Consiglio di Stato, Sentenza|6 dicembre 2021| n. 8141.
Piano provinciale di localizzazione dell’emittenza radio.
È indispensabile una capillare distribuzione sul territorio delle reti di telecomunicazione che, in linea di principio, sono compatibili con qualsiasi destinazione urbanistica; è fatto salvo il potere a contenuto pianificatorio dei Comuni di fissare, ai sensi dell’articolo 8, u.c., legge n. 36/2001, criteri localizzativi per assicurare il corretto insediamento urbanistico e territoriale di tali impianti. Tale norma deve essere interpretata nel senso che la potestà regolamentare dei Comuni, per essere legittimamente esercitata, non deve dettare limiti generalizzati alla localizzazione degli impianti in esame, ma solo disciplinarne il corretto insediamento urbanistico e territoriale, con la possibilità di individuare alcuni siti che, per destinazione d’uso e qualità degli utenti, possano essere considerati sensibili alle immissioni radioelettriche.
Sentenza|6 dicembre 2021| n. 8141. Piano provinciale di localizzazione dell’emittenza radio
Data udienza 30 novembre 2021
Integrale
Tag- parola chiave: Emittenti radiotelevisive – Piano provinciale di localizzazione dell’emittenza radio – Localizzazioni – Contestazioni – Divieti
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Seconda
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 10245 del 2014, proposto da:
Ra. Wa. S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avv. Gi. De Ve., con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via (…);
contro
Provincia di Forlà – Cesena, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avv. Do. La., con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Ar. Va. Si. in Roma, via (…);
Regione Emilia Romagna, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti Ma. Mi. e Ga. Pu., con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. An. Ma. in Roma, via (…);
nei confronti
Comune di (omissis), non costituito in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per l’Emilia Romagna Sezione Seconda n. 389/2014, resa tra le parti, concernente Piano Provinciale di Localizzazione dell’Emittenza Radiotelevisiva della Provincia di Forlì -Cesena.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della Provincia di Forlà – Cesena e della Regione Emilia Romagna;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatrice, nell’udienza pubblica del giorno 30 novembre 2021, la Cons. Laura Marzano;
Nessuno comparso per le parti;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue.
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FATTO e DIRITTO
1. Con l’appello in epigrafe Ra. Wa. S.p.a., società concessionaria della Rai per la fornitura dei servizi relativi all’installazione, alla manutenzione ed alla gestione delle reti di telecomunicazioni e per la prestazione dei servizi di trasmissione, distribuzione e diffusione dei segnali e dei programmi radiofonici e televisivi, ha impugnato la sentenza del T.A.R. di Bologna Sez. II, n. 389 del 14 aprile 2014 che ha dichiarato in parte improcedibile, in parte inammissibile e in parte infondato il ricorso di primo grado proposto avverso il Piano Provinciale di Localizzazione dell’Emittenza Radiotelevisiva della Provincia di Forlì – Cesena (PPLER), approvato con deliberazione del Consiglio Provinciale n. 57442/130 del 28 luglio 2005, pubblicata sul BUR Emilia-Romagna n. 128 del 14 settembre 2005, nella parte in cui:
1) non ha accolto le osservazioni presentate da Ra. Wa. nel corso del procedimento di approvazione del PPLER;
2) ai Titoli 2 e 4 delle NTA, applica i criteri localizzativi, previsti dalla L.R. 30/2000, ai siti e non agli impianti;
3) al Titolo 2 delle NTA prevede, per i siti localizzati su aree vietate dalla stessa legge regionale, la deroga temporanea e non invece permanente per le installazioni già esistenti alla data di entrata in vigore del PPLER;
4) al Titolo 4 delle NTA fissa zone di divieto e limiti, per l’individuazione di nuovi siti da parte del Comune, che ritiene indeterminati;
5) nelle parti in cui non prevede la conferma del sito di (omissis)- (omissis);
6) nelle parti in cui prevede la deroga temporanea, e non invece quella a tempo indeterminato, per i siti (omissis) (omissis), (omissis) (omissis) e (omissis) (omissis).
1.1. Nel ricorso di primo grado la ricorrente aveva dedotto:
– illegittimità costituzionale dell’art. 4 L.R. n. 30/2000 richiamata nel PPLER in riferimento all’art. 117, comma 3 cost. e in relazione all’art. 4, comma 1, lettera a), L. 36/2001;
– contraddittorietà del PPLER per violazione delle disposizioni della L.R. 30/2000 nella parte in cui, per valutare la sussistenza dei requisiti fissati, fa riferimento ai siti e non agli impianti;
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– eccesso di potere, contraddittorietà dell’azione amministrativa e violazione dell’art. 3, comma 1, della delibera applicativa n. 197/2001 della Regione Emilia Romagna per la mancata conferma del sito di (omissis), oltre che la sua piena compatibilità con le norme sull’inquinamento elettromagnetico;
– illegittimità della previsione di una deroga solo temporanea per le installazioni esistenti nei siti di (omissis) in Al. (omissis), (omissis) (omissis) e (omissis) (indicando però i codici di (omissis)) in violazione di quanto previsto dall’art. 4.1, comma 3, del PPLER.
