Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|| n. 19161.
La motivazione «per relationem» della sentenza pronunciata in sede di gravame
La motivazione «per relationem» della sentenza pronunciata in sede di gravame è legittima unicamente se e in quanto il giudice d’appello, facendo propri gli argomenti del primo giudice, esprima, sia pure in modo conciso, le ragioni della conferma della pronuncia in relazione ai motivi di impugnazione proposti, sì da consentire, attraverso la parte motiva di entrambe le sentenze, di ricavare un percorso argomentativo appagante ed esaustivo. All’inverso, deve essere cassata la sentenza d’appello allorquando la laconicità della motivazione adottata, formulata in termini di mera adesione, non consenta di ritenere che alla condivisione della decisione di prime cure il giudice di appello sia pervenuto attraverso la disamina e la valutazione di infondatezza dei motivi di gravame, previa specifica ed adeguata considerazione delle allegazioni difensive addotte.
Ordinanza|| n. 19161. La motivazione «per relationem» della sentenza pronunciata in sede di gravame
Data udienza 22 marzo 2023
Integrale
Tag/parola chiave: FAMIGLIA MATERNITA’ ED INFANZIA – SEPARAZIONE – ASSEGNO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. RUBINO Lina – Presidente
Dott. VALLE Cristiano – Consigliere
Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere
Dott. AMBROSI Irene – Consigliere
Dott. ROSSI Raffaele – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 7875/2021 R.G. proposto da:
(OMISSIS), in difetto di domicilio eletto in ROMA, domiciliata per legge ivi presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’Avv. (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), in difetto di domicilio eletto in ROMA, domiciliato per legge ivi presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’Avv. (OMISSIS);
– controricorrente –
Avverso la sentenza n. 924/2020 della CORTE D’APPELLO DI ANCONA, depositata il giorno 17 settembre 2020;
Udita la relazione svolta nella Camera di consiglio tenuta il giorno 22 marzo 2023 dal Consigliere Dott. RAFFAELE ROSSI.
La motivazione «per relationem» della sentenza pronunciata in sede di gravame
FATTI DI CAUSA
1. In forza di ordinanze provvisorie rese nel giudizio di separazione personale tra coniugi tra di loro svolto, (OMISSIS) intimo’ a (OMISSIS) precetto per il pagamento della complessiva somma di Euro 15.601,41, di cui Euro 2.901,78 a titolo di contributo al mantenimento della intimante per il periodo (OMISSIS) (in misura pari ad Euro 300 mensili, rivalutati) ed Euro 12.414,15 a titolo di contributo al mantenimento delle figlie (OMISSIS) ed (OMISSIS) per il periodo (OMISSIS) (in misura pari ad Euro 650 mensili, rivalutati, per ciascuna delle figlie).
2. Accogliendo l’opposizione all’esecuzione spiegata dall’intimato, il Tribunale di Pesaro “annullo’ integralmente il precetto”, sul rilievo che la sentenza resa a definizione del giudizio di separazione in primo grado aveva revocato l’assegno di mantenimento in favore delle figlie.
3. La decisione in epigrafe indicata ha rigettato l’appello interposto dalla intimante.
4. Ricorre per cassazione (OMISSIS), sulla base di quattro motivi, cui resiste, con controricorso, (OMISSIS).
5. Ambedue le parti hanno depositato memoria illustrativa.
6. All’esito dell’adunanza camerale sopra indicata, il Collegio si e’ riservato il deposito dell’ordinanza nel termine di cui dell’articolo 380-bis.1 c.p.c., comma 2.
La motivazione «per relationem» della sentenza pronunciata in sede di gravame
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Il primo motivo rileva la nullita’ della sentenza per violazione dell’articolo 158 c.p.c., in quanto resa da collegio d’appello composto da un giudice ausiliario, peraltro estensore della pronuncia.
1.1. La censura e’ infondata.
Decidendo sulla questione della conformita’ ai principi supremi delle norme introduttive della figura dei giudici ausiliari d’appello (con lo status di componenti dei collegi), la Corte Costituzionale, con la sentenza del 17 marzo 2021, n. 41, ha dichiarato costituzionalmente illegittimi, per violazione dell’articolo 106 Cost., commi 1 e 2, del Decreto Legge 21 giugno 2013, n. 69, articoli 62, 63, 64, 65, 66, 67, 68, 69, 70, 71 e 72, convertito dalla L. 9 agosto 2013, n. 98, nella parte in cui non prevedono che essi si applichino fino a quando non sara’ completato il riordino del ruolo e delle funzioni della magistratura onoraria nei tempi stabiliti dal Decreto Legislativo 13 luglio 2017, n. 116, articolo 32, ritenendo tuttavia che in tale periodo (e cioe’ a dire sino al 31 ottobre 2025) “rimane legittima la costituzione dei collegi delle Corti d’appello con la partecipazione di non piu’ di un giudice ausiliario a collegio e nel rispetto di tutte le altre disposizioni che garantiscono l’indipendenza e la terzieta’ anche di questo magistrato onorario”.
