Una volta intervenuta la nomina del commissario ad acta

Consiglio di Stato, sezione quarta, Sentenza 29 novembre 2019, n. 8162.

La massima estrapolata:

Una volta intervenuta la nomina del commissario ad acta, all’esecuzione del giudicato è aperta la via della forma surrogata, mediante l’attività dell’organo ausiliario del giudice che si sostituisce agli uffici dell’Amministrazione. A quel punto sarebbe irragionevole addossare all’ausiliario del giudice il ritardo, posto che se ormai non v’è stata autonoma esecuzione, al punto da legittimare la sostituzione, non può esservi strumento ancora realmente utile per indurre a che essa avvenga.

Sentenza 29 novembre 2019, n. 8162

Data udienza 26 settembre 2019

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Quarta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso in appello numero di registro generale 3286 del 2019, proposto dai signori
Gi. Ca. ed altri, rappresentati e difesi dall’avvocato Ga. Ca., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Ministero della Giustizia, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via (…);
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, sede di Roma, sezione prima quater, n. 1859 del 12 febbraio 2019, resa tra le parti, di esecuzione della sentenza dello steso Tribunale n. 8140/2011, concernente l’attribuzione buoni pasto in misura doppia giornaliera.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero della Giustizia;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 26 settembre 2019 il consigliere Nicola D’Angelo e uditi per le parti l’avvocato Ga. Ca. e l’avvocato dello Stato Ma. Di Ca.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. Con sentenza del Tar per il Lazio, sede di Roma, n. 6461/2011 è stato parzialmente accolto il ricorso proposto dai ricorrenti indicati in epigrafe, tutti appartenenti al Corpo della Polizia Penitenziaria, ed è stato ordinato all’Amministrazione della giustizia di corrispondere agli stessi, per il periodo di riferimento i buoni pasto in misura doppia, per le ipotesi di turni protratti per almeno 12 ore, così come risultante dai dati in possesso dell’Amministrazione, con maggiorazione di detto importo con gli oneri accessori come per legge.
2. A seguito dell’inadempimento dell’Amministrazione i ricorrenti hanno proposto ricorso per l’ottemperanza. Il Tar Lazio, con sentenza n. 6597/2012 ha accolto il gravame ed ha disposto l’obbligo per l’Amministrazione intimata di dare esecuzione, assegnando un termine per provvedere e disponendo, in caso di persistente inottemperanza, l’obbligo di provvedere a carico di un Commissario ad acta.
3. Con ulteriore domanda, i ricorrenti, in assenza di esecuzione dell’Amministrazione, hanno chiesto la nomina del Commissario, intervenuta con sentenza n. 5262/2013 (individuato nella persona del Direttore dell’Ufficio centrale del personale e della formazione del Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria). Nella stessa sentenza è stata poi fissata a titolo di sanzione per l’ulteriore inadempimento la somma di euro 5,00 per ciascun ricorrente e per ciascun giorno successivo al 30 ottobre 2013.
4. Dopo il deposito della relazione del Commissario ad acta ed un incombente istruttorio, con la sentenza indicata in epigrafe il Tar ha disposto per l’integrale esecuzione al giudicato di cui alla sentenza n. 6461/2011 in ordine all’espletamento dei doppi turni di servizio di 12 ore, con liquidazione dei relativi importi. Lo stesso Tribunale ha anche disposto il pagamento delle somma ex art. 114, comma 4, lett. e), c.p.a., riconoscendo le penalità di mora (c.d. astreinte) dalla pronuncia di ottemperanza fino alla nomina del Commissario ad acta, nella misura corrispondente agli interessi legali.
5. Contro la parte delle predetta sentenza relativa alla statuizione sul computo della penalità di mora hanno proposto appello i ricorrenti, prospettando i seguenti motivi di censura.
5.1. Violazione dell’art. 112 c.p.a, dell’art. 324 c.p.c. e dell’art. 2909 c.c.
5.1.1. Il Tar, secondo i ricorrenti, avrebbe violato il principio dell’intangibilità della pronuncia passata in giudicato. La sentenza dello stesso Tribunale n. 5262/2013 (passata in giudicato) aveva infatti stabilito, in ordine al calcolo delle penalità di mora di cui all’art. 114, comma 4, lettera e), del c.p.a, la somma di euro 5,00 per ciascun ricorrente e per ciascun giorno successivo al 30 ottobre 2013 (data entro cui il Commissario avrebbe dovuto effettuare i calcoli e liquidare gli importi)
5.1.2. Sarebbe stato quindi precluso al Tar, nella decisione impugnata, di rideterminarsi in ordine allo stesso profilo, indicando le penalità nella misura dell’interesse legale da riconoscersi nel periodo intercorrente tra la pronuncia di ottemperanza e la nomina del Commissario ad acta.