In data 17 novembre 2010, a giudizio in corso, veniva sottoscritto, fra la Regione Emilia-Romagna, la Provincia di Forlì -Cesena e il Comune di (omissis), l’Accordo di programma in variante alla pianificazione territoriale e urbanistica, ai sensi dell’art. 34 TUEL e dell’art. 40 L.R. 20/2000, avente ad oggetto il risanamento del sistema degli impianti per l’emittenza radiotelevisiva nel Comune di (omissis) attraverso la delocalizzazione del sito “Ro.” e la riqualificazione del sito “Mo. Ma.”: in esito a tale rivalutazione il sito “Mo. Ma.” di (omissis) veniva inserito, in variante al PPLER 2005, fra i siti confermati per le installazioni esistenti e nuove.
Quindi, nella memoria depositata in primo grado il 24 ottobre 2013, la ricorrente precisava che permaneva l’interesse con riferimento ai motivi: 1), 2), 3), 4) e 6) del ricorso, essendo superata la censura relativa al sito di (omissis).
Quanto a tale motivo (n. 5) la sentenza ha dichiarato improcedibile il ricorso.
Dunque i siti oggetto di doglianza nel ricorso introduttivo, perché oggetto di conferma in deroga solo temporanea, individuati da Ra. Wa. con i nomi delle località e con i relativi codici identificativi, sono: (omissis) (codici (omissis)), (omissis) (codice (omissis)) e (omissis) (identificato con i codici (omissis) riferiti al Comune di (omissis)).
Con riferimento a tale ultima località, nella memoria depositata in primo grado il 24 ottobre 2013, la ricorrente chiariva di aver indicato, per errore, i codici dei siti di (omissis) (sito non riconfermato ma non di suo interesse) mentre intendeva riferirsi agli impianti di (omissis) il cui codice è (omissis).
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1.2. IL T.A.R. emiliano ha disposto verificazione con ordinanza n. 799/2013, per accertare quali fra i siti indicati al punto n. 6 dell’epigrafe del ricorso fossero interessati da deroga temporanea chiedendo anche che la relazione indicasse le previsioni del PPLER relativamente a tali siti, le ragioni poste a base delle decisioni assunte in ordine agli stessi, la sussistenza o meno all’epoca delle condizioni per la deroga previste dal PPLER stesso.
La relazione di verificazione, affidata al funzionario tecnico della Provincia di Forlì -Cesena incaricato, veniva depositata in data 28 febbraio 2014.
Dalla verificazione, che individua i siti di interesse della ricorrente sulla base dei codici dalla stessa indicati, risulta che per i siti di (omissis) in Al. (omissis) e (omissis)(omissis) il PPLERT ha previsto una deroga temporanea sulla base di quanto richiesto dai comuni interessati, rispettivamente con delibera n. 35/2003 del comune di (omissis) (omissis) e con delibera n. 143/2003 del comune di (omissis)mentre non è prevista alcuna deroga per i siti del comune di (omissis) sul (omissis) (sito che, come visto, non interessa alla ricorrente). La verificazione nulla dice dei siti di (omissis) (circostanza di cui si lamenta l’appellante).
1.3. Il T.A.R. ha deciso il ricorso come segue:
– l’impossibilità di prevedere deroghe permanenti discende dall’art. 4.1 del PPLER che, al comma 3, prevedeva la possibilità di garantire la conferma a tempo indeterminato solo in presenza di condizioni (rispetto dei limiti sanitari; attestazione di insostituibilità del sito per problemi orografici; parere favorevole di ARPA e AUSL), che nel caso di specie non sussistevano. Tuttavia, non essendo stato specificamente impugnato il suddetto art. 4.1, il ricorso è inammissibile;
– il ricorso è, altresì, inammissibile per mancata impugnazione delle deliberazioni con cui i comuni hanno richiesto la deroga, in quanto le stesse si configurano quali atti presupposti del Piano nella parte in cui ha disposto l’impugnata deroga temporanea;
– per quanto riguarda i siti collocati nel comune di (omissis) il ricorso è infondato, in quanto le censure attengono ad una circostanza (concessione di una deroga temporanea) che non sussiste, non essendo contemplata alcuna deroga per quei siti;
– in ogni caso la previsione contenuta nell’art. 4, comma 1, L.R. 30/2000 non appare incompatibile con la Carta Costituzionale, in quanto nel caso di specie si tratta di divieti specifici preordinati a tutele di natura urbanistica, naturalistica ed ambientale. Inoltre non sussiste interesse all’eccezione posto che, in concreto il PPLERT all’art. 4.1, invocato dalla stessa ricorrente, consente deroghe permanenti in presenza di determinate condizioni (fra le quali il parere favorevole di ASL ed ARPA e l’attestazione da parte dell’Ispettorato Territoriale del Ministero delle Comunicazioni dell’insostituibilità del sito per problemi orografici) che, all’epoca dell’adozione del piano, non erano presenti e, quindi, la previsione di una deroga temporanea non appare contrastare col suddetto art. 4.1, né appare priva di istruttoria posto che si è adeguata alla richiesta formulata dai comuni.
1.4. L’appello è affidato ai seguenti motivi.
1) Apoditticità e contraddittorietà della motivazione in riferimento all’eccezione di incostituzionalità dell’art. 4 L.R. 30/2000 che vieta le localizzazioni degli impianti “in una fascia di rispetto definita ai sensi dei commi 5 e 7 dell’art. A-23 dell’allegato della L.R. 24 marzo 2000, n. 20 e sulla base di una direttiva regionale adottata nel rispetto della normativa statale in materia di tetti di frequenza compatibili con la salute umana”.
