La massima
1. Lo sviluppo normativo che ha segnato la disciplina del ricorso straordinario depone nel senso dell’assegnazione al decreto presidenziale emesso, su conforme parere del Consiglio di Stato, della natura sostanziale di decisione di giustizia e, quindi, di un carattere sostanzialmente giurisdizionale. Ne deriva il superamento della linea interpretativa tradizionalmente orientata nel senso della natura amministrativa del decreto presidenziale, seppure contrassegnata da profili di specialità tali da segnalare la contiguità alle pronunce del giudice amministrativo.
2. Il decreto presidenziale che recepisce il parere, pur non essendo, in ragione della natura dell’organo e della forma dell’atto, un atto formalmente e soggettivamente giurisdizionale, è estrinsecazione sostanziale di funzione giurisdizionale che culmina in una decisione caratterizzata dal crisma dell’intangibilità, propria del giudicato, all’esito di una procedura in unico grado incardinata sulla base del consenso delle parti.
3. Non si pone un problema di compatibilità, rispetto alla riserva di legge costituzionale relativa alla disciplina di condizioni, forme e termini di proponibilità dei giudizi di legittimità costituzionale (art. 137 Cost., comma 1), della previsione che legittima il Consiglio di Stato, in sede di emissione del parere sul ricorso straordinario, a sollevare la questione incidentale di legittimità costituzionale, dal momento che non è precluso al legislatore ordinario – nel rispetto del divieto di istituzione di nuovi giudici speciali – di riconoscere o confermare la natura giurisdizionale di una sede in cui una controversia è dibattuta tra le parti in contraddittorio ed è decisa da un giudice terzo ed imparziale ai sensi dell’art. 1 della L cost. 9 febbraio 1948, n. 1, e dall’art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87, art. 23.
4. Spetta all’azione interpretativa della giurisprudenza e all’eventuale percorso riformatore del legislatore individuare il punto di equilibrio tra l’esigenza di attuazione dei canoni costituzionali ed europei (art. 1 c.p.a.), in materia di effettività della tutela, di garanzia del pieno contraddittorio, di diritto alla prova e di diritto ad un processo equo (art. 6 CEDU), e la preservazione dei profili di specialità che connotano, sul piano ontologico e teleologico, un rito semplificato consensualmente accettato come strumento semplificato di definizione della res litigiosa.
5. La qualificazione della decisione su ricorso straordinario come decisione di giustizia inquadrabile nel sistema della giurisdizione amministrativa conduce al precipitato indefettibile della collocazione del decreto che definisce il ricorso al Capo dello Stato, resa in base al parere obbligatorio e vincolante del Consiglio di Stato, nel novero dei provvedimenti del giudice amministrativo di cui alla lettera b) dell’art. 112, comma 2, c.p.a. Ne consegue che il ricorso per l’ottemperanza deve essere proposto, ai sensi dell’art. 113, comma 1, dinanzi allo stesso Consiglio di Stato, nel quale si identifica “il giudice che ha emesso il provvedimento della cui ottemperanza si tratta”.
6. Il criterio di regolazione della competenza è ispirato al principio secondo cui il giudice che ha emesso la sentenza è naturaliter il più idoneo ad assicurare l’ interpretazione della portata effettiva e la conseguente esecuzione satisfattoria del decisum. Ne consegue che la locuzione “altri provvedimenti esecutivi del giudice amministrativo”, contenuta nell’art. 112, comma 2, lettera b), del codice del processo amministrativo, va interpretata attribuendo rilevanza poziore non al profilo nominalistico dell’imputazione formale dell’atto ma al dato sostanziale della paternità ideologica della decisione. Va quindi qualificato come provvedimento esecutivo del giudice amministrativo, ai fini della soluzione del problema di competenza, la decisione su ricorso straordinario che, nonostante la veste formale, abbia come unica motivazione il rinvio al contenuto della decisione giurisdizionale resa dal Consiglio di Stato mediante l’applicazione del diritto obiettivo in posizione di terzietà e di indipendenza.
