La necessità di un piano attuativo può rendersi indispensabile quando s’invera un’ipotesi in cui per effetto di una edificazione disomogenea ci si trovi di fronte ad un situazione che esige un piano attuativo idoneo a restituire efficienza all’abitato

Consiglio di Stato, sezione quarta, Sentenza 12 luglio 2018, n. 4271.

La massima estrapolata:

L’esigenza di un piano di lottizzazione, quale presupposto per il rilascio del titolo abilitativo, si impone anche al fine di un armonico raccordo con il preesistente aggregato abitativo, allo scopo di potenziare le opere di urbanizzazione già esistenti e, quindi, anche alla più limitata funzione di armonizzare aree già compromesse ed urbanizzate, che richiedano una necessaria pianificazione della maglia e perciò anche in caso di lotto intercluso o di altri casi analoghi di zona già edificata e urbanizzata.
La necessità di un piano attuativo può rendersi indispensabile quando s’invera un’ipotesi in cui per effetto di una edificazione disomogenea ci si trovi di fronte ad un situazione che esige un piano attuativo idoneo a restituire efficienza all’abitato, riordinando e talora definendo ex novo un disegno urbanistico di completamento della zona. Tale evenienza può per esempio verificarsi allorché debba essere completato il sistema di viabilità secondaria nella zona o quando debba essere integrata l’urbanizzazione esistente garantendo il rispetto dei prescritti standards minimi per spazi e servizi pubblici e le condizioni per l’armonico collegamento con le zone contigue già asservite all’edificazione.

Sentenza 12 luglio 2018, n. 4271

Data udienza 24 maggio 2018

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Quarta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 582 del 2017, proposto da Edilizia Sc. S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Gi. Ma., domiciliato presso la Segreteria Sezionale Cds in Roma, piazza (…);
contro
Ro. Ma. La., rappresentata e difesa dall’avvocato Vi. Ag., con domicilio eletto presso lo studio An. De An. in Roma, via (…);
nei confronti
Comune di Matera, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Gi. Fr., con domicilio eletto presso lo studio Gi. Vi. in Roma, (…);
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Basilicata (Sezione Prima) n. 01071/2016, resa tra le parti, concernente permesso di costruire rilasciato dal Comune di Matera in favore della Edilizia Sc. S.r.l.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Matera e di Ro. Ma. La.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 24 maggio 2018 il Cons. Giuseppa Carluccio e uditi per le parti gli avvocati Gi. Ma., Vi. Ag. e Gi. Fr..
FATTO e DIRITTO
1.La controversia ha per oggetto il permesso di costruire (n. 50987 del 2014) rilasciato dal Comune di Matera in favore della società Edilizia Sc. srl (d’ora in poi società) per la realizzazione di capannoni artigianali in un’area destinata a zona artigianale.
1.1. L’edificazione concerne una zona dove, per effetto di una variante al PRG del Comune, intervenuta negli anni 1990/1991, era stata prevista la necessità di un Piano Particolareggiato di iniziativa Pubblica (d’ora in poi PPP) o di un Piano di lottizzazione ad iniziativa privata (d’ora in poi PdL).
1.2. Sulla base di tale disciplina, alcuni proprietari hanno presentato un PdL, approvato nel 1997, ma non sono mai addivenuti alla stipula della convenzione.
1.2.3. A partire dall’anno 2000 l’amministrazione comunale ha rilasciato alcuni permessi di costruire per la realizzazione di manufatti produttivi artigianali e industriali.
1.2.4. Il permesso di costruire alla società è stato rilasciato sul lotto n. 18 e su parte del lotto n. 17, come individuati nel Pdl mai convenzionato.
2. La signora Ro. Ma. La. (coassegnataria del lotto n. 17 dello stesso originario PdL), ha impugnato dinanzi al T.a.r. il permesso in argomento, denunciando l’illegittimità dell’intervento diretto in zona dove era previsto uno strumento attuativo.
3. Il primo giudice, riconosciuto l’interesse a ricorrere in capo alla signora La., ha accolto il ricorso ed ha annullato il permesso di costruire.
4. Avverso la suddetta sentenza, la società ha proposto appello articolato in tre motivi, esplicato da memorie.
Si è costituito il Comune di Matera, aderendo all’appello.
Si è costituita la signora La., depositando anche memorie.
