Consiglio di Stato, sezione quinta, Sentenza 5 marzo 2019, n. 1523.
La massima estrapolata:
L’equipollenza tra titoli di studio va riconosciuta solo se espressamente disposta ex lege, tenuto conto del fatto che l’art. 9, comma 6, L. n. 341 del 1990 rimette ad un apposito decreto del Presidente della Repubblica, all’esito di un articolato procedimento, l’individuazione delle equipollenze tra i diplomi di laurea ai fini dell’ammissione ai pubblici concorsi per l’accesso alle qualifiche funzionali del pubblico impiego per le quali ne è prescritto il possesso, restando preclusa alla pubblica amministrazione, così come al giudice, la possibilità di procedere all’equiparazione in via analogica dei titoli di studio.
Sentenza 5 marzo 2019, n. 1523
Data udienza 14 febbraio 2019
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Quinta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale 2292 del 2011, proposto da
Ca. Fr. Ma., rappresentato e difeso dall’avvocato Ga. Se., con domicilio eletto presso lo studio legale dell’avvocato Ma. Le. Cl. in Roma, viale (…);
contro
Regione Calabria, in persona del Presidente pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Al. Gu., con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via (…);
nei confronti
Co. Ro. ed altri, non costituiti in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria Sezione Seconda n. 2227/2010, resa tra le parti.
Visti il ricorso in appello ed i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio della Regione Calabria;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 14 febbraio 2019 il Cons. Valerio Perotti ed uditi per le parti gli avvocati Ga. Se. ed Al. Gu.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
In data 26 gennaio 2005 l’odierno appellante presentava domanda di partecipazione ad un concorso pubblico indetto dalla Regione Calabria – per titoli ed esami – per il conferimento di quarantacinque posti di dirigente, chiedendo in particolare di partecipare alla selezione per sei posti nell’Area socio-culturale, documentando a tal fine il possesso di una laurea in Scienze statistiche ed economiche conseguita presso l’Università statale “La Sapienza” di Roma, Facoltà di scienze statistiche, demografiche ed attuariali, nell’anno accademico 1988/1989.
In data 11 gennaio 2006 la Regione Calabria operava una parziale modifica del bando originario, ferma comunque restando la validità ed efficacia delle domande di partecipazione già presentate.
Con decreto dirigenziale n. 280 del 23 gennaio 2007 il dott. Ca. Fr. veniva preliminarmente ammesso a partecipare al concorso e quindi, una volta superata la prova preselettiva, quella scritta e quella orale, si collocava al quarto posto sui sei messi a concorso nella categoria prescelta.
Con nota n. 19896 del 1° ottobre 2008, la Regione gli chiedeva di produrre la documentazione necessaria ad istruire la pratica di assunzione, tra cui il certificato di laurea; quindi, con successiva nota del 22 ottobre 2008, prot. 21913, la stessa amministrazione chiedeva idonea certificazione – rilasciata dall’Università presso cui era stato conseguito il titolo di studio – attestante l’equipollenza della laurea in Scienze statalistiche ed economiche, posseduta dall’interessato, ad una delle lauree espressamente indicate dall’art. 7, comma 1, lettera d), del bando di concorso.
Alla luce del riscontro fornito dal candidato, però, la Regione Calabria si determinava – con decreto n. 20443 del 3 dicembre 2008 – ad escluderlo dalla procedura, sul presupposto della non equipollenza del titolo in questione e, dunque, della sua inidoneità ai fini del concorso.
Infine, con delibera n. 1014 del 2008, la Giunta regionale, preso atto dell’assenza di ulteriori concorrenti idonei all’assunzione ed in ragione delle proprie esigenze organizzative, sopprimeva i posti rimasti vacanti nell’Area socio-culturale e parallelamente aumentava quelli in precedenza messi a concorso nell’Area amministrativa, procedendo alle relative assunzioni mediante scorrimento della specifica graduatoria degli idonei.
Avverso la propria esclusione (nonché contro il successivo decreto n. 20640 del 4 dicembre 2008, la deliberazione regionale n. 1014 del 16 dicembre 2008, il decreto dirigenziale n. 22233 del 19 dicembre 2008 e la Deliberazione regionale n. 1075 del 23 dicembre 2008) il dott. Ca. Fr. proponeva ricorso al Tribunale amministrativo della Calabria, assumendone l’illegittimità .
Si costituiva in giudizio la Regione Calabria, chiedendo che il ricorso venisse respinto in quanto infondato, stante la non equipollenza tra la laurea da lui posseduta e quella indicata del bando di concorso.
Anche il controinteressato dott. Ro. Co., evocato in giudizio dal ricorrente, si costituiva, eccependo l’infondatezza del gravame.
Con ordinanza istruttoria del 4 febbraio 2010, n. 25 il giudice adito chiedeva al Ministero dell’istruzione di depositare “una relazione finalizzata a chiarire se, alla luce degli atti normativi o amministrativi generali vigenti, sia stata equiparata la laurea in scienze statistiche ed economiche alla laurea in scienze economiche e sociali”, che l’amministrazione depositava nei termini assegnatigli.
Con sentenza 9 agosto 2010, n. 2227, il Tribunale amministrativo della Calabria in parte respingeva il ricorso, in parte lo dichiarava inammissibile, sul presupposto che nessuna disposizione giuridica prevedesse formalmente l’equipollenza tra il tiolo di studio posseduto e quelli richiesti dalla lex specialis di concorso.
