Corte di Cassazione, sezione seconda penale, Sentenza 28 gennaio 2019, n. 4215.

La massima estrapolata:

È configurabile il reato di riciclaggio nei confronti della moglie casalinga che detenga e rimetta in circolazione un ingente patrimonio, frutto di operazioni illecite condotte dal marito.

Sentenza 28 gennaio 2019, n. 4215

Data udienza 27 novembre 2018

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CERVADORO M. – Presidente

Dott. MESSINI D’AGOSTINI Piero – Consigliere

Dott. SGADARI G. – Consigliere

Dott. ARIOLLI – rel. Consigliere

Dott. SARACO Anton – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato il (OMISSIS);
avverso l’ordinanza del 18/04/2018 del TRIB. LIBERTA’ di ROMA;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. GIOVANNI ARIOLLI;
sentite le conclusioni del PG Dott. OLGA MIGNOLO;
Il Proc. Gen. conclude per il rigetto.
udito il difensore:
L’avvocato (OMISSIS), in difesa di (OMISSIS) insiste nei motivi chiedendo l’accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Il difensore di (OMISSIS) ricorre per cassazione avverso la decisione del Tribunale del riesame di Roma in data 18/4/2018 che ha confermato la misura cautelare della custodia in carcere disposta dal G.I.P. del Tribunale di Roma nei confronti dell’indagata in relazione ad un’ipotesi di riciclaggio.
1.1. Con il primo motivo deduce la violazione di legge (articolo 309 c.p.p., commi 5 e 9) per non essere presente agli atti la segnalazione UIF 2016, menzionata dal Tribunale, sulla scorta della quale e’ stata ipotizzata l’assenza di causale del trasferimento delle somme di denaro “sospette” al conto corrente dell’indagata, che poi questa avrebbe trasferito ai fini di riciclaggio. Ne consegue, dunque, l’inefficacia della misura per la mancata trasmissione al Tribunale del riesame di un elemento decisivo, che il Tribunale ha citato solo per stralcio e rispetto al quale la difesa non ha potuto dire e contraddire. Peraltro, il riferimento al contenuto di tale segnalazione contrastava sia con gli elementi di carattere difensivo (interrogatorio del coimputato (OMISSIS), marito della ricorrente, documentazione prodotta in sede di riesame) che con il contenuto della segnalazione UIF 2009, laddove emerge l’esistenza di una lecita causale del trasferimento della somma all’indagata (si tratterebbe del corrispettivo ricevuto per l’acquisto da parte della societa’ SIE delle azioni della societa’ (OMISSIS) di proprieta’ dell’indagata).
Analogo vizio dovuto sempre all’omesso deposito e trasmissione era poi da ravvisarsi a proposito del riferimento contenuto nell’ordinanza genetica ad una segnalazione UIF relativa ad un passaggio di denaro di circa 1,4 milioni di Euro in data 6/4/2016 sul conto della (OMISSIS) s.r.l..
1.2. Con il secondo motivo deduce la mancanza ed illogicita’ della motivazione. In particolare, errati erano diversi riferimenti alla persona del (OMISSIS) contenuti nell’ordinanza impugnata (posizione giuridica, esito della chiusura del fallimento che ha dato origine al procedimento per bancarotta fraudolenta a carico del (OMISSIS), il riferimento alla vicenda “(OMISSIS)”); parimenti a dirsi quanto al trasferimento (da un conto ad un altro nella disponibilita’ della ricorrente) relativo all’asserita seconda operazione di riciclaggio, essendo dovuto per semplici esigenze bancarie interne riferite alla gestione di conti correnti intestati a non residenti. Inoltre, si censura l’ordinanza impugnata laddove ha ipotizzato come delitto presupposto la distrazione delle somme dalla fallita societa’ (OMISSIS), non avvedendosi che il trasferimento della somma in questione non ha formato oggetto di addebito penale nel processo per bancarotta fraudolenta nei confronti del marito della ricorrente.
Quanto poi al riciclaggio e, in particolare, alla terza ipotesi (emissione di assegni circolari per un importo complessivo di Euro 17.500,00 in addebito sul c/c dell’indagata ed emessi in favore della societa’ (OMISSIS) s.r.l.) il Tribunale era incorso in un travisamento, non rilevando come l’operazione avesse una causale lecita sottostante (pagamento dei lavori dell’abitazione coniugale) e come il relativo bonifico alla societa’ che li aveva eseguiti – la quale aveva rilasciato fattura – fosse stato disposto dalla ricorrente (e non dal marito) senza nulla nascondere e senza alcun intento di occultamento. Con conseguente esclusione del dolo.
Quanto, poi, alla regolarita’ dell’operazione negoziale da cui muove l’accusa di riciclaggio (il trasferimento di proprieta’ delle azioni (OMISSIS)) si trattava di trasferimento reale e necessitato in quanto strumentale alla prevista fusione, per come asseverato dallo stesso curatore fallimentare.
1.3. Con il terzo motivo deduce l’erronea applicazione della legge penale quanto alla qualificazione giuridica del fatto come riciclaggio anziche’ ricettazione. Invero, le quattro operazioni contestate nell’imputazione quali condotte di riciclaggio sono tutte derivate e temporalmente successive alla ricezione della somma di Euro 830.000,00 sul c/c della ricorrente. Avendo in quel momento ella commesso ricettazione, non e’ configurabile il riciclaggio, non potendo tale delitto essere realizzato dall’autore di quello presupposto.