Alcuna nullita’ inficia pertanto la gravata sentenza, resa nel settembre 2020.
2. Il secondo motivo prospetta nullita’ della sentenza per violazione degli articoli 112 e 132 c.p.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4.
Si lamenta, in particolare, l’omessa pronuncia del giudice d’appello sul gravame concernente l’illegittimita’ della sentenza di prime cure per aver annullato in toto il precetto, anche nella parte relativa al credito per il mantenimento della intimante, non oggetto di revoca nell’ambito della controversia di separazione.
2.1. Il motivo e’ fondato.
Con la riproduzione, per stralci e nei tratti essenziali, del contenuto dell’atto di appello, il ricorso in disamina da’ conto della proposizione alla Corte territoriale di censure assertivamente prospettanti l’erroneita’ della decisione emessa in primo grado nella parte in cui dichiarava la inefficacia del precetto opposto nella sua interezza, senza compiere distinzione alcuna in ordine alle differenti ragioni causali delle somme ivi intimate e, segnatamente, senza considerare la porzione di credito ascritta all’assegno di mantenimento rivendicato dalla coniuge.
Sul motivo di impugnazione cosi’ dispiegato la Corte d’appello di Ancona ha mancato di statuire.
La stringata motivazione posta a suffragio del dictum reso, infatti, si incentra unicamente sulla debenza dell’assegno di mantenimento in favore delle figlie della intimante: a tal fine vengono richiamati i provvedimenti interinali adottati nel corso del giudizio di separazione, portanti variazioni nella misura del contributo di sostegno alla prole; in tal senso, poi, con univoca chiarezza, la conclusione esposta nella gravata sentenza, riferita all’obbligo gravante sull’intimato nella qualita’ di genitore (“la cessazione dell’obbligo di mantenimento per il padre decorreva dall’ottobre 2014”).
Nessun argomento (ne’, a fortiori, nessuna delibazione) investe la sussistenza del credito della moglie, negata dal primo giudice con statuizione sottoposta al vaglio della Corte d’appello.
Diversamente da quanto opinato dal controricorrente, infine, priva di rilevanza e’ la locuzione adoperata al termine della parte motiva (“quanto statuito assorbe le ulteriori doglianze e richieste delle parti”): ben lungi dall’esprimere l’assorbimento dei motivi di appello non esaminati (postulando l’assorbimento la superfluita’ per sopravvenuto difetto di interesse o il venir meno della necessita’ della decisione sulle questioni non vagliate: Cass. 17/04/2020, n. 7905; Cass. 07/02/2020, n. 2977), si tratta invero di formula di mero stile, cui non puo’ ascriversi alcun contenuto o significato precettivo.
In definitiva, si ravvisa la denunciata violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato in relazione al motivo di appello inerente al credito precettato nell’interesse della moglie: tanto importa la cassazione in parte qua della impugnata sentenza, con rinvio (nei termini meglio precisati in appresso) per esame della questione, in quanto presupponente accertamenti di fatto.
3. Il terzo motivo lamenta “errata interpretazione del giudicato con conseguente violazione e/o falsa applicazione dell’articolo 12 preleggi e dell’articolo 2909 c.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3”.
La motivazione «per relationem» della sentenza pronunciata in sede di gravame
Parte ricorrente ricostruisce l’andamento della vicenda litigiosa in ordine al mantenimento delle figlie come segue: (a) con ordinanza del 27 luglio 2015, il Tribunale di Pesaro, riconosciuta, la non piena autosufficienza delle figlie, riduceva l’assegno da Euro 650 ad Euro 250 mensili; (b) con successiva ordinanza del 18 gennaio 2016, stante l’allegazione di elementi sopravvenuti, la medesima A.G. revocava detto assegno con decorrenza dalla pronuncia; (c) la sentenza conclusiva del primo grado del giudizio di separazione rigettava infine la richiesta di assegno di mantenimento, sul rilievo della raggiunta autosufficienza delle figlie, ma senza statuire espressamente sulla decorrenza della cessazione del relativo contributo.
Da quanto sopra inferisce l’erroneo apprezzamento della sentenza gravata laddove ha ritenuto la retroattivita’ della revoca dell’assegno sin dall'(OMISSIS) (dovuto invece, secondo l’impugnante, sino al (OMISSIS)), cosi’ affermando l’illegittimita’ del precetto.