L’appellante espone che la delibera applicativa della Regione Emilia-Romagna n. 197/2001 ha qualificato la fascia di rispetto come “la distanza non inferiore a 300 metri dal perimetro del centro abitato definito ai sensi del comma 6 dell’art. A¬ 5 della L.R. n. 20/2000, come individuato dagli strumenti della pianificazione urbanistica generale comunale, ovvero dal perimetro del territorio urbanizzato del PRG vigente, definito ai sensi dell’art. 13 della L.R. n. 47/1978” (art. 4).
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Tali previsioni, in combinato disposto, a parere dell’appellante sono espressione di un potere esercitato in modo indeterminato, generico oltre che invasivo della competenza statale in tale materia e ostacolano di fatto la realizzazione di impianti oggetto di programmazione nazionale.
2) Difetto di motivazione; violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato; illegittimità e contraddittorietà del PPLER per violazione degli artt. 1, 3 e 4 L.R. 30/2000.
Richiamate le definizioni contenute nell’art. 1.3 delle NTA del PLER, l’appellante deduce che il Piano sarebbe illegittimo laddove, in contrasto con la normativa nazionale e regionale del settore, all’art. 2.1, così come nelle appendici, al fine di valutare la sussistenza dei requisiti fissati dalla L.R. 30/2000, fa riferimento ai siti e non agli impianti e ricorda che la normativa regionale richiamata, pur applicando criteri incostituzionali per i motivi di cui al precedente punto, fa esclusivo riferimento agli impianti.
Quindi lamenta che il T.A.R. non si sarebbe pronunciato su tali aspetti.
L’appellante ribadisce che non sarebbe ragionevole prendere come riferimento i siti (nei quali sono installati anche più impianti), che hanno una incidenza sul territorio molto ampia, anziché i singoli impianti, che hanno invece una collocazione puntuale e possono avere un diverso impatto dal punto di vista elettromagnetico, pur essendo collocati all’interno dello stesso sito a distanza di diversi metri l’uno dall’altro.
3) Erroneità e contraddittorietà della motivazione; travisamento dei fatti di causa e delle censure di diritto sollevate con il ricorso introduttivo di primo grado; difetto di istruttoria.
Ricorda che con l’ultimo motivo del ricorso di primo grado aveva contestato la legittimità del PPLER nella parte in cui stabiliva la deroga solo temporanea dei siti di (omissis) in Al., (omissis) e (omissis). Richiamando la disposizione dell’art. 4.1. del PPLER, Ra. Wa. aveva rilevato come una sua corretta applicazione avrebbe portato ad una deroga permanente (e non temporanea) dei siti in questione. Infatti la particolare collocazione orografica dell’area di servizio di questi impianti non consentirebbe una loro diversa utile collocazione e un’eventuale delocalizzazione (comunque prevista entro 5 anni dall’approvazione del PPLER, ai sensi dell’art. 2.1, terzo comma) comporterebbe l’impossibilità di erogare il servizio pubblico generale radiotelevisivo.
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Quindi l’appellante lamenta che il T.A.R.:
– avrebbe errato nel dichiarare l’inammissibilità della censura in questione per mancata impugnazione del suddetto art. 4.1 delle NTA;
– avrebbe errato nel ritenere il ricorso inammissibile “per mancata impugnazione delle deliberazioni con cui i Comuni hanno richiesto la deroga, in quanto le stesse si configurano quali atti presupposti del Piano nella parte in cui ha disposto l’impugnata deroga”.
In ordine alla prima questione sostiene che non aveva interesse a impugnare la norma (contenente il potere di individuare nuovi siti o di confermare a tempo indeterminato quelli esistenti anche ove ricadenti entro la fascia di rispetto dei 300 mt. alle condizioni ivi indicate – rispetto dei limiti sanitari; attestazione di insostituibilità del sito per problemi orografici; parere favorevole di ARPA e AUSL), della quale, al contrario, chiedeva la corretta applicazione.
Sulla seconda questione l’appellante sostiene che, diversamente da quanto opinato dal T.A.R., le delibere comunali non erano atti presupposti e, quindi, non andavano impugnate.
4) Violazione del principio dell’effettività della tutela, del giusto processo, della parità delle parti e del contraddittorio; violazione degli artt. 3 e 111 Cost., degli artt. 1, 2 e 73 c.p.a.; eccesso di potere per difetto di istruttoria; disparità di trattamento.
Dopo aver ricordato che, con ordinanza n. 799/2013, il T.A.R. aveva disposto verificazione, rappresenta che la relazione di verificazione è stata depositata in data 28 febbraio 2014, ovvero quando i termini ex art. 73 c.p.a. erano già decorsi, sicchè avrebbe avuto diritto alla concessione di termini a difesa anche tenuto conto dell’opportunità di disporre un supplemento di istruttoria.
Quindi lamenta la violazione del diritto di difesa.
1.5. Si sono costituiti nel presente grado di giudizio la Regione Emilia Romagna e la Provincia di Forlì Cesena per resistere al gravame.
In vista della discussione le parti hanno depositato memorie conclusive e infine hanno chiesto tutte il passaggio in decisione sugli scritti.
