Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|| n. 21935.
L’attribuzione degli interessi sugli interessi scaduti postula una specifica domanda del creditore autonoma
L’attribuzione degli interessi sugli interessi scaduti, secondo la previsione di cui all’art. 1283 c.c., postula una specifica domanda del creditore, autonoma e distinta rispetto a quella volta al riconoscimento degli interessi principali, la cui proposizione non può desumersi dal generico contesto dell’attività processuale delle parti.
Ordinanza|| n. 21935. L’attribuzione degli interessi sugli interessi scaduti postula una specifica domanda del creditore autonoma
Data udienza 18 maggio 2023
Integrale
Tag/parola chiave: Impugnazioni civili – Appello – Domande – Nuove – In genere richiesta di interessi anatocistici – Domanda specifica – Necessità – Possibilità di desumerla dal contesto dell’attività processuale delle parti – Esclusione.
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DE STEFANO Franco – Presidente
Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere
Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere
Dott. AMBROSI Irene – rel. Consigliere
Dott. PORRECA Paolo – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 30044/2021 R.G. proposto da:
(OMISSIS) s.r.l., in persona dell’Amministratore Unico pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avv. (OMISSIS), come da procura speciale in calce al ricorso, elettivamente domiciliata in ROMA, presso lo studio del predetto, (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), rappresentata e difesa dagli Avv. (OMISSIS) e (OMISSIS), come da procura speciale in calce al controricorso, elettivamente domiciliata in ROMA, presso lo studio del predetto, (OMISSIS);
– resistente, ricorrente incidentale –
avverso la sentenza n. 362/2021 della CORTE D’APPELLO di CAGLIARI (sez dist. SASSARI), pubblicata il 30/10/2021;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 18/05/2023 dalla Consigliera Dott.ssa Irene Ambrosi.
L’attribuzione degli interessi sugli interessi scaduti postula una specifica domanda del creditore autonoma
FATTI DI CAUSA
1. Con sentenza n. 665/19 il Tribunale di Nuoro rigettava l’opposizione proposta da (OMISSIS) avverso l’esecuzione immobiliare r.g.E. n. 45/2012 promossa da (OMISSIS) s.r.l., accertando che il credito vantato dal creditore procedente nei confronti della debitrice esecutata era pari alla somma complessiva di Euro 109.184,52 e condannando l’opponente alle spese di lite; nello specifico, con l’opposizione all’esecuzione la debitrice aveva affermato, tra l’altro, l’insussistenza del credito azionato, il difetto di legittimazione attiva della creditrice opposta e l’indeterminatezza della somma precettata.
Per quanto ancora qui rileva, (OMISSIS) s.r.l. aveva notificato a (OMISSIS) l’atto di precetto in data 23 febbraio 2012, basato sull’accollo dalla predetta assunto per aver acquistato con atto notarile in data 1 dicembre 1987 un immobile sito in (OMISSIS), dalla societa’ (OMISSIS) s.r.l., previo frazionamento del mutuo fondiario del 27 giugno 1987, con cui l’ (OMISSIS) s.p.a. aveva concesso un ingente importo alla predetta societa’ (OMISSIS), e dunque, l’atto di precetto del 2012 era limitato al credito residuo, soprattutto per gli interessi, rimasto insoddisfatto, dopo l’assegnazione dell’immobile avvenuta in una precedente espropriazione r.g.E. n. 64650/1989, promossa dal predetto Istituto di credito dinanzi al Tribunale di Roma nei confronti della (OMISSIS) (conclusasi con l’approvazione del piano di riparto in data 7 luglio 2004) in quanto quest’ultima non aveva adempiuto all’accollo del mutuo de quo.
Incardinata l’esecuzione immobiliare del 2012, (OMISSIS) aveva depositato atto di intervento con cui chiedeva il riconoscimento degli interessi convenzionali maturati e maturandi sulla base del contratto di mutuo anzidetto; la resistente aveva richiesto di essere ammessa alla procedura di conversione del pignoramento ed il G.E. con provvedimento in data 7 marzo 2016 l’aveva concessa.
2. Avverso la decisione di prime cure proponevano appello entrambe le parti.
L’attribuzione degli interessi sugli interessi scaduti postula una specifica domanda del creditore autonoma
L’appello principale della creditrice veniva respinto dalla Corte d’appello di Cagliari, sia pure con correzione della sentenza di prime cure quanto alla domanda sugli interessi convenzionali, erroneamente ritenuta presuntivamente abbandonata dal Tribunale; l’appello incidentale della debitrice veniva accolto parzialmente con rideterminazione del credito azionabile e condanna della creditrice alla restituzione dell’eccedenza; il Giudice d’appello riconosceva effetto risolutivo al primo precetto, ricostruiva lo sviluppo di sorte e interessi nel tempo, e riteneva irretrattabile il contenuto del progetto di distribuzione del 15 giugno 2004; dichiarava, quindi, che la banca intimante aveva diritto di procedere esecutivamente per il minor importo di Euro 40.394,60, con condanna della creditrice alla restituzione in favore della debitrice di Euro 126.059,73, nonche’ di Euro 15.680,94; escludeva la novita’ della relativa domanda sull’usura sopravvenuta, rigettandola pero’ nel merito, con condanna della creditrice alle spese del doppio grado.
3. Per la cassazione della richiamata sentenza, (OMISSIS) s.r.l. ha proposto ricorso sulla base di nove motivi; (OMISSIS) ha resistito con controricorso, proponendo, a sua volta, ricorso incidentale sulla base di sei motivi.
La trattazione del ricorso e’ stata fissata in adunanza camerale ai sensi dell’articolo 380-bis.1 c.p.c..
Il Pubblico Ministero non ha depositato conclusioni.
La ricorrente principale ha depositato memoria.
Il Collegio si e’ riservato il deposito della decisione nei sessanta giorni successivi.
