La regola dell’anonimato degli elaborati scritti

Consiglio di Stato, sezione terza, Sentenza 22 maggio 2019, n. 3323.

La massima estrapolata:

La regola dell’anonimato degli elaborati scritti non può essere intesa in modo tanto tassativo e assoluto da comportare l’invalidità delle prove ogni volta che sussista un’astratta possibilità di riconoscimento, perché, se così fosse, sarebbe materialmente impossibile svolgere concorsi per esami scritti e non si potrebbe mai escludere a priori la possibilità che un commissario riconosca una particolare modalità di stesura.

Sentenza 22 maggio 2019, n. 3323

Data udienza 9 maggio 2019

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Terza
ha pronunciato la presente
SENTENZA
ai sensi degli artt. 38 e 60 c.p.a.
sul ricorso numero di registro generale 2627 del 2019, proposto da An. Sc., rappresentato e difeso dall’Avvocato Gi. Pe., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, corso (…);
contro
Azienda Sanitaria Locale di Bari, in persona del Direttore Generale pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocato Vi. Au. Pa., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e con domicilio eletto presso lo studio dell’Avvocato Fr. Pa. in Roma, via (…);
Regione Puglia, non costituita in giudizio;
nei confronti
Sa. Ma., non costituito in giudizio;
per la riforma
della sentenza n. 259 del 21 febbraio 2019 del Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, sede di Bari, sez. I, resa tra le parti, concernente l’annullamento:
– dell’avviso del 18 dicembre 2018 dell’Area Gestione risorse umane – U.O. Concorsi assunzioni e gestione del ruolo dell’Azienda Sanitaria Locale della Provincia di Bari, nella parte in cui non inserisce tra gli ammessi il ricorrente;
– del verbale della Commissione esaminatrice n. 15 del 18 dicembre 2018;
– ove occorra, del verbale di Commissione Esaminatrice n. 14;
– ove occorra, e nei limiti dell’interesse, di tutti i verbali della Commissione Esaminatrice, ancorché non conosciuti, e del bando di concorso dell’Azienda Sanitaria Locale di Bari pubblicato sul B.U. della Regione Puglia n. 33 del 24 marzo 2016, nonché della delibera del D.G. A.S.L. Bari n. 502 dell’11 marzo 2016;
– di ogni altro atto ad esso presupposto, consequenziale o comunque connesso, ancorché non conosciuto, in quanto lesivo.
visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Azienda Sanitaria Locale di Bari;
visti tutti gli atti della causa;
relatore nella camera di consiglio del giorno 9 maggio 2019 il Consigliere Massimiliano Noccelli e udito per l’odierno appellante, An. Sc., l’Avvocato Gi. Pe. e per l’odierna appellata, l’Azienda Sanitaria Locale di Bari, l’Avvocato Vi. Au. Pa.;
sentite le stesse parti ai sensi dell’art. 60 c.p.a.;
ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. L’odierno appellante, An. Sc., ha preso parte alla procedura concorsuale indetta dall’Azienda Sanitaria Locale di Bari (di qui in avanti, per brevità, l’Azienda) per la copertura di tre posti di dirigente amministrativo, mediante selezione per titoli ed esami.
1.1. Egli, superate la prova preselettiva e quella scritta, è stato ammesso a sostenere la prova teorico-pratica, consistente nella predisposizione di atti e provvedimenti riguardanti l’attività di servizio e, nel caso, la redazione di una deliberazione aziendale recante l'”approvazione del Bilancio Economico Preventivo 2019 e del Bilancio di Previsione 2019-2021″.
1.2. La Commissione, riunitasi il 18 dicembre 2018, ha valutato gli elaborati e ha provveduto a pubblicare l’elenco dei candidati ammessi a sostenere la successiva prova orale, elenco nel quale non era presente l’odierno appellante.
1.3. Il 20 dicembre 2018 l’odierno appellante ha inoltrato all’Azienda una formale istanza di accesso, avente ad oggetto la documentazione inerente alla valutazione del proprio elaborato, in modo da conoscere le ragioni che avevano determinato il mancato superamento della prova e gli elaborati dei tre concorrenti, che avevano ottenuto il maggior punteggio nella prova teorico-pratica.
