazione.
Il mancato rinvenimento del ricorrente nel domicilio dichiarato non può rappresentare un motivo valido di automatico rigetto dell’istanza, né sono sufficienti gli accertamenti effettuati una sola volta per ritenere l’irreperibilità ; neppure può ritenersi che si tratti di irregolarità non sanabili, specie perché il ricorrente ha comunicato il proprio numero di telefono sul quale non è mai stato contattato né è stato mai contattato il proprietario cedente del fabbricato.
Il procedimento penale per falso è stato archiviato a seguito di istruttoria e, come si evince dalla richiesta del PM, non emergono elementi di alcun reato; mancherebbe, dunque, il presupposto posto base del provvedimento.
Illogica e contraddittoria sarebbe la motivazione in ordine alla applicazione dell’art. 21 octies della legge 241/1990.
Sarebbe mancata la ponderata valutazione della attuale e oggettiva sussistenza dei presupposti per il rilascio del permesso.
3.- Osserva il Collegio che, a prescindere dalle valutazioni sommarie del giudizio cautelare d’appello, in punto di fatto, la sentenza ha correttamente ritenuto la fittizietà del domicilio dichiarato dal ricorrente in sede di istanza.
Difatti, risulta dagli accertamenti dell’Ufficio immigrazione della Questura di Caserta e dei Vigili urbani di (omissis) che in due diversi sopralluoghi-OMISSIS- la polizia municipale, assumendo informazioni dai residenti della zona, ha constatato che il ricorrente era sconosciuto e irreperibile all’indirizzo dichiarato nell’atto di ospitalità e cessione del fabbricato del 2.4.2014 consegnato alla Questura (allegati 11 e 12 all’atto di appello).
La disponibilità di un alloggio stabile costituisce requisito indispensabile per ottenere e mantenere il permesso di soggiorno per i cittadini extracomunitari, ai sensi degli artt. 4 e 5 del D.lgs. n. 286 del 1998.
Gli accertamenti compiuti sono sufficienti a giustificare il diniego del permesso di soggiorno per difetto di presupposti, a prescindere dall’esito del procedimento penale a carico del ricorrente.
Quel che rileva non è il dato formale della falsità delle dichiarazioni rese e l’accertamento del reato, quanto piuttosto il dato sostanziale dell’assenza di una adeguata e stabile sistemazione alloggiativa e di idonea prova al riguardo fornita dall’interessato.
E’ irrilevante, pertanto, la sopravvenuta archiviazione del procedimento penale a carico del ricorrente.
Neppure può condividersi la pretesa del ricorrente secondo cui la Questura era tenuta a rintracciarlo telefonicamente, o a rintracciare il proprietario dell’immobile, sostituendosi all’interessato nell’onere della prova dei presupposti per il rilascio del titolo.
La giurisprudenza è costante nell’affermare che la dimostrazione della stabilità dell’alloggio costituisce un presupposto indefettibile per il rilascio del permesso di soggiorno (cfr. C.d.S., Sez. III, 9/07/2014, n. 3491); è l’interessato a dover offrire la prova della disponibilità dell’alloggio, presso il quale è domiciliato, producendo, ad esempio, documenti quali pagamenti delle utenze, delle spese condominiali o un contratto di locazione regolarmente registrato o un atto di acquisto dell’immobile, che dimostri l’effettiva permanenza nell’immobile indicato (C.d.S., Sez. III, 14/10/2019, n. 6992; 26/03/2019, n. 2014; 4/10/2016, n. 4084).
Il ricorrente non si è attivato in tal senso, neppure in giudizio.
3.1. – In ogni caso, l’art. 6, comma 8, del TUI, pone in capo agli immigrati l’obbligo di comunicare al Questore competente per territorio, entro i 15 giorni successivi, le variazioni del domicilio abituale.
La mancata comunicazione di variazione di domicilio non è sanzionata di per se stessa con misure afflittive, in quanto la ratio della prescrizione va ricercata nella esigenza di assicurare che l’Amministrazione possa svolgere nelle migliori condizioni l’attività di vigilanza e di tutela della sicurezza pubblica; di conseguenza non può derivarne automaticamente il diniego o la revoca del permesso di soggiorno (C.d.S., Sez. III, 08/06/2018, n. 3463 13/10/2017, n. 4766).
Tuttavia, nel caso in esame, è la mancanza del presupposto della effettiva disponibilità di un alloggio, come da verifica effettuata, che ha determinato legittimamente il diniego del titolo e non la mancata comunicazione alla Questura della variazione di domicilio.
3.2. – Quanto alla violazione delle norme che assicurano la partecipazione al procedimento, ritiene il Collegio che correttamente il primo giudice abbia applicato l’art. 21 octies, comma 2, della legge 7 agosto l990 n. 241.
Secondo le regole generali, nel procedimento relativo al mancato rinnovo del permesso di soggiorno la mancata comunicazione del preavviso di rigetto non comporta ex se l’illegittimità del provvedimento finale in quanto l’art. 10 bis della L. 241/1990, va interpretato alla luce del successivo art. 21 octies, comma 2, il quale impone al giudice di non annullare formalisticamente l’atto, ma di valutare il contenuto sostanziale del provvedimento alla luce del caso concreto (cfr. Consiglio di Stato, Sez. III, 13/07/2017, n. 2935; Sez. IV, 03/03/2017, n. 1001; 27 settembre 2016, n. 3948).
Qualora le pretese violazioni formali non abbiano inciso sulla legittimità sostanziale del medesimo, la violazione delle disposizioni sul procedimento o sulla forma dell’atto, risultano irrilevanti allorché il contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato (cfr. C.d.S., Sez. IV, 28 giugno 2016, n. 2902; C.d.S., Sez. VI, 27 luglio 2015 n. 3667).
Nel caso in esame, il ricorrente ha dichiarato un presupposto per ottenere il rilascio del titolo risultato inesistente alle verifiche effettuate dall’Amministrazione.
Né egli ha dimostrato successivamente all’Amministrazione o in giudizio la stabilità della propria sistemazione alloggiativa presso l’abitazione dichiarata nell’istanza o in altra abitazione.
Il diniego era, pertanto, atto dovuto e nessun diverso esito del procedimento è prefigurabile per effetto della partecipazione del ricorrente al procedimento, stante l’assenza di elementi ulteriori dallo stesso forniti.
4. – Conclusivamente, l’appello va rigettato.
5. – Le spese di giudizio si compensano tra le parti in considerazione della peculiarità della vicenda.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Terza, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto lo rigetta e, per l’effetto, dichiara legittimo il provvedimento impugnato.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e dell’articolo 9, paragrafo 1, del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare il ricorrente.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 2 luglio 2020 con l’intervento dei magistrati:
Roberto Garofoli – Presidente
Paola Alba Aurora Puliatti – Consigliere, Estensore
Stefania Santoleri – Consigliere
Giovanni Pescatore – Consigliere
Raffaello Sestini – Consigliere

 

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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