Avverso tale decisone il dott. Ca. Fr. interponeva appello, articolato nei seguenti motivi di impugnazione:
1. L’errore del Giudice di primo grado in relazione alla asserita inesistenza di una norma di legge che equipari la laurea in Scienze Statistiche ed Economiche alla laurea in Scienze Economiche e Sociali. Esistenza di tale norma di legge. Illegittima interpretazione ed applicazione dell’art. 7, 1° comma, lett. D, n. 10 del Bando di concorso. Violazione dei principi generali in materia di concorsi pubblici e, in particolare, del principio della massima partecipazione e del divieto di interpretazione restrittiva. Fondatezza dei profili di censura di cui alla lett. A, n. 1.1 e n. 1.2 del ricorso introduttivo.
2. L’errore del Giudice di primo grado in relazione alla impossibilità di una “lettura in termini di equipollenza sostanziale” dei requisiti di ammissione. Errata interpretazione ed applicazione dell’art. 7, 1° comma, lett. D) n. 10 e dell’art. 2, 1° comma, lett. d) del Bando di concorso, nonché della L.R. Calabria n. 7/1996, come novellata dalla L.R. Calabria n. 31/2002 e degli artt. 2, 5 e 8 Regolamento Uff. Pres. Regione Calabria n. 30/2002. Equipollenza sostanziale della Laurea in Scienze Statistiche ed Economiche. Fondatezza dei profili di censura di cui alla lett. A, ai nn. 1.1, 1.2, 1.4 del ricorso introduttivo.
3. L’errore del giudice di primo grado nell’avere ritenuto insussistenti: il vizio di contraddittorietà fra provvedimento espresso di ammissione e quello di esclusione, il vizio di travisamento e di difetto di istruttoria, il vizio di sviamento, il vizio di violazione dell’art. 21 nonies Legge n. 241/1990 e di errata applicazione art. 2, 2° comma, del Bando. Sussistenza di tutti i predetti vizi di legittimità per come già rilevati sotto la lett. A, nn. 1.3, 1.3.1, 1.3.2, 1.3.3, 1.4 del ricorso introduttivo.
4. L’errore del giudice di primo grado nell’avere ritenuto la clausola del bando (nella parte in cui non prevede, per l’Area Socio-Culturale, la laurea in Scienze statistiche ed economiche) immediatamente impugnabile, entro sessanta giorni dalla pubblicazione del bando, anziché dal provvedimento di esclusione. Sussistenza, in ogni caso, dei presupposti per la concessione del beneficio dell’errore scusabile.
5. Fondatezza dei profili di censura di cui al n. 2 del ricorso introduttivo: eccesso di potere per sviamento, manifesta irragionevolezza e/o illogicità, disparità di trattamento. Violazione d.lgs. n. 165/2011 in combinato disposto con art. 14, Allegato I, Regolamento sull’ordinamento degli Uffici e dei Servizi della Regione Calabria, direttiva ministeriale 3 novembre 2005 n. 3/2005; art. 2 del Bando di concorso. Erroneità dei presupposti circa la non attinenza della laurea in Scienze statistiche ed economiche rispetto al profilo professionale dirigenziale richiesto per l’Area Socio-Culturale. Violazione art. 3 e 97 della Costituzione.
6. Fondatezza delle censure di cui al Motivo n. 3 del ricorso introduttivo. Violazione del criterio della scelta dei titoli di laurea secondo la loro attinenza e coerenza rispetto alle professionalità da selezionare concorsualmente: violazione e/o mancata applicazione circolare 27 dicembre 2000 n. 6350/4.7 Pres. Cons. dei Ministri – Dip. Cons. Min. Violazione combinato disposto art. 2, comma 1, lett. d) del bando di concorso, art. 97 Costituzione ed art. 1 legge n. 241/1990. Eccesso di potere per errore o travisamento nei presupposti, contraddittorietà, parziale e/o omesso esercizio del potere di verifica e valutazione circa congruità ed attinenza; difetto di istruttoria e violazione art. 10, 1° co., lett. b, L. n. 241/1990. Violazione art. 3 L. n. 241/1990 per omessa e/o insufficiente motivazione. Sviamento. Violazione artt. 3 e 97 Costituzione.
7. L’errore del Giudice di primo grado nell’avere ritenuto preclusa la cognizione di merito dei profili di censura di cui ai Motivi nn. 4, 5, 6, 7 e 8 del ricorso introduttivo attesa la loro inammissibilità per difetto di interesse. Sussistenza dell’interesse, attuale e concreto.
8. Invalidità derivata.
9. Fondatezza Motivo n. 5 del ricorso introduttivo: Violazione degli artt. 7 e ss. legge n. 241/1990 e s.m.i.: omessa comunicazione dell’avvio del procedimento.
10. Fondatezza del Motivo n. 6 del ricorso introduttivo. Violazione piano triennale dei fabbisogni e dei fabbisogni dirigenziali già individuati per l’Area Socio Culturale. Illegittima variazione della pianta organica. Violazione della L. n. 449/1997, del D.Lgs. n. 165/2001, delle LL.RR. Calabria n. 7/1996 e n. 31/2002 nonché del Regolamento sull’ordinamento degli uffici e dei servizi delle Regione Calabria. Difetto di istruttoria e di motivazione. Violazione art. 5 lett. B del Bando. Manifesta illogicità, intrinseca contraddittorietà e perplessità provvedimentale. Omessa motivazione. Sviamento.
11. Fondatezza del Motivo n. 7 del ricorso introduttivo. Difetto di istruttoria, errore nei presupposti di fatto, illogicità e perplessità .
12. Fondatezza del Motivo n. 8 del ricorso introduttivo. Illegittimità, propria e/o derivata, dell’art. 14 novellato del Bando i concorso: violazione dei principi generali e delle norme in materia concorsuale. Violazione d.lgs. n. 165/2001 e s.m.i., art. 97 Cost. Violazione art. 1355 codice civile in combinato disposto art. 21 septies, 1° comma, L. n. 241/1990. Eccesso di potere per irragionevolezza e contraddittorietà .
