Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|| n. 26145.
La valutazione delle prove raccolte costituisce un’attività riservata in via esclusiva all’apprezzamento discrezionale del giudice di merito
La valutazione delle prove raccolte costituisce un’attività riservata in via esclusiva all’apprezzamento discrezionale del giudice di merito, le cui conclusioni in ordine alla ricostruzione della vicenda fattuale non sono sindacabili in cassazione; pertanto, rimane estranea al vizio previsto dall’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ. qualsiasi censura volta a criticare il “convincimento” che il giudice si è formato, a norma dell’articolo 116, commi 1 e 2, del Cpc, in esito all’esame del materiale istruttorio mediante la valutazione della maggiore o minore attendibilità delle fonti di prova, atteso che la deduzione di tale vizio non consente di censurare la complessiva valutazione delle risultanze processuali, contenuta nella sentenza impugnata, contrapponendo alla stessa una diversa interpretazione al fine di ottenere la revisione da parte del giudice di legittimità degli accertamenti di fatto compiuti dal giudice di merito.
Ordinanza|| n. 26145. La valutazione delle prove raccolte costituisce un’attività riservata in via esclusiva all’apprezzamento discrezionale del giudice di merito
Data udienza 27 giugno 2023
Integrale
Tag/parola chiave: Fallimento ed altre procedure concorsuali – Fallimento – Effetti – Per il fallito – Rapporti processuali apertura della procedura concorsuale – Interrogatorio formale del fallito – Inammissibilità – Fondamento.
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MERCOLINO Guido – Presidente
Dott. PAZZI Alberto – rel. Consigliere
Dott. VELLA Paola – Consigliere
Dott. CROLLA Cosmo – Consigliere
Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 28815/2021 R.G. proposto da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’Avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende giusta procura speciale in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
FALLIMENTO di (OMISSIS) s.p.a., elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’Avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende giusta procura speciale allegata al controricorso;
– controricorrente –
e contro
(OMISSIS), e (OMISSIS) s.r.l.;
– intimati –
avverso la sentenza della Corte d’appello di Roma n. 3323/2021 depositata il 5/5/2021;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 27/6/2023 dal Consigliere Alberto Pazzi.
La valutazione delle prove raccolte costituisce un’attività riservata in via esclusiva all’apprezzamento discrezionale del giudice di merito
RILEVATO
che:
1. Il Tribunale di Viterbo, con decreto monitorio n. 441/2008, ingiungeva a (OMISSIS) il pagamento di Euro 114.700 in favore del fallimento di (OMISSIS) s.p.a., in ragione della mancata corresponsione del prezzo di un’automobile Ferrari F131 vendutagli dalla societa’ poi fallita.
2. Il medesimo tribunale, con sentenza n. 8/2013, accoglieva l’opposizione proposta dal (OMISSIS) e revocava il decreto ingiuntivo, ritenendo che la vettura fosse stata venduta al (OMISSIS) non da (OMISSIS) s.p.a., a cui non era mai appartenuta, ma da (OMISSIS) s.r.l..
3. La Corte d’appello di Roma, a seguito dell’impugnazione presentata dal fallimento di (OMISSIS) s.p.a. riteneva, invece, che vi fossero elementi documentali che concorrevano a dimostrare la titolarita’ del credito in capo al fallimento di (OMISSIS) s.p.a., costituiti: i) dal certificato cronologico delle trascrizioni al P.R.A., dal quale risultava che la societa’ era proprietaria della vettura alla data del 29 aprile 2004 e l’aveva poi venduta al (OMISSIS) con scrittura del 19 maggio 2004, trascritta il 15 giugno 2004; ii) dalla fattura n. (OMISSIS) del 19 maggio 2004, la cui data e il cui importo coincidevano con le risultanze della trascrizione al P.R.A.; iii) dalla lettera raccomandata inviata dal legale del (OMISSIS) al curatore in data 27 giugno 2007, dove si ammetteva che la compravendita era temporalmente intervenuta tra il maggio ed il giugno 2004 e che le parti contrattuali erano state (OMISSIS) e la (OMISSIS) s.p.a..
