Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|16 settembre 2022| n. 27317.
Revoca dell’assegno divorzile e la valutazione delle condizioni economiche delle parti
In sede di revoca dell’assegno divorzile il Giudice può procedere alla modifica solo sulla base della valutazione delle sopravvenute modifiche delle condizioni economiche delle parti, non potendo, di contro, procedere ad accertare nuovamente i presupposti che hanno portato alla determinazione dell’assegno in sede di divorzio.
Ordinanza|16 settembre 2022| n. 27317. Revoca dell’assegno divorzile e la valutazione delle condizioni economiche delle parti
Data udienza 10 maggio 2022
Integrale
Tag/parola chiave: Divorzio – Assegno divorzile – Revisione – Sopravvenuta modifica delle condizioni economiche degli ex coniuge – Altri oneri economici incombenti sul coniuge obbligato – Rilevanza
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MELONI Marina – Presidente
Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere
Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere
Dott. CARADONNA Lunella – rel. Consigliere
Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso n. 20939/2021 proposto da:
(OMISSIS), rappresentata e difesa dall’Avv. (OMISSIS), ed elettivamente domiciliata presso il suo studio in (OMISSIS), giusta procura speciale in calce al ricorso per cassazione;
– ricorrente –
e
(OMISSIS), rappresentato e difeso dagli Avv.ti (OMISSIS), e (OMISSIS), unitamente e disgiuntamente, ed elettivamente domiciliato presso lo studio dell’Avv. (OMISSIS), in (OMISSIS), giusta procura speciale in calce al controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza della Corte di appello di Torino n. 666/2021, emessa il 28 maggio 2021, notificata in data 22 giugno 2021;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 10 maggio 2022 dal consigliere Dott. Lunella Caradonna.
Revoca dell’assegno divorzile e la valutazione delle condizioni economiche delle parti
RILEVATO
CHE:
1. Con sentenza del 28 maggio 2021, la Corte di appello di Torino ha rigettato l’appello proposto da (OMISSIS) nei confronti della sentenza del Tribunale di Novara n. 193/20 del 20 marzo 2020, che aveva pronunciato lo scioglimento del matrimonio contratto il (OMISSIS) con (OMISSIS); aveva stabilito un assegno divorzile nella misura di Euro 600,00 mensili, oltre rivalutazione annuale secondo gli indici I.S.T.A.T.; aveva determinato il contributo di mantenimento in favore della figlia maggiorenne (OMISSIS) in Euro 400,00 mensili, oltre il 50% delle spese straordinarie e aveva disposto l’assegnazione della casa coniugale in favore della (OMISSIS), ivi convivente con la figlia.
2. La Corte territoriale, sull’unica questione oggetto di gravame inerente al quantum dell’assegno divorzile, ha affermato che nella valutazione della complessiva condizione economica del (OMISSIS) era necessario considerare gli oneri economici sullo stesso incombenti a titolo di contributo di mantenimento della figlia (OMISSIS) e dell’assegnazione della casa coniugale, tenuto conto che le spese straordinarie afferenti l’abitazione gravavano sul (OMISSIS); ne’ potevano essere trascurate le disponibilita’ mobiliari riscontrate dalla Guardia di Finanza in favore della (OMISSIS), nonostante fossero formalmente venute meno per la successiva revoca della delega della firma sul deposito conti e conto corrente intestati alla madre, dovendosi esprimere quantomeno perplessita’ sulla effettivita’ della rappresentata deminutio patrimoniale.
3. (OMISSIS) ha proposto ricorso per cassazione con atto affidato a tre motivi.
4. (OMISSIS) ha depositato controricorso.
5. Il ricorso e’ stato assegnato all’adunanza in camera di consiglio non partecipata del giorno 10 maggio 2022 ai sensi dell’articolo 380 bis c.p.c..