Costituitasi in giudizio, la Regione Calabria concludeva per l’infondatezza del gravame, del quale chiedeva la reiezione.
Con successiva memoria del 19 gennaio 2019 l’appellante ribadiva quindi le proprie difese ed all’udienza del 14 febbraio 2019, dopo la rituale discussione, la causa veniva trattenuta in decisione.
DIRITTO
Con il primo motivo di appello viene contestata la circostanza, rilevata invece dal primo giudice, secondo cui “nessuna norma di legge prevede che le due lauree debbano essere considerate equipollenti”; in particolare, la sentenza impugnata erroneamente non avrebbe tenuto in considerazione la norma di cui all’art. 7 del d.P.R. 5 giugno 2001, n. 328, a mente del quale “I titoli universitari conseguiti al termine dei corsi di studio dello stesso livello, appartenenti alla stessa classe, hanno identico valore legale ai fini dell’ammissione agli esami di Stato, indipendentemente dallo specifico contenuto dei crediti formativi”.
A sua volta, l’art. 1 del d.m. 5 maggio 2004 (Equiparazione dei diplomi di laurea (DL) secondo il vecchio ordinamento alle nuove classi delle lauree specialistiche (LS), ai fini della partecipazione ai pubblici concorsi) prevede che “I diplomi di laurea (DL) di cui agli ordinamenti non ancora riformulati ai sensi del decreto ministeriale n. 509/1999, conferiti dalle università statali e da quelle non statali riconosciute per rilasciare titoli aventi valore legale, sono equiparati alle nuove classi delle lauree specialistiche (LS) di cui ai decreti ministeriali 28 novembre 2000 e 12 aprile 2001 ai fini della partecipazione ai pubblici concorsi secondo la tabella allegata”.
Il d.m. n. 509 del 1999 ha per oggetto il “Regolamento recante norme concernenti l’autonomia didattica degli atenei”, laddove il d.m. 28 novembre 2000 prevede la “Determinazione delle classi delle lauree universitarie specialistiche”.
Ad avviso dell’appellante, la laurea conseguita dal dott. Ca. Fr. nel vecchio ordinamento (Scienze statistiche ed economiche) sarebbe stata equiparata a tutte le lauree della “classe 91/S” del nuovo ordinamento (ricomprendente le lauree specialistiche in Statistica economica, finanziaria e attuariale) nonché a quelle della “classe 64/S”, sempre del nuovo ordinamento, ricomprendente le lauree specialistiche in Scienze dell’economia.
Poiché la laurea in Scienze statistiche ed economiche – prosegue l’appellante – è equipollente alla laurea di Economia e commercio che, a sua volta, afferisce alla “classe 64/S” (nella quale rientra anche la laurea in “Scienze economiche e sociali” prevista dal bando), dovrebbe concludersi per “l’equiparazione formale e in via normativa delle lauree in disamina e, quindi, l’erroneità della sentenza di prime cure”.
A differenza dell’equipollenza – “che non conosce biunivocità e/o proprietà transitiva nell’assimilazione di più lauree” – l’appellante deduce che “l’equiparazione indica una completa identificazione tra le lauree diversamente nominate appartenenti alla medesima classe di riferimento”.
L’equiparazione in parola sarebbe poi ulteriormente esplicitata (come si legge nella memoria difensiva del 19 gennaio 2019) dai criteri di corrispondenza di cui al decreto interministeriale 9 luglio 2009 – peraltro non applicabile alla vicenda controversa, ratione temporis – fermo restando la non applicabilità della proprietà transitiva al principio di equipollenza.
Il motivo non è fondato.
Va in primo luogo chiarita la differenza tra i principi di “equipollenza” e di “equiparazione” richiamati dall’appellante: il primo attiene ai rapporti tra i titoli accademici del vecchio ordinamento, al fine di valutarne la reciproca affinità contenutistica, laddove il secondo concerne il raffronto tra i diplomi di laurea (DL) secondo il vecchio ordinamento rispetto alle nuove classi delle lauree specialistiche.
Si tratta dunque di concetti distinti, riferiti ad oggetti diversi e non sovrapponibili.
Ciò premesso, va confermato il principio, già richiamato dal primo giudice, secondo cui in linea generale l’equipollenza tra titoli di studio va riconosciuta solo se espressamente disposta ex lege, tenuto conto del fatto che l’art. 9, comma 6, della l. n. 341 del 1990 rimette ad un apposito d.P.R., all’esito di un articolato procedimento, l’individuazione delle equipollenze tra i diplomi di laurea ai fini dell’ammissione ai pubblici concorsi per l’accesso alle qualifiche funzionali del pubblico impiego per le quali ne è prescritto il possesso, restando preclusa alla pubblica amministrazione (così come al giudice) la possibilità di procedere all’equiparazione in via analogica dei titoli di studio (in termini anche Cons. Stato, V, 6 dicembre 2012, n. 6260).
Ciò in quanto l’attività di verifica del possesso dei titoli di studio richiesti dal bando ha carattere vincolato, non residuando in capo alla amministrazione alcun margine di discrezionalità nell’individuazione concreta dei titoli equipollenti (da ultimo Cons. Stato, V, 16 gennaio 2015, n. 71).
L’equipollenza dei titoli di studio, infatti, può essere riconosciuta e determinata esclusivamente dalla legge (ovvero, in particolari circostanze, anche dalla pubblica amministrazione, mediante espressa e tassativa indicazione degli specifici titoli richiesti nel bando di concorso: in termini, Cons. Stato, V, 6 maggio 1997, n. 469), dovendosi contemperare, da un lato, il principio del loro valore legale – in base al quale spetta allo Stato stabilire la valenza delle diverse lauree – con quello dell’autonomia organizzativa delle singole amministrazioni, alle quali è consentito determinare le professionalità di cui ha bisogno la struttura, identificandole con il titolo di studio necessario.