Accoglieva, quindi, l’appello e per l’effetto rigettava l’opposizione spiegata da (OMISSIS) avverso il decreto ingiuntivo n. 441/2008 del Tribunale, che confermava.
4. (OMISSIS) ha proposto ricorso per la cassazione di tale sentenza, pubblicata in data 5 maggio 2021, prospettando quattro motivi di doglianza, ai quali ha resistito con controricorso il fallimento di (OMISSIS) s.p.a..
Entrambe le parti hanno depositato memoria ai sensi dell’articolo 380-bis.1 c.p.c..
Gli intimati (OMISSIS) e (OMISSIS) s.r.l. non hanno svolto difese.
CONSIDERATO
che:
5. Il primo motivo di ricorso denuncia la violazione e falsa applicazione dell’articolo 345 c.p.c., perche’ la Corte d’appello ha omesso di pronunciarsi sull’eccezione di tardivita’ della produzione documentale (consistente nella copia dell’atto quietanzato con cui (OMISSIS) s.r.l. aveva ceduto la vettura alla (OMISSIS) s.p.a.) effettuata dalla curatela, che l’appellato aveva sollevato al momento della propria costituzione in giudizio.
6. Il motivo e’ inammissibile, per mancanza di decisivita’.
La Corte d’appello, infatti, ha espressamente indicato all’interno della decisione impugnata le risultanze documentali su cui riteneva di fondare il proprio convincimento (costituite, come detto, dal certificato cronologico delle trascrizioni al P.R.A., dalla fattura n. (OMISSIS) del 19 maggio 2004 e dalla lettera raccomandata inviata dal legale del (OMISSIS) al curatore in data 27 giugno 2007), fra le quali non e’ compresa la quietanza di cui era stata denunciata la tardiva produzione.
I giudici distrettuali non hanno fatto alcuna diversa menzione di tale documento, dovendosi da cio’ arguire, se non un implicito accoglimento dell’eccezione sollevata dal (OMISSIS), quanto meno una valutazione di ininfluenza del documento ai fini del decidere.
Ne discende l’inammissibilita’, per difetto di rilevanza, di ogni questione concernente la ritualita’ della sua produzione.
7. Il secondo motivo si duole, ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, dell’omesso esame di un fatto storico oggetto di discussione tra le parti e di natura decisiva, poiche’ la Corte di merito ha omesso di rilevare la valenza probatoria delle dichiarazioni rese da (OMISSIS), gia’ amministratore di (OMISSIS) in bonis, in sede di interpello, di natura confessoria, e dal teste (OMISSIS).
8. Il motivo e’ inammissibile.
Invero, la valutazione delle prove raccolte costituisce un’attivita’ riservata in via esclusiva all’apprezzamento discrezionale del giudice di merito, le cui conclusioni in ordine alla ricostruzione della vicenda fattuale non sono sindacabili in cassazione; pertanto, rimane estranea al vizio previsto dall’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5 qualsiasi censura volta a criticare il “convincimento” che il giudice si e’ formato, a norma dell’articolo 116 c.p.c., commi 1 e 2, in esito all’esame del materiale istruttorio mediante la valutazione della maggiore o minore attendibilita’ delle fonti di prova, atteso che la deduzione di tale vizio non consente di censurare la complessiva valutazione delle risultanze processuali, contenuta nella sentenza impugnata, contrapponendo alla stessa una diversa interpretazione al fine di ottenere la revisione da parte del giudice di legittimita’ degli accertamenti di fatto compiuti dal giudice di merito (Cass. 20553/2021).
Giova, peraltro, precisare che le dichiarazioni rese dall’amministratore della societa’ fallita non avevano affatto il valore confessorio che il ricorrente vorrebbe loro attribuire e, dunque, non assumevano alcun valore decisivo.
Infatti, nelle controversie relative a rapporti di diritto patrimoniale l’interrogatorio formale del fallito e’ inammissibile, atteso che costui (tranne che nella ipotesi prevista dall’articolo 43, comma 2, l. fall.) non assume la veste di parte e il suo interrogatorio sarebbe finalizzato a una confessione relativa a diritti di cui il fallito non puo’, nella pendenza del fallimento, disporre (Cass. 629/1995, Cass. 2370/1975).
