Consiglio di Stato, sezione sesta, Sentenza 7 novembre 2018, n. 6285.
La massima estrapolata:
L’irrogazione dell’acquisizione automatica risulta legittima unicamente nel caso in cui siano oggettivamente presenti le condizioni fissate dalla norma stessa, quali la volontaria inottemperanza protrattasi ininterrottamente per novanta giorni dall’ingiunzione e l’inerzia dell’interessato in assenza di validi impedimenti di diritto o di fatto alla demolizione delle opere nell’anzidetto termine.
Sentenza 7 novembre 2018, n. 6285
Data udienza 11 ottobre 2018
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Sesta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1512 del 2018, proposto da
Ca. S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Ri. Ru., An. Ma., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio An. Ma. in Roma, via (…);
contro
Comune di (omissis), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Al. Ri., St. Ga., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio St. Ga. in Roma, via (…);
per la riforma
della sentenza del CONSIGLIO DI STATO – SEZ. VI n. 06141/2017, resa tra le parti, concernente PER LA REVOCAZIONE DELLA SENTENZA DI CODESTO CONSIGLIO DI STATO N. 06141/2017, SEZIONE SESTA, PUBBLICATA IL 28/12/2017, R.G. 8147/2015, NON NOTIFICATA.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Comune di (omissis);
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 11 ottobre 2018 il Cons. Oreste Mario Caputo e uditi per le parti gli avvocati An. Ma., Ri. Ru. e St. Ga.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. E’ oggetto di ricorso per revocazione la sentenza del Consiglio di Stato, sez. VI, n. 6141/2017, pubblicata il 28 dicembre 2017, di reiezione dell’appello proposto proposta da Ca. s.r.l avverso la sentenza del Tar Veneto n. 590/2015 che ha respinto il ricorso contro il provvedimento di acquisizione al patrimonio comunale per effetto dell’inottemperanza dell’ordine di ripristino.
2. Dagli atti della causa si rileva che:
– in data 10 aprile 2008 veniva notificata alla Ca. s.r.l. l’ordinanza nr. 33 del 31 marzo 2008 con la quale il comune di (omissis) ordinava il ripristino entro 90 giorni della destinazione d’uso turistica di 13 dei miniappartamenti;
– ordinanza impugnata avanti al TAR con ricorso r.g. n. 1004 del 2008 che respingeva la domanda cautelare;
– a decorrere dal 23 aprile 2008 la Ca. s.r.l. affidava la gestione del complesso immobiliare alla Ge. Im. s.r.l.;
– il giorno 23 giugno 2008 la Ge. Im. s.r.l stipulava nuovi contratti ad uso turistico-recettizio, depositati presso il Comune nei giorni 8 e 9 luglio 2008 e registrati il 14 luglio 2008;
– con comunicazione del 26 giugno 2008 protocollata dal comune di (omissis) in pari data al n. prot. 23645 sia la Ge. Im. srl sia la Ca. srl dichiaravano “si ottempera al ripristino d’uso come da ordinanza n. 33”;
– il Comune di (omissis) con relazione del giorno 11 luglio 2008 rilevava la non ottemperanza all’ordinanza n. 33;
– nel mese di agosto 2008 il Consiglio di Stato, riformando la pronuncia di primo grado nel ricorso r.g. n. 1004 del 2008 proposto avverso l’ordinanza di ripristino, accoglieva la domanda cautelare sospendendo l’esecuzione dei provvedimenti impugnati;
– il TAR Veneto, sezione. II, con sentenza 25 marzo 2009 n. 736 respingeva i ricorsi (n. 2881/2005 e n. 1004/2008).
– il Comune, decorsi 90 giorni dalla data di deposito della sentenza, emanava provvedimento nr. 112 prot. n. 24522 del 24 giugno 2009 col quale dichiarava l’acquisizione di diritto delle 13 unità immobiliari;
– la Ca. s.r.l. domandava l’annullamento dell’ordinanza di acquisizione nr. 112 del 24 giugno 2009 al Tar Veneto (R.G. 2145/2009) il quale rigettava l’istanza con sentenza n. 590/2015, sul rilievo che “la parte ricorrente con la nota del 26 giugno 2008, che è la data di scadenza del termine, non ha in alcun modo comprovato di aver già ottemperato, ma si è limitata a comunicare di aver intenzione di ottemperare. Qualora avesse ottemperato, gli elementi idonei a dimostrare l’eventuale ottemperanza sarebbero stati nella sua disponibilità e avrebbero potuto essere prodotti”.