5.Nella fase cautelare, questo Consiglio (ord. n. 1109 del 2017) ha sospeso l’esecutività della sentenza gravata e disposto la sollecita trattazione del merito, in ragione della necessità di approfondimento nella sede propria del merito e dell’interesse dell’appellante di impedire gli effetti pregiudizievoli dell’annullamento del permesso di costruire rispetto a capannoni già realizzati.
6. Preliminare è lo scrutinio della sussistenza o meno dell’interesse a ricorrere in capo alla signora La., che il primo giudice ha ritenuto sussistente, ed è contestato in appello dalla società con il primo motivo.
6.1.Il T.a.r. ha riconosciuto l’interesse sulla base di due autonome argomentazioni: a) la ricorrente è comproprietaria del lotto n. 17, in parte oggetto del titolo edilizio, con la conseguenza che il proprietario è legittimato ad opporsi a titoli edificatori richiesti da altri; b) la ricorrente è confinante con il lotto n. 18, con la conseguenza che vale la vicinitas.
6.2. La società, con l’appello, mette in rilievo che il permesso di costruire non involge aree di proprietà della signora La., ma solo quella parte del lotto n. 17 di proprietà della società. Inoltre, sostiene il difetto di interesse a ricorrere nella qualità di coassegnataria del lotto 17, che si sostanzierebbe in un interesse all’attuazione dell’originario PdL; pretesa non è più oggettivamente possibile per via dei permessi rilasciati dal Comune a partire dall’anno 2000 e della realizzazione delle opere necessarie di urbanizzazione.
6.3. Se è vero che il primo giudice ha errato nel ritenere la signora Sc. proprietaria di parte dell’area oggetto del titolo abilitativo – come peraltro riconosce la stessa appellata – l’interesse a ricorrere sussiste sulla base della vicinitas.
L’originaria ricorrente, infatti, è proprietaria dell’area frontistante al lotto n. 17, di un’area agricola, distante circa 220 metri dai lotti oggetto di causa, come riconosce lo stesso Comune; comunque, indipendentemente dalla effettiva distanza, è indubbio che la stessa è proprietaria di aree comprese in una zona per la quale la variante al PRG degli anni 1990/1991 prevede la necessità di piani attuativi.
Consegue il rigetto del motivo di ricorso.
7. Nel merito, il T.a.r. ha accolto il ricorso sulla base delle essenziali argomentazioni che seguono:
a) il permesso di costruire è illegittimo perché è stato rilasciato in mancanza del piano attuativo previsto dal PRG;
b) il PRG prevedeva o il PPP o PdL; pacifico che non vi è stato il primo e che non si è perfezionato il secondo, per mancata stipula della convenzione;
c) consegue che, allo stato, l’area risulta sprovvista di piani attuativi in relazione ai quali rilasciare i relativi titoli edilizi;
d) pertanto, si applica l’art. 9, n. 2 del t.u.edil, relativo alle aree nelle quali non siano stati approvati strumenti urbanistici attuativi previsti dagli strumenti urbanistici generali, e sono consentiti solo interventi di manutenzione ordinaria, straordinaria, di restauro e risanamento conservativo, di ristrutturazione edilizia; mentre, sono inibite nuove costruzioni;
e) non rileva che, come argomentano amministrazione e società, non vi sia una norma che possa imporre ai privati di stipulare la convenzione, perché ciò che conta è l’attuale disciplina urbanistica dell’area; né rileva che, essendo trascorso oltre un decennio dalla approvazione del PRG la situazione sarebbe assimilabile alla decadenza dei piani attuativi, che consentirebbe la costruzione di nuovi fabbricati;
f) nella specie, non ricorrono le condizioni di deroga, richieste dalla giurisprudenza, le quali in casi eccezionali consentono di prescindere dai piani attuativi; quali, lotto residuale o intercluso o una situazione di fatto corrispondente a quella che deriverebbe dall’attuazione della lottizzazione, per essere la zona già costruita e dotata di opere di urbanizzazione;
g) non vi è traccia dell’attività istruttoria che l’amministrazione avrebbe dovuto fare a tali fini, accertando che il lotto del richiedente fosse ancora l’unico a non essere ancora edificato o fosse in zona già interamente edificata;
h) né la mancanza di tale attività istruttoria può essere surrogata dalla relazione del perito della società o dalla relazione allegata alla pratica di altra concessione del 2000 perché, secondo la giurisprudenza consolidata, è inammissibile la motivazione postuma; si tratta comunque di atti provenienti da privati; d’altra parte, proprio l’acquisizione da parte dell’amministrazione di un atto d’obbligo del privato in cui questo si impegna a rispettare le previsioni del piano di lottizzazione, laddove fosse stipulata apposita convenzione, dimostra che la stessa amministrazione assume a base la necessità di un piano attuativo;
i) né si tratta di un unico lotto non edificato, posto che solo la maggior parte dei lotti del piano sono stati realizzati o sono in corso di realizzazione; né al privato mancano gli strumenti per stimolare l’approvazione del piano attuativo considerato indefettibile dal PRG.