L’attribuzione degli interessi sugli interessi scaduti postula una specifica domanda del creditore autonoma
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. La ricorrente principale, creditrice, denuncia:
1.1. con il primo motivo, la nullita’ e (o) l’invalidita’ della sentenza e (o) della statuizione di condanna della ricorrente al rimborso delle spese della procedura esecutiva del tribunale ai sensi degli articoli 91, 95, 99, 112 e 161 c.p.c., articolo 132 c.p.c., n. 4 in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4;
1.2. con il secondo motivo, la nullita’ e (o) l’invalidita’ della sentenza e (o) della statuizione di condanna della ricorrente al rimborso delle somme corrisposte in eccesso nell’ambito della procedura esecutiva del tribunale per violazione dell’articolo 345 c.p.c. in relazione agli articoli 112, 282 e 345 c.p.c., articolo 360 c.p.c., nn. 3 e 4;
1.3. con il terzo motivo, la nullita’ e (o) invalidita’ della sentenza e (o) della statuizione in cui il giudice del merito, per determinare il residuo credito vantato dal ricorrente, ha disatteso le risultanze della ctu esperita in primo grado, pur riconoscendo la validita’ della stessa con violazione degli articoli 194, 195 e 132 c.p.c. in relazione agli articoli 360 c.p.c., n. 4;
1.4. con il quarto motivo, la nullita’ e (o) invalidita’ della sentenza e (o) della statuizione con cui il giudice del merito, per determinare il residuo credito vantato dal ricorrente, ha calcolato gli interessi moratori sulla sola quota di capitale afferente le rate a scadere e non anche su quella relativa alle rate scadute del contratto di mutuo depurate dagli interessi corrispettivi con cio’ violando l’articolo 111 Cost., articolo 1224 c.c., Decreto del Presidente della Repubblica n. 7 del 1976, articolo 14, articolo 132 c.p.c., n. 4 in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3 e 4;
1.5. con il quinto motivo, la nullita’ e (o) invalidita’ della sentenza e (o) della statuizione relativa alla parte in cui il giudice del merito ha affermato che il contratto di mutuo si e’ risolto al momento della notifica dell’atto di precetto del 1989 sotto il profilo del vizio di omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti, con cio’ violando gli articolo 111 Cost., articolo 1224 c.c., Decreto del Presidente della Repubblica n. 7 del 1976, articolo 15, articolo 116, articolo 132 c.p.c., n. 4 in relazione all’articolo 360 c.p.c., nn. 3 e 5;
L’attribuzione degli interessi sugli interessi scaduti postula una specifica domanda del creditore autonoma
1.6. con il sesto motivo, la nullita’ e (o) invalidita’ della sentenza e (o) della statuizione relativa alla parte in cui il giudice del merito ha determinato il residuo credito vantato dalla ricorrente modificando le previsioni contenute nel piano di riparto della esecuzione immobiliare del 1989 del tribunale, con cio’ violando l’articolo 2909 c.c., articolo 132 c.p.c., n. 4 e articoli 510 e 512 c.p.c. in relazione all’articolo 360 c.p.c., nn. 3 e 4;
1.7. con il settimo motivo, la nullita’ e (o) invalidita’ della sentenza e (o) della statuizione relativa alla parte in cui il giudice del merito, dopo aver determinato il residuo credito vantato dalla ricorrente per sorte, ha negato che su tale importo potessero essere riconosciuti ulteriori interessi per difetto di espressa domanda in tal senso con cio’ violando gli articolo 1283 1263, 1264, 1366 e 1367, c.c. articoli 99 e 112 c.p.c., articolo 132 c.p.c., n. 4, articolo 615 c.p.c. in relazione all’articolo 360 c.p.c., nn. 3 e 4;
1.8. con l’ottavo motivo, la nullita’ e (o) invalidita’ della sentenza e (o) della statuizione relativa alla parte in cui il giudice del merito, dopo aver determinato il residuo credito vantato dalla ricorrente per sorte, ha negato che su tale importo potessero essere riconosciuti ulteriori interessi ritenendo che gli interessi di mora possono essere calcolati solo sul capitale residuo, con cio’ violando gli articoli 1283, 1263, 1264, 1366 e 1367 c.c. Decreto del Presidente della Repubblica n. 7 del 1976, articolo 14, articoli 99 e 112 c.p.c., articolo 132 c.p.c., n. 4, articolo 615 c.p.c. in relazione all’articolo 360 c.p.c., nn. 3 e 4;
1.9. con il nono motivo, infine, la nullita’ e (o) invalidita’ della sentenza e (o) della statuizione relativa alla parte in cui il giudice del merito – dopo aver riconosciuto che la ricorrente e’, in ogni caso creditrice della resistente quantomeno dell’importo di Euro 40.394,60 – l’ha condannata al pagamento integrale delle spese legali di primo e secondo grado oltre alla restituzione delle spese legali del giudizio di primo grado gia’ liquidate nella sentenza del tribunale, con cio’ violando gli articolo 91, 92 e 112 c.p.c., articolo 132 c.p.c., n. 4 e articolo 615 c.p.c. in relazione all’articolo 360 c.p.c., nn. 3 e 4;
2. Con il ricorso incidentale, la debitrice lamenta:
2.1. con il primo motivo, la nullita’ della sentenza nella parte in cui non ha dichiarato la inammissibilita’ dell’atto di appello per violazione del novellato articolo 342 c.p.c. in relazione all’articolo 360 c.p.c., nn. 3 e 4;
2.2. con il secondo motivo, la nullita’ della sentenza nella parte in cui ha accolto il primo motivo dell’appello principale in ordine alla esistenza di una domanda avente ad oggetto il riconoscimento degli interessi convenzionali e la violazione articolo 112 c.p.c., articolo 345 c.p.c., articolo 2697 c.c. in relazione all’articolo 360 c.p.c., nn. 3 e 4;
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2.3. con il terzo motivo, la nullita’ della sentenza per omessa valutazione e statuizione sulle domande ed eccezioni di parte, omessa motivazione e la violazione articolo 112, 115 e 116 c.p.c. in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 4 e n. 5;
2.4. con il quarto motivo, la nullita’ della sentenza nella parte in cui non ha ritenuto applicabile la disciplina antiusura ai tassi previsti nel contratto di mutuo del 27.06.1986 e la violazione L. n. 108 del 1996 in relazione all’articolo 360 c.p.c., nn. 3 e 4;
2.5. con il quinto motivo, la nullita’ della sentenza nella parte in cui non ha dichiarato la nullita’ della CTU e la violazione articolo 2697 c.c., articoli 112, 115, 116 e 195 c.p.c. in relazione all’articolo 360 c.p.c., nn. 3 e 4;
2.6. con l’ultimo e sesto motivo del ricorso incidentale, la controricorrente reitera la domanda di restituzione delle somme maggiori versate in sede di conversione del pignoramento.
