Sentenza  94/2014
Giudizio
Presidente SILVESTRI – Redattore CARTABIA
Udienza Pubblica del 11/03/2014    Decisione  del 09/04/2014
Deposito del 15/04/2014   Pubblicazione in G. U.
Norme impugnate:Artt. 133, c. 1°, lett. l), 134, c. 1°, lett. c), e 135, c. 1°, lett. c), del decreto legislativo 02/07/2010, n. 104; art. 4, c. 1°, nn. 17 e 19, dell’Allegato 4 al medesimo decreto legislativo n. 104 del 2010.
Massime:
Atti decisi:ordd. 299 e 306/2012

SENTENZA N. 94

ANNO 2014

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori: Presidente: Gaetano SILVESTRI; Giudici : Luigi MAZZELLA, Sabino CASSESE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO, Giuseppe FRIGO, Alessandro CRISCUOLO, Paolo GROSSI, Giorgio LATTANZI, Aldo CAROSI, Marta CARTABIA, Sergio MATTARELLA, Mario Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi di legittimità costituzionale degli artt. 133, comma 1, lettera l), 134, comma 1, lettera c) e 135, comma 1, lettera c), del decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104 (Attuazione dell’articolo 44 della legge 18 giugno 2009, n. 69, recante delega al governo per il riordino del processo amministrativo) e dell’art. 4, comma 1, numeri 17) e 19), dell’Allegato 4 al medesimo decreto legislativo n. 104 del 2010, promossi dal Tribunale amministrativo regionale per il Lazio con due ordinanze del 27 luglio 2012, rispettivamente iscritte ai nn. 299 e 306 del registro ordinanze 2012 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 3 e 4, prima serie speciale, dell’anno 2013. La prima ordinanza è stata ripubblicata, nel testo integrale, nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 7, prima serie speciale, dell’anno 2014.

Visti gli atti di costituzione della Banca d’Italia nonché gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell’udienza pubblica dell’11 marzo 2014 il Giudice relatore Marta Cartabia;

uditi l’avvocato Ottavio Perassi per la Banca d’Italia e l’avvocato dello Stato Paolo Gentili per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1.– Il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sezione terza, ha sollevato, con due ordinanze di analogo contenuto depositate in data 27 luglio 2012 (r.o. nn. 299 e 306 del 2012), questione di legittimità costituzionale, per violazione dell’art. 76 Cost., in riferimento all’art. 44 della legge 18 giugno 2009, n. 69 (Disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività nonché in materia di processo civile), degli artt. 133, comma 1, lettera l), 134, comma 1, lettera c), e 135, comma 1, lettera c), del decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104 (Attuazione dell’articolo 44 della legge 18 giugno 2009, n. 69, recante delega al governo per il riordino del processo amministrativo). L’ordinanza di cui al r.o. n. 299 del 2012 impugna altresì l’art. 4, comma 1, numero 17), dell’Allegato 4 al medesimo decreto legislativo; mentre l’ordinanza di cui al r.o. n. 306 del 2012 impugna altresì il successivo numero 19). Tali disposizioni sono state censurate nella parte in cui hanno trasferito alla giurisdizione esclusiva, con cognizione estesa al merito, del giudice amministrativo le controversie relative a provvedimenti sanzionatori di natura pecuniaria adottati dalla Banca d’Italia.

2.– Le questioni sono state sollevate nei giudizi promossi da una serie di soggetti privati contro la Banca d’Italia, per l’annullamento di tre provvedimenti con cui la Banca d’Italia ha emesso sanzioni amministrative nei loro confronti. In un caso (r.o. n. 299 del 2012), si trattava di sanzioni adottate in base agli artt. 144 e 145 del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385 (Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia), nei confronti di un ex componente del disciolto consiglio di amministrazione di Mantovabanca 1896 Credito cooperativo s.c., in amministrazione straordinaria. Nell’altro caso (r.o. n. 306 del 2012), di sanzioni irrogate ai sensi dell’art. 190 del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58 (Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, ai sensi degli articoli 8 e 21 della legge 6 febbraio 1996, n. 52), nei confronti degli ex componenti del consiglio di amministrazione di Quantica SGR s.p.a.

