Corte di Cassazione, sezione lavoro, Ordinanza 3 maggio 2019, n. 11703.
La massima estrapolata:
Nel rito del lavoro, l’appellante che impugna “in toto” la sentenza di primo grado insistendo per l’accoglimento delle domande, non ha l’onere di reiterare le istanze istruttorie pertinenti a dette domande, ritualmente proposte in primo grado, in quanto detta riproposizione è insita nella istanza di accoglimento delle domande, mentre la parte appellata, vittoriosa in primo grado, non riproponendo alcuna richiesta di riesame della sentenza, ad essa favorevole, deve manifestare in maniera univoca la volontà di devolvere al giudice del gravame anche il riesame delle proprie richieste istruttorie sulle quali il primo giudice non si è pronunciato, richiamando specificamente le difese di primo grado, in guisa da far ritenere in modo inequivocabile di aver riproposto l’istanza di ammissione della prova.
Ordinanza 3 maggio 2019, n. 11703
Data udienza 30 gennaio 2019
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BRONZINI Giuseppe – Presidente
Dott. CURCIO Laura – Consigliere
Dott. DE GREGORIO Federico – Consigliere
Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere
Dott. PONTERIO Carla – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 19709/2015 proposto da:
(OMISSIS), domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) S.P.A., C.F. (OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS);
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1936/2014 della CORTE D’APPELLO di REGGIO CALABRIA, depositata il 29/12/2014; r.g.n. 208/2012;
Il P.M., ha depositato conclusioni scritte.
RILEVATO
che:
1. con sentenza n. 1936, depositata il 29.12.14, la Corte d’appello di Reggio Calabria, pronunciando a seguito di rinvio dalla Corte di Cassazione (sentenza n. 16262 del 2011), ha respinto l’appello proposto da (OMISSIS), confermando la sentenza di primo grado di rigetto della domanda volta alla declaratoria di nullita’ del termine apposto al contratto stipulato l’1.2.2002, alla trasformazione in rapporto a tempo indeterminato e al risarcimento dei danni;
2. la Corte d’appello ha richiamato i principi espressi nella sentenza n. 16262 del 2011 che, cassando la pronuncia della Corte d’appello di Catanzaro, aveva statuito come le ragioni giustificatrici dell’apposizione del termine dovessero essere sufficientemente particolareggiate, in maniera da rendere possibile la conoscenza dell’effettiva portata delle stesse (in relazione anche alla estensione spaziale e temporale) e il necessario controllo di effettivita’; come tale indicazione particolareggiata potesse, tuttavia, risultare anche indirettamente nel contratto di lavoro e da esso per relationem in altri testi scritti accessibili alle parti, in particolare nel caso in cui, data la complessita’ e la articolazione del fatto organizzativo, tecnico o produttivo alla base della esigenza di assunzione a termine, questo risultasse analizzato in documenti specificatamente ad esso dedicati per ragioni di gestione consapevole e/o concordata con i rappresentanti del personale;
3. ha dato atto di come la (OMISSIS) fosse stata assunta con contratto a tempo determinato dall’1.2.2002 al 30.4.2002, con mansioni di portalettere e assegnazione all’Ufficio di Crotone UDR, “ai sensi della vigente normativa per esigenze tecniche, organizzative e produttive anche di carattere straordinario conseguenti a processi di riorganizzazione, ivi ricomprendendo un piu’ funzionale riposizionamento di risorse sul territorio, anche derivanti da innovazioni tecnologiche ovvero conseguenti all’introduzione e/o sperimentazione di nuove tecnologie, prodotti o servizi nonche’ all’attuazione delle previsioni di cui agli accordi del 17, 18 e 23 ottobre, 11 dicembre 2001 e 11 gennaio 2002”;
4. la Corte territoriale, esaminati gli accordi espressamente richiamati, che descrivevano processi di mobilita’ del personale all’interno dell’azienda, ha escluso il carattere generico della causale indicata nel contratto a termine; sulla base delle prove testimoniali raccolte, ha ritenuto dimostrata la effettivita’ delle ragioni indicate nel contratto medesimo; ha infine negato ogni violazione della clausola di contingentamento, in base alle prove documentali e testimoniali;
5. avverso tale sentenza la sig.ra (OMISSIS) ha proposto ricorso per cassazione, affidato a cinque motivi, cui ha resistito con controricorso (OMISSIS) s.p.a.;
6. il Pubblico Ministero ha depositato conclusioni scritte ed entrambe le parti hanno depositato memoria, ai sensi dell’articolo 380 bis.1. c.p.c..