5.2. Disparità di trattamento.
5..2.1. Il Tar si sarebbe orientato sul punto in senso diverso rispetto ad altre sue pronunce sul medesimo oggetto (sentenze nn. 1654, 1656, 1658 e 1659 del 2017).
6. Il Ministero della Giustizia si è costituito in giudizio il 7 maggio 2019, chiedendo il rigetto dell’appello.
7. Parte appellante ha depositato ulteriori scritti difensivi, per ultimo una memoria il 9 settembre 2019.
8. Nella camera di consiglio del 16 maggio 2019 l’istanza di sospensione degli effetti della sentenza impugnata è stata rinviata al merito.
9. La causa è stata trattenuta in decisione nella camera di consiglio del 26 settembre 2019.
10. L’appello non è fondato.
11. Se è pur vero che con la sentenza passata in giudicato del Tar Lazio n. 5262/2013 era stata individuata a titolo di sanzione per l’ulteriore inadempimento dell’Amministrazione la somma di euro 5,00 per ciascun ricorrente e per ciascun giorno successivo al 30 ottobre 2013, è altrettanto vero che quest’ultima data, entro cui il Commissario avrebbe dovuto effettuare i calcoli e liquidare gli importi, è stata superata per il ritardo dello stesso Commissario, il quale solo il 9 ottobre 2017 ha comunicato di non dover liquidare alcun importo (da tale circostanza è scaturito il reclamo ex art. 114, comma 6, c.p.a. deciso con la sentenza impugnata).
12. Di conseguenza, la sentenza n. 5262/2013, seppure passata in giudicato, non ha trovato concreta esecuzione sul punto relativo al computo delle somme a titolo di sanzione, giustificando l’ulteriore determinazione del Tar in sede di esame del relativo reclamo.
13. Diversamente opinando sarebbe posto a carico dell’organo commissariale (ausiliario del giudice ai sensi dell’art. 21 c.p.a.) il ritardo dell’esecuzione del giudicato (in considerazione della natura giuridica del commissario, le parti hanno perciò nel reclamo l’unico mezzo processuale che l’ordinamento consente per contestare gli atti dello stesso – cfr., Cons. Stato, sez. IV, n. 5123/2019).
14. In questo contesto è dunque intervenuta la successiva pronuncia (sentenza impugnata) la quale nel determinare la misura delle astreinte ha fatto riferimento agli approdi ormai consolidati della giurisprudenza del Consiglio di Stato in materia.
15. La previsione dell’art. 114, comma 4, lett. e), c.p.a., che ha introdotto anche nel processo amministrativo l’istituto della c.d. astreinte, è stata infatti considerata come una misura che mira ad incentivare l’adeguamento del debitore ad ogni sentenza di condanna, attraverso una sanzione pecuniaria che la parte inadempiente dovrà versare a favore del creditore vittorioso in giudizio (cfr., Cons. Stato, Ad. plen., n. 15/2014). In sostanza, una misura compulsoria nei confronti dell’Amministrazione che completa gli altri strumenti del giudizio di ottemperanza.
16. Una volta intervenuta la nomina del commissario ad acta, all’esecuzione del giudicato è aperta la via della forma surrogata, mediante l’attività dell’organo ausiliario del giudice che si sostituisce agli uffici dell’Amministrazione. A quel punto sarebbe irragionevole addossare all’ausiliario del giudice il ritardo, posto che se ormai non v’è stata autonoma esecuzione, al punto da legittimare la sostituzione, non può esservi strumento ancora realmente utile per indurre a che essa avvenga.
17. In questo quadro, la sostitutiva misura maggiore, la nomina del commissario ad acta, assorbe dunque la funzione della non sostitutiva misura minore, la coercizione indiretta mediante le astreinte (cfr., ex multis, Cons. Stato, V, n. 1975/2014 e n. 6724/2018).
18. Cosicché, la decisione del Tar di calcolare le astreinte nella misura degli interessi legali, da corrispondere per ogni giorno di ritardo nell’esecuzione della sentenza dopo la comunicazione o notificazione della stessa e non oltre lo scadere del termine per l’insediamento del Commissario ad acta, deve ritenersi coerente con i principi sopra indicati
19. Per le ragioni sopra esposte, l’appello va respinto e, per l’effetto, va confermata la sentenza impugnata.
20. In ragione della particolarità della controversia, sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Quarta, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 26 settembre 2019 con l’intervento dei magistrati:
Antonino Anastasi – Presidente
Leonardo Spagnoletti – Consigliere
Nicola D’Angelo – Consigliere, Estensore
Silvia Martino – Consigliere
Giuseppa Carluccio – Consigliere

 

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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