L’illegittimità costituzionale è stata eccepita, in entrambi i giudizi, dalla Banca d’Italia e ritenuta rilevante e non manifestamente infondata dal TAR Lazio.

In punto di rilevanza, il TAR Lazio ha osservato che la sua giurisdizione in ordine alle sanzioni amministrative pecuniarie irrogate dalla Banca d’Italia ex artt. 144 e 145 del d.lgs. n. 385 del 1993, così come quella in ordine alle sanzioni amministrative pecuniarie irrogate dalla medesima Banca d’Italia ex art. 195 del d.lgs. n. 58 del 1998, si fonda esclusivamente su quanto disposto dalle norme sopra richiamate, ritenute applicabili alle fattispecie oggetto dei giudizi.

Quanto alla non manifesta infondatezza, il giudice rimettente, riprendendo la posizione della Banca d’Italia, ha richiamato i contenuti della sentenza n. 162 del 2012 della Corte costituzionale, che ha dichiarato costituzionalmente illegittime, per violazione dell’art. 76 Cost., le medesime disposizioni del d.lgs. n. 104 del 2010 (ossia gli artt. 133, comma 1, lettera l), 134, comma 1, lettera c), e 135, comma 1, lettera c), del d.lgs. n. 104 del 2010, nonché dell’art. 4, comma 1, numero 19), dell’Allegato 4 al medesimo decreto legislativo), «nella parte in cui attribuiscono alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo con cognizione estesa al merito e alla competenza funzionale del TAR Lazio – sede di Roma, le controversie in materia di sanzioni irrogate dalla Commissione nazionale per le società e la borsa (CONSOB)».

La giurisdizione del giudice amministrativo sui provvedimenti sanzionatori della Banca d’Italia si fonda, infatti, sulle medesime disposizioni dichiarate costituzionalmente illegittime con la citata sentenza n. 162 del 2012, in relazione ai provvedimenti sanzionatori della CONSOB. Tali disposizioni sarebbero affette dal medesimo vizio di eccesso di delega anche in relazione alle sanzioni della Banca d’Italia. Ad avviso del giudice rimettente, infatti, le argomentazioni di cui alla motivazione della sentenza n. 162 del 2012 – ampiamente riportate nelle due ordinanze – ben si conformerebbero alla fattispecie in esame, specie laddove evidenziano che il legislatore delegato, nel momento in cui interveniva in modo innovativo sul riparto di giurisdizione, avrebbe dovuto tenere conto della «giurisprudenza della Corte costituzionale e delle giurisdizioni superiori», nell’assicurare la concentrazione delle tutele, secondo quanto prescritto dalla legge di delega, nell’art. 44 della legge n. 69 del 2009.

Infatti, prima dell’entrata in vigore del d.lgs. n. 104 del 2010 la Corte di cassazione, a sezioni unite, aveva statuito che rientravano nella giurisdizione del giudice ordinario le controversie relative all’opposizione contro i provvedimenti con cui il Ministero dell’economia e delle finanze, su richiesta della CONSOB o della Banca d’Italia, applica sanzioni amministrative di carattere pecuniario per la violazione delle norme in tema di intermediazione finanziaria (Corte di cassazione, sezioni unite civili, sentenza n. 2980 del 2005).

3.– In data 28 gennaio 2013 si è costituita, in entrambi i giudizi, depositando deduzioni di contenuto in larga parte corrispondente, la Banca d’Italia, la quale ha evidenziato una serie di argomenti a sostegno dell’illegittimità costituzionale delle disposizioni normative impugnate, per contrasto con l’art. 76 Cost., con riferimento all’art. 44 della legge n. 69 del 2009.