8. Con due motivi di appello la società censura le suddette statuizioni sotto più profili, così sintetizzabili.
8.1. Il T.a.r. avrebbe errato nel ritenere inconferente la tesi, secondo la quale l’inefficacia del piano di lottizzazione già approvato è assimilabile alla decadenza dello stesso per decorso del termine di validità. Invece, l’inefficacia del piano di lottizzazione già approvato, come il piano particolareggiato decaduto, vale solo per la parte inattuata, restando a tempo indeterminato l’obbligo di osservare nella costruzione di nuovi edifici e nella modificazione di quelli esistenti gli allineamenti e le prescrizioni di zona stabiliti dal piano stesso, ai sensi dell’art. 17 l. n. 1150 del 1942.
Nella specie, l’amministrazione avrebbe sopperito all’inerzia propria e dei privati impedendo che questa si trasformasse, in presenza di tessuto edilizio urbanizzato, in un vincolo di inedificabilità a tempo indeterminato. Così, nella variante al PRG, che ha previsto l’ampliamento della zona artigianale, ha rinviato alla normativa tecnica in vigore per la zona n. 10 artigianale esistente ed ha subordinato il rilascio del permesso all’impegno a rispettare le norme urbanistiche vigenti e le previsioni del piano di lottizzazione.
8.2. Il T.a.r. avrebbe errato nel valutare le eccezioni che la giurisprudenza prevede rispetto alla indefettibilità del piano attuativo, assumendo la mancanza di istruttoria da parte del Comune e l’irrilevanza degli atti provenienti da privati. Mentre, nella specie, assumerebbero rilievo: – la relazione tecnica allegata alla richiesta di permesso, richiamata nello stesso, con conseguente mancanza di difetto di motivazione del titolo abilitativo e l’atto d’obbligo sottoscritto da richiedente; – i permessi rilasciati dallo stesso Comune per altri lotti a partire dal 2000, i quali denotano la conoscenza da parte dello stesso Comune dello stato di effettiva urbanizzazione; -l’esistenza delle opere di urbanizzazione realizzate dalla stessa amministrazione; la stessa richiesta dell’atto d’obbligo al fine di assicurarsi il rispetto degli impegni che sarebbero stati assunti mediante la convenzione.
9. Con l’impugnazione proposta sono poste all’attenzione del Collegio due questioni.
9.1. La prima concerne l’equiparazione tra un piano di lottizzazione mai efficace e un piano particolareggiato parzialmente attuato e scaduto, ai fini dell’applicabilità dell’art. 17 l. n. 1150del 1942, e, comunque, la possibilità di tale equiparazione rispetto alla particolarità della fattispecie.
9.2. La seconda questione, nella prospettiva della applicabilità dell’art. 9 del t.u.edil., si sostanzia nel se, in presenza di un piano regolatore che per l’espansione della zona artigianale preveda la necessità del Piano attuativo, pubblico o privato, in mancanza dell’uno o dell’altro, sia legittimo o meno il permesso di costruire rilasciato, dove diventa rilevante lo stato di urbanizzazione in concreto sulla base delle eccezioni individuate dalla giurisprudenza.
10. Ritiene il Collegio che al primo quesito debba darsi risposta negativa.
10.1. A tal fine rileva in primo luogo la circostanza che il piano di lottizzazione, mai divenuto efficace per la mancata stipula della convenzione, è tamquam non esset.