3. In via pregiudiziale, si impone la verifica della procedibilita’ del ricorso, che sortisce esito positivo.
Va rilevato che parte ricorrente ha prodotto una copia cartacea della sentenza impugnata (copia cartacea, peraltro, priva di attestazione di conformita’ all’originale telematico ricevuto) senza alcuna attestazione di avvenuta pubblicazione, nessuna data di pubblicazione e nessun numero identificativo. Ai sensi dell’articolo 369 c.p.c., la produzione della copia autentica della sentenza impugnata (con la relazione di notificazione, se questa sia avvenuta) costituisce condizione di procedibilita’ del ricorso per cassazione.
Va evidenziato peraltro che detta copia deve recare l’attestazione della Cancelleria di avvenuta pubblicazione del provvedimento, nonche’ la data ed il numero di tale pubblicazione.
Secondo la consolidata giurisprudenza di questa stessa Corte, infatti, la pubblicazione delle sentenze redatte in formato nativo digitale si perfeziona solo “nel momento in cui il sistema informatico provvede, per il tramite del cancelliere, ad attribuire alla sentenza il numero identificativo e la data, poiche’ e’ da tale momento che il provvedimento diviene ostensibile agli interessati” (Cass., Sez. 6 – L, 29/01/2019 n. 2362; Sez. 1, 23/07/2021, n. 21192).
Ne consegue che, in caso di produzione di una copia del provvedimento impugnato attestata conforme all’originale presente nel fascicolo informatico (ovvero, come nella specie, in caso di produzione di duplicato informatico del provvedimento medesimo), ma priva dell’attestazione di pubblicazione della Cancelleria, nonche’ della relativa data e del relativo numero, il ricorso per cassazione e’ da ritenere improcedibile ai sensi dell’articolo 369 c.p.c., come del resto gia’ affermato da questa Corte, sulla base di principi di diritto dai quali non si ravvisano motivi per discostarsi (da ultimo, cfr. Cass. Sez. 3, 24/02/2023, n. 5771; Sez. 6 – 1, 29/12/2020, n. 29803; cfr. inoltre Cass., Sez. 3, 31/05/2019, n. 14875, nella cui motivazione si chiarisce altresi’ che “la disposizione Decreto Legge n. 179 del 2010, articolo 16 bis, comma 9 bis, conv. in L. n. 221 del 2012 – introdotta dal Decreto Legge n. 90 del 2014, articolo 52, comma 1, lettera a), conv. con mod., in L. n. 114 del 2014 – che stabilisce la equivalenza all’originale delle copie informatiche, anche per immagine, dei provvedimenti del Giudice “anche se prive della firma digitale del cancelliere di attestazione di conformita’ all’originale”” attribuisce “al difensore il potere di certificazione pubblica delle “copie analogiche ed anche informatiche, anche per immagine, estratte dal fascicolo informatico” ma non anche la competenza amministrativa riservata al funzionario di Cancelleria relativa alla “pubblicazione” della sentenza”); cio’ significa, pertanto, che per quanto in linea generale sia possibile produrre in giudizio copie o duplicati del provvedimento impugnato estratti dal fascicolo telematico, attestando la conformita’ del relativo contenuto all’originale contenuto nel predetto fascicolo, ai fini della procedibilita’ del ricorso per cassazione ai sensi dell’articolo 369 c.p.c. deve comunque trattarsi di copie o duplicati recanti l’attestazione di Cancelleria della pubblicazione del provvedimento, con la relativa data e il numero attribuito dal sistema.
L’attribuzione degli interessi sugli interessi scaduti postula una specifica domanda del creditore autonoma
Va osservato, pero’, che nel caso in esame, parte resistente ha depositato copia della sentenza impugnata recante l’attestazione di Cancelleria della pubblicazione del provvedimento, con la relativa data e il numero attribuito dal sistema e, pertanto puo’ farsi applicazione, mutatis mutandis, del principio espresso da questa Corte, nel suo piu’ alto consesso, secondo cui in tema di giudizio di cassazione, deve escludersi la possibilita’ di applicazione della sanzione della improcedibilita’, ex articolo 369 c.p.c., comma 2, n. 2, al ricorso contro una sentenza notificata di cui il ricorrente non abbia depositato, unitamente al ricorso, la relata di notifica, ove quest’ultima risulti comunque nella disponibilita’ del giudice perche’ prodotta (tempestivamente) dalla parte controricorrente ovvero acquisita mediante l’istanza di trasmissione del fascicolo di ufficio (Cass. Sez. U, 02/05/2017 n. 10648).