In particolare, la Banca d’Italia ha ricordato che, prima dell’entrata in vigore del d.lgs. n. 104 del 2010, la giurisdizione sulle opposizioni avverso i provvedimenti sanzionatori adottati dalla Banca d’Italia ai sensi del d.lgs. n. 385 del 1993 era devoluta al giudice ordinario e alla competenza, in particolare, della Corte d’appello di Roma. Tale assetto della giurisdizione, sancito dall’art. 145, commi da 4 a 8, del d.lgs. n. 385 del 1993, trovava origine nell’art. 90 del regio decreto-legge 12 marzo 1936, n. 375 (Disposizioni per la difesa del risparmio e per la disciplina della funzione creditizia), che radicava nella Corte d’appello di Roma la competenza a conoscere dei reclami avverso i provvedimenti irrogativi di sanzioni pecuniarie adottati dal Ministro delle finanze per violazione della legge bancaria. Sempre al giudice ordinario era devoluta la giurisdizione sulle controversie aventi ad oggetto i provvedimenti sanzionatori adottati dalla Banca d’Italia e dalla CONSOB ai sensi dell’art. 195, commi da 4 a 8, del d.lgs. n. 58 del 1998. Tanto l’art. 145, commi da 4 a 8, del d.lgs. n. 385 del 1993, quanto l’art. 195, commi da 4 a 8, del d.lgs. n. 58 del 1998 sono stati espressamente abrogati dall’art. 4, comma 1, dell’Allegato 4 al d.lgs. n. 104 del 2010 (rispettivamente, numeri 17 e 19).

Secondo la Banca d’Italia, le ragioni che hanno condotto la Corte costituzionale, nella sentenza n. 162 del 2012, a dichiarare l’illegittimità costituzionale degli artt. 133, comma 1, lettera l), 134, comma 1, lettera c), e 135, comma 1, lettera c), del d.lgs. n. 104 del 2010, nonché dell’art. 4, comma 1, numero 19), dell’Allegato 4 al medesimo decreto legislativo n. 104 del 2010, nella parte in cui hanno devoluto al giudice amministrativo le controversie concernenti i provvedimenti sanzionatori adottati dalla CONSOB ai sensi dell’art. 195 del d.lgs. n. 58 del 1998, si attaglierebbero pienamente alle medesime norme con riferimento alle controversie aventi ad oggetto i provvedimenti sanzionatori adottati dalla Banca d’Italia.

La Banca d’Italia ha infatti sottolineato che, in base alla giurisprudenza della Corte di cassazione, la potestà sanzionatoria ad essa attribuita, ai sensi dell’art. 145 del d.lgs. n. 385 del 1993 – al pari di quella conferita, alla stessa Banca d’Italia e alla CONSOB, dall’art. 195 del d.lgs. n. 58 del 1998 – avrebbe natura vincolata e sarebbe retta dai principi generali dettati in materia dalla legge 24 novembre 1981, n. 689 (Modifiche al sistema penale), nella quale non troverebbe spazio l’esercizio di discrezionalità amministrativa. Ciò determinerebbe una differenza sostanziale tra la potestà sanzionatoria e l’esercizio dell’attività di vigilanza in senso stretto, la quale – ai sensi dell’art. 5 del d.lgs. n. 385 del 1993 – concerne, tra l’altro, la sana e prudente gestione dei soggetti vigilati, oltre alla stabilità complessiva, all’efficienza e alla competitività del sistema finanziario, e si basa perciò su valutazioni di carattere discrezionale.

A supporto di queste argomentazioni, nell’atto di costituzione relativo all’ordinanza di cui al r.o. n. 299 del 2012, la Banca d’Italia ha richiamato quattro pronunce della Corte di cassazione a sezioni unite, le quali, anche una volta attribuite alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo «tutte le controversie in materia di pubblici servizi, ivi compresi quelli afferenti alla vigilanza sul credito» ex art. 33 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 80 (Nuove disposizioni in materia di organizzazione e di rapporti di lavoro nelle amministrazioni pubbliche, di giurisdizione nelle controversie di lavoro e di giurisdizione amministrativa, emanate in attuazione dell’articolo 11, comma 4, della legge 15 marzo 1997, n. 59), come modificato dalla legge 21 luglio 2000, n. 205 (Disposizioni in materia di giustizia amministrativa), hanno ripetutamente affermato la giurisdizione del giudice ordinario rispetto ai provvedimenti sanzionatori adottati dalla Banca d’Italia ai sensi dell’art. 145 del d.lgs. n. 385 del 1993. Il riferimento è alle sentenze della Corte di cassazione, sezioni unite civili, n. 13709 del 2004 e n. 16577 del 2010 e alle ordinanze n. 9600 e n. 9602 del 2006, le quali hanno ribadito, sulla base di un orientamento ritenuto «costante e univoco», la giurisdizione del giudice ordinario per le opposizioni avverso i provvedimenti sanzionatori adottati ai sensi dell’art. 145 del d.lgs. n. 385 del 1993, richiamando il carattere vincolato e non discrezionale dell’attività sanzionatoria.