Mentre, il piano particolareggiato scaduto, presupposto dall’art. 17 cit., è efficace ed ha avuto in parte attuazione. Da ciò l’esigenza di disciplinare quanto continua a rilevare per le costruzioni ancora da realizzare o modificare in un contesto caratterizzato dall’inserimento del nuovo nella zona urbanizzata ed edificata sulla base del già realizzato, facendo operare a tempo indeterminato l’obbligo di osservare gli allineamenti e le prescrizioni di zona stabiliti dal piano stesso. Mentre, diventano inefficaci – salvo il riacquisto del potere dell’amministrazione di dare un nuovo assetto urbanistico alle parti non realizzate – le prescrizioni relative alla realizzazione degli strumenti urbanistici e non possono più eseguirsi espropri, preordinati alla realizzazione delle opere pubbliche e delle opere di urbanizzazione primaria (ex multis, Cons. Stato, sez. IV, n. 4278 del 2014; n. 4761 del 2011).
Evidente è la diversità della ratio dell’intervento normativo regolato dall’art. 17 cit. rispetto ad aree nelle quali gli strumenti urbanistici prevedono solo la necessità di un piano attuativo, pubblico o privato, atteso che il primo presuppone l’avvenuta urbanizzazione, seppure parziale, dell’area, ed in questo contesto regola le nuove costruzioni e le modifiche rispetto all’esistente, mentre il secondo è lo strumento per realizzare l’ordinata urbanizzazione dell’area.
Nel caso di specie, poi, anche se si ritenesse per ipotesi concepibile l’equiparazione, non vengono proprio in rilievo allineamenti e prescrizioni, ma l’ordinato svolgimento della urbanizzazione di una zona.
10.2. Quanto poi, alla invocata presenza di specificità nella fattispecie, che consentirebbero la richiesta suddetta equiparazione, ritiene il Collegio che le stesse non sussistano.
10.2.1. Esse consisterebbero, secondo la prospettazione della società appellante, nelle circostanze che: a) la variante al PRG del 1990/1991, che ha previsto l’ampliamento della zona artigianale già esistente mediante Piano attuativo pubblico o privato, ha già rinviato alla normativa tecnica in vigore per la zona artigianale n. 10 esistente; sembrerebbe, con conseguente irrilevanza della mancanza di efficacia del piano di lottizzazione; b) la società ha sottoscritto (14 ottobre 2014) un atto unilaterale di impegno al rispetto del piano di lottizzazione con l’impegno a cedere un’area individuata nel piano di lottizzazione; c) l’amministrazione ha subordinato il rilascio del permesso all’impegno a rispettare le norme urbanistiche vigenti e le previsioni del piano di lottizzazione inefficace.
In definitiva, la società sembra sostenere che l’esistenza di norme tecniche per le costruzioni, per l’ipotesi che il piano di lottizzazione non venga più approvato, e la previsione di un atto d’obbligo di cessione di aree per le opere di urbanizzazione, nonché la subordinazione del permesso al rispetto delle previsioni del piano di lottizzazione inefficace, possano consentire l’edificazione diretta anche in assenza del piano attuativo per via di un rispetto sostanziale dello stesso.
10.2.2. Il difetto di rilevanza di tali argomentazioni emerge inequivocabile. Per quanto riportato alla lett. a) è sufficiente evidenziare che, mentre le norme tecniche di costruzione riguardano le prescrizioni per l’edificazione, l’esigenza di un piano attuativo si riconnette alla scelta della amministrazione di un riordino urbanistico con la previsione di opere di urbanizzazione. A togliere ogni rilevanza alle argomentazioni riportate sub b) e c), è sufficiente sottolineare quanto emerge dagli atti a proposito dell’atto d’obbligo. Il Comune, lungi dal richiedere comunque il rispetto di quanto previsto dal piano di lottizzazione, ha ottenuto solo l’impegno “a rispettare comunque le previsioni del piano di lottizzazione laddove fosse stipulata apposita convenzione”.
Non c’è, quindi, alcun collegamento con il piano di lottizzazione inefficace e nessun impegno alla cessione di aree, ma un impegno per il futuro, per l’ipotesi della improbabile stipula della convenzione da parte di chi lo ha originariamente proposto.
11. Ritiene il Collegio che anche alla seconda questione debba darsi risposta negativa per la mancanza delle condizioni eccezionali di deroga individuate dalla suddetta giurisprudenza.
11.1. Il primo giudice ha fatto corretta applicazione di un principio consolidato nella giurisprudenza di questo Consiglio, che il Collegio condivide.