6. Entrambe le parti hanno depositato memoria.
Revoca dell’assegno divorzile e la valutazione delle condizioni economiche delle parti
CONSIDERATO
CHE:
1. Il primo mezzo denuncia la violazione e/o falsa applicazione della L. n. 898 del 1970, articolo 5, comma 6, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, non avendo la Corte di appello applicato i criteri di commisurazione dell’assegno divorzile, disattendendo i parametri relativi all’eta’, alla durata del matrimonio e all’impossibilita’ di procurarsi un’attivita’ lavorativa.
1.1 Il motivo e’ inammissibile.
1.2 Secondo la consolidata giurisprudenza di legittimita’, la revisione dell’assegno divorzile di cui alla L. n. 898 del 1970, articolo 9 postula l’accertamento di una sopravvenuta modifica delle condizioni economiche degli ex coniugi idonea a mutare il pregresso assetto patrimoniale realizzato con il precedente provvedimento attributivo dell’assegno, secondo una valutazione comparativa delle condizioni suddette di entrambe le parti. In particolare, in sede di revisione, il giudice non puo’ procedere ad una nuova ed autonoma valutazione dei presupposti o della entita’ dell’assegno, sulla base di una diversa ponderazione delle condizioni economiche delle parti gia’ compiuta in sede di sentenza divorzile, ma, nel pieno rispetto delle valutazioni espresse al momento della attribuzione dell’emolumento, deve limitarsi a verificare se, ed in che misura, le circostanze, sopravvenute e provate dalle parti, abbiano alterato l’equilibrio cosi’ raggiunto e ad adeguare l’importo o lo stesso obbligo della contribuzione alla nuova situazione patrimoniale-reddituale accertata (Cass., 24 aprile 2019, n. 11177; Cass., 13 gennaio 2017, n. 787).
1.3 Nel caso concreto, il motivo, al di la’ dell’intestazione, che fa riferimento alla violazione della L. n. 898 del 1970, articolo 5, comma 6, e’ tutto incentrato sui criteri di determinazione dell’assegno (durata del matrimonio, contributo della moglie alla formazione del patrimonio familiare, valutazione comparativa dei redditi dei coniugi), riguardando la determinazione dell’assegno in sede di divorzio e non la sua revisione L. n. 898 del 1070, ex articolo 9 e censura la Corte territoriaiero per non averne tenuto conto.
Per converso, in sede di procedimento per la modifica dell’assegno divorzile ai sensi della L. n. 898 del 1970, articolo 9 il giudice non e’ tenuto ad accertare nuovamente la sussistenza dei presupposti del diritto all’assegno o al contributo per il mantenimento dei figli minori, gia’ accertati dal giudice che ha pronunciato la sentenza di divorzio, dovendo solo valutare, come gia’ detto, se sono sopravvenute circostanze che giustifichino una diversa misura o modalita’ di corresponsione ed eventualmente anche la cessazione dell’obbligo di versamento (Cass., 23 ottobre 2007, n. 22249).
1.4 La censura formulata e’ inammissibile anche sotto un ulteriore profilo, perche’, a fronte del fatto che la (OMISSIS) aveva chiesto l’aumento dell’assegno divorzile ad Euro 1.042,77, lamentando di essere priva di attivita’ lavorativa e che in sede di separazione le era stato riconosciuto l’importo di Euro 1.000,00, trascura di censurare l’iter argomentativo della Corte del merito, che ha affermato che, comunque, doveva tenersi conto del contributo di mantenimento della figlia posto a carico del padre e dell’assegnazione della casa coniugale alla moglie, cosi’ ribadendo la determinazione dell’assegno divorzile operata dal primo giudice, che aveva tenuto conto sia delle condizioni economiche di entrambe le parti, sia del fatto che la (OMISSIS) fosse priva di occupazione e che la mancanza di capacita’ reddituale era solo in parte compensata dalla titolarita’ di un discreto patrimonio mobiliare, essendo irrilevanti le proprieta’ immobiliari, nonche’ della durata del matrimonio (circa 20 anni), dell’eta’ non piu’ giovane della (OMISSIS) e dei redditi netti dello (OMISSIS) pari a circa 3.000,00 mensili (cfr. pag. 2 della sentenza impugnata).