All’udienza pubblica del 30 novembre 2021 la causa è stata trattenuta in decisione.
2. Con il primo motivo l’appellante ripropone la questione di legittimità costituzionale dell’art. 4, comma 1, della L.R. 30/2000, recante divieti di localizzazioni di impianti per l’emittenza radio e televisiva, da cui deriverebbe l’illegittimità del PPLER nella quale sono indicati i siti non compatibili con la localizzazione degli impianti.
In particolare l’appellante lamenta che il PPLER prevede la deroga temporanea e non quella permanente per i siti di (omissis) in Al., (omissis) e (omissis) (su questo punto si tornerà ) e invoca, in proposito, il comma 3 dell’art. 4.1 delle NTA del PPLER che prevede: “Solo in caso di accertata impossibilità, per problemi orografici, di garantire il servizio per centri abitati entro “Sistema dei crinali e sistema collinare”, possono essere individuati (ovvero confermati a tempo indeterminato, se esistenti) anche siti ricadenti anche entro mt. 300 dal perimetro di territorio urbanizzato, a condizione che: – sia garantito il rispetto dei limiti sanitari; – l’Ispettorato Territoriale del Ministero delle Comunicazioni attesti l’insostituibilità del sito per problemi orografici; – ARPA e ASL esprimano parere favorevole all’individuazione”.
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2.1. La questione di costituzionalità, per come prospettata, non è rilevante nel presente giudizio.
Stabilisce l’art. 4, comma 1, della L.R. 30/2000 che “Le localizzazioni di impianti per l’emittenza radio e televisiva sono vietate in ambiti classificati dagli strumenti di pianificazione territoriale e urbanistica come territorio urbanizzato o urbanizzabile a prevalente funzione residenziale o a servizi collettivi e in una fascia di rispetto definita ai sensi dei commi 5 e 7 dell’art. A-23 dell’allegato della L.R. 24 marzo 2000, n. 20 e sulla base di una direttiva regionale adottata nel rispetto della normativa statale in materia di tetti di radiofrequenza compatibili con la salute umana. Sono altresì vietate le localizzazioni nei parchi urbani, in aree destinate ad attrezzature sanitarie, assistenziali, scolastiche e sportive nonché nelle zone di parco classificate A e nelle riserve naturali ai sensi della L.R. 2 aprile 1988, n. 11”.
I siti di interesse di Ra. Wa. sono i siti (omissis), localizzati nel Comune di (omissis) e il sito (omissis), localizzato nel Comune di (omissis), che sono risultati incompatibili con le NTA del Piano in quanto gli stessi, oltre a ricadere nella fascia di rispetto di cui all’art. 4, comma 1, della L.R. 30/2000, rientravano in zona di tutela naturalistica in base al PTCP: rispetto ai suddetti siti l’appellante lamenta che il PPLER, non dando applicazione ad un criterio elaborato all’art. 4.1, comma 3 nelle NTA, abbia previsto una deroga solo a tempo determinato per i siti di (omissis), (omissis) (e (omissis)).
Invero il PPLER, atto di emanazione provinciale, in parte a contenuto sostanzialmente normativo (NTA) e in parte a contenuto provvedimentale, ha lo scopo di individuare le aree destinate ad ospitare gli impianti per le emittenti radiotelevisive; a tal fine analizza, ai sensi dell’art. 2.1 delle N.T.A., i vincoli gravanti su ciascun sito esistente e, sulla base dell’analisi vincolistica (riassunta nell’Appendice A), effettua la valutazione di compatibilità dei siti in rapporto alle norme di tutela paesaggistico-ambientale nonché ai divieti ex art. 4 L.R. n. 30/2000.
Secondo l’appellante il PLLER sarebbe illegittimo in via derivata per illegittimità costituzionale dell’art. 4 della L.R. n. 30/2000, in quanto detta norma sarebbe in contrasto con i principi affermati dalla Corte Costituzionale nelle sentenze n. 307/2003 e n. 331/2003.
Osserva il Collegio che l’appellante non contesta l’individuazione delle aree destinate ad ospitare gli impianti per le emittenti radiotelevisive effettuata dal PLEER e, quindi, il giudizio di incompatibilità dallo stesso dato, relativamente ai siti di (omissis), (omissis)(e (omissis)), ma si limita a dolersi del fatto che per i suddetti siti, ferma restando la dichiarata incompatibilità, non sia stata prevista una deroga permanente.
Risulta evidente che, stante l’oggetto della doglianza, la questione di costituzionalità della citata norma regionale, che invece fissa divieti e limiti per le localizzazioni di impianti per l’emittenza radio e televisiva, non è rilevante. Invero la rilevanza di una questione di legittimità costituzionale va verificata in relazione all’oggetto specifico di una determinata controversia e, dunque, nel caso in cui sia stata esercitata un’azione di annullamento di un provvedimento amministrativo (come si è verificato nella fattispecie), il profilo della rilevanza va scrutinato in riferimento ai dedotti profili di concreta lesività dell’atto gravato.
2.2. In ogni caso la questione non appare fondata.
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Vanno richiamate le considerazioni svolte da questo Consiglio, su analoga questione sollevata dalla medesima appellante in altro contenzioso riguardante il PLEERT della Provincia di Parma, con la sentenza della Sez. III, n. 5829 dell’11 dicembre 2017 (che ha confermato sul punto la sentenza del T.A.R. Parma n. 545/2009).