CONSIGLIO DI STATO
ADUNANZA PLENARIA
SENTENZA 6 maggio 2013 n.9
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 6 di A.P. del 2013, proposto da:
Franco Cevolani, rappresentato e difeso dall’avv. Anna Rita Moscioni, con domicilio eletto presso Biagio Marinelli in Roma, via Acquedotto Paolo, 22;
contro
Istituto Nazionale di Previdenza Sociale, in persona del legale rappresentante pro tempore, Generale, rappresentato e difeso dall’Avv. Maria Morrone, domiciliato in Roma, alla via Cesare Beccaria, n. 29;
per l’ottemperanza
al decreto del Presidente della Repubblica 18 maggio 2010, reso tra le parti, concernente rimborso di contributo versato ai sensi dell’art. 11 della legge 8 aprile 1952, n. 212;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’INPS;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 25 marzo 2013 il Cons. Francesco Caringella e udito l’avv. Pancari per delega di Morrone.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con ricorso per ottemperanza n. 4813 – notificato il 15.6.2012 e depositato il 27.6.2012 – il colonnello Franco Cevolani chiedeva l’esecuzione del giudicato formatosi sul decreto presidenziale in data 18.5.2010, emesso in conformità al parere del Consiglio di Stato, sez. III, n. 663 del 22.2.2010, di accoglimento del ricorso straordinario al Presidente della Repubblica con il quale il Cevolani aveva contestato il mancato rimborso, da parte dell’INPDAP, del contributo dello 0,50% di cui all’art. 11 della legge 8.4.1952, n. 212, all’atto della cessazione del periodo di ausiliaria.
Con il ricorso n. 4813/2012 il Cevolani proponeva ricorso per ottemperanza con il quale lamentava la mancata esecuzione del decisum.
Si costituiva nell’ambito di tale giudizio, chiedendo il rigetto del ricorso, l’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale (INPS), quale successore ex legedell’INPDAP, ai sensi dell’art. 21, comma 1, del d.l. 6.12.2011, n. 201, convertito in legge 22.12.2011, n. 214.
La Sezione rimettente ha sottoposto il ricorso alla cognizione dell’Adunanza Plenaria, ex art. 99 del codice del processo amministrativo, ai fini della soluzione delle questioni di diritto, di particolare importanza e fonti di contrasti giurisprudenziali, relative alla natura giuridica della decisione resa a seguito di ricorso straordinario e del giudice competente a pronunciarsi sul ricorso per ottemperanza ai sensi dell’art. 113 del codice del processo amministrativo.
Alla camera di consiglio del 25 marzo 2013 la causa è stata trattenuta per la decisione.
DIRITTO
1.La Sezione rimettente sottopone al vaglio dell’Adunanza Plenaria le questioni di diritto relative alla natura giuridica della decisione resa a seguito di ricorso straordinario e del giudice competente a pronunciarsi sul ricorso per ottemperanza ai sensi dell’art. 113 del codice del processo amministrativo.
2. Prima di passare all’esame delle questioni di diritto rimesse al vaglio dell’Adunanza, occorre passare sinteticamente in rassegna le recenti novità normative che hanno inciso in modo significativo sulla disciplina e sulla configurazione dell’istituto.
In prima battuta l’art. 3, comma 44, della legge 21 luglio 2000, n. 205, recante “disposizioni in materia di giustizia amministrativa”, ha previsto, che, nell’ambito del ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, può essere concessa, a richiesta del ricorrente, ove siano allegati danni gravi e irreparabili, la sospensione dell’atto impugnato, disposta con atto motivato del Ministero competente ai sensi dell’ art. 8, del D.P.R. 24 novembre 1971, n. 1199, su “conforme parere” del Consiglio di Stato.
L’articolo 245, comma 2, del codice dei contratti pubblici di cui al d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, ha poi sancito l’applicazione degli strumenti di esecuzione di cui agli art. 33 e 37 della legge 6 dicembre 1971, n. 1034 con riguardo ai decreti di accoglimento di ricorsi straordinari aventi ad oggetto atti delle procedure di affidamento di contratti pubblici e atti dell’Autorità di vigilanza sugli stessi.
Di portata più generale sono gli interventi attuati con l’art. 69 della legge 18 giugno 2009, n. 69, recante “disposizioni per lo sviluppo economico, la competitività nonché in materia di processo civile”.