Nell’atto di costituzione relativo all’ordinanza di cui al r.o. n. 306 del 2012, la Banca d’Italia ha altresì richiamato la giurisprudenza della Corte di cassazione formatasi in relazione alle sanzioni irrogate dalla Banca d’Italia per la violazione di norme in tema di intermediazione finanziaria ex art. 195 del d.lgs. n. 58 del 1998. In particolare, è menzionata la sentenza della Corte di cassazione, sezioni unite civili, n. 9730 del 2004, nella quale l’attività sanzionatoria è qualificata come attività vincolata che, proprio per questo, non può essere assimilata a quella di vigilanza, pur essendo ad essa strettamente collegata.

In entrambi gli atti di costituzione, la Banca d’Italia ha infine segnalato, a conforto delle sue argomentazioni, i lavori parlamentari relativi al secondo decreto legislativo «correttivo» del codice del processo amministrativo, ossia il decreto legislativo 14 settembre 2012, n. 160 (Ulteriori disposizioni correttive ed integrative al decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104, recante codice del processo amministrativo, a norma dell’articolo 44, comma 4, della legge 18 giugno 2009, n. 69). In particolare, la Banca d’Italia ha evidenziato che, nel parere reso il 12 settembre 2012 dalla Commissione giustizia della Camera dei deputati sullo schema di tale decreto legislativo, era presente una condizione nella quale, in considerazione della sentenza n. 162 del 2012 della Corte costituzionale, si chiedeva che l’art. 133, comma 1, lettera l), del d.lgs. n. 104 del 2010 fosse riformulato in modo da escludere dalla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo «i provvedimenti sanzionatori adottati dalla Banca d’Italia e dalla Commissione nazionale per le società e la borsa ai sensi dell’articolo 145 del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385 e dell’articolo 195 del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58», con conseguente soppressione dei numeri 17) e 19) dell’art. 4, comma 1, dell’Allegato 4 al medesimo decreto legislativo. Tuttavia, il legislatore delegato non ha accolto le indicazioni contenute nel parere parlamentare, sulla base della motivazione – presente nella relazione finale al decreto legislativo «correttivo», allegata alle deduzioni della Banca d’Italia – secondo cui si tratterebbe di un’operazione che, seppur condivisibile nel merito, non rientrerebbe nello spettro della delega conferita al Governo, il quale sarebbe «sprovvisto quindi del potere di reintrodurre la disciplina previgente».

4.– Con atti depositati in data 5 febbraio 2013, il Presidente del Consiglio dei ministri è intervenuto nei due giudizi, chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile o, in subordine, infondata.

Ad avviso dell’Avvocatura dello Stato, l’inammissibilità deriverebbe dal totale difetto di motivazione riscontrabile nelle ordinanze di rimessione, le quali postulerebbero l’automatica trasposizione al contenzioso riguardante le sanzioni previste dal testo unico bancario del vizio di eccesso di delega riscontrato dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 162 del 2012, a proposito del contenzioso riguardante le sanzioni previste dal t.u. della finanza, mentre mancherebbe del tutto la motivazione sulle ragioni della integrale sovrapponibilità degli argomenti usati a proposito delle sanzioni ex t.u. della finanza anche alle sanzioni ex t.u. bancario.

Nel merito, l’Avvocatura dello Stato ha chiesto che sia dichiarata l’infondatezza della questione, sostenendo che, poiché, anteriormente all’entrata in vigore del codice del processo amministrativo, non vi sarebbe stata una giurisprudenza «delle giurisdizioni superiori» attestante la spettanza al giudice ordinario della giurisdizione sulle controversie originate dal t.u. bancario, il legislatore delegato avrebbe posseduto una più ampia legittimazione ad introdurre norme innovative.