4. Preliminare (e, per quanto si dira’, assorbente) rispetto al vaglio del mezzo teste’ illustrato e’ l’esame del quarto motivo di ricorso.
Con esso, per violazione dell’articolo 132 c.p.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4, si denuncia nullita’ della sentenza per motivazione apparente, per avere la Corte di appello dato risposta con un “laconico richiamo alle mere conclusioni raggiunte dal Tribunale” al motivo di appello con cui si deduceva l’irretroattivita’ della revoca del contributo di mantenimento in favore delle figlie.
4.1. Quest’ultima doglianza e’ fondata.
Ricorre “motivazione apparente”, causa di nullita’ della sentenza, quando il giudice ometta di esporre i motivi, in fatto ed in diritto, della decisione, di rendere intellegibile l’iter logico seguito per pervenire al dictum reso, cosi’ impedendo la praticabilita’ di un controllo sull’esattezza e sulla logicita’ del ragionamento (sulla nozione di “motivazione apparente” cfr., tra le tantissime, Cass., Sez. U., 07/04/2014, n. 8053; Cass., Sez. U., 22/09/2014, n. 19881; Cass., Sez. U., 21/06/2016, n. 16599; Cass., Sez. U., 03/11/2016, n. 22232; Cass. 25/09/2018, n. 22598; Cass. 23/05/2019, n. 13977).
Orbene, a fronte di un’articolata censura (riprodotta, nella sua integralita’, in ricorso) sull’irretroattivita’ della revoca del contributo di mantenimento basata su un’analitica e puntuale ricostruzione della successione nel tempo dei titoli di matrice giudiziale regolanti detto contributo, il giudice d’appello ha esposto il suo convincimento nei seguenti termini: “correttamente il primo giudice ha rilevato, sulla scorta della decisione sul punto del Tribunale, che la cessazione dell’obbligo di mantenimento per il padre decorreva dall'(OMISSIS)”.
Come invero evidente, si tratta di una sorta di motivazione “per relationem”, che si esaurisce cioe’ in un rinvio adesivo alla decisione di prime cure, della quale non viene riportato (nemmeno in minima parte) l’iter logico-argomentativo.
Sennonche’, secondo l’insegnamento consolidato di questa Corte, la motivazione “per relationem” della sentenza pronunciata in sede di gravame e’ legittima unicamente se e in quanto il giudice d’appello, facendo propri gli argomenti del primo giudice, esprima, sia pure in modo conciso, le ragioni della conferma della pronuncia in relazione ai motivi di impugnazione proposti, si’ da consentire, attraverso la parte motiva di entrambe le sentenze, di ricavare un percorso argomentativo appagante ed esaustivo. All’inverso, deve essere cassata la sentenza d’appello allorquando la laconicita’ della motivazione adottata, formulata in termini di mera adesione, non consenta di ritenere che alla condivisione della decisione di prime cure il giudice di appello sia pervenuto attraverso la disamina e la valutazione di infondatezza dei motivi di gravame, previa specifica ed adeguata considerazione delle allegazioni difensive addotte (sulla motivazione “per relationem”, tra le tantissime, Cass. 23/07/2020, n. 15757; Cass. 05/08/2019, n. 20883; Cass. 05/11/2018, n. 28139; Cass. 05/10/2018, n. 24452; Cass. 21/09/2017, n. 22022; Cass. 06/05/2015, n. 9068).
Il percorso argomentativo tracciato dalla sentenza impugnata, in breve, quantunque materialmente esistente, non rende percepibili le ragioni della decisione. La trascritta adesione alla statuizione di primo grado risulta del tutto acritica, svincolata dal contenuto del gravame (non facendosi carico di illustrare perche’ la successione dei titoli giudiziali sia da intendersi nel senso esplicitato anziche’ nel modo sostenuto dall’appellante), e, quindi, insignificante ed indefinita: in breve, una motivazione figurativa ed apparente.
5. L’accoglimento del quarto motivo, con rinvio al giudice di merito per nuova disamina, assorbe il vaglio del terzo motivo, avente ad oggetto la correttezza nel merito di gravame rigettato dalla Corte d’appello con motivazione apparente.
6. In conclusione e per riepilogare: rigettato il primo motivo, sono invece accolti il secondo ed il quarto, con assorbimento del terzo, con cassazione della sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvio alla Corte d’appello di Ancona, in diversa composizione, anche per provvedere al regolamento delle spese del giudizio di legittimita’.
7. Al giudice del rinvio e’ altresi’ demandata la regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimita’.
P.Q.M.
Accoglie il secondo ed il quarto motivo di ricorso, rigettato il primo ed assorbito il terzo, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Ancona, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimita’.
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