CONSIDERATO IN DIRITTO

2. Il ricorso non e’ fondato.
2.1. Con riguardo alla lamentata trasmissione di atti menzionati nell’ordinanza impugnata, la censura e’ anzitutto inammissibile per genericita’ e difetto di autosufficienza. Nel ricorso non si precisa, infatti, se le comunicazioni UIF (quella del 2016 i cui stralci sono riportati a pag. 6 dell’ordinanza impugnata e quella del 2009 riportata nella informativa del 2017) sono state acquisite dagli inquirenti quale atto autonomo, presente nel fascicolo unitamente a quelli posti a fondamento della misura e all’uopo specificamente fascicolate, ovvero se trattasi di stralci di comunicazioni citate nelle diverse informative di indagine che invece sono presenti agli atti. Soltanto nel primo caso sarebbe ipotizzabile – salvo poi verificarne l’incidenza sulla tenuta della gravita’ indiziaria e della relativa motivazione – la censura di inefficacia, altrimenti ponendosi esclusivamente un problema di valenza probatoria di un documento richiamato, a sua volta, da un altro presente agli atti e, comunque, pienamente utilizzabile ai fini cautelari.
Inoltre, la doglianza e’ infondata. Invero, la “comunicazione UIF” cui si fa inizialmente riferimento in ricorso e che attiene principalmente all’operativita’ in uscita dei conti della ricorrente – a prescindere dunque dal fatto di essere o meno contenuta tra gli atti trasmessi al Tribunale del riesame, quali documenti autonomi o come atti cui si riferiscono le informative di polizia giudiziaria, circostanza che non e’ verificabile in questa sede, non essendo stati trasmessi alla cancelleria di questa Corte tutti gli atti di cosi’ corposa indagine – non risulta essere stata “effettivamente determinante” per radicare il convincimento in ordine alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza a carico della (OMISSIS). Il Tribunale, ed ancor prima il Giudice per le indagini preliminari nel provvedimento genetico, hanno citato ampia documentazione, le risultanze di indagini bancarie successive alle comunicazioni UIF, le dichiarazioni di terzi soggetti, il contenuto di intercettazioni, nonche’ l’esito negativo delle stesse dichiarazioni rese dal marito della ricorrente nel corso dell’interrogatorio di garanzia, il cui esame incrociato ha consentito di convalidare quel “sospetto” di operazioni fraudolente che aveva costituito l’input – ma solo l’input – dell’indagine contenuto nella comunicazione alla quale ha fatto riferimento il Tribunale del riesame.
Parimenti e’ a dirsi con riguardo agli elementi fattuali contenuti nella segnalazione UIF del 2009 (che attiene ai profili in entrata della somma che si ipotizza oggetto di riciclaggio), richiamati testualmente dalle informative, trattandosi di circostanze note all’indagine (in particolare in merito alla causale dell’operazione a monte), introdotte dalla difesa anche mediante l’interrogatorio del (OMISSIS) ed oggetto di esame e discussione sia in sede applicativa della misura che di riesame. Peraltro, va anche evidenziato che detta segnalazione non assevera affatto l’esistenza di una causale lecita della provvista entrata sul conto corrente della ricorrente, ma si limita a dare atto degli elementi obiettivi con cui e’ stata registrata l’operazione, sulla base dell’indicazione degli stessi soggetti che a tali movimentazioni hanno partecipato.