4. Per motivi di ordine logico, va preliminarmente esaminato il ricorso incidentale.
4.1. Il primo motivo del ricorso incidentale e’ inammissibile.
Parte debitrice reitera il rilievo, gia’ formulato con il gravame incidentale, circa l’inammissibilita’ ai sensi dell’articolo 342 c.p.c. dell’appello principale proposto dalla creditrice e gia’ ritenuto inammissibile dalla Corte territoriale, la quale ha rilevato in proposito che “Al di la’ della formula discorsiva adottata, l’appellante ha indicato specificamente i capi della decisione impugnati e ha proposto le censure in modo intellegibile, tant’e’ che la controparte ha potuto formulare le proprie difese (cfr. Cass. Civ. n. 7675/2019; n. 10916/17)” (foglio 6 sentenza impugnata); a fronte di tale assunto, la censura riproposta e’ inammissibile, anzi tutto, per difetto di specificita’ in relazione al tenore della decisione impugnata, atteso che la odierna ricorrente incidentale si limita, indebitamente, a ribadire le ragioni del gravame proposto, senza censurare quelle per le quali la Corte territoriale ha ritenuto tali ragioni non ammissibili (Cass. 31/08/2015, n. 17330; Cass. 11/01/2005, n. 359); inoltre, la parte non puo’ limitarsi a riproporre le tesi difensive svolte nelle fasi di merito e motivatamente disattese dal giudice dell’appello, senza considerare le ragioni offerte da quest’ultimo, poiche’ in tal modo si determina una mera contrapposizione della propria valutazione al giudizio espresso dalla sentenza impugnata che si risolve, in sostanza, nella proposizione di un “non motivo”, come tale inammissibile ai sensi del citato articolo 366, n. 4 c.p.c. (Cass. 24/09/2018, n. 22478; in precedenza, Cass. 21/03/2014, n. 6733; Cass. 15/03/2006, n. 5637);
in secondo luogo, il motivo e’ formulato pure in violazione del principio posto dall’articolo 366 c.p.c., n. 6 che prescrive la specificazione in quale sede l’atto processuale (nella specie, i decreti di trasferimento del 26 gennaio 2010), pur individuati dal ricorso, risulta prodotto, poiche’ indicare un documento significa necessariamente, oltre che specificare gli elementi che valgono ad individuarlo, dire dove nel processo e’ rintracciabile; il principio posto dall’articolo 366 c.p.c., n. 6, e’ direttamente ricollegato al contenuto del ricorso, come requisito che si deve esprimere in una indicazione contenutistica dello stesso; tale specifica indicazione, quando riguardi un documento, in quanto quest’ultimo sia un atto prodotto in giudizio, postula che si individui dove e’ stato prodotto nelle fasi di merito e, quindi, anche in funzione di quanto dispone l’articolo 369 c.p.c., comma 2, n. 4, prevedente un ulteriore requisito di procedibilita’ del ricorso, che esso sia prodotto in sede di legittimita’ (Cass. Sez. U, Sentenza 2/12/2008 n. 28547); nel caso in esame, la ricorrente apoditticamente richiama il contenuto di decreti di trasferimento neppure specificatamente allegati con le modalita’ appena indicate.
4.2. Il secondo motivo di ricorso incidentale non e’ fondato.
Contrariamente a quanto lamenta la ricorrente incidentale, la Corte d’appello ha correttamente ritenuto che l’oggetto della opposizione de qua fosse costituito dall’esatta determinazione del credito, quindi comprensivo di accessori; al riguardo, il giudice d’appello correttamente ha ritenuto, sulla base delle richiamate conclusioni sia della debitrice attrice nell’atto di opposizione, nonche’ nella memoria ex articolo 183 c.p.c. e nelle memorie finali (laddove era contestata la debenza degli interessi richiesti con l’atto di intervento spiegato nella procedura esecutiva), sia su quelle rassegnate dalla creditrice convenuta in comparsa di costituzione e ribadite all’udienza di precisazione, oltre che in comparsa conclusionale (ove era chiesta la conferma delle conclusioni gia’ assunte, con cio’ insistendo per il riconoscimento di tutte le voci di credito oggetto del precetto e del successivo atto di intervento), che non poteva “convenirsi con il primo giudice circa la presunzione di abbandono della domanda di interessi ad un tasso superiore al legale” (foglio 6 e 7 della sentenza impugnata).
4.3. Il terzo motivo e’ inammissibile.
L’attribuzione degli interessi sugli interessi scaduti postula una specifica domanda del creditore autonoma
La ricorrente incidentale lamenta l’omessa statuizione e motivazione da parte del giudice d’appello in ordine alle cinque ipotesi alternative formulate con il gravame incidentale alla sentenza di prime cure; con esse, attinenti a profili di fatto, la predetta tende a suscitare dalla Corte di cassazione un nuovo giudizio di merito in contrapposizione a quello formulato dal giudice d’appello e censura ancora l’apprezzamento delle risultanze istruttorie contenute nella impugnata sentenza, ed in particolare, l’interpretazione del contenuto degli atti difensivi delle parti nonche’ nuovamente del valore probatorio della consulenza esperita, anche sotto il profilo dell’omesso esame su espresse domande e eccezioni della parte; apprezzamento non sindacabile in sede di legittimita’, perche’ riservato al giudice di merito cui compete non solo la valutazione delle prove ma anche la scelta di quelle piu’ idonee a dimostrare la veridicita’ dei fatti ad esse sottesi (Cass. 4 luglio 2017, n. 16467; Cass. 23 maggio 2014, n. 11511; Cass. 13 giugno 2014, n. 13485; Cass. 15 luglio 2009, n. 16499).
In particolare, l’accertamento e’ stato condotto dalla Corte d’appello in modo congruo e privo di vizi logici e giuridici, giungendo ad escludere la valenza delle ipotesi alternative formulate dalla parte; difatti, il giudice d’appello ha evidenziato che “la disamina dell’articolata difesa dell’appellante incidentale presuppone la soluzione di due quesiti: se l’atto di precetto notificato in data 24.10.89 intimasse l’immediato pagamento delle rate scadute e a scadere ed implicasse quindi la volonta’ di avvalersi della condizione risolutiva di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 7 del 1976, articolo 15 e se ai tassi previsti nel contratto originario di mutuo del 27.06.86 si applichi la disciplina antiusura” (foglio 8 sentenza impugnata). E tanto consente di ascrivere la mancata partita disamina delle ipotesi alternative alla scelta chiara e motivata della Corte territoriale per quella esposta, non essendo obbligato il giudice a dare compiuto conto di ogni passaggio argomentativo intermedio, ne’ a confutare espressamente ogni alternativa tesi della parte, allorche’ dallo sviluppo degli argomenti svolti sia possibile, come accade nella specie, ricostruire la ragione della decisione ed escludere, quand’anche per implicito, la fondatezza delle contrarie o discordi o alternative opzioni ricostruttive in fatto e in diritto formulate dalla parte.