Il primo comma ha introdotto, sotto forma di periodo aggiunto al testo dell’art. 13, primo comma, alinea, del d.P.R. 1199/1971, una norma a tenore della quale il Consiglio di Stato, “se ritiene che il ricorso non possa essere deciso indipendentemente dalla risoluzione di una questione di legittimità costituzionale che non risulti manifestamente infondata, sospende l’espressione del parere e, riferendo i termini e i motivi della questione, ordina alla segreteria l’immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale, ai sensi e per gli effetti di cui agli articoli 23 e seguenti della legge 11 marzo 1953, n. 87”.
Il secondo comma dell’art. 69 cit. ha disposto l’aggiunta al primo periodo del primo comma dell’art. 14 del medesimo d.P.R. n. 1199/1971 delle parole “conforme al parere del Consiglio di Stato” e la soppressione del secondo periodo del primo comma dello stesso articolo, nonché l’abrogazione del secondo comma, in tal guisa eliminando la possibilità, originariamente contemplata, che il Ministero ratione materiae competente, nel formulare la proposta di decreto presidenziale, si discosti dal parere espresso dal Consiglio di Stato previa sottoposizione della sua proposta al Consiglio dei Ministri.
L’art. 7, comma 8, del codice del processo amministrativo di cui al D.Lgs. 2 luglio 2010, n. 104 ha, dal canto suo, stabilito che il ricorso straordinario è ammissibile unicamente per le controversie devolute alla giurisdizione amministrativa (cfr., nel senso dell’inapplicabilità di detto jus superveniens ai ricorsi proposti in un torno di tempo anteriore all’entrata in vigore del codice, Cons. Stato, Ad gen., parere 22 febbraio 2011, n. 4520).
L’art. 48 cod. proc. amm. ha poi specificato, in termini di maggior rigore e di accentuato parallelismo, la regola dell’alternatività tra ricorso straordinario al Presidente della Repubblica e ricorso ordinario al giudice amministrativo, riconoscendo la facoltà di opposizione di cui all’art. 10 del D.P.R. n. 1199/1971 in favore di tutte le parti nei cui confronti sia stato proposto il ricorso straordinario.
3. Tanto premesso in ordine alle più pregnanti emergenze normative, le opzioni ermeneutiche emerse nel dibattito giurisprudenziale sviluppatosi in subiecta materia sono riassumibili come segue.
3.1. Ad avviso di un primo, maggioritario, indirizzo, il nuovo assetto normativo avrebbe consacrato la natura sostanzialmente giurisdizionale del rimedio in parola, in modo da assicurare “un grado di tutela non inferiore a quello conseguibile agendo giudizialmente” (cfr., ex plurimis, Cons. Stato, Sez. VI, 10 giugno 2011, n. 3513; sez. IV, 29 agosto 2012, n. 4638).
Dalla premessa della qualificazione del decreto decisorio che definisce la procedura innescata dalla proposizione del ricorso straordinario come decisione di giustizia avente natura sostanzialmente giurisdizionale, si trae il duplice corollario dell’ammissibilità del ricorso per ottemperanza al fine di assicurare l’esecuzione del decreto presidenziale e del radicamento della competenza in unico grado del Consiglio di Stato alla stregua del combinato disposto dell’art. 112, comma 2, lettera b), e 113, comma 1 , del codice del processo amministrativo (conf. Cons. Stato, Ad. Plen., 5 giugno 2012, n. 18; negli stessi termini, ex multis,Cass., sez. unite, 28 gennaio 2011, n. 2065;10 marzo 2011, n. 5684; 28 aprile 2011, n. 9447; 19 luglio 2011, n. 15765; 13 ottobre 2011, n. 21056; 22 dicembre 2011, n. 28345; 28 dicembre 2011, n. 29099; 15 marzo 2012, n. 2129, n. 2818).
3.2. Ad avviso di un secondo, minoritario, approccio ermeneutico (Con. Stato, sez. III, Ordinanza 4 agosto 2011, n. 4666; sez. I, parere 7 maggio 2012, n. 2131), sposato dall’ordinanza di rimessione, anche dopo le modifiche normative in precedenza passate in rassegna il rito del ricorso straordinario continuerebbe a presentare profili di specialità rispetto al procedimento schiettamente giurisdizionale – con precipuo riferimento ai nodi essenziali del contraddittorio, dell’istruzione probatoria e del doppio grado di giudizio – tali da indurre a qualificare l’atto conclusivo della procedura come provvedimento amministrativo, solo per certi aspetti equiparato ad una sentenza.