9. Il terzo motivo di ricorso lamenta, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione degli articoli 815, 1325 e 1470 c.c., articoli 115, 116, 252 e 253 c.p.c. e del R.Decreto Legge n. 436 del 1927: la Corte d’appello – a dire del ricorrente – ha fatto malgoverno di queste norme, ritenendo che la fattura di vendita del bene e la trascrizione al P.R.A. fossero elementi che attestavano il credito, senza dar conto di risultanze di natura oggettiva (costituite dalla confessione del (OMISSIS), dalle dichiarazioni testimoniali raccolte, dalla stipula del contratto di assicurazione della vettura, dalla consegna del bene mobile ai fini della successiva rivendita) che assumevano i caratteri di prove univoche, precise e concordanti di tenore opposto.
10. Il motivo e’ inammissibile.
Esso, infatti, non evidenzia alcuna criticita’ in punto di diritto in capo alla decisione impugnata, ma e’ espressione di un mero dissenso rispetto alla valutazione della congerie istruttoria compiuta dal giudice di merito.
Tale valutazione costituisce un apprezzamento di fatto che, essendo frutto di una determinazione discrezionale del giudice di merito, non e’ sindacabile da questa Corte.
Difatti, il ricorso per cassazione conferisce al giudice di legittimita’ non gia’ il potere di riesaminare il merito dell’intera vicenda processuale, ma solo la facolta’ del controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico-formale, delle argomentazioni svolte dal giudice di merito, al quale spetta, in via esclusiva, il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di controllarne l’attendibilita’ e la concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicita’ dei fatti ad essi sottesi, dando cosi’ liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge (cfr., ex plurimis, Cass. 331/2020, Cass. 21098/2016, Cass. 27197/2011, Rv. 620709).
11. Il quarto motivo di ricorso prospetta l’intervenuta violazione del contraddittorio e dei principi di cui all’articolo 331 c.p.c.: il gravame – a dire di parte ricorrente – doveva essere dichiarato improcedibile per l’errata instaurazione del contraddittorio nei confronti di (OMISSIS), a cui non era stata rinnovata la notifica dell’atto di citazione in appello.
12. Il motivo e’ inammissibile.
La Corte territoriale, nel vagliare l’eccezione di inammissibilita’ dell’appello perche’ la notifica del gravame ad (OMISSIS) era stata effettuata nella qualita’ di amministratore di (OMISSIS) s.r.l. e non quale socio successore della compagine cessata, ha ritenuto che l’unica notifica effettuata al (OMISSIS) fosse sufficiente a ritenere integro il contraddittorio (e cio’ perche’, qualora una medesima persona fisica cumuli in se’ la qualita’ di parte, nonche’ di erede di altro soggetto, anch’esso parte del precedente grado di giudizio, la legale conoscenza, in proprio, dell’atto di gravame esclude la necessita’ di provvedere all’integrazione del contraddittorio nei suoi confronti, quale erede, siccome contraria al principio di ragionevole durata del processo, stante l’unicita’ della parte in senso sostanziale; Cass. 12317/2019).
La censura in esame non si cura in alcun modo degli argomenti addotti dalla Corte distrettuale, limitandosi a reiterare l’eccezione relativa alla non integrita’ del contraddittorio negli stessi termini gia’ proposti in sede di appello.
Il che rende il mezzo inammissibile per difetto del carattere di riferibilita’ che lo stesso doveva necessariamente avere.
Infatti, con i motivi di ricorso per cassazione la parte non puo’ limitarsi a riproporre le tesi difensive svolte nelle fasi di merito e motivatamente disattese dal giudice dell’appello, senza considerare le ragioni offerte da quest’ultimo, poiche’ in tal modo si determina una mera contrapposizione della propria valutazione al giudizio espresso dalla sentenza impugnata che si risolve, in sostanza, nella proposizione di un “non motivo”, come tale inammissibile ex articolo 366 c.p.c., comma 1, n. 4, (Cass. 22478/2018, Cass. 11098/2000).
13. Per tutto quanto sopra esposto, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in Euro 6.200, di cui Euro 200 per esborsi, oltre accessori come per legge e contributo spese generali nella misura del 15%.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17, si da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis ove dovuto.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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