4.4. Il quarto motivo di ricorso incidentale, con cui si insiste nel far valere una usura sopravvenuta, non e’ fondato;
La decisione della Corte di merito si e’ posta in linea con quanto affermato da questa Corte in materia, evidenziando correttamente che “come gia’ osservato in prime cure, le Sezioni Unite della Cassazione (n. 24675/17) hanno affermato il principio secondo il quale – in applicazione delle disposizioni contenute nella legge di interpretazione autentica – il momento di valutazione del tasso d’interesse applicato ad un rapporto di durata e’ ancorato al momento della pattuizione, “valorizzando in tal modo il profilo della volonta’ e dunque della responsabilita’ dell’agente”.
La Corte territoriale ha richiamato esattamente il principio espresso dalle Sezioni Unite secondo cui nei contratti di mutuo, allorche’ il tasso degli interessi concordato tra mutuante e mutuatario superi, nel corso dello svolgimento del rapporto, la soglia dell’usura, come determinata in base alle disposizioni della L. n. 108 del 1996, non si verifica la nullita’ o l’inefficacia della clausola contrattuale di determinazione del tasso degli interessi stipulata anteriormente all’entrata in vigore della predetta legge o della clausola stipulata successivamente per un tasso non eccedente tale soglia quale risultante al momento della stipula, ne’ la pretesa del mutuante, di riscuotere gli interessi secondo il tasso validamente concordato, puo’ essere qualificata, per il solo fatto del sopraggiunto superamento di detta soglia, contraria al dovere di buona fede nell’esecuzione del contratto; per poi, correttamente, affermare che “La problematica sollevata dall’appellante incidentale circa l’irragionevolezza della pretesa dalla banca, anche alla luce del principio di buona fede, non ha peraltro trovato agganci nella fattispecie concreta, ove il calcolo degli interessi anatocistici sulle rate era consentita dalla normativa vigente al tempo della stipulazione del contratto” (foglio 8-9 della sentenza impugnata).
Ne’ la censura riproposta con il ricorso per cassazione offre elementi idonei a scalfire l’orientamento richiamato.
4.5. Il quinto motivo di ricorso incidentale e’ parimenti inammissibile, in quanto la doglianza formulata (per aver omesso i giudici di merito di dichiarare la nullita’ della c.t.u. per violazione norme su trasmissione a parti), non pone in discussione quanto deciso dalla sentenza impugnata, la quale da’ conto del fatto che entrambe le parti avevano formulato osservazioni alla bozza della CTU e che quindi e’ stato comunque garantito il debito contraddittorio tra le parti in proposito.
4.6. Il sesto motivo, con cui la ricorrente incidentale reitera la “domanda la restituzione delle somme maggiori versate in sede di conversione”, si risolve, in sostanza, nella reiterazione di profili di fatto e nella proposizione di un “non motivo”, come tale inammissibile per le medesime ragioni, gia’ sopra indicate, ai sensi del citato articolo 366 c.p.c., n. 4 (Cass. 24/09/2018, n. 22478; in precedenza, Cass. 21/03/2014, n. 6733; Cass. 15/03/2006, n. 5637); ad ogni modo, si tratta di domande che, quand’anche ancora ammissibili in relazione allo sviluppo del processo fino alla sentenza gravata, andrebbero esaminate in sede di eventuale giudizio di rinvio.
L’attribuzione degli interessi sugli interessi scaduti postula una specifica domanda del creditore autonoma
5.1 Venendo all’esame del ricorso principale, il primo motivo, con cui si lamenta la violazione di norme e l’erronea condanna alla restituzione in uno alla somma versata per la conversione delle spese della procedura esecutiva, e’ fondato.
Invero, la stessa Corte d’appello ha rilevato che la procedura esecutiva n. r.g. E. 45/12 pendente dinanzi al Tribunale di Nuoro era stata, in ogni caso, legittimamente incardinata dalla odierna ricorrente principale, con la conseguenza che, in ossequio al principio di soccombenza, la stessa ricorrente aveva, comunque, titolo ad ottenere dalla debitrice il rimborso delle spese della sopra indicata procedura esecutiva nella misura gia’ liquidata dal G.E. nella ordinanza di conversione, pari all’importo di Euro 7.868,42.
Ebbene, l’articolo 95 c.p.c. espressamente prevede che “le spese sostenute dal creditore procedente e da quelli intervenuti che partecipano utilmente alla distribuzione sono a carico di chi ha subito l’esecuzione”; priva di pregio e’ l’eccezione secondo cui la debitrice avrebbe sempre richiesto la restituzione delle spese legali in quanto, come posto bene in evidenza dalla creditrice, odierna ricorrente principale, tale assunto non corrisponde alla realta’ (cfr. memoria). Pertanto, nella misura in cui l’esecuzione era – almeno in parte, nella stessa prospettazione delle parti – legittima, era certo dovuta la rifusione, ad opera della debitrice, comunque inadempiente, delle spese sopportate dalla controparte per instaurarla e portarla a compimento; a tutto concedere potendo argomentarsi solo per una loro diversa entita’, ove la rimodulazione della somma dovuta avesse comportato l’applicazione di diversi scaglioni: questione che, pero’, e’ rimasta, nonostante l’ingente elaborazione delle parti, estranea al thema decidendum.