Tale indirizzo, pur ribadendo l’esperibilità del giudizio di ottemperanza per la piena esecuzione del “decisum” conseguente a ricorso straordinario, ritiene che il decreto decisorio non costituisca un provvedimento esecutivo del giudice amministrativo ex art. 112, comma 1, lettera b, c.p.a., ma debba essere sussunto nel novero dei provvedimenti equiparati alle sentenze ai sensi della successiva lettera d. Da siffatta premessa qualificatoria si trae il corollario dell’individuazione quale giudice competente, in forza del secondo comma del successivo art. 113, del “tribunale amministrativo regionale nella cui circoscrizione ha sede il giudice che ha emesso la sentenza di cui è chiesta l’ottemperanza”, ossia del TAR del Lazio, nella cui circoscrizione operano il Presidente della Repubblica, il Ministro proponente ed il Consiglio di Stato in sede consultiva. A quest’ultimo riguardo si ritiene che il termine “giudice” sia utilizzato dall’art. 113 cit in senso ampio e necessariamente atecnico, come dimostrato dal fatto che l’art. 112, comma 1, lettera e), annovera nella categoria anche gli arbitri.
4. Questa Adunanza reputa, in continuità con l’avviso già espresso con la citata sentenza n. 18/2012 e con l’orientamento assunto dalla Corte di legittimità, che meriti condivisione il primo indirizzo ermeneutico, favorevole al riconoscimento della natura sostanzialmente giurisdizionale del rimedio in parola e dell’atto terminale della relativa procedura.
Lo sviluppo normativo di cui si è dato conto depone, infatti, nel senso dell’assegnazione al decreto presidenziale emesso, su conforme parere del Consiglio di Stato, della natura sostanziale di decisione di giustizia e, quindi, di un carattere sostanzialmente giurisdizionale. Ne deriva il superamento della linea interpretativa tradizionalmente orientata nel senso della natura amministrativa del decreto presidenziale, seppure contrassegnata da profili di specialità tali da segnalare la contiguità alle pronunce del giudice amministrativo.
4.1. Assume rilievo decisivo lo jus superveniens che ha attribuito carattere vincolante al parere del Consiglio di Stato, con il connesso riconoscimento della legittimazione dello stesso Consiglio a sollevare, in detta sede, questione di legittimità costituzionale.
Una volta acquisito che la paternità effettiva della decisione è da ricondurre all’apporto consultivo del Consiglio di Stato connotato da una suitas giurisdizionale e che, pertanto, il provvedimento finale è meramente dichiarativo di un giudizio formulato da un organo giurisdizionale in modo compiuto e definitivo, si deve convenire che l’atto finale della procedura è esercizio della giurisdizione nel contenuto espresso dal parere del Consiglio di Stato che, in posizione di terzietà e di indipendenza e nel rispetto delle regole del contraddittorio, opera una verifica di legittimità dell’atto impugnato (così Cass., Sez. Un., 19 dicembre 2012, n. 23464).
In definitiva il decreto presidenziale che recepisce il parere, pur non essendo, in ragione della natura dell’organo e della forma dell’atto, un atto formalmente e soggettivamente giurisdizionale, è estrinsecazione sostanziale di funzione giurisdizionale che culmina in una decisione caratterizzata dal crisma dell’intangibilità, propria del giudicato, all’esito di una procedura in unico grado incardinata sulla base del consenso delle parti.
4.1.1. La matrice sostanzialmente giurisdizionale del rimedio è corroborata dalle indicazioni ricavabili dal codice del processo amministrativo di cui al D.Lgs. 2 luglio 2010, n. 104. Merita menzione, in particolare, l’articolo 7, comma 8, che, nel quadro di una disciplina dedicata alla definizione del concetto e dell’estensione della giurisdizione amministrativa, limita la praticabilità del ricorso straordinario alle sole controversie devolute alla giurisdizione del giudice amministrativo e, quindi, ai campi nei quali, in ragione della consistenza della posizione soggettiva azionata o in funzione della materia di riferimento, il giudice amministrativo è dotato di giurisdizione. La “giurisdizione” diventa quindi presupposto generale di ammissibilità del ricorso straordinario, non diversamente da quanto accade per il ricorso ordinario al giudice amministrativo. In tal guisa si sancisce l’attrazione del ricorso straordinario nel sistema della giurisdizione amministrativa di cui costituisce forma speciale e semplificata di esplicazione.