Si ricorda che la disposizione censurata è l’art. 4 della legge regionale n. 30/2000, rubricata “Divieto di localizzazione degli impianti per l’emittenza radio e televisiva”, nella parte in cui stabilisce che: “1. Le localizzazioni di impianti per l’emittenza radio e televisiva sono vietate in ambiti classificati dagli strumenti di pianificazione territoriale e urbanistica come territorio urbanizzato o urbanizzabile a prevalente funzione residenziale o a servizi collettivi e in una fascia di rispetto definita ai sensi dei commi 5 e 7 dell’art. A-23 dell’allegato della L.R. 24 marzo 2000, n. 20, e sulla base di una direttiva regionale adottata nel rispetto della normativa statale in materia di tetti di radiofrequenza compatibili con la salute umana. Sono altresì vietate le localizzazioni nei parchi urbani, in aree destinate ad attrezzature sanitarie, assistenziali, scolastiche e sportive nonché nelle zone di parco classificate A e nelle riserve naturali ai sensi della L.R. 2 aprile 1988, n. 11.
2. Le installazioni di impianti sono altresì vietate su edifici:
a) scolastici, sanitari e a prevalente destinazione residenziale;
b) vincolati ai sensi della normativa vigente;
c) classificati di interesse storico-architettonico e monumentale;
d) di pregio storico, culturale e testimoniale”.
A sua volta, l’art. A-23 dell’allegato della L.R. 24 marzo 2000, n. 20, nei commi 5 e 7, prevede che il P.S.C. (piano strutturale comunale) “provvede inoltre: alla individuazione di massima delle aree più idonee alla localizzazione degli impianti e delle reti tecnologiche di rilievo comunale e sovracomunale; alla definizione delle fasce di rispetto e delle fasce di ambientazione che si rendano necessarie.
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7. Nell’esercizio dei compiti di cui ai commi 3, 4 e 5 il Comune si attiene ai seguenti criteri:…
d) nella individuazione delle aree per gli impianti e le reti di comunicazione e telecomunicazione e per la distribuzione dell’energia, oltre a perseguire la funzionalità, razionalità ed economicità dei sistemi, occorre assicurare innanzitutto la salvaguardia della salute e la sicurezza dei cittadini e la tutela degli aspetti paesaggistico-ambientali”.
La Sez. III nella richiamata pronuncia ha dichiarato l’analoga questione di costituzionalità ivi prospettata manifestamente infondata, per le ragioni espresse dal T.A.R., dal momento che le tali preclusioni – tenuto conto della giurisprudenza della Corte Costituzionale (sentenze nn. 307/2003 e 331/2003) – non si pongono in contrasto con i principi fissati dalla disciplina-quadro, contenuta nella L. 36/2001, che ha tendenzialmente riservato allo Stato la fissazione dei “limiti di esposizione” e dei “valori di attenzione” e alle Regioni la disciplina dell’uso del territorio in funzione della localizzazione degli impianti.
Premesso, poi, che la legge regionale, con riferimento a detti limiti alle localizzazioni, non attribuisce alcun potere arbitrario alla Giunta regionale, in quanto la determinazione della fascia di rispetto è stata definita attraverso l’intermediazione applicativa di previsioni di una distinta fonte regionale di rango primario e nel rispetto della normativa statale in materia dei tetti di radiofrequenza, la sentenza in rassegna ha ulteriormente osservato che si è in presenza di “criteri di localizzazione in negativo”, sicché l’art. 4 in esame manifestamente non confligge con il parametro costituzionale richiamato.
E’ stato anche osservato che la Corte Costituzionale ha ritenuto non fondate le questioni di legittimità costituzionale, sollevate in relazione ad altre leggi regionali, là dove siffatte discipline prevedevano l’individuazione di “aree sensibili” definite dalle leggi regionali con riguardo a situazioni e interessi (tutela della popolazione nelle aree densamente abitate o frequentate, interesse storico-artistico o paesistico dell’area) di cui la Regione ha certamente titolo per occuparsi in sede di regolazione dell’uso del proprio territorio, oppure là dove prevedevano il divieto di installazione di impianti, riferito a specifici edifici, poiché ritenuto non eccedente l’ambito di un “criterio di localizzazione”, in negativo, degli impianti, ossia l’ambito degli “obiettivi di qualità ” consistenti in criteri localizzativi, la cui definizione è rimessa alle Regioni dall’art. 3, comma 1, lettera d), e dall’art. 8, comma 1, lettera e), della legge quadro; né tale ambito di per sé è suscettibile di pregiudicare la realizzazione delle reti (Corte Cost. n. 307/2003).
Sulla base delle riportate considerazioni, che il Collegio condivide, la questione di costituzionalità prospettata appare anche manifestamente infondata.
Pertanto il primo motivo deve essere respinto.
3. Appare opportuno, per ragioni di consequenzialità, esaminare con precedenza il terzo motivo.
L’appellante sostiene che la corretta applicazione dell’art. 4.1. del NTA del PPLER avrebbe portato ad una deroga permanente (e non temporanea) dei siti di (omissis) in Al., (omissis) (e (omissis)). La particolare collocazione orografica dell’area di servizio di questi impianti non consentirebbe una loro diversa utile collocazione con conseguente impossibilità di erogare il servizio pubblico generale radiotelevisivo.