5.2. Viceversa, non e’ fondato il secondo motivo del ricorso principale.
La statuizione della Corte d’appello si pone in conformita’ con quanto piu’ volte affermato da questa Corte in merito alla richiesta di restituzione delle somme corrisposte in esecuzione della sentenza di primo grado, ove ha specificato come non costituisca domanda nuova e che incorre nell’omessa pronuncia il giudice che non provveda su essa (cfr. Cass. 2662/2013; Cass. 8639/2016).
Il principio e’ stato di recente esteso, mutatis mutandis, attesa la identita’ di ratio, anche alla domanda di restituzione delle somme corrisposte in adempimento del decreto provvisoriamente esecutivo (cfr. in tema di decreto ingiuntivo poi riformato, Cass. Sez. 6-2, 21/07/2020 n. 15457). In tale prospettiva, correttamente la Corte territoriale ha sostanzialmente applicato i richiamati principi alla odierna fattispecie, in cui l’oggetto della conversione del pignoramento era stato modificato in relazione al ridimensionamento del diritto di procedere ad esecuzione della parte creditrice.
5.3. A questo punto, logicamente e giuridicamente preliminare appare l’esame del quinto motivo, che e’ fondato.
Con esso, la odierna ricorrente principale denuncia l’erronea individuazione del momento dell’avvenuta risoluzione del contratto di mutuo, fatta risalire dalla Corte d’appello alla notifica del primo atto di precetto in data 24 ottobre 1989; in particolare, lamenta l’omesso esame del dato letterale contenuto nello stesso atto di precetto, che escludeva la volonta’ di intendere risolto il mutuo nonche’ della successiva nota di precisazione del 26 aprile 2002, con cui la banca quantificava tutto il credito maturato anche per le rate scadute, e che quindi riguardava le rate scadute nel frattempo, successivamente alla notifica del precetto.
Evidenzia parte ricorrente che dal tenore letterale dell’atto di precetto dell’ottobre del 1989 risultava che il creditore fondiario aveva intimato il pagamento di lire 19.726.468 a titolo di semestralita’ scadute rimaste insolute, avvisando il debitore che in caso di mancato pagamento avrebbe agito esecutivamente sull’immobile ipotecato anche per le successive semestralita’ “sotto comminatoria in difetto di esecuzione forzata sull’immobile sopra ipotecato, tanto per le suddette somme, quanto per le eventuali successive semestralita’ a scadere, con i relativi interessi di mora fino alla risoluzione finale del mutuo”; e che una volonta’, univoca e chiara, diversa dalla risoluzione, risultava anche dal tenore letterale del successivo atto di pignoramento; difatti, la banca aveva, espressamente, dichiarato che “l’istituto mutuante, con atto notificato il 24.10.89 aveva intimato precetto alla sig.ra (OMISSIS) di pagare entro dieci giorni la somma di L. 19.726.468 dovuta per semestralita’ scadute rimaste insolute, oltre interessi di mora accessori spese e diritti sotto comminatoria in difetto di esecuzione forzata sull’immobile sopra ipotecato (…) che trascorso inutilmente il termine di cui al menzionato precetto il Credito Fondiario come sopra rappresentato e difeso mi ha dichiarato di voler sottoporre ad espropriazione forzata in danno della sig.ra (OMISSIS) le porzioni immobiliari delle quali mi fornisce e sottoscrive la seguente descrizione (…)”; infine, la ricorrente principale evidenza che non si sia tenuto conto di quanto risultante dalla nota di precisazione del credito dell’aprile 2002 in quanto a tale data si dava conto che l’ultima rata del contratto di mutuo era scaduta, secondo il corso naturale del contratto, il 1 gennaio 2002 (durata fissata in 15 anni dal 1 gennaio 1987).
Ora, la Corte d’appello ha testualmente osservato in proposito che “l’intimazione di pagamento contenuta nel precetto del 1989, con l’inciso “sotto comminatoria in difetto di esecuzione forzata sull’immobile sopra ipotecato, tanto per le suddette somme, quanto per le eventuali successive semestralita’ a scadere, con i relativi interessi di mora fino alla risoluzione finale del mutuo” e quindi riferita alle rate scadute (oltre interessi di mora, accessori, spese e diritti di precetto), alle rate a scadere ed al capitale, costituisse espressa manifestazione della volonta’ di avvalersi della clausola risolutiva legale”.
A parere della Corte territoriale, “Il successivo comportamento del creditore conferma tale interpretazione, dal momento che in sede esecutiva il creditore agiva non solo per le rate scadute al momento dell’intimazione del precetto, ma anche per quelle scadute dopo il pignoramento e gli accessori, come si deprende (cosi’ test. n.d.r.) dalla nota di precisazione del credito presentata nell’esecuzione n. 64650 presso il Tribunale di Roma, confermata dal consulente tecnico di parte della banca nel procedimento esecutivo n. 45/12 presso il Tribunale di Nuoro (Dott. (OMISSIS)). Spiegava il c.t.p. che nella precisazione del credito era richiesto il capitale scaduto e a scadere, interessi di mora al tasso convenzionale sulle rate scadute e non pagate a seguito dell’intimazione, interessi corrispettivi al 13% sulla rata scaduta all’1-01-90, interessi legali sul capitale residuo, interessi corrispettivi e moratori al tasso convenzionale dall’1-01-90 al 2604-02. Accedendo alla tesi della risoluzione del mutuo per effetto dell’intimazione del 24-10-89 e del successivo pignoramento del 20 novembre, deve invece concludersi che la banca aveva diritto a ricevere le rate scadute fino a quel momento con i rispettivi interessi convenzionali corrispettivi e moratori, il capitale a scadere e gli interessi di mora convenzionali sulla quota capitale a scadere e non sull’intera rata” (fogli n. 11-13 della sentenza impugnata).