Anche in questo secondo caso, tuttavia, in assenza di una precisa indicazione, da parte della lex specialis, di una specifica corrispondenza o rilevanza tra titoli diversi, l’equipollenza genericamente indicata non può essere apprezzata dall’amministrazione sulla base di una valutazione sostanziale, che tenga cioè conto dei contenuti e degli aspetti sostanziali dei titoli di studio, delle loro caratteristiche, del fatto che appartengono alla stessa classe o area e che le materie principali dei corsi di studio posti a confronto siano sostanzialmente coincidenti (Cons. Stato, V, 19 agosto 2009, n. 4994).
Dunque, in assenza di puntuali previsioni della lex specialis l’equipollenza può essere ritenuta nelle sole ipotesi in cui sia la stessa disposta dal legislatore (di converso, l’applicazione del principio di equipollenza è consentita solo se imposto dalla legge: si veda, in particolare, l’art. 9, sesto comma, della l. 19 novembre 1990, n. 341, e relative norme d’attuazione: Cons. Stato, V, n. 71 del 2015, cit.).
Nel caso di specie, il bando ammetteva al concorso i candidati in possesso delle lauree in Scienze economiche e sociali; ad indirizzo umanistico; Lettere classiche e moderne; Filosofia; Sociologia; Psicologia; Pedagogia; Lingue e letteratura straniera; Servizi sociali; nonché – senza ulteriori specificazioni – “lauree equipollenti”. Per contro, nessuna indicazione specifica viene fornita circa eventuali criteri di equivalenza tra titoli di studio.
Atteso che l’espressione “equipollenti” ha, nel linguaggio normativo, un significato ben preciso (come già detto), deve concludersi che – in assenza di ulteriori precisazioni della lex specialis volte ad ampliare la scelta a ulteriori professionalità – l’amministrazione abbia semplicemente inteso richiamare il sistema normativo nel suo complesso, senza attribuirsi alcuna facoltà discrezionale di valutazione della corrispondenza di lauree diverse da quelle espressamente indicate, insieme a quelle dichiarate equipollenti dallo Stato, in ragione delle proprie necessità organizzative.
Genericamente riferendosi alle “lauree equipollenti”, il bando di concorso si è dunque limitato a richiamare il dettato normativo vigente, posto che – laddove si fosse voluta ampliare la possibilità di scelta a lauree diverse da quelle espressamente indicate – l’amministrazione avrebbe dovuto esplicitare i criteri ad hoc in base ai quali condurre la relativa valutazione.
La sentenza impugnata ha correttamente dato atto di come la laurea in Scienze statistiche ed economiche posseduta dal dott. Ca. Fr. non sia stata fatta oggetto di formale equipollenza, nel bando, con quella in Scienze economiche e sociali ivi espressamente richiesta.
Né tale equipollenza risulta formalizzata a livello normativo, come invece sostenuto dall’appellante, che infatti, a tal fine, ricorre ad un’argomentazione logica di tipo “transitivo”, associando tra loro – ma impropriamente – i diversi criteri dell’equipollenza tra diversi titoli di laurea (la sola questione su cui si verte) e dell’equiparazione tra diplomi di laurea del vecchio ordinamento e lauree specialistiche del nuovo.
In pratica, come già evidenziato dal primo giudice – sia pure in termini doverosamente sintetici – il percorso logico seguito dall’appellante, anche alla luce della tabella allegata al decreto interministeriale 5 maggio 2004, consisteva nel ritenere la propria laurea equiparata – già alla luce dei decreti interministeriali del 12 agosto 1991 e del 22 marzo 1993 – alle lauree del nuovo ordinamento in Statistica economica, finanziaria ed attuariale (riconducibili alla classe 91/S), ovvero a quelle in Scienza dell’economia (classe 64/S).
Ciò premesso, muovendo dal (diverso) presupposto che la laurea in Scienze economiche e sociali richiesta dal bando sarebbe (invece) equipollente a quella in Economia e commercio (a sua volta equiparata a quelle della classe 64/S del nuovo ordinamento), analogamente alla laurea in Scienze statistiche ed economiche da lui posseduta, giunge alla conclusione dell’equiparazione formale e normativa tra i due titoli.
Va però detto che il bando di concorso non si riferisce all’equiparazione tra i titoli di laurea del precedente e dell’attuale ordinamento, bensì all’equipollenza qualitativa (così come prevista ex lege) tra quelli testualmente richiesti e quelli (eventualmente diversi) in concreto posseduti.
Del resto, una questione di “equiparazione” tra titoli si pone soltanto nel caso in cui si debbano raffrontare dei diplomi di laurea del vecchio ordinamento con le lauree specialistiche del nuovo, ma non anche laddove si verta (come nel caso di specie) sul confronto di equipollenza tra titoli di laurea del vecchio ordinamento.
Equipollenza che opera solo in linea unilaterale e diretta e non anche secondo lo schema transitivo per cui se A = B e B = C, allora A = C: per l’effetto, se anche la laurea (del vecchio ordinamento) in Scienze economiche e sociali fosse stata ritenuta dal legislatore equipollente a quella in Economia e commercio e lo stesso fosse avvenuto per la laurea in Scienze statistiche ed economiche, ciò solo non avrebbe però implicato – in assenza di una presa di posizione normativa ad hoc – che quest’ultima e la prima fossero a loro volta reciprocamente equipollenti.
La necessità di ancorare il criterio di equipollenza al principio di legalità comporta l’inapplicabilità, al caso di specie, di fonti normative successive alla pubblicazione del bando di concorso, tra cui il più volte richiamato decreto interministeriale 9 luglio 2009.