La rimozione della possibilità che il ricorso straordinario sia promosso in materie in cui il giudice amministrativo è privo di giurisdizione, rafforza, poi, il connotato dell’alternatività del rimedio, cancellando l’ipotesi di un ricorso straordinario concorrente, nelle materie estranee alla giurisdizione amministrativa, con quello giurisdizionale e, soprattutto, eliminando l’ostacolo che tale anomalia avrebbe rappresentato sulla strada della sostanziale giurisdizionalizzazione di siffatta tecnica di tutela.
4.1.2. Sullo stesso solco si pone anche la disciplina recata dall’articolo 48 del codice del processo amministrativo, che, al comma 1, contempla la facoltà di opposizione, ex art. 10 d.P.R. n. 1199/1971, in favore di qualsiasi “parte nei cui confronti sia stato proposto il ricorso straordinario”.
La generalizzazione della facoltà di opposizione, testimoniata dall’uso di una formula che comprende anche lo Stato, oltre alle altre pubbliche amministrazioni, ai controinteressati e ai cointeressati, garantisce il pieno rispetto del contraddittorio e, soprattutto, assicura la compatibilità del nuovo assetto con la garanzia dell’effettività della di tutela giurisdizionale (art. 24 Cost.) e con il principio del doppio grado di giudizio (art. 125 Cost) in quanto l’unicità del grado e la caratterizzazione semplificata dell’istruttoria trovano fondamento nell’accordo sostanziale tra le parti secondo uno schema consensuale non dissimile da quello che permea il ricorso per saltum ex art. 360, comma 2, c.p.c.
4.1.3. Va poi rimarcato che il successivo comma 3 dell’art. 48, laddove prevede che il tribunale amministrativo regionale che dichiari l’inammissibilità dell’opposizione deve disporre la restituzione del fascicolo per la “prosecuzione del giudizio in sede straordinaria”, dà luogo ad una speciale forma translatio iudicii che, anche sul versante schiettamente terminologico, mostra di considerare il ricorso straordinario come la continuazione del medesimo giudizio incardinato con il ricorso al giudice amministrativo. Il giudizio che prosegue in sede straordinaria registra, quindi, il mutamento del rito ma non vede modificata la sua natura sostanzialmente giurisdizionale.
4.2. Va inoltre osservato che proprio la valorizzazione delle coordinate normative fin qui esaminate ha di recente indotto la Corte di Legittimità ad assegnare al decreto che definisce il ricorso straordinario la valenza di decisione costituente esercizio della giurisdizione riferibile, nel contenuto recato dal parere vincolante, al Consiglio di Stato, naturaliter sottoposta al sindacato delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione per soli motivi inerenti alla giurisdizione ex artt. 111, comma 8, Cost., 362, comma 1, c.p.c. e 110 c.p.a. (Cass., sezioni unite, 19 dicembre 2012, n. 23464).
La Corte di Cassazione ha nell’occasione osservato che il riconoscimento della natura sostanzialmente giurisdizionale del rimedio, con il corollario dell’ammissibilità del sindacato della Corte di Cassazione sul rispetto dei limiti relativi alla giurisdizione, non contrasta con il disposto dell’articolo 125, comma 2, Cost., in materia di istituzione in ambito regionale di organi di giustizia amministrativa di primo grado, in quanto, anche a non considerare che la riserva elaborata dalla giurisprudenza costituzionale intende in realtà impedire l’attribuzione ai tribunali amministrativi regionali competenze giurisdizionali in unico grado” (Corte cost. n. 108 del 2009), in ogni caso la garanzia del doppio grado di giurisdizione è pienamente assicurata dalla circostanza che sono le stesse parti ad optare per il procedimento speciale che consente l’accesso per saltum al Consiglio di Stato.
La circostanza ipotetica che il decreto presidenziale possa essere affetto da vizi propri del procedimento successivo all’adozione del parere, connessa alla struttura ancora composita del ricorso straordinario e radicata nelle origini storiche dell’istituto, non inficia né indebolisce l’essenza giurisdizionale della decisione che ha come unico sostrato motivazionale il parere vincolante reso dal Consiglio di Stato.