La motivazione della Corte di merito ha omesso di considerare il fatto storico costituito dalla nota di precisazione del credito, redatta ad aprile 2002 ossia in una data in cui l’ultima rata del contratto di mutuo era gia’ scaduta (1 gennaio 2002), circostanza oggettivamente, univocamente ed evidentemente in contrasto con la volonta’ di risolvere il contratto di mutuo a mezzo del primo atto di precetto del 1989 da parte della creditrice.
L’attribuzione degli interessi sugli interessi scaduti postula una specifica domanda del creditore autonoma
Ne’ la Corte territoriale si e’ posta in linea col principio espresso dall’indirizzo giurisprudenziale di legittimita’ – che qui va condiviso e ribadito – secondo cui in tema di mutuo fondiario, l’esercizio, da parte dell’Istituto di credito mutuante, della condizione risolutiva prevista dalla L. 6 giugno 1991, n. 175, articolo 17, comma 1, (applicabile nella fattispecie ratione temporis) nell’ipotesi di inadempimento del mutuatario, determina – cosi’ come avviene nel caso di esercizio della condizione risolutiva di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 21 gennaio 1976, n. 7, articolo 15 – la risoluzione del rapporto di mutuo (Sez. 3, Sentenza n. 25412 del 12/11/2013 e S.U. n 12639/08); l’esercizio della “condizione risolutiva” di cui alla norma su menzionata, determina l’effetto di risolvere il rapporto di mutuo, con applicazione dei principi generali in tema di risoluzione del contratto: quindi, l’obbligo del mutuatario di provvedere all’immediata restituzione dell’intera somma ricevuta, essendo venuto meno il meccanismo di rateizzazione previsto nel contratto ormai risolto, ed il diritto della banca di ricevere, oltre all’importo integrale delle semestralita’ gia’ scadute (non travolte dalla risoluzione, che non opera retroattivamente nei contratti di durata, quale e’ da ritenersi il mutuo), la sola quota di capitale residua, ma non anche gli interessi conglobati nelle semestralita’ a scadere; con l’ulteriore conseguenza che sul credito cosi’ determinato si dovranno calcolare gli interessi di mora ad un tasso corrispondente a quello gia’ previsto nel contratto, se superiore al tasso legale, in ossequio al disposto dell’articolo 1224 c.c. (in tal senso: Cass. Sez. 3, n. 25412/2013 cit.).
Va sottolineato, dunque, che sussiste il vizio preteso in relazione all’articolo 132 c.p.c., n. 4 nella testuale richiamata motivazione della sentenza impugnata circa l’effetto risolutivo sul rapporto affermato erroneamente dalla Corte territoriale a decorrere dall’atto di precetto del 1989.
In proposito, a seguito della riformulazione del numero 5 dell’articolo 360 c.p.c., disposta dal Decreto Legge 22 giugno 2012, n. 83, articolo 54 convertito dalla L. 7 agosto 2012, n. 134 (applicabile alle sentenze pubblicate dopo il giorno 11 settembre 2012 e dunque, anche alla pronuncia impugnata con il ricorso in esame), il sindacato di legittimita’ sulla motivazione e’ stato ridotto al c.d. “minimo costituzionale”, sicche’ e’ denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, la quale si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione (Cass., Sez. Un., 7 aprile 2014, nn. 8053 e 8054 e succ. conf.; da ultimo, Cass. 3 marzo 2022, n. 7090).
Questo vizio e’ riscontrabile nella motivazione della sentenza impugnata, la quale, con motivazione apparente, si risolve in una petizione di principio consistita nell’aver omesso di rilevare non solo che la risoluzione del mutuo non corrispondeva univocamente al tenore testuale delle espressioni adoperate (con il riferimento alle sole semestralita’ a scadere e non gia’ all’intero capitale residuo, come sarebbe accaduto ove si fosse qualificato risolto il mutuo), ma pure che la scadenza naturale del contratto di mutuo, secondo il termine contrattuale, era confermata dalla nota di precisazione del credito dell’aprile 2002.
Pertanto, doveva risultare evidente che alcun effetto risolutivo era stato attribuito al primo precetto notificato (1989), posto che nella richiamata nota di precisazione del credito si dava conto che l’ultima rata del contratto di mutuo era scaduta secondo il corso naturale del contratto, cioe’ il 1 gennaio 2002 (e se era scaduta, di certo il rapporto non si era risolto).
4. Il terzo motivo del ricorso principale e’ inammissibile.
Nella sostanza, parte ricorrente lamenta l’illegittimo scostamento della decisione della Corte d’appello rispetto alle risultanze della C.Testo Unico di primo grado sia in ordine ai criteri di calcolo sia in ordine agli importi base dei conteggi, che pure il Giudice d’appello aveva in premessa ritenuto di condividere.
Ebbene la doglianza e’ volta a prospettare una ricostruzione alternativa dei fatti non ammissibile in questa sede.
E tanto esime dal rilievo che la Corte d’appello, lungi dal disattendere le basi di calcolo indicate dal CTU di prime cure (in disparte il fatto che abbia erroneamente considerato risolto il contratto di mutuo dalla notifica del primo atto di precetto dell’ottobre del 1989), ha posto correttamente le stesse basi di calcolo a fondamento della decisione; in particolare, ha osservato che “ripercorrendo gli atti della procedura esecutiva n. 64650 ed in particolare gli elementi di calcolo esposti nel progetto di distribuzione – che seppure privi di efficacia vincolante per quanto detto, trovano riscontro nella precisazione del credito versata nella procedura il 26-04-02, nella elaborazione della stessa offerta dalla C.T.P. (OMISSIS) (ripresa dalla stessa appellata nella ricostruzione del credito secondo i propri parametri) e nella relazione del consulente tecnico d’ufficio nominato in primo grado – alla data del pignoramento del 20-11-89, la (OMISSIS) era debitrice della somma di Euro 29.875,93 a titolo di capitale a scadere, Euro 9.966,33 a titolo di rate scadute e impagate, Euro 1.973,13 a titolo di interessi di mora convenzionali sulle rate scadute. Non possono invece essere riconosciuti gli interessi corrispettivi sulla rata maturata dopo la risoluzione del contratto (1-01-90), calcolati dalla C.T.P. (OMISSIS) in Euro 1.941,94, e gli interessi di mora calcolati sulle rate a scadere dopo la risoluzione. Infine, sul capitale residuo di Euro 29.875,93 erano maturati interessi convenzionali di mora del 17% in misura pari ad Euro 74.040,74 dal 20-11-1989 fino al 15-06-04, data del progetto di distribuzione e attribuzione della somma al creditore. Alla data della distribuzione delle somme ricavate dall’esecuzione presso il Tribunale di Roma, la (OMISSIS) era dunque debitrice della complessiva somma di Euro 115.856,13, di cui Euro 75.461,53 (Euro 80.060,98 – le spese di procedura) erano ricevute dal creditore all’esito dell’esecuzione n. 64650, con una differenza a debito della (OMISSIS) pari ad Euro 40.394,60.” (foglio 13 della sentenza impugnata).