Per le ragioni indicate in precedenza andrà poi respinto anche il secondo motivo di appello, con il quale si contestano le motivazioni della sentenza impugnata circa l’impossibilità di procedere, in materia, ad un giudizio di equipollenza sostanziale, che prescinda cioè da una precisa ed univoca presa di posizione del legislatore per tener piuttosto conto dei contenuti e delle concrete caratteristiche dei titoli di studio posti a confronto.
Tale comparazione, come si è detto, in assenza di puntuali previsioni della lex specialis spetta solamente al legislatore, alla luce del generale principio del valore legale dei titoli di studio: per l’effetto, laddove un’amministrazione limiti la partecipazione al concorso a quanti siano in possesso di una determinata laurea, potranno partecipare al relativo procedimento solo quanti siano in possesso della medesima o di lauree dichiarate equipollenti a norma di legge.
Con il terzo motivo di appello viene invece dedotta l’illegittimità – per eccesso di potere – del provvedimento di esclusione dalla gara, poiché contraddittorio rispetto all’iniziale decisione di ammettere il concorrente alla procedura. Tale provvedimento, inoltre, non sarebbe motivato in ordine alla comparazione con gli interessi del privato di cui all’art. 21-nonies della l. n. 241 del 1990, dovendo trovare applicazione le regole che sovraintendono all’esercizio del potere di autotutela.
Secondo l’appellante, il potere dell’amministrazione di verificare – fino all’approvazione della graduatoria finale – il possesso in capo a ciascun candidato dei requisiti previsti dal bando sarebbe in realtà circoscritto al “potere di verifica della veridicità di quanto dichiarato (nella specie l’effettivo possesso della laurea in Scienze Statistiche ed Economiche), non potere (proprio degli atti di c.d. secondo grado) di modificare un precedente proprio pronunciamento nel merito alla già riconosciuta equipollenza (formale e/o sostanziale), con proprio espresso provvedimento, del titolo di laurea posseduto dall’odierno appellante”.
Il provvedimento di esclusione avrebbe quindi dovuto dare conto delle ragioni “del sopravvenuto mutamento interpretativo della clausola del bando di concorso in tema di lauree equipollenti”, laddove lo stesso avrebbe invece motivato solo in merito al “perché della esclusione (per asserita non equipollenza della laurea in Scienze Statistiche ed Economiche con la laurea in Scienze Economiche e Sociali e per asserita non attinenza al posto da ricoprire)”, senza chiarire le ragioni per cui l’amministrazione avrebbe mutato il (presunto) pronunciamento favorevole in precedenza emesso.
Il motivo è privo di pregio.
Va infatti confermato il principio (ex multis Cons. Stato, V, 27 novembre 2015, n. 5381), dal quale non vi è ragione obiettiva di discostarsi, secondo cui – in materia di concorsi finalizzati all’accesso al pubblico impiego – l’esclusione del candidato per difetto dei requisiti previsti dal bando non consegue ad un sub-procedimento avente connotati di autonomia e specialità rispetto all’unico procedimento concorsuale finalizzato alla selezione dei vincitori. L’amministrazione, infatti, si riserva sempre la facoltà di verificare in capo a ciascun candidato il possesso dei requisiti previsti nel bando.
Per l’effetto, anche l’eventuale evoluzione del procedimento selettivo verso la fase delle prove d’esame – come pure il superamento delle stesse da parte del candidato – non sono di per sé sintomatici del positivo scrutinio dei requisiti di ammissione, operazione che può essere postergata fino all’approvazione della graduatoria: di conseguenza, tra l’altro, nessun onere di comunicazione di avvio del procedimento ex art. 7, l. 7 agosto 1990 n. 241 può profilarsi in relazione all’esclusione di un candidato dalla selezione per la riscontrata carenza di un requisito partecipativo.
Il principio espresso dal richiamato precedente ha carattere generale e prescinde dalle particolarità fattuali del singolo caso deciso (nella specie si verteva in merito alle conseguenze dell’omessa o incompleta indicazione di un titolo di studio in sede di compilazione del modulo di concorso), potendo quindi applicarsi anche all’odierna vertenza.
La mera circostanza dell’iniziale “ammissione” del candidato alle prove di concorso non integra quindi un autonomo provvedimento idoneo a consolidarsi (anche ai fini dell’affidamento del concorrente), rimovibile solamente con il ricorso ai poteri tipici dell’autotutela amministrativa: correttamente dunque il primo giudice ha rilevato come il provvedimento di esclusione originariamente impugnato non fosse espressione del potere di autotutela amministrativa, con conseguente irrilevanza ed inapplicabilità dei presupposti di cui all’art. 21-nonies della legge n. 241 del 1990.
Né, sotto altro profilo, il provvedimento poteva dirsi carente di adeguata motivazione, dando chiaramente conto delle ragioni poste a suo fondamento (per di più menzionate dallo stesso appellante), ossia la circostanza che il candidato era “in possesso di diploma di laurea non attinente al posto da ricoprire, per come invece richiesto dall’art. 2 comma 1 lett. d del bando, né equipollente ad una delle lauree che l’art. 7, comma 1, lett. D) del bando espressamente richiede per il conferimento di n. 6 posti di dirigente per l’Area Socio Culturale”.
Lo stesso provvedimento dava inoltre atto di come il giudizio di equipollenza tra titoli di studio sia riservato al legislatore e del fatto che le norme in materia abbiano carattere eccezionale, non suscettibile di interpretazione estensiva o analogica (in termini, Cons. Stato, VI, 26 aprile 2000, n. 2492).
Trattandosi di provvedimento doveroso e vincolato, correttamente il primo giudice ha poi evidenziato come non fosse necessario motivare in ordine alle ragioni di interesse pubblico concreto ed attuale, dovendosi ritenere tale interesse in re ipsa (a tal riguardo richiama Cons. Stato, VI, 16 marzo 2009, n. 1550).