2.2. Anche il secondo motivo di ricorso e’ infondato. Trattasi principalmente di censure aventi carattere di merito, in quanto tendono ad una diversa ricostruzione del fatto che non incide su quella maggiormente plausibile fatta propria dai giudici della cautela, non consentita in questa sede. Con particolare riguardo all’operazione che costituisce il presupposto del contestato riciclaggio, va escluso che i passaggi formali indicati dalla difesa possano, allo stato, rendere recessiva la gravita’ del compendio indiziario offerto dall’accusa e, dunque, potersi affermare la realita’ dell’acquisto della (OMISSIS) s.p.a. (di cui la ricorrente deteneva l’intero capitale sociale a partire dal 31/3/2004) ad opera della (OMISSIS) s.p.a., successivamente fallita. Cio’ in ragione di una pluralita’ di elementi che si legano ai rilievi sulle formalita’ seguite, tanto che e’ lo stesso curatore a precisare, con un’integrazione L. Fall., ex articolo 33 depositata in data 13/4/2018, che dalle stesse visure la ricorrente continua a risultare quale unico socio della incorporata (OMISSIS) s.p.a.; al contesto in cui detta operazione si inserisce (l’incorporazione attiene ad un disegno piu’ ampio perseguito dalla fallita che involge anche altre societa’; intorno alla vicenda ruotano sostanzialmente gli stessi soggetti; si assiste ad un reiterato trasferimento della sede sociale all’estero al fine di ostacolare la procedura fallimentare; risultano contestati ed accertati molteplici fatti distrattivi); all’evidente discrasia temporale tra il momento in cui l’acquisto delle partecipazioni viene registrato dalla (OMISSIS) s.p.a. (in data 20/3/2006) e quello in cui si verificherebbe il pagamento di quanto dovuto alla ricorrente quale socia della (OMISSIS) s.p.a. (in data 5/6/2009 per come asseverato dalla stessa segnalazione UIF citata a pag. 3 del ricorso della difesa); all’assenza di azioni o iniziative volte ad azionare il preteso diritto di credito da parte della ricorrente nei confronti della societa’ debitrice (che invece aveva gia’ provveduto da tempo a ridurre il proprio capitale sociale in virtu’ dell’apporto di quelli derivanti dalle societa’ incorporate); dalla oggettiva presenza, in data antecedente e prossima al “pagamento” alla ricorrente delle azioni cedute, di diverse istanze per la dichiarazione di fallimento della (OMISSIS) s.p.a. (di particolare rilievo proprio quella azionata dalla Procura della Repubblica di Roma il giorno prima dell’operazione di pagamento da (OMISSIS) s.p.a. alla ricorrente, ossia in data 4/6/2009 sulla base degli ultimi bilanci depositati e un debito tributario iscritto a ruolo di oltre 2 milioni di Euro, a nulla rilevando che poi l’istanza sia stata rigettata, in quanto cio’ e’ stato dovuto ad una istanza di rateizzazione del debito erariale, poi non onorato con successiva dichiarazione di fallimento). Di conseguenza, alla luce anche degli ulteriori elementi emersi dalle intercettazioni e anche di tipo dichiarativo relativi alle altre posizioni cautelari esaminate, corretta e logica e’ l’affermazione a cui e’ pervenuto il giudice della cautela, secondo cui la (OMISSIS) s.p.a. fu depauperata, secondo uno schema illecito ideato dal (OMISSIS), del proprio attivo patrimoniale mediante un sistema di trasferimento ad altre societa’ allo stesso riconducibili o alla stessa ricorrente (che ne e’ il coniuge), cosi’ rimanendo detta societa’ un mero contenitore di debiti. Cio’ da’ altrettanto conto della sussistenza del delitto presupposto ipotizzato dal pubblico ministero (appropriazione indebita ai danni della (OMISSIS) s.p.a.) nella misura della somma riversata alla ricorrente in conseguenza di detta operazione di svuotamento.