5.5. Dall’accoglimento del quinto motivo del ricorso principale discende l’assorbimento del quarto motivo, tenuto conto che le problematiche giuridiche poste a fondamento delle censure ivi prospettate debbono essere necessariamente rivalutate in esito all’individuazione delle conseguenze, sulle domande delle parti, dell’accoglimento dei motivi primo e quinto del ricorso principale.
5.6. Il sesto motivo del ricorso principale non e’ fondato.
La ricorrente principale lamenta l’erronea esclusione del carattere vincolante di precedente piano di riparto.
Effettivamente il progetto di distribuzione preclude la ripetizione, ma, a maggior ragione in caso di incapienza, non fa certo stato tra le parti sull’entita’ del credito; in proposito va richiamato il principio espresso da questa Corte secondo cui, in tema di esecuzione forzata, la irretrattabilita’ dei risultati del procedimento esecutivo consegue alla sua conclusione con l’attuazione concreta dell’obbligo posto in esecuzione (nella specie, relativa ad obblighi di fare, con la realizzazione materiale delle concrete modalita’ disposte dal giudice dell’esecuzione), sicche’ ogni diverso esito della procedura che non implichi una valutazione del giudice dell’esecuzione sulla consumazione del diritto a procedere esecutivamente non preclude al creditore – salva la eventuale prescrizione del diritto – di azionare ulteriormente il titolo esecutivo (Cass. Sez. 3, 13/11/2019 n. 29347).
5.7. Pure infondato il settimo motivo di ricorso principale.
Non puo’ ritenersi proposta una domanda implicita sugli interessi anatocistici, perche’ insita nel fatto che il secondo giudizio era intentato, appunto, solo per gli interessi e desunta a contrasto dalla doglianza avversaria contro quelli anatocistici, la domanda deve essere chiara e specifica, non puo’ sostenersi che essa sia desumibile da un complesso generico di attivita’ processuali.
E’ sufficiente richiamare al riguardo il consolidato orientamento di questa Corte a mente del quale “l’attribuzione degli interessi sugli interessi scaduti, secondo la previsione di cui all’articolo 1283 c.c., postula una specifica domanda del creditore, autonoma e distinta rispetto a quella rivolta al riconoscimento degli interessi principali, con la conseguenza che, proposta in primo grado solo tale ultima domanda, la richiesta degli interessi anatocistici non puo’ essere avanzata per la prima volta in appello, stante il divieto di cui all’articolo 345 c.p.c.” (ex plurimis: Cass. Sez. 1, 4/06/2001, n. 7507; di recente, Cass. Sez. 1, 18/09/2013 n. 21340).
5.8. Viceversa, l’ottavo motivo del ricorso principale e’ fondato.
L’affermazione della Corte di merito “neppure residuano ulteriori interessi convenzionali pretesi mediante l’atto di intervento dell’11 settembre 2002 (…) trattandosi di mutuo risolto fin dal primo atto di precetto e dovendosi calcolare gli interessi di mora soltanto sul capitale residuo” e’ erronea; invero, nel contratto era esplicita la previsione contrattuale sul punto ed era ammesso l’anatocismo di quelli moratori anche su altri interessi, via via maturandi; d’altra parte, la necessaria riconsiderazione della conclusione sull’intervenuto scioglimento fin dal primo precetto, con l’accoglimento del quinto motivo come sopra meglio evidenziato, rende necessario il riesame del punto in questione da parte della Corte di merito.
5.9. Il nono e ultimo motivo del ricorso principale, infine, benche’ in se’ e per se’ infondato (poiche’ correttamente la Corte di merito ha rilevato che l’opposizione era stata accolta e, di conseguenza, ha regolato le spese secondo il principio di soccombenza nei confronti dell’opposta, odierna ricorrente principale), e’ assorbito, in quanto l’accoglimento parziale del ricorso e la conseguente cassazione della sentenza impugnata implica che le statuizioni sulle spese ivi contenute sono travolte ed andranno nuovamente adottate in relazione al riesaminato esito complessivo e finale della lite.
6. In conclusione, il ricorso incidentale e’ rigettato, mentre il principale e’ accolto in relazione ai motivi primo, quinto e ottavo, inammissibile il terzo, assorbito il quarto e parzialmente il nono, rigettati i restanti; va cassata la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti del ricorso principale e, risultando necessari ulteriori accertamenti in fatto, la causa deve essere rinviata alla Corte d’appello di Cagliari, in diversa composizione, la quale, nel procedere a rinnovato esame, si atterra’ a quanto in questa sede statuito e provvedera’, altresi’, sulle spese del giudizio di legittimita’.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso incidentale e, del ricorso principale, dichiara inammissibile il terzo motivo ed assorbiti il quarto ed il nono, accoglie i motivi primo, quinto e ottavo, rigettati i restanti; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Corte d’appello di Cagliari, in diversa composizione, la quale provvedera’, altresi’, sulle spese del giudizio di legittimita’.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
Le sentenze sono di pubblico dominio.
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