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Il T.A.R. in proposito ha affermato che l’impossibilità di prevedere deroghe permanenti discende dall’art. 4.1 del PPLER che, al comma 3, prevedeva la possibilità di garantire la conferma a tempo indeterminato solo in presenza di condizioni che nel caso di specie non sussistevano (rispetto dei limiti sanitari; attestazione di insostituibilità del sito per problemi orografici; parere favorevole di ARPA e AUSL).
L’appellante lamenta innanzitutto che il T.A.R. avrebbe errato nel dichiarare l’inammissibilità della censura in questione per mancata impugnazione dell’art. 4.1 delle NTA.
Evidenzia che non aveva interesse a impugnare la norma (contenente il potere di individuare nuovi siti o di confermare a tempo indeterminato quelli esistenti anche ove ricadenti entro la fascia di rispetto dei 300 mt. alle condizioni ivi indicate – rispetto dei limiti sanitari; attestazione di insostituibilità del sito per problemi orografici; parere favorevole di ARPA e AUSL), della quale, al contrario, chiedeva la corretta applicazione.
Afferma infatti che se fosse stata effettuata una corretta istruttoria la Provincia si sarebbe dovuta rendere conto che gli impianti oggetto di deroga temporanea sono situati all’interno di siti per i quali sussistono tutte le condizioni richieste dal medesimo articolo 4.1 del PPLER per disporre una deroga permanente che ne impedisca in modo assoluto la delocalizzazione. In altre parole l’amministrazione provinciale avrebbe dovuto, richiedendo i prescritti pareri, considerare la particolare morfologia del territorio e rendersi conto che la collocazione orografica dell’area di servizio di questi impianti non ne avrebbe consentito una diversa utile collocazione, in tal modo confermando il sito a tempo indeterminato.
In senso opposto non potrebbero valere i rilievi contenuti nella relazione istruttoria secondo cui sarebbe stato impossibile prevedere una deroga a tempo indeterminato per assenza dei prescritti pareri da parte dell’Ispettorato Territoriale del Ministero delle Comunicazioni, dell’ARPA e dell’ASL. Sostiene che l’istruttoria sarebbe dovuta consistere proprio in questo: verificare l’impossibilità di soluzioni alternative e, quindi, chiedere i prescritti pareri.
Ritiene che tali considerazioni troverebbero espressa conferma nelle delibere consiliari dei comuni, riportate nella relazione istruttoria depositata nel corso del giudizio di primo grado.
Infatti, nella delibera n. 35/03 del Comune di (omissis), si dà atto che “data la morfologia del territorio, tipico dell’alta collina, l’attuale ubicazione dell’impianto può considerarsi al momento, unica e insostituibile ai fini del servizio radiotelevisivo per il Centro Abitato di (omissis) in Al.” e la delibera n. 143/03 del Comune di (omissis) afferma che “detta localizzazione risultava obbligata dalle caratteristiche morfologiche del territorio, in quanto il sito è l’unico che permette la migliore diffusione del segnale per la porzione di territorio che copre”.
Detti rilievi renderebbero evidente la necessità di disporre, conformemente a quanto previsto dall’art. 4.1. del PPLER, la conferma permanente dei siti esistenti di proprietà di Ra. Wa..
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3.1. Il motivo è infondato, pur con le precisazioni che seguono.
Deve rilevarsi che l’art. 4.1. tratta della “individuazione diretta di nuovi siti da parte dei Comuni” e apre il Titolo 4 rubricato “Individuazione di nuovi siti da parte dei Comuni”.
Dunque la competenza ad individuare il sito è del Comune così come del Comune è la competenza a richiedere eventuali deroghe. Nel caso di specie non è contestato che i due Comuni abbiano chiesto una deroga temporanea, che la Provincia ha poi concesso. Ne discende che non è ravvisabile il dedotto difetto di istruttoria; al contrario la Provincia, all’esito dell’istruttoria sulle richieste di deroga temporanea dei rispettivi comuni, le ha accordate.
In questo senso va precisata e corretta la motivazione della sentenza impugnata: la deroga permanente non è stata concessa perché i Comuni, che sono i titolari del potere di individuare i siti, non l’hanno richiesta e, conseguentemente, non sono stati acquisiti i pareri innanzi menzionati, espressamente richiesti dall’art. 4.1. delle NTA, che la ricorrente in primo grado non ha espressamente impugnato. Quanto precede rende superfluo l’esame della censura riguardante la declaratoria di inammissibilità del ricorso per mancata impugnazione delle deliberazioni con cui i Comuni hanno richiesto la deroga, in quanto ritenute atti presupposti del Piano, tenuto conto che, per le ragioni esposte, la questione sostanziale risulta infondata.
4. Con il secondo motivo l’appellante sostiene che il PLEERT sarebbe illegittimo laddove, in contrasto con la normativa nazionale e regionale del settore, al fine di valutare la sussistenza dei requisiti fissati dalla L.R. 30/2000, fa riferimento ai siti e non agli impianti e afferma che la normativa regionale richiamata, i cui criteri come già visto ritiene incostituzionali, farebbe esclusivo riferimento agli impianti.