Neppure rileva, a fondare il presunto sviamento del potere amministrativo dedotto dall’appellante, il fatto che l’amministrazione abbia deciso di sopprimere i posti nell’Area Socio-culturale rimasti vacanti, anziché nuovamente metterli a concorso, così come non è pertinente l’argomento secondo cui il posto che avrebbe potuto essere assegnato all’appellante successivamente sia stato invece attribuito ad altri candidati idonei per l’Area amministrativa, le cui lauree sarebbero “espressamente equiparate e dichiarate equipollenti, nel bando concorsuale”, a quella posseduta dal dott. Ca. Fr..
Invero, rientra nella piena discrezionalità organizzativa dell’amministrazione valutare, alla luce delle proprie concrete esigenze, l’opportunità di conservare in organico dei posti rimasti vacanti oppure sopprimerli, non essendo certo tenuta a motivare alcunché in tal senso ai candidati legittimamente esclusi dalla procedura.
Né può ritenersi indice di eccesso di potere – tanto più a fronte di una generica censura quale quella formulata – la circostanza che la stessa amministrazione, sempre sulla base dei propri interessi organizzativi, abbia deciso, una volta conclusasi la procedura ed alla luce dei concreti risultati della stessa, di potenziare determinate posizioni di impiego (quali quelle dell’Area amministrativa) in parziale compensazione con altre rimaste parzialmente scoperte.
Con il quarto motivo di appello viene riproposta la censura del bando di concorso nella parte in cui non aveva espressamente previsto, tra i titoli di laurea idonei a consentire il conferimento di sei posti di dirigente per l’Area Socio-culturale, quello in Scienze statistiche ed economiche; in particolare, si contesta che la relativa impugnazione sia stata tardiva, come invece ritenuto dal primo giudice.
Il motivo non è fondato.
Correttamente, infatti, la sentenza appellata ha rilevato che, non esistendo una norma di legge che formalmente sancisse (in via diretta) l’equipollenza tra il diploma di laurea posseduto dal ricorrente ed i titoli indicati nel bando di concorso, l’interessato avrebbe da subito dovuto impugnare il suddetto bando – nel termine di sessanta giorni dalla sua pubblicazione – in quanto immediatamente escludente la sua partecipazione alla procedura selettiva.
L’immediata lesività della lex specialis discendeva dalla già rilevata vincolatività della stessa, non prevedendo espressamente la possibilità di ammettere anche il titolo di studio vantato dal dott. Ca. Fr. e, per contro, non essendo possibile all’amministrazione operare – in difetto di specifiche disposizioni in tal senso del bando – una valutazione di equipollenza sostanziale dei titoli, ovvero un’interpretazione estensiva e/o analogica dei requisiti di concorso.
Né tale omessa impugnazione potrebbe essere imputata – ai fini di un’ipotetica rimessione in termini – ad un errore scusabile, poiché l’interessato non poteva non sapere, sin dall’inizio, che il titolo di laurea da lui posseduto non era ricompreso tra quelli indicati dal bando, così come ben avrebbe potuto prendere atto, in tempo utile, del fatto che i decreti ministeriali all’epoca in vigore non prevedevano una formale e diretta equipollenza dei titoli medesimi.
Con il quinto motivo di appello viene invece dedotto, nel merito, “l’illegittimo esercizio della discrezionalità amministrativa da parte della Regione Calabria nello scegliere e nell’indicare i titoli di laurea ritenuti equipollenti – e fra loro reciprocamente equiparati – ai fini della partecipazione concorsuali per l’Area Socio-Culturale”.
In estrema sintesi, l’appellante contesta all’amministrazione di avere ammesso dei titoli di laurea tra loro disomogenei e non invece quello posseduto dal dott. Ca. Fr., nonostante questo presentasse “un grado altissimo e maggiore di omogeneità, di affinità e di piena equiparabilità ” con la laurea in Scienze statistiche ed economiche.
Il motivo non è fondato.
Se da un lato, paradossalmente, tale censura evidenzia la correttezza di quanto rilevato dal primo giudice circa l’autonoma lesività dell’impugnata disposizione del bando di concorso, con conseguente tardività del gravame, va detto – nel merito – che l’amministrazione gode indubbiamente di discrezionalità nell’individuare i titoli di studio richiesti per partecipare ad una procedura selettiva, salvo il limite generale dell’abnormità della scelta o della sua evidente contraddittorietà .
Evidente contraddittorietà che non è però dato rilevare, nel caso di specie, laddove il bando di concorso – lungi dall’includere dei titoli di studio incoerenti con l’oggetto della procedura selettiva – neppure ha optato per una rigida tipizzazione dei titoli ammissibili, ma ha pur sempre fatto salvi quelli ritenuti equipollenti ex lege (evitando dunque di operare delle corrispondenze discrezionali, strumentali alle proprie esigenze funzionali ma pur sempre suscettibili di dar vita ad incoerenze).
Il motivo di appello, in buona sostanza, contesta alla Regione Calabria di non aver ulteriormente esteso l’ambito degli specifici titoli richiesti, ma non ha per contro dimostrato che, con ciò facendo, si sarebbe venuta a creare una palese incoerenza “di sistema” per essere il titolo non incluso meglio rispondente di quelli ammessi allo scopo prefissato dall’amministrazione.
La questione viene ripresa nel successivo sesto motivo di appello (rubricato sub n. 3), nel quale si sostiene l’essenzialità dell’analisi statistica, che verrebbe desunta dal tenore della deliberazione della Giunta regionale n. 614 del 14 settembre 2004, recante “Determinazione della dotazione organica della Giunta Regionale ai sensi della legge 289/2002 e succ. modificazioni ed integrazioni”.