L’Avvocatura dello Stato ha infatti evidenziato come, tra i criteri indicati nella norma di delega di cui all’art. 44, commi 1 e 2, della legge n. 69 del 2009, compaia, oltre al criterio della conformazione alla giurisprudenza delle giurisdizioni superiori – che sarebbe in questo caso inapplicabile –, anche quello della tendenziale concentrazione delle tutele. La scelta di devolvere al giudice amministrativo la giurisdizione esclusiva in materia di sanzioni pecuniarie inflitte agli esponenti bancari sarebbe coerente con quest’ultimo criterio, visto che l’applicazione di tali sanzioni normalmente, anche se non necessariamente, scaturisce dagli accertamenti operati dalla Banca d’Italia nell’esercizio della vigilanza.

In definitiva, a parere del Presidente del Consiglio dei ministri, la scelta legislativa in esame sarebbe coerente con un criterio di delega, quello della concentrazione delle tutele, in sé ragionevole e in linea con i principi affermati dalla giurisprudenza costituzionale nella sentenza n. 204 del 2004, perché volto a prevenire il pericolo di soluzioni contrastanti adottate in procedimenti giurisdizionali che possono avere ad oggetto i medesimi fatti e, in ambedue i casi, situazioni soggettive qualificabili come diritti soggettivi. Tale opzione assicurerebbe altresì l’uniformità delle garanzie procedurali, con due gradi di merito a cognizione piena, mentre la «reviviscenza» dell’art. 145, commi da 4 a 8, del d.lgs. n. 385 del 1993 ripristinerebbe, per le controversie aventi ad oggetto le sanzioni pecuniarie «bancarie», la giurisdizione in unico grado della Corte d’appello di Roma.

Considerato in diritto

1.– Il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sezione terza, dubita della legittimità costituzionale degli artt. 133, comma 1, lettera l), 134, comma 1, lettera c), e 135, comma 1, lettera c), del decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104 (Attuazione dell’articolo 44 della legge 18 giugno 2009, n. 69, recante delega al governo per il riordino del processo amministrativo), nonché dell’art. 4, comma 1, numeri 17) e 19), dell’Allegato 4 al medesimo decreto legislativo, nella parte in cui hanno trasferito alla giurisdizione esclusiva, estesa al merito, del giudice amministrativo, e in particolare alla competenza del TAR Lazio, le controversie relative ai provvedimenti sanzionatori di natura pecuniaria adottati dalla Banca d’Italia, per contrasto con l’art. 76 Cost., in quanto eccedenti la delega legislativa di cui all’art. 44 della legge 18 giugno 2009, n. 69 (Disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività nonché in materia di processo civile), limitata al riordino delle norme vigenti sulla giurisdizione del giudice amministrativo, anche rispetto alle altre giurisdizioni, e all’adeguamento delle norme vigenti alla giurisprudenza della Corte costituzionale e delle giurisdizioni superiori.

Il giudice a quo ritiene che anche in relazione alle sanzioni irrogate dalla Banca d’Italia debbano applicarsi i principi che hanno condotto la Corte costituzionale, nella sentenza n. 162 del 2012, a dichiarare costituzionalmente illegittimi, per violazione dell’art. 76 Cost., in riferimento all’art. 44 della legge di delega n. 69 del 2009, gli artt. 133, comma 1, lettera l), 134, comma 1, lettera c), e 135, comma 1, lettera c), del d.lgs. n. 104 del 2010, nonché dell’art. 4, comma 1, numero 19), dell’Allegato 4 al medesimo decreto legislativo, «nella parte in cui attribuiscono alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo con cognizione estesa al merito e alla competenza funzionale del TAR Lazio – sede di Roma, le controversie in materia di sanzioni irrogate dalla Commissione nazionale per le società e la borsa (CONSOB)».

2.– Le due ordinanze sollevano questioni strettamente connesse, che hanno ad oggetto disposizioni in larga misura coincidenti e che sono censurate in riferimento allo stesso profilo di illegittimità costituzionale. Pertanto, i relativi giudizi devono essere riuniti ai fini di un’unica trattazione e di un’unica decisione.