Quindi lamenta che il T.A.R. non si sarebbe pronunciato su tali aspetti.
L’appellante ribadisce che non sarebbe ragionevole prendere come riferimento i siti (nei quali sono installati anche più impianti), che hanno una incidenza sul territorio molto ampia, anziché i singoli impianti, che hanno invece una collocazione puntuale e possono avere un diverso impatto dal punto di vista elettromagnetico, pur essendo collocati all’interno dello stesso sito a distanza di diversi metri l’uno dall’altro.
4.1. L’art. 1.3 delle NTA del PLEERT reca, fra le altre, le seguenti definizioni:
“1. Impianto: Apparato radioelettrico destinato all’emissione di segnali per la radiodiffusione televisiva e sonora, comprensivo di apparati tecnologici a terra.
2. Installazione: Sostegno verticale (palo o traliccio) destinato ad ospitare uno o più impianti fissi per la radiodiffusione televisiva e sonora. Con il termine di installazione può intendersi anche un sostegno condiviso (palo o traliccio dell’alta e media della tensione) ovvero un sostegno non strutturalmente indipendente, come il tetto o la copertura di un edificio.
3. Sito: Area dedicata, destinata ad ospitare una o più installazioni per la trasmissione radiotelevisiva”.
Alla luce delle riportate definizioni il motivo è infondato.
La legge regionale Emilia Romagna n. 30 del 31 ottobre 2000, recante “Norme per la tutela della salute e la salvaguardia dell’ambiente dall’inquinamento elettromagnetico”, all’art. 1 stabilisce che al fine di perseguire in via prioritaria la prevenzione e la tutela sanitaria della popolazione e per la salvaguardia dell’ambiente dall’inquinamento elettromagnetico coordinandole con le scelte della pianificazione territoriale e urbanistica sono dettate norme per la localizzazione delle emittenti radio, di quelle televisive, degli impianti fissi per la telefonia mobile e delle linee ed impianti elettrici per il rispetto dei valori di cautela fissati nella normativa statale e per il perseguimento degli obiettivi di qualità .
Piano provinciale di localizzazione dell’emittenza radio
Dopo aver previsto, all’art. 3, che la Provincia si dota di un Piano provinciale di localizzazione dell’emittenza radio e televisiva in coerenza con il Piano nazionale di assegnazione delle frequenze radiotelevisive e nel rispetto dei limiti e dei valori di cui al D.M. n. 381 del 1998, al già richiamato art. 4 indica gli “ambiti” nei quali sono vietate le localizzazioni di impianti per l’emittenza radio e televisiva (ossia quelli “classificati dagli strumenti di pianificazione territoriale e urbanistica come territorio urbanizzato o urbanizzabile a prevalente funzione residenziale o a servizi collettivi e in una fascia di rispetto definita ai sensi dei commi 5 e 7 dell’art. A-23 dell’allegato della L.R. 24 marzo 2000, n. 20 e sulla base di una direttiva regionale adottata nel rispetto della normativa statale in materia di tetti di radiofrequenza compatibili con la salute umana”) e aggiunge che “Sono altresì vietate le localizzazioni nei parchi urbani, in aree destinate ad attrezzature sanitarie, assistenziali, scolastiche e sportive nonché nelle zone di parco classificate A e nelle riserve naturali ai sensi della L.R. 2 aprile 1988, n. 11”.
Osserva il Collegio che, diversamente da quanto affermato dall’appellante, laddove la normativa regionale disciplina la fase della “pianificazione”, si riferisce espressamente e del tutto logicamente ad “ambiti”, “aree” e “zone”. Soltanto a valle della pianificazione – e transitoriamente “Prima dell’approvazione del Piano provinciale di localizzazione dell’emittenza radio e televisiva e sino al suo recepimento nella Pianificazione Urbanistica Comunale” (art. 6, comma 4) – disciplina le modalità e i criteri in base ai quali ciascun Comune può autorizzare i singoli impianti.
E’ del tutto evidente che, essendo il PLEERT un atto di pianificazione preordinato ad individuare le aree destinate ad ospitare gli impianti per le emittenti radiotelevisive, la valutazione di compatibilità con le norme di tutela paesaggistico-ambientale e con i divieti di cui all’art. 4 L.R. n. 30/2000, non poteva che riguardare i “siti” (secondo le definizioni contenute nell’art. 1.3 delle NTA, “Sito esistente: Area sulla quale – alla data di adozione del piano – sono presenti una o più installazioni per la trasmissione radiotelevisiva” e “Sito di progetto: Sito oggetto di studio specifico – nell’ambito del presente piano – teso a valutarne la capacità radioelettrica per l’irradiazione del segnale verso la pianura”) e non i singoli impianti.
4.2. Ciò posto è infondata anche la censura con la quale l’appellante lamenta che il T.A.R. non si sarebbe pronunciato sul punto, tenuto conto che in realtà il primo giudice ha ritenuto sostanzialmente assorbita la questione dal rilievo della mancata impugnazione dell’art. 4.1. delle NTA, come si è visto a proposito del terzo motivo.
5. Con il quarto motivo l’appellante, dopo aver ricordato che, con ordinanza n. 799/2013, il T.A.R. aveva disposto verificazione, rappresenta che la relazione è stata depositata quando i termini ex art. 73 c.p.a. erano già decorsi.