Ad avviso dell’appellante, la Regione avrebbe invece postulato che la laurea in Scienze statistiche ed economiche, nonostante la formale attinenza a tale disciplina, non fosse coerente e/o attinente al posto da ricoprire, con ciò contraddicendo anche le prescrizioni della circolare 27 dicembre 2000, n. 6350/4.7 del Dipartimento della funzione pubblica, la quale prescrive che le amministrazioni devono individuare, per l’accesso alle funzioni dirigenziali, “diplomi di laurea nelle classi coerenti con le professionalità da selezionare”, ribadendo così il principio della necessaria attinenza del titolo rispetto al posto da ricoprire.
Neppure questo motivo è fondato.
Le considerazioni svolte dall’appellante, infatti, non danno univocamente atto di un’incoerenza strutturale nella scelta dell’amministrazione di non includere anche la laurea in Scienze statistiche ed economiche tra quelle richieste dal bando, ma si limitano ad evidenziare che la richiamata deliberazione di Giunta avrebbe tenuto in considerazione, tra le altre, anche le discipline statistiche (discipline però contemplate non solo nel corso di laurea frequentato dal dott. Ca. Fr., ma anche in altri espressamente individuati nel bando).
Non dimostra però l’appellante che l’intero corso di studi in Scienze statistiche ed economiche meglio rispondesse – nel suo complesso e rispetto agli altri indicati nella lex specialis – al perseguimento degli obiettivi occupazionali e professionali perseguiti dall’amministrazione, con conseguente incoerenza strutturale della sua mancata inclusione.
Con il settimo motivo di appello viene dedotto che, anche laddove si volesse ritenere legittima l’esclusione dell’appellante per difetto titolo di studio adeguato e per tardiva impugnazione della clausola escludente del bando di concorso, pur tuttavia lo stesso avrebbe avuto interesse ad impugnare della deliberazione della Giunta regionale n. 1014 del 2008, che aveva disposto la soppressione di due posti rimasti vacanti nell’Area Socio-culturale e di due ulteriori posti nell’Area economico-finanziaria, con successivo incremento di quelli inizialmente messi a concorso nell’Area Amministrativa.
Ana interesse avrebbe avuto ad impugnare il successivo decreto dirigenziale n. 22233 del 2009 e – in parte qua – della deliberazione di Giunta regionale n. 1075 del 23 dicembre 2008, sul presupposto dell’incomunicabilità delle Aree concorsuali – che sarebbe stata sancita dall’art. 5, lett. d) del bando – da cui sarebbe conseguito l’obbligo, per la Regione, di rimettere a concorso i posti vacanti.
Non si potrebbe, quindi, parlare di mancato interesse al gravame, essendo “evidente che l’odierno ricorrente, già risultato idoneo nella precedente competizione, avrebbe potuto partecipare nuovamente alla nuova competizione e con altissime probabilità di successo, anche perché – questa volta a seguire il ragionamento del Giudice di primo grado – qualora la Regione Calabria non avesse previsto espressamente, fra i requisiti di ammissione, il possesso della Laurea in Scienze Statistiche ed Economiche, l’odierno appellante avrebbe certamente – stante il già avvenuto pronunciamento del Giudice sul tema – impugnato vittoriosamente (a fronte della piena equiparabilità e coerenza della propria laurea con il profilo professionale dirigenziale di cui all’Area Socio-Culturale e/o a fronte della manifesta illogicità e/o razionalità di una non contemplazione fra i titoli espressamente da indicare) una eventuale clausola del bando deficitaria in tal senso”.
Neppure questo motivo è fondato.
E’ infatti immanente alla discrezionalità organizzativa dell’amministrazione la possibilità di rimodulare (ed anche sopprimere), alla luce dei risultati della procedura comparativa ed in considerazione delle sue preminenti esigenze strumentali, i posti messi a concorso e rimasti vacanti, così come va riconosciuta la possibilità in capo alla stessa – per le medesime ragioni – di utilizzare in altri settori le risorse economiche resesi disponibili per effetto di tale rimodulazione, nella specie incrementando il numero delle assunzioni di dirigenti dell’Area Amministrativa.
D’altro canto, una volta preso atto della legittima esclusione dell’appellante dalla procedura di concorso, non è ravvisabile in capo a quest’ultimo alcuna posizione di obiettivo interesse – suscettibile di tutela giudiziaria – ad ottenere che l’amministrazione indica un nuovo concorso per assegnare i posti rimasti vacanti per mancanza di candidati idonei.
Tanto meno l’appellante potrebbe vantare un interesse qualificato e tutelato a che la stessa amministrazione, in occasione di eventuali futuri concorsi relativi alle medesime posizioni di impiego, venga a modificare i requisiti di partecipazione precedentemente adottati, ove già ritenuti legittimi (come nel caso di specie).
Con l’ottavo motivo di appello, rubricato “4.b – Invalidità derivata” si rileva inoltre che, una volta annullato il provvedimento di esclusione impugnato, verrebbero automaticamente a cadere le successive deliberazioni regionali che lo presuppongono.
All’accertata legittimità del suddetto provvedimento, di cui ai rilievi che precedono, consegue però la carenza di interesse a coltivare tale profilo di gravame.
Con il nono motivo di impugnazione, poi, si deduce che la soppressione dei posti a concorso rimasti vacanti avrebbe costituito una “operazione provvedimentale […] gravemente lesiva ed incidente sulla legittima e qualificata aspettativa del ricorrente, odierno appellante, ad essere reintegrato al 4° posto della graduatoria di merito per l’Area Socio-Culturale”, all’esito (vittorioso) delle azioni di impugnazioni esercitate.
Per l’effetto, conclude l’appellante, sussisteva l’obbligo per la Regione Calabria di dare al dott. Ca. Fr. preventiva comunicazione dell’avvio del relativo procedimento, la cui omissione si porrebbe in contrasto con quanto stabilito dall’art. 7 della legge n. 241 del 1990.