1.4. Il 28 dicembre 2018 l’Azienda ha trasmesso i documenti richiesti, dai quali An. Sc. ha appreso di essere stato escluso dalla procedura per avere numerato i fogli protocollo dal n. 1 al n. 3 e per avere inoltre apposto delle sigle in calce e in corrispondenza dei firmatari dell’atto deliberativo, elementi che la Commissione ha ritenuto costituire entrambi segni identificativi.
2. Avverso tale esclusione l’odierno appellante ha proposto ricorso avanti al Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, sede di Bari, lamentandone l’illegittimità, e ne ha chiesto, previa sospensione, l’annullamento.
2.1. Si è costituita in resistenza l’Azienda per chiedere la reiezione del ricorso.
2.2. Il Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, sede di Bari, con la sentenza n. 259 del 21 febbraio 2019, ha ritenuto parzialmente fondato il ricorso, nella parte in cui ha dedotto l’erroneità dell’esclusione per la numerazione delle pagine, ma ha invece respinto il ricorso nella parte in cui ha lamentato l’erroneità dell’esclusione per l’apposizione delle sigle in calce all’elaborato, in quanto tali sigle, ad avviso del primo giudice, costituirebbero segni di riconoscimento.
3. Avverso tale sentenza, in tale ultima parte, An. Sc. ha proposto appello, con un unico articolato motivo che di seguito sarà esaminato, e ne ha chiesto, previa sospensione dell’esecutività, la riforma, con il conseguente annullamento dell’esclusione contestata in prime cure.
3.1. Si è costituita l’Azienda appellata, con un’articolata memoria, per chiedere la reiezione del gravame, di cui ha dedotto l’inammissibilità e, comunque, l’infondatezza anche nel merito.
3.2. Nella camera di consiglio del 9 maggio 2019, fissata per l’esame della domanda sospensiva proposta dall’appellante ai sensi dell’art. 98 c.p.a., il Collegio, ritenuto di poter decidere la causa ai sensi dell’art. 60 c.p.a., con sentenza in forma semplificata, e sentiti i difensori delle parti, ha trattenuto la causa in decisione.
4. L’appello, che è ammissibile, diversamente da quanto ha sostenuto l’Azienda appellata nella propria memoria depositata per l’udienza camerale (pp. 2-3), in quanto l’appellante ha inteso contestare in toto le motivazioni della sentenza impugnata laddove ha ritenuto che il suo elaborato contenesse segni di riconoscimento, merita accoglimento per le ragioni e nei limiti che seguono.
5. Nella prima parte del proprio, unico, motivo di appello (pp. 5-7 del ricorso) l’odierno appellante deduce, in sintesi, che la regola dell’anonimato non si applicherebbe alla prova teorico-pratica e invoca, a sostegno di tale tesi, il precedente di Cons. St., sez. III, 14 novembre 2017, n. 5238, la quale sembrerebbe avere escluso che la regola, codificata in via generale dall’art. 14 del d.P.R. n. 487 del 1997 per le prove scritte, si applichi alla prova pratica.
6. Ritiene il Collegio, pur nella consapevolezza di difformi orientamenti giurisprudenziali sul punto, che, in senso contrario, debba valorizzarsi quell’orientamento interpretativo secondo il quale, per la stretta correlazione che intercorre fra principio dell’anonimato e i principî di uguaglianza, imparzialità e buon andamento della pubblica amministrazione, di cui agli artt. 3 e 97 Cost., l’anonimato debba trovare applicazione generalizzata ed estesa, quindi, anche alle prove pratiche, laddove consistano nella redazione di un elaborato scritto, eccettuati solamente i casi in cui ciò sia materialmente impossibile e, cioè, allorquando lo svolgimento della prova, per le sue modalità, implichi un contatto diretto e immediato del candidato e/o del contenuto della prova con la Commissione, contatto che rende inevitabile la sua previa identificazione.