3.– Deve anzitutto essere esaminata l’eccezione di inammissibilità prospettata dall’Avvocatura dello Stato, che deriverebbe dal totale difetto di motivazione riscontrabile nelle ordinanze di rimessione del TAR Lazio, le quali postulerebbero l’automatica trasposizione al contenzioso riguardante le sanzioni previste dal decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385 (Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia) del vizio di eccesso di delega riscontrato dalla Corte costituzionale, con la sentenza n. 162 del 2012, a proposito del contenzioso riguardante le sanzioni previste dal decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58 (Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, ai sensi degli articoli 8 e 21 della legge 6 febbraio 1996, n. 52). In particolare, questo profilo sussisterebbe nell’ordinanza di cui al r.o. n. 299 del 2012, originata dall’applicazione del t.u. bancario.

L’eccezione non è fondata.

Vero è che entrambe le ordinanze di rimessione contengono numerosi riferimenti alla sentenza di questa Corte n. 162 del 2012, di cui vengono riportati ampi brani. Tuttavia il TAR Lazio non si limita a questo richiamo, ma illustra le ragioni per cui detta pronuncia, riferita alle controversie sulle sanzioni CONSOB, conterrebbe principi rilevanti anche per la definizione della questione concernente la giurisdizione sulle controversie che hanno ad oggetto le sanzioni della Banca d’Italia. Inoltre, il medesimo TAR non omette di motivare, sia pure succintamente, la rilevanza e la non manifesta infondatezza della questione con riferimento ai casi sottoposti al suo esame, richiamando altresì la giurisprudenza della Corte di cassazione, a sezioni unite, alla quale il legislatore delegato avrebbe dovuto attenersi nell’esercizio della delega. Tanto è sufficiente perché questa Corte possa esaminare nel merito la prospettata questione di legittimità costituzionale.

4.– Nel merito la questione è fondata.

Questa Corte ha già avuto modo di chiarire, con la sentenza n. 162 del 2012, che l’art. 44 della legge n. 69 del 2009 contiene una delega per il riordino normativo del processo amministrativo e del riparto di giurisdizione tra giudici ordinari e giudici amministrativi. In quanto delega per il riordino, essa concede al legislatore delegato un limitato margine di discrezionalità per l’introduzione di soluzioni innovative, le quali devono comunque attenersi strettamente ai principi e ai criteri direttivi enunciati dal legislatore delegante (ex multis, sentenze n. 73 e n. 5 del 2014, n. 80 del 2012, n. 293 e n. 230 del 2010). Pertanto, come già affermato in relazione al caso delle sanzioni applicate dalla CONSOB, anche con riferimento alle sanzioni irrogate dalla Banca d’Italia il legislatore delegato, nel momento in cui interveniva in modo innovativo sul riparto di giurisdizione, doveva tenere in debita considerazione i principi e criteri enunciati dalla delega, i quali richiedevano di «adeguare le norme vigenti alla giurisprudenza della Corte costituzionale e delle giurisdizioni superiori» (art. 44 della legge n. 69 del 2009).

Invece, il legislatore delegato non ha tenuto conto della giurisprudenza delle sezioni unite civili della Corte di cassazione, formatasi specificamente sul punto, con riguardo tanto alle sanzioni previste dall’art. 195 del d.lgs. n. 58 del 1998 (Corte di cassazione, sezioni unite civili, sentenza n. 2980 del 2005), quanto a quelle previste dall’art. 145 del d.lgs. n. 385 del 1993 (Corte di cassazione, sezioni unite civili, sentenze n. 13709 del 2004 e n. 16577 del 2010; pur essendo originate da sanzioni di questo secondo tipo, si riferiscono ad entrambe le sanzioni le ordinanze della Corte di cassazione, sezioni unite civili, n. 9600 e n. 9602 del 2006). L’intervento del legislatore delegato, incidendo profondamente sul precedente assetto, si è illegittimamente discostato dalla consolidata giurisprudenza della Corte di cassazione, in violazione della delega.