CONSIDERATO
che:
7. col primo motivo di ricorso la lavoratrice ha censurato la sentenza, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 3, per violazione e falsa applicazione degli articoli 346 e 384 c.p.c., per avere la Corte d’appello, nel corso del giudizio di rinvio, ammesso ed assunto le prove testimoniali richieste da (OMISSIS) s.p.a. benche’ quest’ultima non avesse censurato la mancata ammissione delle stesse in primo grado e nonostante il principio espresso nella sentenza di rinvio nel senso che “l’onere probatorio gravera’ sulla societa’ datrice di lavoro e dovra’ essere assolto sulla base delle deduzioni probatorie svolte”;
8. col secondo motivo la ricorrente sig.ra (OMISSIS) ha dedotto, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione dell’articolo 116 c.p.c., per illogicita’ e contraddittorieta’ della motivazione sugli elementi di prova raccolti;
9. col terzo motivo la ricorrente ha denunciato, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione del Decreto Legislativo n. 368 del 2001 e dell’articolo 116 c.p.c., per avere la Corte d’appello giudicato specifica la causale nonostante la molteplicita’ delle ragioni giustificative contemporaneamente indicate;
10. col quarto motivo la sentenza e’ stata criticata per violazione e falsa applicazione del Decreto Legislativo n. 368 del 2001 e dell’articolo 116 c.p.c., per aver ritenuto specifica la causale in difetto di prova di una connessione della stessa con la specifica assunzione della (OMISSIS);
11. col quinto motivo si e’ dedotta, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, violazione e falsa applicazione degli articoli 115 e 116 c.p.c., in relazione all’asserito rispetto del limite percentuale di contingentamento delle assunzioni a termine rispetto al numero degli assunti a tempo indeterminato, di cui all’articolo 25, comma 2, c.c.n.l. Poste dell’11.1.2001; la ricorrente ha sostenuto come la Corte di merito avesse omesso di motivare sul mancato esperimento della procedura di confronto sindacale di cui al citato articolo 25 c.c.n.l. e come non avesse preso in esame i documenti prodotti da Poste in primo grado, da cui emergevano dati contraddittori con quelli posti a base della statuizione di rispetto della clausola di contingentamento;
12. il primo motivo e’ infondato;
13. dal ricorso in esame, oltre che dalla sentenza impugnata, risulta come il Tribunale avesse respinto la domanda della lavoratrice senza svolgere attivita’ istruttoria e come la societa’ datoriale, vittoriosa in primo grado, avesse, nella memoria di costituzione in appello, reiterato le istanze istruttorie formulate in primo grado;
14. la Corte d’appello adita in sede di rinvio, nell’ammettere le prove testimoniali richieste da (OMISSIS) s.p.a., si e’ attenuta ai principi piu’ volte enunciati da questa Corte. Al riguardo, premesso che la presunzione di rinunzia prevista dall’articolo 346 c.p.c., riguarda le domande e le eccezioni e non si estende alle istanze istruttorie (cfr. fra le altre Cass. n. 12629 del 2002), si e’ precisato (Cass. n. 3376 del 2011; n. 22687 del 2009; n. 2756 del 1999) come nel rito del lavoro, l’appellante che impugna “in toto” la sentenza di primo grado, insistendo per l’accoglimento delle domande, non ha l’onere di reiterare le istanze istruttorie pertinenti a dette domande, ritualmente proposte in primo grado, in quanto detta riproposizione e’ insita nella istanza di accoglimento delle domande; mentre la parte appellata, vittoriosa in primo grado, non riproponendo ovviamente alcuna richiesta di riesame della sentenza ad essa favorevole, deve manifestare in maniera univoca la volonta’ di devolvere al giudice del gravame anche il riesame delle proprie richieste istruttorie su cui il primo giudice non si e’ pronunciato, quanto meno richiamandosi alle difese di primo grado, onere puntualmente assolto da (OMISSIS) s.p.a. nel caso in esame;
15. non vi e’ alcuno spazio per ravvisare la dedotta violazione dell’articolo 384 c.p.c.; la sentenza di legittimita’ n. 16262 del 2011, accogliendo il secondo e il terzo motivo di ricorso proposto da Poste, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, ha precisato: “ove i giudici di merito, cui la causa va rinviata, valutino come sufficientemente specificata la causale, l’onere probatorio relativo alla effettiva ricorrenza nel concreto degli elementi cosi’ individuati, gravera’ sulla societa’ datrice di lavoro e dovra’ essere assolto sulla base delle deduzioni probatorie svolte”;