Secondo tale principio, in presenza di una zona già urbanizzata, va esclusa la necessità dello strumento attuativo solo nei casi nei quali la situazione di fatto, in presenza di una pressoché completa edificazione della zona, sia addirittura incompatibile con un piano attuativo (ad es. il lotto residuale ed intercluso in area completamente urbanizzata), ma non anche nell’ipotesi in cui per effetto di una edificazione disomogenea ci si trovi di fronte ad una situazione che esige un intervento idoneo a restituire efficienza all’abitato, riordinando e talora definendo ex novo un disegno urbanistico di completamento della zona (ad esempio, completando il sistema della viabilità secondaria nella zona o integrando l’urbanizzazione esistente per garantire il rispetto degli standards minimi per spazi e servizi pubblici e le condizioni per l’armonico collegamento con le zone contigue, già asservite all’edificazione). Ciò, in quanto l’esigenza di un piano di lottizzazione, quale presupposto per il rilascio del titolo abilitativo, si impone anche al fine di un armonico raccordo con il preesistente aggregato abitativo, allo scopo di potenziare le opere di urbanizzazione già esistenti e, quindi, anche alla più limitata funzione di armonizzare aree già compromesse ed urbanizzate, che richiedano una necessaria pianificazione della maglia e perciò anche in caso di lotto intercluso o di altri casi analoghi di zona già edificata e urbanizzata (cfr. da ultimo, Cons. Stato, sez. IV, n. 332 del 2018, nonché n. 4200 del 2013, ove numerosi riferimenti ulteriori, sez. V, n. 1177 del 2012).
In definitiva, la necessità di un piano attuativo può rendersi indispensabile quando s’invera un’ipotesi in cui per effetto di una edificazione disomogenea ci si trovi di fronte ad un situazione che esige un piano attuativo idoneo a restituire efficienza all’abitato, riordinando e talora definendo ex novo un disegno urbanistico di completamento della zona (Cons. Stato, sez. IV, n. 2592 del 2002). Tale evenienza può per esempio verificarsi allorché debba essere completato il sistema di viabilità secondaria nella zona o quando debba essere integrata l’urbanizzazione esistente garantendo il rispetto dei prescritti standards minimi per spazi e servizi pubblici e le condizioni per l’armonico collegamento con le zone contigue già asservite all’edificazione (Cons. Stato, sez. IV, n. 26 del 2012).
11.2. Nella fattispecie, esclusa e in fondo neanche pretesa l’ipotesi di fondo intercluso, si è in presenza di una edificazione disomogenea, continuata dopo con la scelta dell’amministrazione di procedere al rilascio diretto dei titoli abilitativi; situazione che esige un piano attuativo idoneo a restituire razionalità all’insediamento artigianale.
Anche a prescindere dalla discordanza tra le parti in causa, in ordine all’esatto numero dei lotti edificati – secondo il Comune 17 lotti con preesistenze e nuove costruzioni su un totale di 24 lotti; secondo l’appellata 15 lotti liberi da interventi, 6 lotti con un intervento realizzato, 1 lotto con un insediamento non produttivo; 2 lotti oggetto di causa – è indubitabile che l’area risulta parzialmente e disordinatamente urbanizzata come espansione della confinante originaria zona artigianale.
In ordine alle opere di urbanizzazione, la cui esigenza è presupposta dalla scelta di ritenere necessari i piani attuativi, il Comune – con argomentazioni richiamate da parte appellante – si limita all’affermazione generica dell’esistenza di alcune opere (strada ed illuminazione pubblica confinante con il vicino originario insediamento artigianale; possibilità di ulteriori allacci all’impianto fogniario assicurata informalmente dall’Acquedotto pugliese). Assente è qualunque ponderata valutazione di rispondenza di tali opere agli standards urbanistici, tale da rendere superfluo ogni piano attuativo.
Peraltro, come emerge dall’emanando regolamento urbanistico, nel 2018, la stessa amministrazione ha confermato la necessità dei piani attuativi.
12. In conclusione, l’appello va rigettato. La liquidazione delle spese processuali del grado segue la soccombenza.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
(Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo rigetta e, per l’effetto, conferma la sentenza impugnata.
Condanna la società appellante ed il Comune di Matera al pagamento, in favore dell’appellata, delle spese ed onorari, che liquida in euro 5.000,00, per ciascuno, oltre accessori come per legge (I.V.A., C.P.A.e rimborso spese generali al 15%).
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 24 maggio 2018 con l’intervento dei magistrati:
Antonino Anastasi – Presidente
Carlo Schilardi – Consigliere
Giuseppe Castiglia – Consigliere
Luca Lamberti – Consigliere
Giuseppa Carluccio – Consigliere, Estensore

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