Vendita di “aliud pro alio” e la cosa affetta da vizi

Corte di Cassazione, civile, Sentenza|| n. 18998.

Vendita di “aliud pro alio” e la cosa affetta da vizi

Alla vendita di “aliud pro alio” non si applica la disposizione dettata dall’art. 1492, comma 3, c.c., con riferimento alla compravendita di cosa affetta da vizi, con la conseguenza che la successiva alienazione a terzi del bene da parte dell’acquirente non preclude la proposizione della domanda di risoluzione per inadempimento secondo la disciplina generale di cui all’art. 1453 c.c..

Sentenza|| n. 18998

Data udienza  22 giugno 2023

Integrale

Tag/parola chiave: Compravendita – Cosa affetta da vizi – Azione di risoluzione del contratto esercitata dal compratore – Obbligo di restituzione per equivalente – Operatività in via automatica – Annullamento con rinvio

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente

Dott. MOCCI Mauro – rel. Consigliere

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere

Dott. VARRONE Luca – Consigliere

Dott. ROLFI Federico Vincenzo – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 6846/2022 R.G. proposto da:

(OMISSIS), domiciliato ex lege in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS) ((OMISSIS));

-ricorrente-

contro

(OMISSIS) E (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS) ((OMISSIS)) che li rappresenta e difende;

-controricorrenti e ricorrenti incidentali-

avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO MILANO n. 2515/2021 depositata il 05/08/2021.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 22/06/2023 dal Consigliere Dott. MAURO MOCCI.

FATTI DI CAUSA

(OMISSIS) evocava (OMISSIS) e (OMISSIS) avanti il Tribunale di Milano, chiedendo l’accertamento dei gravi vizi e difetti, mancanza di abitabilita’ e irregolarita’ urbanistiche dell’appartamento che aveva acquistato da questi ultimi con atto notarile del 5 agosto 2009. Nella resistenza delle controparti, il giudice adito dichiarava la risoluzione del contratto di compravendita e condannava i convenuti alla restituzione del prezzo di Euro 121.500,00, nonche’ al risarcimento del danno per complessivi Euro 4.600,00.

Su gravame di (OMISSIS) e (OMISSIS), con sentenza n. 2515, depositata il 5 agosto 2021, la Corte d’appello di Milano, in riforma della sentenza impugnata, dichiarava “improcedibili la domanda di risoluzione e connessa domanda risarcitoria, proposte dall’odierno appellato (OMISSIS)”.

Il giudice di secondo grado sosteneva che l’azione di risoluzione sarebbe stata preclusa dall’oggettiva rilevanza della utilizzazione definitiva della cosa viziata, legata alla volonta’ dell’acquirente di accettare la res nonostante la presenza del vizio, avendo l’acquirente deciso di far definitivamente propri gli effetti della vendita, rivendendo il bene a terzi. Il principio, seppure riferito ad ipotesi di responsabilita’ ex articolo 1492 c.c., avrebbe comunque avuto valenza generale, applicabile ad ogni ipotesi di domanda di risoluzione del contratto.

(OMISSIS) ha proposto ricorso per cassazione, sulla scorta di due motivi, illustrati da successiva memoria. Resistono con controricorso (OMISSIS) e (OMISSIS), che propongono, a loro volta, ricorso incidentale.

Il P.G. ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1) Con la prima doglianza, introdotta ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 3, il ricorrente assume la violazione e falsa applicazione dell’articolo 1492 c.c., anziche’ degli articoli 1453 e 1458 c.c. per il caso di aliud pro alio e conseguentemente dell’articolo 2038 c.c., quanto agli effetti restitutori. La sentenza impugnata avrebbe erroneamente applicato la disciplina della garanzia per vizi rispetto ad una fattispecie, nella quale – secondo il contratto inter partes – il ricorrente avrebbe inteso acquistare un’abitazione mentre si sarebbe ritrovato con un immobile ad uso e destinazione incerti, realizzato in violazione dei regolamenti locali e della legislazione urbanistica. Pertanto, la Corte d’appello avrebbe dovuto applicare la normativa riguardante la vendita di aliud pro alio, ed accogliere altresi’ l’azione di indebito arricchimento.

2) Mediante la seconda censura, il (OMISSIS) denuncia, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 3, la nullita’ del contratto per violazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, articolo 46 e dell’articolo 2038 c.c., quanto agli effetti restitutori derivanti dalla risoluzione. Infatti, benche’ la DIA autorizzativa risultasse espressamente richiamata nel rogito di vendita, la stessa sarebbe stata interrotta fin dal 2011 e neppure piu’ procedibile.

2.1) Il secondo motivo, che deve essere valutato con priorita’ logica, non e’ fondato.