Si deve per completezza osservare che, secondo il condivisibile orientamento interpretativo assunto dalla Corte di Cassazione con la sentenza in esame, siffatta costruzione ermeneutica è compatibile con il divieto di istituzione di nuovi giudici speciali sancito dall’articolo 102, comma 2, Cost. A sostegno dell’assunto depone la decisiva considerazione che, anche prima delle riforme che ne hanno messo in risalto la caratterizzazione giurisdizionale, la decisione sul ricorso straordinario esibiva, nel suo nucleo essenziale, la connotazione di decisione di giustizia pur se per vari aspetti non poteva parlarsi di “funzione giurisdizionale” nel significato pregnante dell’art. 102 Cost., comma 1, e art. 103 Cost., comma 1. Si deve allora convenire che, una volta depurato il procedimento, per il tramite della revisione operata dal legislatore ordinario, dagli aspetti non compatibili con il riconoscimento della “funzione giurisdizionale”, la decisione del ricorso straordinario, nella parte in cui assume come unico sostrato motivazionale il parere del Consiglio di Stato, rientra a pieno titolo nella garanzia costituzionale dell’art. 103 Cost., comma 1, che fa salvi, come giudici speciali, il Consiglio di Stato e gli altri organi di giustizia amministrativa.
Per le stesse ragioni non si pone un problema di compatibilità, rispetto alla riserva di legge costituzionale relativa alla disciplina di condizioni, forme e termini di proponibilità dei giudizi di legittimità costituzionale (art. 137 Cost., comma 1), della ricordata previsione che legittima il Consiglio di Stato, in sede di emissione del parere sul ricorso straordinario, a sollevare la questione incidentale di legittimità costituzionale, dal momento che non è precluso al legislatore ordinario – nel rispetto del divieto di istituzione di nuovi giudici speciali – di riconoscere o confermare la natura giurisdizionale di una sede in cui una controversia è dibattuta tra le parti in contraddittorio ed è decisa da un giudice terzo ed imparziale ai sensi dell’art. 1 della L cost. 9 febbraio 1948, n. 1, e dall’art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87, art. 23.
Va soggiunto che tale “revisione” è stata esplicitata dal legislatore con la normativa recata in materia di contributo unificato dall’art. 37, comma 6, del d.l. 6 luglio 2011 n. 98, convertito, con modificazioni, in legge 15 luglio 2011, n. 111, che, in sede di modifica dell’art. 113, comma 6 bis, del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese giustizia di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, ha dettato la disciplina del contributo unificato per il ricorso straordinario, inserendo l’istituto de quo all’interno del complessivo sistema giudiziario.
4.3. Non ostano alle conclusioni fin qui esposte le considerazioni svolte nell’ordinanza di rimessione in merito alle persistenti peculiarità che il rimedio in esame presenterebbe rispetto all’ordinario processo amministrativo, con precipuo riferimento al perimetro delle azioni esperibili, alle forme di esplicazione del contraddittorio, alle modalità di svolgimento dell’istruttoria e al novero dei mezzi di prova acquisibili.
Siffatte peculiarità, lungi dall’implicare il riconoscimento della natura amministrativa della procedura e dell’atto che la definisce, sono pienamente coerenti con la volontà legislativa di enucleare un rimedio giurisdizionale semplificato, in unico grado, imperniato sul sostanziale assenso delle parti.
In questo quadro spetta all’azione interpretativa della giurisprudenza e all’eventuale percorso riformatore del legislatore individuare il punto di equilibrio tra l’esigenza di attuazione dei canoni costituzionali ed europei (art. 1 c.p.a.), in materia di effettività della tutela, di garanzia del pieno contraddittorio, di diritto alla prova e di diritto ad un processo equo (art. 6 CEDU), e la preservazione dei profili di specialità che connotano, sul piano ontologico e teleologico, un rito semplificato consensualmente accettato come strumento semplificato di definizione della res litigiosa.
5. Tanto osservato in merito alla natura giuridica del rimedio, si può ora passare all’esame del quesito specifico relativo all’individuazione del giudice competente a pronunciarsi sul ricorso per ottemperanza.