Pertanto, deve ritenersi che, nel trasferire alla giurisdizione esclusiva, estesa al merito, del giudice amministrativo e alla competenza funzionale inderogabile del TAR Lazio, sede di Roma, le controversie relative ai provvedimenti sanzionatori adottati dalla Banca d’Italia, gli artt. 133, comma 1, lettera l), 134, comma 1, lettera c), e 135, comma 1, lettera c), del d.lgs. n. 104 del 2012 abbiano ecceduto i limiti della delega conferita, con conseguente violazione dell’art. 76 Cost.

5.– Per le medesime ragioni sopra illustrate devono ritenersi affette da illegittimità costituzionale anche le norme abrogative, direttamente conseguenti alla disciplina ora dichiarata costituzionalmente illegittima, contenute nell’art. 4, comma 1, numeri 17) e 19), dell’Allegato 4 al d.lgs. n. 104 del 2010.

Occorre precisare che l’art. 4, comma 1, numero 19), dell’Allegato 4 al d.lgs. n. 104 del 2010 è stato dichiarato costituzionalmente illegittimo dalla sentenza n. 162 del 2012, nella parte in cui si riferiva alle sanzioni CONSOB; esso è stato poi integralmente soppresso, dal legislatore delegato, con il decreto legislativo “correttivo” 14 settembre 2012, n. 160 (Ulteriori disposizioni correttive ed integrative al decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104, recante codice del processo amministrativo, a norma dell’articolo 44, comma 4, della legge 18 giugno 2009, n. 69), con effetti però solo pro futuro. Si tratta ora, perciò, di rimuovere il vizio di illegittimità costituzionale dell’art. 4, comma 1, numero 19), dell’Allegato 4 al d.lgs. n. 104 del 2010, nella parte in cui abroga gli artt. 187-septies, commi da 4 a 8, e 195, commi da 4 a 8, del d.lgs. n. 58 del 1998, là dove attribuiscono alla Corte d’appello la competenza funzionale in materia di sanzioni inflitte dalla Banca d’Italia.

Analogamente deve essere dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 4, comma 1, numero 17), dell’Allegato 4 al d.lgs. n. 104 del 2010 – nel testo anteriore all’aggiunta di cui all’art. 1, comma 3, lettera b), numero 6), del decreto legislativo 15 novembre 2011, n. 195 (Disposizioni correttive ed integrative al decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104, recante codice del processo amministrativo a norma dell’articolo 44, comma 4, della legge 18 giugno 2009, n. 69), non rilevante nel giudizio a quo –, nella parte in cui abroga l’art. 145, commi da 4 a 8, del d.lgs. n. 385 del 1993, là dove attribuiscono alla Corte d’appello di Roma la competenza funzionale in materia di sanzioni inflitte dalla Banca d’Italia.

Ne consegue che tornano ad avere applicazione le disposizioni illegittimamente abrogate dall’art. 4, comma 1, numeri 17) e 19), dell’Allegato 4 al d.lgs. n. 104 del 2010.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

1) dichiara l’illegittimità costituzionale degli artt. 133, comma 1, lettera l), 134, comma 1, lettera c), e 135, comma 1, lettera c), del decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104 (Attuazione dell’articolo 44 della legge 18 giugno 2009, n. 69, recante delega al governo per il riordino del processo amministrativo), nella parte in cui attribuiscono alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, con cognizione estesa al merito, e alla competenza funzionale del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio – sede di Roma le controversie in materia di sanzioni irrogate dalla Banca d’Italia;

2) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 4, comma 1, numero 17), dell’Allegato 4 al medesimo d.lgs. n. 104 del 2010, nella parte in cui abroga l’art. 145, commi da 4 a 8, del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385 (Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia);

3) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 4, comma 1, numero 19), dell’Allegato 4 al medesimo d.lgs. n. 104 del 2010, nella parte in cui abroga gli artt. 187-septies, commi da 4 a 8, e 195, commi da 4 a 8, del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58 (Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, ai sensi degli articoli 8 e 21 della legge 6 febbraio 1996, n. 52).

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 9 aprile 2014.

F.to:

Gaetano SILVESTRI, Presidente

Marta CARTABIA, Redattore

Gabriella MELATTI, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 15 aprile 2014.

Il Direttore della Cancelleria

F.to: Gabriella MELATTI

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