Con riguardo, poi, alle operazioni di trasferimento “incriminate”, parimenti corretta e scevra da vizi logici e’ la lettura che il Tribunale del riesame ne ha fornito, alla luce delle complessive modalita’ della condotta, della destinazione delle somme e degli accertamenti svolti da cui risulta che la ricorrente, pur svolgendo l’attivita’ di casalinga, e’ priva di redditi da lavoro e ciononostante e’ titolare di un ingente patrimonio immobiliare. Tali elementi risultano dimostrativi della consapevolezza della ricorrente di prestarsi alla realizzazione del disegno illecito perseguito dal marito, mediante un’attivita’ di sostituzione e trasferimento della somme di provenienza delittuosa ricevute. Pertanto, il rilievo che parte delle somme (peraltro in misura assai limitata essendo la gran parte state riversate su altro conto dell’imputata o trasferite al marito) sia stata destinata ad effettuare il pagamento di una spesa personale, non elimina la rilevanza penale della condotta, in quanto utilmente idonea a rimettere in circolazione proventi di origine delittuosa, cosi’ rendendone piu’ difficile il reperimento e l’identificazione.
Inammissibili poi sono le altre censure contenute nel motivo in quanto attinenti la posizione del coimputato (OMISSIS) e non direttamente attinenti alla posizione della ricorrente.
3. Infondato e’ il terzo motivo di ricorso con cui si deduce la violazione di legge sul rilievo che nel caso in esame l’unico reato ipotizzabile sarebbe la ricettazione, consumatasi al momento della ricezione delle somme, con esclusione quindi del riciclaggio avendo la ricorrente cosi’ concorso nel delitto presupposto.
Al riguardo, deve richiamarsi anzitutto il principio di diritto affermato da questa Corte, al quale il Collegio intende riportarsi, secondo cui integra il delitto di riciclaggio la condotta di chi deposita in banca danaro di provenienza illecita, atteso che, stante la natura fungibile del bene, in tal modo lo stesso viene automaticamente sostituito, essendo l’istituto di credito obbligato a restituire al depositante la stessa somma depositata (Sez. 2, n. 52549 del 20/1/2017, Rv. 271530; Sez. 6, n. 43534 del 24/4/2012, Rv. 253795).
Inoltre, la ricezione della somma da parte della ricorrente sul proprio conto quale asserita monetizzazione della vendita delle azioni di proprieta’ e’ unitariamente finalizzata a rimettere in circolo tali denari provento di appropriazione indebita. Trattasi, quindi, quello della ricezione delle somme, di un antecedente necessario delle operazioni di trasferimento che non incentra su di se’ l’intero disvalore del fatto, da valutarsi unitariamente in ragione della causa illecita perseguita ed al cui assolvimento le “successive” condotte di trasferimento sono ab origine asservite ed unitariamente legate.
4. Al rigetto del ricorso consegue, ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., la condanna della ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Avv. Renato D’Isa

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