5.1. La questione dell’ ammissibilità del ricorso per ottemperanza dei decreti di accoglimento di ricorsi straordinari al Capo dello Stato, adottati a seguito del parere obbligatorio e vincolante del Consiglio di Stato, è stata già risolta in senso positivo sia dalla giurisprudenza della Corte di cassazione (per tutte SS.UU. n. 2065 del 28 gennaio 2011) sia dalla successiva giurisprudenza amministrativa recepita da questa Adunanza (vedi sentenza n. 18/2012 cit), che hanno fatto leva sul rammentato riconoscimento della natura intrinsecamente giurisdizionale di una procedura culminante in una decisione caratterizzata, nel regime generale di alternatività, dalla stabilità tipica del giudicato e, quindi, bisognosa di una tutela esecutiva pienamente satisfattoria.
Tale indirizzo ha condivisibilmente affermato che il decreto presidenziale, divenuto definitivo, è assimilabile al giudicato amministrativo e, quindi, è suscettibile di ottemperanza sulla scorta dei lineamenti normativi enucleati dagli articoli 112 e seguenti del codice del processo amministrativo.
5.2. Quanto alla questione di competenza, l’articolo 112 del codice del processo amministrativo, nel dettare le “disposizioni generali sul giudizio di ottemperanza”, dispone, al comma 2, che l’azione di ottemperanza può essere proposta per conseguire l’attuazione delle sentenze del giudice amministrativo passate in giudicato (lett. a), delle sentenze esecutive e degli altri provvedimenti esecutivi del giudice amministrativo (lett. b), delle sentenze passate in giudicato e degli altri provvedimenti ad esse equiparati del giudice ordinario (lett. c), delle sentenze passate in giudicato e degli altri provvedimenti ad esse equiparati per i quali non sia previsto il rimedio dell’ottemperanza (lett. d) nonché dei lodi arbitrali esecutivi divenuti inoppugnabili (lett. e).
In maniera corrispondente, il successivo art. 113, nell’individuare il giudice competente in sede di ottemperanza, dispone che il ricorso si propone, nel caso di cui all’art. 112, comma 2, lettere a) e b), al giudice che ha emesso il “provvedimento” della cui ottemperanza si tratta (essendo competente il tribunale amministrativo regionale anche per i suoi provvedimenti confermati in appello con motivazione del tutto conforme) (comma 1), mentre nei casi di cui all’art. 112, comma 2, lettere c), d) ed e), il ricorso va proposto al tribunale amministrativo regionale nella cui circoscrizione ha sede il giudice che ha emesso la sentenza di cui è chiesta l’ottemperanza (comma 2).
Si delinea così una netta distinzione fra l’ottemperanza di sentenze e altri provvedimenti del giudice amministrativo (art. 112, comma 2, lett. a) e b), per i quali è prevista la competenza del giudice amministrativo che ha emesso la sentenza o il provvedimento, e quella che interessa le sentenze passate in giudicato, o altri provvedimenti ad esse equiparati, del giudice ordinario o di altri giudici, nonché i lodi arbitrali divenuti inoppugnabili (art. 112, comma 2, lett. c), d) ed e)), per i quali è competente il tribunale amministrativo regionale secondo il criterio di collegamento previsto dall’art. 113, comma 2.
5.2.1. Ebbene, le considerazioni fin qui formulate in merito alla qualificazione della decisione su ricorso straordinario come decisione di giustizia inquadrabile nel sistema della giurisdizione amministrativa conducono al precipitato indefettibile della collocazione del decreto che definisce il ricorso al Capo dello Stato, resa in base al parere obbligatorio e vincolante del Consiglio di Stato, nel novero dei provvedimenti del giudice amministrativo di cui alla lettera b) dell’art. 112, comma 2. Ne consegue che il ricorso per l’ottemperanza deve essere proposto, ai sensi dell’art. 113, comma 1, dinanzi allo stesso Consiglio di Stato, nel quale si identifica “il giudice che ha emesso il provvedimento della cui ottemperanza si tratta” (conf. per tutte, Cass. sez. un., 28 gennaio 2011, n. 2065 e 15 marzo 2012, n. 2129; Cons. Stato, Ad. Plen,. 5 giugno 2012, n. 18; sez. IV, 29 agosto 2012, n. 4638; sez. VI, 10 giugno 2011, n. 3513).