Il Collegio ritiene di dover ribadire l’orientamento della piu’ recente giurisprudenza, secondo cui la nullita’ comminata dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, articolo 46 e dalla l. n. 47 del 1985, articoli 17 e 40 va ricondotta nell’ambito del comma 3 dell’articolo 1418 c.c., di cui costituisce una specifica declinazione, e deve qualificarsi come nullita’ “testuale”, con tale espressione dovendo intendersi, in stretta adesione al dato normativo, un’unica fattispecie di nullita’ che colpisce gli atti tra vivi ad effetti reali elencati nelle norme che la prevedono, volta a sanzionare la mancata inclusione in detti atti degli estremi del titolo abilitativo dell’immobile, titolo che, tuttavia, deve esistere realmente e deve esser riferibile proprio a quell’immobile. Pertanto, in presenza nell’atto della dichiarazione dell’alienante degli estremi del titolo urbanistico, reale e riferibile all’immobile, il contratto e’ valido a prescindere dal profilo della conformita’ o della difformita’ della costruzione realizzata al titolo menzionato (Sez. U, n. 8230 del 22 marzo 2019; Sez. 3, n. 538 del 15 gennaio 2020).

3) Il primo motivo e’ invece fondato.

La Corte d’appello ha ritenuto applicabile, come principio generale, la disciplina di cui all’articolo 1492 comma 3 c.c. anche alla vendita di aliud pro alio, reputando conseguentemente che l’alienazione della res avesse precluso la domanda di risoluzione e che avrebbe piuttosto dovuto condurre ad una domanda di riduzione del prezzo, pero’ non proposta. In proposito, ha affermato che “la ratio deve essere ricondotta non tanto all’impossibilita’ di ripristino della situazione in cui le parti si trovavano al momento della conclusione del contratto, ma alla volonta’ dell’acquirente di accettare la cosa nonostante la presenza del vizio”. Da cio’ la conclusione che “se l’acquirente, nonostante tutto, abbia deciso di accettare la cosa, per cio’ stesso rinuncia alla maggiore tutela dell’azione risolutoria”.

3.1) In realta’, il predetto ragionamento non e’ corretto.

Da tempo, la giurisprudenza piu’ recente di questa Suprema Corte ha affermato che l’alienazione o la trasformazione della cosa affetta da vizi, di per se’, non e’ sufficiente ad escludere a favore del compratore l’azione di risoluzione del contratto per vizi della cosa venduta, ai sensi dell’articolo 1492, comma 3, c.c. occorrendo tal fine che quel comportamento evidenzi univocamente come l’acquirente abbia inteso accettare la cosa. Nel caso in cui l’azione di risoluzione per vizi, nonostante il perimento del bene, non sia preclusa, ai sensi dell’ultimo comma dell’articolo 1492 c.c., all’obbligo della restituzione specifica dei beni periti si sostituisce quello della restituzione per equivalente, che opera in via automatica, senza necessita’ di una specifica domanda da parte dell’acquirente (Sez. 2, n. 2429 del 31 gennaio 2018; Sez. 2, n. 18202 del 29 luglio 2013).

3.2) Se pertanto appare condivisibile l’esclusione dell’applicazione dell’articolo 2038 comma 1 c.c. – trattandosi di norma riferita unicamente ad obbligazioni nascenti dalla legge – la sentenza impugnata non ha motivato circa gli elementi, indiziari e logici, che avrebbero dovuto convincere della volonta’ del (OMISSIS) di accettare comunque la res, benche’ pacificamente appartenente ad un genere differente (aliud pro alio) da quello desiderato e riferito al contratto e non essendo il cespite oggettivamente in grado di soddisfare le esigenze concrete di sua utilizzazione, diretta o indiretta, ad opera del compratore.

3.3) E tanto a voler sottacere che, in ogni caso, l’azione di risoluzione del contratto di compravendita per vizi, che si fonda sul disposto degli articoli 1490, 1492 e 1495 c.c., costituendo una disciplina particolare rispetto all’azione di risoluzione per inadempimento ex articolo 1453 c.c., non puo’ esprimere principi generali validi anche rispetto alla consegna di “aliud pro alio”, costantemente qualificata dalla giurisprudenza come res di genere del tutto diverso o che presenti difetti tali da impedire ad essa di assolvere alla sua funzione naturale o a quella ritenuta essenziale dalle parti (Sez. 2, n. 6496 del 5 aprile 2016; Sez. 2, n. 10188 del 3 agosto 2000).

Il motivo di ricorso incidentale, che prende spunto dall’omessa pronunzia della Corte d’appello circa la domanda restitutoria dell’immobile, resta assorbito dall’accoglimento del ricorso avversario.

La sentenza impugnata va dunque cassata ed il giudice del rinvio, che si designa nella Corte d’appello di Milano, in diversa composizione, dovra’ verificare se l’alienazione della res da parte del ricorrente corrispondesse alla sua volonta’ di rinunciare alla richiesta risoluzione del contratto.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo, rigetta il secondo, cassa la sentenza impugnata in relazione alla censura accolta e rinvia alla Corte d’appello di Milano, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimita’. Dichiara assorbito il ricorso incidentale.

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