Il motivo è destituito di fondamento, per le ragioni già precedentemente esaminate.
Invero, fermo quanto già detto sull’assenza di un obbligo di comunicazione in ordine all’esclusione di un candidato per riscontrata carenza di un requisito partecipativo, una volta preso atto della legittimità dell’esclusione nessun residuo obbligo partecipativo nei suoi confronti è ravvisabile – in ordine alle ulteriori vicende della procedura di concorso – in capo all’amministrazione.
Con il decimo motivo di appello (ripropositivo del sesto motivo di ricorso) viene invece contestato che, con la delibera di Giunta n. 1014 del 2008 e con i successivi provvedimenti attuativi (decreto n. 22233 del 2008 e delibera di Giunta n. 1075 del 2008) sarebbe stata sostanzialmente posta in essere una variazione della pianta organica dell’amministrazione, senza però rispettare le procedure all’uopo previste dalle vigenti norme regionali e nazionali, analiticamente indicate in ricorso.
Per l’effetto, tali provvedimenti dovevano considerarsi illegittimi.
Inoltre, la scelta di aumentare i posti dirigenziali dell’Area Amministrativa dopo aver eliminato quelli rimasti scoperti delle diverse Aree Economico-finanziaria e Socio-culturale si sarebbe posta in contrasto con la reciproca incomunicabilità delle relative graduatorie, desumibile dall’art. 5, lett. b) del bando di concorso, là dove prescrive, a pena di esclusione, che ciascun interessato possa concorrere per una sola delle quattro Aree specificate.
Infine, l’appellante contesta che la modifica della componente dirigenziale non sarebbe stata motivata alla luce delle previsioni del piano triennale dei fabbisogni.
In virtù di quanto rilevato in precedenza circa il difetto di interesse dell’appellante a dolersi delle modifiche intervenute successivamente alla sua esclusione dalla procedura di concorso, il motivo dev’essere dichiarato inammissibile.
Con l’undicesimo motivo di appello viene invece dedotta l’invalidità della citata delibera di Giunta n. 1014 del 2008 per essere stata adottata sulla base del presupposto erroneo che i posti rimasti vacanti lo fossero solo “per insufficienza del numero dei candidati risultati idonei”. In realtà, eccepisce l’appellante, avendo il dott. Ca. Fr. superato positivamente tutte le prove ed essendosi pertanto collocato al quarto posti della graduatoria provvisoria di merito, anch’esso avrebbe dovuto essere considerato “idoneo”.
In breve, “la sua esclusione, proprio perché sopravvenuta dopo il brillante superamento di tutte le prove, non lo rendeva – né lo rende – equiparabile ai candidati non risultati idonei, in quanto il candidato non idoneo è solo il candidato che non ha superato le prove, non quello che le ha superate e, poi, è stato escluso per asserita non equipollenza del titolo di laurea”.
Per l’effetto, conclude l’appellante, una “diversa percezione della effettiva situazione di fatto” avrebbe verosimilmente indotto l’amministrazione a valutare con più attenzione l’opportunità di rinunciare ad una posizione di dirigente nell’Area Socio-culturale.
Il motivo è palesemente inammissibile per difetto di interesse e, comunque, infondato.
Nessuna pratica rilevanza può infatti avere, ai fini dalla contestata legittimità della procedura di concorso, distinguere la posizione di un candidato escluso dalla procedura per carenza di un requisito essenziale di partecipazione rispetto a quella degli altri candidati che, seppur ammessi, non sono poi stati in concreto qualificati idonei.
Invero, una volta preso atto della legittimità della sua esclusione, in alcun modo la posizione dell’appellante poteva essere tenuta in conto all’interno della procedura in esame, esattamente come accade per i candidati non utilmente collocatisi in graduatoria (definitiva).
Né, come già visto, alcun rilevo o tutela giuridica avrebbe potuto avere il generico ed ipotetico auspicio di un più ponderato giudizio (di per sé, eminentemente discrezionale) circa l’opportunità di conservare o meno in ruolo una posizione dirigenziale rimasta scoperta.
Con il dodicesimo motivo di appello (ripropositivo dell’ottavo motivo di ricorso introduttivo) viene infine dedotta la nullità della clausola del bando (art. 14) in base alla quale “L’assunzione dei vincitori è comunque subordinata alla conferma della sussistenza dei relativi posti vacanti”.
Da un lato, infatti, la mancata previsione delle ipotesi che avrebbero potuto determinare il venir meno della vacanza avrebbe integrato una violazione dei principi di imparzialità e buon andamento dell’amministrazione, nonché del legittimo affidamento dell’interessato; dall’altro, detta clausola avrebbe subordinato l’obbligo di assunzione alla mera volontà dell’amministrazione ed alle sue contingenti esigenze.
Il motivo è inammissibile, oltre che in ragione della sua genericità, per evidente carenza di interesse, essendo stato l’appellante escluso dalla procedura e non potendosi quindi porre, nei suoi confronti, ipotetici e futuribili problemi di mancata assunzione dei candidati utilmente collocatisi nella graduatoria definitiva di merito.
Alla luce dei rilievi che precedono, l’appello va dunque respinto. Le spese, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Quinta, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna l’appellante al pagamento, in favore della Regione Calabria, delle spese di lite dell’attuale grado di giudizio, che liquida in euro 3.000,00 (tremila/00) oltre Iva e Cpa se dovuti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 14 febbraio 2019 con l’intervento dei magistrati:
Francesco Caringella – Presidente
Paolo Giovanni Nicolò Lotti – Consigliere
Fabio Franconiero – Consigliere
Valerio Perotti – Consigliere, Estensore
Angela Rotondano – Consigliere
Per aprire la pagina facebook @avvrenatodisa
cliccare qui
Leave a Reply