– avverso la decisione proponeva appello il ricorrente, R.G. 8147/2015;
– il Consiglio di Stato, con sentenza 6141/2017 del 13 ottobre 2016, depositata il 28 dicembre 2017, ritenendo non dimostrata l’ottemperanza, rigettava l’appello;
– in data 9 gennaio 2018 la Ca. s.r.l. richiedeva al Sindaco, al dirigente dell’ufficio tecnico, al Segretario comunale e al comandante della Polizia Municipale la copia delle comunicazioni di cessione fabbricato “a partire dal 23 giugno 2008 fino al 14 luglio 2008”;
– con comunicazione del 22 gennaio 2018, prot. 2957, il Comandante del Corpo di Polizia Municipale consegnava, unitamente ai contratti, “le copie delle cessioni di fabbricato da voi richieste”, dichiarando altresì che “per quanto riguarda il sig. Tu. la registrazione è stata reperita solo sul registro nr. 157/06 art 7 del 9 luglio 2008”;
3. Avverso la sentenza del Consiglio di Stato n. 6141/2017 propone istanza di revocazione la Ca. s.r.l. richiedendo, previa rescissione della sentenza impugnata, di accogliere il ricorso d’appello (RG 8147/2015) riformando la sentenza del TAR Veneto, sez. II nr. 590/2015 del 22 aprile 2015, annullando l’ordinanza n. 112 prot. n. 24522 del 24 giugno 2009, con la quale è stata dichiarata l’acquisizione di diritto di 13 unità immobiliari ordinando al proprietario e ai detentori di lasciarle libere.
4. Alla pubblica udienza dell’11.10.2018 la causa, su richiesta delle parti, è stata trattenuta in decisione.
5. Sulla fase c.d. rescindente volta a verificare la sussistenza dei motivi di revocazione di cui all’art 395 c.p.c., come espressamente richiamato dall’art. 106, comma 1, c.p.a.
Va osservato che la ricorrente ha invocato l’art. 395, comma 1, nr° . 3 c.p.c.. poiché “dopo la sentenza sono stati trovati uno o più documenti decisivi che la parte non ha potuto produrre in giudizio per causa di forza maggiore o per fatto dell’avversario”.
5.1. Il riferimento attiene ai contratti ad uso turistico-ricettizio depositati presso il Comune nei giorni 8 e 9 luglio 2008 dalla Ge. s.r.l., incaricata da parte della Ca. s.r.l. della gestione del complesso immobiliare.
5.2. Tali documenti risultano rilevanti poiché costituiscono elemento di prova dell’adempimento della Ca. dell’ordine di ripristino della destinazione d’uso emanato dal Comune di (omissis) con ordinanza nr. 33 del 31 marzo 2008.
Nonostante l’avvenuto deposito, il Comune ha sempre negato che i contratti datati 23 giugno 2008 fossero resi ostensibili agli uffici comunali; nondimeno, a fronte delle richieste della Ca. s.r.l. di conoscere quali fossero i contratti da cui l’ufficio tecnico avrebbe dedotto nella nota dell’11 luglio 2008 l’inottemperanza, il Comune ha consegnato e depositato in sede giudiziale contratti della precedente società di gestione, in grado d’ingenerare incertezza sulla cornice probatoria entro cui inscrivere la vicenda dedotta in giudizio.
Sul punto, è dirimente – in quanto assistita da fonte documentale certa – la nota del 22 gennaio 2018, prot. 2957 del Comandante del Corpo di Polizia Municipale il quale ha affermato che la comunicazione dei contratti al Comune era avvenuta entro il 9 luglio 2008, ovvero entro 90 giorni dalla notifica dell’ordine di ripristino.
Né in contrario rileva che la registrazione dei contratti sia intervenuta solo il 14 luglio 2008.
La registrazione è richiesta ai fini dell’imposta di registro: come tale, non esclude l’idoneità della comunicazione degli atti – ancorché eventualmente non ancora o tardivamente registrati presso l’ufficio del Registro – ai fini (di fornire almeno un principio) della prova dell’adempimento per cui è causa.
6.1.Conclusivamente, la richiamata nota del 22 gennaio 2018, proveniente da organo comunale, ha dato modo per la prima volta alla Ca. s.r.l. di far valere documenti decisivi ai fini del giudizio, sì da integrare l’ipotesi astratta di cui all’art. 395, comma 1, nr.3, cp.c., della conoscenza sopravvenuta del documento (ritrovato) comportante la revocazione della sentenza..
6.2 In contrario a quanto dedotto dal Comune, alla società ricorrente non può rimproverarsi alcun addebito relativo alla (colposa) ignoranza di tali contratti, i quali non risultano ad essa né imputabili né destinati; mentre, di converso, erano nella disponibilità del Comune.
7. Con il secondo motivo, la società deduce la sussistenza di un ulteriore errore di fatto revocatorio, ex art. 395 c 1 nr. 4 c.p.c..
8. Il motivo proposto a fini rescindenti può ritenersi assorbito.
9. Rilevata la fondatezza dell’istanza di revoca per documento sopravvenuto, occorre passare alla fase rescissoria.
Sul punto il ricorrente ripropone i molteplici motivi già posti a fondamento dell’appello avverso la sentenza 590/2015 del TAR Veneto.