5.2.2. L’assunto è corroborato, sul piano teleologico, dal rilievo che la disciplina della competenza territoriale fissata dall’art. 113, comma 1, del codice del processo amministrativo si connota per l’attribuzione al Tribunale amministrativo regionale della competenza a conoscere dell’attuazione delle proprie sentenza integralmente confermate, anche sul piano motivazionale, in appello e per la speculare assegnazione al Consiglio di Stato della cognizione delle domande finalizzate all’esecuzione delle proprie decisioni che modifichino il contenuto dispositivo o conformativo della sentenza gravata. Il criterio di regolazione della competenza è così ispirato al principio secondo cui il giudice che ha emesso la sentenza è naturaliter il più idoneo ad assicurare l’ interpretazione della portata effettiva e la conseguente esecuzione satisfattoria del decisum. Ne consegue che la locuzione “altri provvedimenti esecutivi del giudice amministrativo”, contenuta nell’art. 112, comma 2, lettera b), del codice del processo amministrativo, va interpretata attribuendo rilevanza poziore non al profilo nominalistico dell’imputazione formale dell’atto ma al dato sostanziale della paternità ideologica della decisione. Va quindi qualificato come provvedimento esecutivo del giudice amministrativo, ai fini della soluzione del problema di competenza, la decisione su ricorso straordinario che, nonostante la veste formale, abbia come unica motivazione il rinvio al contenuto della decisione giurisdizionale resa dal Consiglio di Stato mediante l’applicazione del diritto obiettivo in posizione di terzietà e di indipendenza.
5.3. Si deve poi osservare che alla praticabilità della diversa opzione ricostruttiva volta a qualificare il decreto che definisce il ricorso straordinario come provvedimento amministrativo equiparato, ai limitati fini dell’esecuzione ex art. 112, comma 2, lettera c, ad una decisione giurisdizionale, si oppongono argomenti di carattere letterale e sistematico.
Sul piano letterale, l’articolo 113, in sede di fissazione delle regole della competenza, si riferisce al giudice che ha emesso la sentenza o il provvedimento, così presupponendo la natura giurisdizionale della decisione da eseguire. Il rimedio dell’ottemperanza è, quindi, expressis verbis finalizzato all’attuazione di statuizioni costituenti esercizio di giurisdizione, pubblica o privata, mentre esulano dal raggio della sua azione iniziative finalizzate all’attuazione di determinazioni amministrative.
Si deve soggiungere, sul versante sistematico, che la lettera d) del comma 2 dell’articolo 112, è con evidenza riferita, in via residuale, alle sentenze ed ai provvedimenti equiparati imputabili a giudici diversi dal giudice amministrativo e dal giudice ordinario ai quali si riferiscono le lettere precedenti dello stesso comma.
Risulta pertanto confermata, anche sotto questa angolazione, l’estraneità al perimetro del giudizio di ottemperanza dell’attività di esecuzione di provvedimenti amministrativi equiparati, solo a limitati fini, a decisioni giurisdizionali.
5.4. Giova rinviare alle considerazioni svolte in precedenza (par. 4.1.2.) al fine di escludere che l’affermazione della competenza, in executivis, del Consiglio di Stato si ponga in contrasto con il principio costituzionale del doppio grado di giurisdizione.
Si deve solo aggiungere il riconoscimento della competenza in unico grado del Consiglio di Stato anche in sede di ottemperanza scongiura l’anomalia logica della previsione di un giudizio di esecuzione in doppio grado finalizzato all’attuazione di uno iussum iudicis perfezionatosi all’esito di un giudizio semplificato in grado unico. Non è d’altronde chi non veda come una simile aporia contraddirebbe, proprio nella nevralgica fase dell’esecuzione, le esigenze perseguite dal legislatore mediante la previsione di un rito speciale e semplificato finalizzato a consentire, nell’accordo tra le parti, una sollecita definizione della controversia.
6. Alla luce delle considerazioni deve essere dichiarata l’ammissibilità del ricorso per ottemperanza proposto innanzi al Consiglio di Stato.
Il ricorso va quindi rimesso alla Sezione per l’ulteriore definizione del giudizio e per la statuizione sulle spese.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Adunanza Plenaria)
dichiara il ricorso ammissibile e lo rimette alla Sezione per l’ulteriore definizione del giudizio e per la statuizione sulle spese.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
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