6.1. Secondo questo orientamento, che il Collegio condivide, occorre dunque distinguere l’ipotesi in cui la prova pratica richieda il contatto diretto tra il candidato e la Commissione (in modo che quest’ultima possa accertare la tecnica di intervento mediante visione diretta), sicché l’anonimato è impossibile, dai casi in cui la prova pratica consista in un mero elaborato scritto, nei quali non vi è ragione alcuna per non dare piena applicazione al principio di cui si discute (cfr. Cons. St., sez. V, 25 settembre 2007, n. 4925; Cons. St., sez. V, 3 febbraio 2006, n. 417; Cons. St., sez. V, 2 marzo 2000, n. 1071; T.A.R. Lombardia, sede di Milano, sez. III, 4 febbraio 2019, n. 244; T.A.R. Umbria, sez. I, 7 aprile 2016, n. 332; T.A.R. Calabria, sezione staccata di Reggio Calabria, sez. I, 28 marzo 2013, n. 181) e, conseguentemente, anche al caso di specie.
6.2. Il precedente di questa sez. III, 14 novembre 2017, n. 5238 concerneva invero il caso, non assimilabile a quello in esame, di una procedura concorsuale per il personale dirigenziale sanitario, nella quale la prova pratica risulta ontologicamente differente dalla prova teorica (da farsi in forma scritta), in quanto è finalizzata a far apprezzare la capacità del candidato di applicare le nozioni teoriche al caso nosologico all’esame, formulando la diagnosi con la relativa terapia, e cioè, nel caso in quella sede considerato, la diagnosi psicologica.
6.3. Di qui, escluso che il precedente invocato dall’appellante si attagli al caso di specie, la certa e indubitabile applicabilità della regola dell’anonimato al caso in questa sede considerato, che concerne la redazione di un elaborato scritto – e, in particolare, di un bilancio economico preventivo 2019 e di un bilancio di previsione 2019-2021 – in cui non emerge in alcun modo il contatto tra la Commissione e il candidato e torna a riespandersi, per così dire, la regola dell’anonimato quale fondamentale garanzia di imparzialità .
7. Tale regola, che va quindi in astratto riaffermata anche in relazione alla prova teorico-pratica alle condizioni sopra specificate, non è stata tuttavia violata in concreto, nel caso di specie, per il solo fatto che il candidato, in calce e in corrispondenza dei firmatari dell’atto deliberativo oggetto della prova, abbia apposto delle sigle che, già sul piano grafico, appaiono inintelligibili, sì da non poter costituire ictu oculi sigla identificativa, e con il solo fine di significare, appunto, che l’atto deliberativo dovesse essere sottoscritto.
7.1. Anche prescindendo dal rilievo che simili o analoghe modalità di sottoscrizione, contenute in elaborati di altri concorrenti, sono state riconosciute perfettamente valide dalla Commissione, senza ravvisare in esse alcun segno di riconoscimento, evidente appare al Collegio come l’elaborato redatto dall’odierno appellante rechi segni di sottoscrizione non facilmente decifrabili al punto tale che non è possibile distinguere se si tratti di meri segni grafici di fantasia ovvero di monogrammi identificativi del candidato.
7.2. Ciò solo, in accoglimento delle censure formulate nell’appello (v., in particolare, p. 11), basta ad escludere che si tratti, appunto, di segni di riconoscimento in quanto, come la costante giurisprudenza di questo Consiglio afferma, la regola dell’anonimato degli elaborati scritti non può essere intesa in modo tanto tassativo e assoluto da comportare l’invalidità delle prove ogni volta che sussista un’astratta possibilità di riconoscimento, perché, se così fosse, sarebbe materialmente impossibile svolgere concorsi per esami scritti e non si potrebbe mai escludere a priori la possibilità che un commissario riconosca una particolare modalità di stesura.
7.3. È invece necessario che emergano elementi atti a provare in modo inequivoco l’intenzionalità del concorrente di rendere riconoscibile il suo elaborato.