In particolare la società ricorrente insiste sul rilevo che il termine finale per l’ottemperanza debba ravvisarsi nel giorno 9 luglio.
10. Il motivo è fondato.
10.1. La notifica dell’ordine di demolizione risale al 10 aprile 2008: da quella data decorreva il dies a quo di 90 giorni per l’ottemperanza.
10.2. Il dato cronologico temporale, relativo al lasso di tempo entro il quale dare esecuzione all’ordinanza di ripristino, è dirimente alla luce dei nuovi documenti emersi in giudizio.
10.3 L’irrogazione dell’acquisizione automatica risulta legittima unicamente nel caso in cui siano oggettivamente presenti le condizioni fissate dalla norma stessi, vale a dire: la volontaria inottemperanza protrattasi ininterrottamente per novanta giorni dall’ingiunzione e l’inerzia dell’interessato in assenza di validi impedimenti di diritto o di fatto alla demolizione delle opere nell’anzidetto termine.
10.4 Nel caso in esame, il presupposto stesso dell’acquisizione al patrimonio della res abusiva, vale a dire la volontaria inottemperanza all’ordinanza di demolizione oltre il termine di 90 giorni dalla comunicazione – erroneamente presunto in ragione della mancata prova dell’ottemperanza – non è stato dimostrato in giudizio.
Pur avendo la concreta disponibilità dei documenti riferiti al (presunto ed asserito) tempestivo adempimento, il Comune, disattendendo l’onere probatorio su di esso gravante, senza nemmeno prenderli in considerazione per confutarne il fondamento probatorio, ha proceduto tout court all’acquisizione.
11. Non va passato sotto silenzio che l’irrogazione dell’acquisizione automatica risulta legittima unicamente nel caso in cui siano oggettivamente presenti le condizioni fissate dalla norma stessa, quali la volontaria inottemperanza protrattasi ininterrottamente per novanta giorni dall’ingiunzione e l’inerzia dell’interessato in assenza di validi impedimenti di diritto o di fatto alla demolizione delle opere nell’anzidetto termine
Conformemente, distinguendo i diversi presupposti che giustificano l’applicazione della sanzione della demolizione rispetto all’acquisizione della res abusiva, è stato da ultimo chiarito – con indirizzo cui va data continuità – che “mentre l’ordine di demolizione ? avendo natura ripristinatoria ? prescinde dalla valutazione dei requisiti soggettivi del trasgressore, applicandosi anche a carico di chi non abbia commesso la violazione, ma si trovi al momento dell’irrogazione in un rapporto con la res tale da assicurare la restaurazione dell’ordine violato, l’ulteriore misura sanzionatoria, consistente nell’acquisizione gratuita dell’immobile, non può essere disposta quando non è possibile muovere alcun addebito di responsabilità nei confronti di chi la subisce” (cfr., Cons. Stato, sez. VI, 1 marzo 2018, n. 1263).
11.1 L’acquisizione automatica – va sottolineato – non condivide il carattere reale dell’ordinanza di demolizione avendo funzione punitivo-afflittiva con la conseguenza che devono trovare applicazione gli istituti e le garanzie tipiche di tutte le sanzioni di carattere punitivo afflittivo pur aventi natura amministrativa (cfr., Corte cost. 4 giugno 2010, n. 196 che richiama la giurisprudenza della Corte di Strasburgo, formatasi in particolare sull’interpretazione degli artt. 6 e 7 Cedua: Corte di Giustizia UE 13 febbraio 1979, in causa C-85/76 Corte di Giustizia UE 19 gennaio 2006, in causa C-240/03).
12. I restanti motivi devono intendersi assorbiti.
12. Conclusivamente il ricorso è fondato e, per l’effetto, deve essere revocata la sentenza del Consiglio di Stato n. 6141/2017 ed annullato il provvedimento di acquisizione al patrimonio comunale per effetto dell’inottemperanza dell’ordine di ripristino (ordinanza n. 112 prot. n. 24522 del 24 giugno 2009).
13. La complessità della situazione di fatto dedotta in giudizio giustifica al compensazione delle spese di lite.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Sesta, definitivamente pronunciando sul ricorso per revocazione, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, revoca la sentenza del Consiglio di Stato n. 6141/2017 ed annulla il provvedimento di acquisizione al patrimonio comunale (ordinanza n. 112 prot. n. 24522 del 24 giugno 2009).
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 11 ottobre 2018 con l’intervento dei magistrati:
Vincenzo Lopilato – Presidente FF
Marco Buricelli – Consigliere
Oreste Mario Caputo – Consigliere, Estensore
Giordano Lamberti – Consigliere
Stefano Toschei – Consigliere
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