Lamenta che solo dalla verificazione avrebbe appreso che, per il sito di (omissis) (omissis), il PPLER ha previsto una deroga temporanea sulla base della relativa richiesta formulata con deliberazione di Giunta n. 35/03 (precisando che la delibera del suddetto Comune era menzionata dal PLER quale mera richiesta di deroga senza alcuna ulteriore precisazione circa la natura temporanea o meno della stessa) e, per il sito di (omissis) (omissis), il PPLER ha previsto una deroga temporanea sulla base della relativa richiesta formulata con deliberazione di Giunta n. 143/03.
Inoltre, avendo rilevato che nella suddetta relazione nulla era detto in riferimento al sito di (omissis), mentre era esaminato il diverso caso di (omissis) al (omissis) (che la Società aveva già precisato non essere oggetto di causa avendo chiarito, nella memoria depositata in primo grado il 24 ottobre 2013, di aver indicato per errore i codici dei siti di (omissis) mentre intendeva riferirsi agli impianti di (omissis) il cui codice è (omissis)), la ricorrente, in sede di discussione orale nel corso della seconda udienza pubblica del 27 marzo 2014, aveva evidenziato l’incompletezza della verificazione e aveva chiesto di disporre una integrazione istruttoria e di concedere termini a difesa per il deposito di memorie e documenti: richieste tutte respinte all’esito della discussione.
Quindi lamenta la violazione del diritto di difesa.
5.1. Il motivo è infondato.
L’appellante ammette di aver trattato, nel corso della discussione orale, dei punti ritenuti di novità e di criticità della relazione di verificazione depositata. Del resto la tempistica processuale (28 febbraio 2014, data del deposito della verificazione, 27 marzo 2014, data dell’udienza), conferma che la parte ivi ricorrente ha avuto il tempo di esaminare la relazione, di ravvisarne le criticità, tanto da averne discusso in udienza.
Se ne deve inferire che il T.A.R. abbia ritenuto che la discussione nulla avesse aggiunto e che il richiesto supplemento di istruttoria non fosse necessario. Si legge, infatti, nel verbale dell’udienza pubblica del 27 marzo 2014: “L’istanza di rinvio presentata da parte ricorrente non è accolta in quanto si ritiene che la causa sia fin d’ora matura per la decisione”.
Alla luce dei rilievi che precedono il Collegio ritiene che il diritto di difesa della ricorrente in primo grado non sia stato vulnerato dalla decisione del T.A.R..
Va infatti osservato che al dato oggettivo e non contestato che i Comuni di (omissis)e di (omissis) (omissis) hanno chiesto la deroga solo temporanea per i rispettivi siti, un supplemento di verificazione nulla avrebbe potuto aggiungere.
Quanto alla mancata considerazione, sia nella verificazione, sia nella sentenza, del sito ubicato nel Comune di (omissis), deve osservarsi che la stessa appellante ammette di aver sbagliato ad indicare i codici degli impianti nel corso del giudizio e di aver corretto l’errore soltanto con la memoria depositata in primo grado il 24 ottobre 2013.
Osserva il Collegio che se è vero che l’ordinanza che ha disposto l’istruttoria e la successiva relazione di verificazione si sono basate essenzialmente sui codici inizialmente indicati dalla parte, correggendo l’individuazione del sito di (omissis) e sostituendola con quello di (omissis) al (omissis), proprio sulla base dei codici (omissis), è pur vero che, come già visto in precedenza, le doglianze della ricorrente si appuntavano sul fatto che per i siti di suo interesse, quindi anche per il sito di (omissis), non fosse stata prevista la deroga permanente ma solo temporanea.
In proposito, tuttavia, è risultato dagli atti di causa che per il sito (omissis), a differenza di quanto avvenuto per gli altri due siti, non è stata prevista neanche la deroga temporanea per il semplice fatto che il Comune, titolare della relativa potestà, non ha effettuato alcuna richiesta.
Relativamente al suddetto sito, pertanto, risulta errata non solo l’indicazione dei codici ma finanche l’assunto di fondo da cui muoveva Ra. Wa., ossia che nel PLEER fosse stata prevista la deroga solo temporanea, come per gli altri due. Ne discende che l’equivoco ingenerato dall’erronea indicazione dei codici resta neutrale ai fini della decisione, essendo decisiva ed ostativa a qualunque diversa soluzione auspicata dall’appellante, la circostanza che per il suddetto sito il Comune non aveva richiesto alcuna deroga.
Conclusivamente, per quanto precede, l’appello deve essere respinto, con conseguente conferma della sentenza impugnata se pur con motivazione parzialmente diversa.
6. Le spese del presente grado di giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Seconda, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge confermando la sentenza di primo grado con parziale diversa motivazione.
Condanna l’appellante alla rifusione delle spese del presente grado di giudizio, che liquida in Euro 3.000,00 (tremila) oltre oneri di legge in favore della Provincia di Forlì -Cesena e in Euro 3.000,00 (tremila) oltre oneri di legge in favore della Regione Emilia Romagna.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 30 novembre 2021 con l’intervento dei magistrati:
Giulio Castriota Scanderbeg – Presidente
Giancarlo Luttazi – Consigliere
Francesco Frigida – Consigliere
Carmelina Addesso – Consigliere
Laura Marzano – Consigliere, Estensore
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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