1.5 In ultimo, non e’ superfluo precisare, che l’assegno di separazione presuppone la permanenza del vincolo coniugale, e, conseguentemente, la correlazione dell’adeguatezza dei redditi con il tenore di vita goduto in costanza di matrimonio; al contrario tale parametro non rileva in sede di fissazione dell’assegno divorzile, che deve invece essere quantificato in considerazione della sua natura assistenziale, compensativa e’ perequativa, secondo i criteri indicati alla L. n. 898 del 1970, articolo 5, comma 6 (Cass., 26 giugno 2019, n. 17098; Cass., Sez. U., 11 luglio 2018, n. 18287,citata).
2. Il secondo mezzo denuncia la violazione dell’articolo 132 c.p.c., comma 1, n. 4, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, avendo la Corte di appello esaminato erroneamente le risultanze istruttorie in ordine alla delega della signora (OMISSIS) con il di lei fratello sul deposito conti e conto corrente intestati alla madre della ricorrente.
2.1 Il motivo e’ inammissibile, perche’ oltre che estremamente generico, non si confronta ancora una volta con il contenuto del provvedimento impugnato che ha fondato la decisione sugli oneri ancora gravanti sul padre per la figlia e sul vantaggio economico per la (OMISSIS) derivante dall’assegnazione alla stessa della casa coniugale di proprieta’ dell’altro coniuge, cio’ tenuto conto anche di quanto riportato a pag. 2 della sentenza impugnata, laddove la Corte di appello ha affermato che la (OMISSIS) era risultata intestataria pure di un deposito titoli per un controvalore al 31 marzo 2019 di Euro 67.878,140 e di un conto corrente con saldo attivo alla medesima data di Euro 9.330,63, mentre la delega afferiva ad un altro conto corrente avente un saldo di Euro 23.214,35.
3. Il terzo mezzo censura la violazione dell’articolo 132 c.p.c., comma 2, n. 4, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per nullita’ della sentenza per motivazione apparente, poiche’ la motivazione era stata formulata in termini di mera adesione alla sentenza di primo grado.
3.1 Il motivo e’ infondato, avendo la Corte di appello dato conto, per quanto sopra rilevato, delle ragioni della conferma, in relazione ai motivi di impugnazione e della identita’ delle questioni prospettate in appello rispetto a quelle gia’ esaminate in primo grado (cfr. pagine 2 e 3 della sentenza impugnata) ed avendo argomentato in modo autonomo sulla fondatezza del gravame proposto (cfr. Cass., 5 agosto 2019, n. 20883).
Non sussiste, pertanto, il vizio dedotto di motivazione apparente che secondo il consolidato insegnamento della giurisprudenza di questa Corte, va apprezzato, quale causa di nullita’ della sentenza, tanto nei casi di sua radicale carenza, quanto nelle evenienze in cui la stessa si dipani in forme del tutto inidonee a rivelare la ratio decidendi posta a fondamento dell’atto, poiche’ intessuta di argomentazioni fra loro logicamente inconciliabili, perplesse od obiettivamente incomprensibili. (Cass., 18 settembre 2009, n. 20112).
4. Per quanto esposto, il ricorso deve essere rigettato e la ricorrente va condannata al pagamento delle spese processuali, sostenute dal controricorrente e liquidate come in dispositivo, nonche’ al pagamento dell’ulteriore importo, previsto per legge e pure indicato in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimita’, che liquida in Euro 2.900,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 100,00 ed agli accessori di legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.
Dispone che ai sensi del Decreto Legislativo n. 198 del 2003, articolo 52 siano omessi le generalita’ e gli altri dati identificativi in caso di diffusione del presente provvedimento.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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