7.4. In tali ipotesi, l’annullamento di un elaborato per riconoscibilità dell’autore ne presuppone l’intenzionalità, che va desunta, per via indiretta o presuntiva, dalla natura in sé dell’elemento riconoscibile e dalla sua suscettività oggettiva di comportare la riferibilità dell’elaborato stesso a un determinato soggetto.
7.5. La giurisprudenza ha messo in luce, rispetto al primo elemento (l’idoneità ), che quel che rileva non è tanto l’identificabilità dell’autore dell’elaborato attraverso un segno a lui personalmente riferibile quanto, piuttosto, l’astratta idoneità del segno a fungere da elemento di identificazione, e ciò ricorre quando la particolarità riscontrata assuma un carattere oggettivamente e incontestabilmente anomalo rispetto alle ordinarie modalità di estrinsecazione del pensiero e di elaborazione dello stesso in forma scritta, in tal caso a nulla rilevando che in concreto la Commissione o singoli componenti di essa siano stati o meno in condizione di riconoscere effettivamente l’autore dell’elaborato.
7.6. Ancora, la giurisprudenza ha messo in rilievo, quanto al secondo elemento (l’intenzionalità ), che è da escludere un automatismo tra l’astratta possibilità di riconoscimento e la violazione della regola dell’anonimato, dovendo emergere elementi atti a provare in modo inequivoco l’intenzionalità del concorrente di rendere riconoscibile il proprio elaborato (Cons. St., sez. III, 17 luglio 2018, n. 4331).
7.7. Ebbene, tutto ciò premesso, ritiene questo Collegio che nel caso di specie entrambi gli elementi difettino, in quanto le sigle o, per meglio dire, i meri tratti di penna a mò di firma, apposti dal candidato, non palesano una chiara idoneità identificativa e sono stati vergati con il solo, evidente, fine di significare in modo grafico la necessità di sottoscrivere la delibera da parte dei dirigenti apicali dell’Azienda Sanitaria.
7.8. Si tratta di una modalità invero non anomala, diversamente da quanto ha ritenuto il primo giudice, e di non raro utilizzo nella redazione delle prove concorsuali, laddove la firma dell’atto viene espressa con un mero tratto di penna o un segno grafico (una sbarratura o un semplice scarabocchio) che non lascia identificare l’autore della sottoscrizione, ma significa, appunto, solo la necessità della sottoscrizione stessa.
8. Di qui, dovendosi accogliere in parte qua l’appello, l’illegittimità dell’irragionevole ed erronea esclusione disposta dalla Commissione e, in riforma della sentenza impugnata, l’annullamento degli atti gravati in prime cure, nei limiti dell’interesse dell’odierno appellante, con la sua conseguente riammissione alla procedura concorsuale.
9. Le spese del doppio grado del giudizio, considerate, comunque, le oscillazioni giurisprudenziali circa l’applicabilità dell’anonimato anche alla prova teorico-pratica, possono essere interamente compensate tra le parti.
9.1. Rimane definitivamente a carico dell’Azienda appellata, attesa la sua soccombenza, il contributo unificato richiesto per la proposizione del ricorso proposto in primo e in secondo grado.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Terza, definitivamente pronunciando sull’appello, proposto da An. Sc., lo accoglie e per l’effetto, in integrale riforma della sentenza impugnata, annulla, nei limiti dell’interesse, tutti gli atti impugnati in primo grado.
Compensa interamente tra le parti le spese del doppio grado del giudizio.
Condanna l’Azienda Sanitaria Locale di Bari a rimborsare in favore di An. Sc. il contributo unificato richiesto per la proposizione del ricorso in primo e in secondo grado.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 9 maggio 2019 con l’intervento dei magistrati:
Franco Frattini – Presidente
Giulio Veltri – Consigliere
Massimiliano Noccelli – Consigliere, Estensore
Stefania Santoleri – Consigliere
Giovanni Pescatore – Consigliere

Per aprire la pagina facebook @avvrenatodisa
cliccare qui

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *