Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|16 settembre 2022| n. 27289.
La persona offesa dal reato non è legittimata a proporre l’azione revocatoria
La persona offesa dal reato non è legittimata a proporre l’azione revocatoria nei confronti del responsabile dello stesso, trattandosi di mero “soggetto processuale” (non ancora “parte” del processo penale), dalla cui posizione non è possibile enucleare l’esistenza di un’aspettativa creditoria per il risarcimento del danno, come accade, invece, per la parte civile, che è il soggetto che subisce il danno civile e, pertanto, possiede la legittimazione ad esercitare l’azione civile nel processo penale.
Ordinanza|16 settembre 2022| n. 27289. La persona offesa dal reato non è legittimata a proporre l’azione revocatoria
Data udienza 4 maggio 2022
Integrale
Tag/parola chiave: Fallimento – Intervento volontario del creditore – Vendita immobiliare – Articolo 2901 cc – Azione revocatoria – Presupposti – Articolo 445 cpp – Criteri – Motivazione del giudice di merito
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 3
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente
Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere
Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere
Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere
Dott. GUIZZI Stefano Giaime – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 29728/2021 proposto da:
(OMISSIS) SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’Avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), (OMISSIS);
– intimati –
avverso la sentenza n. 2789/2021 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 09/04/2021;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non partecipata del 04/05/2022 dal Consigliere Relatore Dott. Stefano Giaime GUIZZI.
La persona offesa dal reato non è legittimata a proporre l’azione revocatoria
RITENUTO IN FATTO
– che la societa’ (OMISSIS) S.r.l. ricorre, sulla base di due motivi, per la cassazione della sentenza n. 2789/21, del 9 aprile 2021, della Corte di Appello di Roma, che – rigettandone il gravame esperito, in via incidentale, avverso la sentenza n. 1165/14, del Tribunale di Roma – ha confermato il rigetto della domanda ex articolo 2901 c.c., dalla stessa proposta nei confronti di (OMISSIS) e (OMISSIS);
– che, in punto di fatto, l’odierna ricorrente riferisce di aver compiuto intervento volontario in un giudizio ex articolo 2901 c.c., promosso dal Fallimento (OMISSIS), per la declaratoria di inefficacia dell’atto notarile del 31 luglio 2002, merce’ il quale il (OMISSIS) – gia’ amministratore della (OMISSIS) – aveva alienato alla (OMISSIS) la proprieta’, nella misura di 1/2, di un immobile sito in (OMISSIS);
– che, in particolare, l’iniziativa assunta dalla societa’ (OMISSIS), era basata – per quanto qui ancora di interesse – sul presupposto di essere “parte offesa” nel procedimento penale celebrato a carico del (OMISSIS) per il delitto di bancarotta fraudolenta, per aver dissipato o comunque occultato i proventi dell’alienazione dell’azienda “(OMISSIS)”, ceduta alla predetta societa’, procedimento definito con sentenza ex articolo 444 c.p.p.;
– che il giudice di prime cure accoglieva la domanda della curatela attrice, dichiarando, invece, inammissibile quella della societa’ intervenuta, ritenendo che essa non potesse porre a fondamento dell’esperita “actio pauliana” i crediti derivanti dalla sua posizione di persona offesa dal reato, atteso che la sentenza di patteggiamento pronunciata nei riguardi del (OMISSIS) era priva di efficacia in sede civile, ex articolo 445 c.p.p.;
– che avverso la decisione del primo giudice esperiva gravame, in via di principalita’, la (OMISSIS), nonche’, in via incidentale, la societa’ (OMISSIS);
– che il giudice di appello, preso atto della transazione intervenuta tra l’appellante principale e la curatela fallimentare, e quindi dell’estinzione del giudizio, ha, invece, rigettato il gravame incidentale della societa’ (OMISSIS);
– che a tale esito e’ pervenuta sul rilievo che le ragioni di credito, fatte valere dalla stessa a fondamento della domanda ex articolo 2901 c.c., riguarderebbero il suo rapporto con la societa’ dichiarata fallita, e non direttamente con il (OMISSIS) in proprio, ribadendo, inoltre, che in relazione alla sola ragione di credito nei confronti di costui opera la preclusione di cui all’articolo 445 c.p.p.;
– che avverso la sentenza della Corte capitolina ricorre per cassazione la societa’ (OMISSIS), sulla base – come detto – di due motivi;
– che il primo motivo denuncia – ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3) – “violazione dell’articolo 2901 c.c.”;
– che ribadisce l’odierna ricorrente di aver dimostrato documentalmente “di essere stata riconosciuta parte offesa nel reato di bancarotta fraudolenta commesso dal (OMISSIS)”, come risultante dall’avviso di fissazione dell’udienza preliminare;
– che nel capo di imputazione per il delitto di cui alla L. Fall., articolo 216, comma 1, articolo 219, comma 2, n. 1) e articolo 223. Si faceva riferimento al “50% del corrispettivo della cessione di azienda” (ad essa (OMISSIS)) “del 12.10.2001”;
– che, pertanto, tali circostanze – come la stessa sentenza di patteggiamento passata in giudicato – dimostrerebbero “la sussistenza di un fatto lesivo”, ovvero il reato commesso in danno di essa societa’ (OMISSIS), e, con esso, “la sussistenza del consequenziale diritto di quest’ultima al risarcimento dei danni ai sensi dell’articolo 185 c.p., comma 2, e degli articoli 2043 e 2059 c.c.;
– che tanto bastava ai fini dell’utile esperimento dell’azione revocatoria, potendo la stessa essere esercitata a garanzia di “una nozione lata di credito, comprensiva della ragione o aspettativa, con conseguente irrilevanza dei normali requisiti di certezza, liquidita’ ed esigibilita’”;
– che il secondo motivo denuncia – ex articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3) e 5), – “omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che e’ stato oggetto di discussione tra le parti”, con “conseguente violazione degli articoli 115 e 116 c.p.c.”;
– che la Corte capitolina avrebbe omesso di considerare che le ragioni di credito della societa’ (OMISSIS) emergevano dalla lettera raccomandata del 2 aprile 2002, con cui il (OMISSIS) aveva proceduto a ricognizione di debito, manifestando la piu’ ampia disponibilita’ a far fronte agli impegni della (OMISSIS);
– che sono rimasti solo intimati il (OMISSIS) e la (OMISSIS);
– che la proposta del relatore, ai sensi dell’articolo 380-bis c.p.c., e’ stata ritualmente comunicata alla ricorrente, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in Camera di consiglio per il 4 maggio 2022;
– che la ricorrente ha depositato memoria.
La persona offesa dal reato non è legittimata a proporre l’azione revocatoria
CONSIDERATO IN DIRITTO
– che il ricorso va rigettato;
– che ritiene, infatti, questo collegio che le conclusioni in tal senso rassegnate nella proposta del consigliere relatore non siano state superate dai rilievi svolti dalla ricorrente nella memoria ex articolo 380-bis c.p.c., comma 2;
– che il primo motivo – con cui e’ denunciata violazione dell’articolo 2901 c.c., in relazione al presupposto dell’azione revocatoria costituito dal c.d. “eventus damni” – e’ infondato;
– che, infatti, se e’ vero che la ragione di credito costituisce solo “titolo di legittimazione” dell’azione revocatoria (Cass. Sez. Un., sent. 18 maggio 2004, n. 9440, Rv. 572929-01), sicche’ anche una mera aspettativa creditoria e’ idonea legittimare l’esperimento della stessa (da ultimo, tra le tante, Cass. Sez. 6-3, ord. 19 febbraio 2020, n. 4212, Rv. 657295-01), deve osservarsi che, nella specie, la sentenza impugnata ha affermato che, di tutti gli episodi di “mala gestio” contestati al (OMISSIS) in sede penale, solo uno di essi fosse riferibile specificamente all’acquisto di azienda che ha interessato la societa’ (OMISSIS), rilevando, pero’, che tale contestazione concerneva, in via esclusiva, un danno riportato non da tale societa’, bensi’ dal ceto creditorio (e, dunque, anch’esso da farsi valere dalla curatela fallimentare, che non a caso aveva intrapreso il giudizio ex articolo 2901 c.c., in cui poi e’ intervenuta l’odierna ricorrente), donde allora l’assenza anche di una mera aspettativa creditoria;
– che, d’altra parte, insufficiente a fondare la legittimazione ex articolo 2901 c.c., dell’odierna ricorrente era la sua posizione di “persona offesa” dal reato, nel gia’ indicato giudizio penale;
– che, difatti, il processo penale a carico del (OMISSIS) – essendo stato definito con sentenza di applicazione della pena su richiesta dell’imputato, ex articolo 444 c.p.p. – si e’ arrestato “in limine”, senza che il giudice penale potesse provvedere agli accertamenti relativi alla regolare costituzione delle parti (articoli 420 e 484 c.p.p.), e dunque ad una delibazione – ancorche’ sommaria – in ordine alla legittimazione della societa’ (OMISSIS) a far valere la propria pretesa risarcitoria;
– che la posizione di persona offesa – trattandosi, oltretutto, di mero “soggetto processuale” e non ancora “parte” del giudizio penale – non coincide necessariamente con quella di soggetto danneggiato (Cass. Sez. 5 Pen., sent. dep. 27 dicembre 2018, n. 58273);
– che, invero, diversamente da quanto assume la ricorrente nella propria memoria ex articolo 380-bis c.p.p., comma 2, l’arresto di questa Corte da ultimo citato vale come conferma, e non smentita, dell’impossibilita’ di enucleare dalla posizione di persona offesa (non ancora costituitasi parte civile) l’esistenza, per cio’ solo, di un’aspettativa creditoria;
– che in relazione, infatti, alla parte civile, detto arresto ribadisce che la sua posizione si identifica con quella di “colui che subisce il danno criminale, che si concreta nella lesione del bene giuridico protetto dalla norma, mentre il danneggiato e’ colui che ha subito il danno civile, patrimoniale o non patrimoniale, e che ha per tale motivo la legittimazione ad esercitare l’azione civile nel processo penale”, sicche’ mentre “la persona offesa gode della tutela di natura pubblicistica correlata all’interesse pubblico alla repressione del reato, il danneggiato e’ portatore di un interesse privato di cui il pubblico ministero non si fa carico, salva l’eccezionale ipotesi di cui all’articolo 77 c.p.p., comma 4, ed e’ pertanto tenuto ad esercitare l’azione secondo le forme della domanda giudiziale civile, rimanendo soggetto ai relativi criteri dell’onere probatorio” (cosi’, in motivazione, Cass. Sez. 5 Pen., sent. n. 58273 del 2018, cit.);
La persona offesa dal reato non è legittimata a proporre l’azione revocatoria
– che risulta, pertanto, confermata l’intrinseca diversita’ che sussiste tra le due posizioni di persona offesa e parte civile;
– che il secondo motivo di ricorso e’ inammissibile, in ciascuna delle censure in cui si articola;
– che, quanto alla censura di “omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio”, opera – “ratione temporis”, risalendo la sentenza resa in prime cure all’anno 2014, per cui l’atto di appello risulta, per definizione, proposto con ricorso depositato o con citazione di cui sia stata richiesta la notificazione posteriormente all’11 settembre 2012 – la preclusione di cui all’articolo 348-ter c.p.c., u.c., norma che inibisce, in un caso, qual e’ quello presente, di cd. “doppia conforme di merito”, la proposizione di motivi di ricorso per cassazione formulati ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5), salvo che la parte ricorrente non soddisfi l’onere – cio’ che nella specie non risulta avvenuto – “di indicare le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse” (Cass. Sez. 1, sent. 22 dicembre 2016, n. 26774, Rv. 643244-03; Cass. Sez. Lav., sent. 6 agosto 2019, n. 20994, Rv. 654646-01);
– che il rilievo espresso in tal senso nella proposta del giudice relatore non e’ superato, secondo questo collegio, da quanto si legge nella memoria della ricorrente, secondo cui dovrebbe escludersi, nella specie, l’ipotesi della “doppia conforme”, in quanto la circostanza fattuale costituita dall’esistenza di una ricognizione di debito, da parte del (OMISSIS), “non e’ stata esaminata dalla Corte di merito, che l’ha completamente ignorata”;
– che al fine di comprovare l’ammissibilita’ della censura ex articolo 360, comma 1, n. 5), la ricorrente avrebbe dovuto dimostrare che quel fatto era stato sottoposto al vaglio del primo giudice, mentre il ricorrente – nel proprio atto di impugnazione (come nella memoria depositata in vista dell’adunanza camerale) – si limita a dare atto che la stessa venne affrontata a pag. 23 della propria comparsa di costituzione e risposta con appello incidentale, senza nulla riferire in merito agli scritti defensionali del primo grado di giudizio;
– che anche sotto questo profilo, dunque, si conferma l’inammissibilita’ della censura, atteso che, “ove una determinata questione giuridica – che implichi un accertamento di fatto – non risulti trattata in alcun modo nella sentenza impugnata, il ricorrente che proponga detta questione in sede di legittimita’ ha l’onere, al fine di evitare una statuizione di inammissibilita’ per novita’ della censura, non solo di allegarne l’avvenuta deduzione innanzi al giudice di merito, ma anche di indicare in quale atto del giudizio precedente vi abbia provveduto, onde dare modo alla Corte di cassazione di controllare “ex actis” la veridicita’ di tale asserzione prima di esaminare nel merito la questione stessa” (Cass. Sez. 2, ord. 24 gennaio 2019, n. 2038, Rv. 652251-02);
– che ove, poi, la ricorrente avesse inteso lamentare l’omessa pronuncia su un motivo di appello, l’esito della censura sarebbe egualmente nel senso dell’inammissibilita’;
– che, difatti, la “omessa pronuncia su un motivo di appello integra la violazione dell’articolo 112 c.p.c., e non gia’ l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, che e’ stato oggetto di discussione tra le parti, in quanto il motivo di gravame non costituisce un fatto principale o secondario, bensi’ la specifica domanda sottesa alla proposizione dell’appello, sicche’, ove il vizio sia dedotto come violazione dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5), nel testo riformulato dal Decreto Legge 22 giugno 2012, n. 83, articolo 54, convertito, con modificazioni, in L. 7 agosto 2012, n. 134, il motivo deve essere dichiarato inammissibile” (Cass. Sez. 3, sent. 16 marzo 2017, n. 6835, Rv. 643679-01);
– che, infine, l’inammissibilita’ delle censure di violazione degli articoli 115 e 116 c.p.c., deriva, invece, dal fatto che esse tendono a sollecitare un non consentito riesame dei fatti oggetto di giudizio;
La persona offesa dal reato non è legittimata a proporre l’azione revocatoria
– che in relazione a queste ultime va, infatti, ribadito il principio secondo cui l’eventuale “cattivo esercizio del potere di apprezzamento delle prove non legali da parte del giudice di merito non da’ luogo ad alcun vizio denunciabile con il ricorso per cassazione, non essendo inquadrabile nel paradigma dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5), (che attribuisce rilievo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e presenti carattere decisivo per il giudizio), ne’ in quello del precedente n. 4), disposizione che – per il tramite dell’articolo 132 c.p.c., n. 4) – da’ rilievo unicamente all’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante” (Cass. Sez. 3, sent. 10 giugno 2016, n. 11892, Rv. 640194-01; in senso conforme, tra le altre, in motivazione, Cass. Sez. 3, sent. 12 ottobre 2017, n. 23940; Cass. Sez. 3, sent. 12 aprile 2017, n. 9356, Rv. 644001-01; Cass. Sez. 1, ord. 26 settembre 2018, n. 23153, Rv. 650931-01; Cass. Sez. 3, ord. 30 ottobre 2018, n. 27458, Cass. Sez. 6-2, ord. 18 marzo 2019, n. 7618);
– che nulla va disposto in merito alle spese del presente giudizio di legittimita’, essendo rimasti il (OMISSIS) e la (OMISSIS) solo intimati;
– che in ragione del rigetto del ricorso va dato atto – ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17 – della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, se dovuto secondo un accertamento spettante all’amministrazione giudiziaria (Cass. Sez. Un., sent. 20 febbraio 2020, n. 4315, Rv. 657198-01), dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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