16. questa Corte ha precisato come il giudizio di rinvio sia un giudizio chiuso, nel quale, dovendo il giudice limitarsi a completare il sillogismo giudiziale applicando il “dictum” della Cassazione a un materiale di cognizione gia’ completo, le parti sono obbligate a riproporre la controversia negli stessi termini e nello stesso stato d’istruzione anteriore alla sentenza cassata, senza possibilita’ di dedurre prove ed eccezioni nuove (Cass. 8357 del 2005; n. 341 del 2009);
17. cio’ non esclude che, dovendo il giudice di rinvio riesaminare la causa nel senso indicato dalla sentenza di annullamento, si riveli necessario, proprio in base alle statuizioni di quest’ultima, svolgere l’istruttoria sulla base delle prove (non nuove ma) gia’ richieste dalle parti; e’ quanto e’ accaduto nel caso in esame in cui la Corte di cassazione, ritenendo erronea la statuizione di genericita’ della causale nella apposizione del termine, ha rimesso al giudice di rinvio la eventuale (per l’ipotesi di accertata specificita’ della causale) assunzione delle prove in base alle istanze come gia’ articolate in atti;
18. sul secondo e quarto motivo di ricorso occorre considerare che, secondo un orientamento consolidato (cfr. Cass. n. 11892 del 2016; n. 25029 del 2015; n. 25216 del 2014), la censura di violazione dell’articolo 116 c.p.c., presuppone il mancato rispetto delle regole di formazione della prova ed e’ rinvenibile nelle ipotesi in cui il giudice valuti le prove secondo un criterio diverso da quello indicato dalla disposizione citata, cioe’ una prova legale secondo prudente apprezzamento o un elemento di prova liberamente valutabile come prova legale;
19. nessuna di queste situazioni e’ rappresentata nei motivi di ricorso in esame ove e’ unicamente dedotto che il giudice ha male esercitato il suo prudente apprezzamento della prova ed ha fornito una motivazione illogica; le censure, cosi’ formulate, si rivelano inammissibili in base al nuovo testo dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, applicabile ratione temporis (sentenza d’appello del 2014), come interpretato dalle Sezioni Unite di questa Corte (sentenza n. 8053 del 2014), che presuppone l’omesso esame di un fatto inteso in senso storico fenomenico e che abbia rilevanza decisiva, e non, come nel caso di specie, l’erronea valutazione di elementi istruttori;
20. anche il terzo motivo di ricorso e’ infondato avendo questa Corte, con orientamento costante (Cass. n. 7371 del 2014; n. 16396 del 2008), escluso che l’indicazione di due o piu’ ragioni legittimanti l’apposizione di un termine ad un unico contratto di lavoro sia in se’ causa di illegittimita’ del termine per contraddittorieta’ o incertezza della causa giustificatrice dello stesso, restando tuttavia impregiudicata la valutazione di merito dell’effettivita’ e coerenza delle ragioni indicate;
21. il quinto motivo di ricorso risulta inammissibile sia in ragione della mancata produzione del c.c.n.l. in relazione al cui articolo 25 e’ formulata la censura di mancato esperimento della procedura di confronto; sia nella parte in cui e’ dedotta l’omessa o erronea valutazione dei prospetti e della circolare di (OMISSIS) rilevanti ai fini della clausola di contingentamento, trattandosi di documenti non riportati e non trascritti nel corpo del ricorso in esame, in violazione degli oneri di cui all’articolo 366 c.p.c., comma 1, n. 6 e articolo 369 c.p.c., comma 2, n. 4;
22. alla luce delle considerazioni svolte il ricorso si rivela infondato e deve essere respinto;
23. le spese del presente giudizio, per il principio di soccombenza, sono poste a carico della ricorrente e liquidate come in dispositivo;
24. sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimita’ che liquida in Euro 4.000,00 per compensi professionali, in Euro 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie al 15% e accessori di legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del medesimo articolo 13, comma 1 bis.
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