Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|14 settembre 2022| n. 27032.
La manifestazione di volontà della parte di impugnare la sentenza non definitiva
Ai fini della individuazione dell’inequivoca manifestazione di volontà della parte di impugnare la sentenza non definitiva, il dato “formale” ed “esterno” della mancata espressa indicazione che l’impugnazione avverso la sentenza definitiva è diretta anche avverso la sentenza non definitiva non può prevalere sul dato sostanziale costituito dalla presenza nello stesso atto di impugnazione di motivi di censura inequivocabilmente diretti a censurare le statuizioni della sentenza non definitiva. Di conseguenza, allorché l’appellante, dopo aver fatto riserva di impugnazione contro una sentenza non definitiva, proponga appello contro la pronuncia definitiva e, pur specificando di indirizzare il proprio gravame contro quest’ultima, investe effettivamente, con i motivi di censura, anche la precedente, deve ritenersi che l’impugnazione sia diretta contro entrambe le pronunce, a nulla rilevando la suddetta limitazione formale, che, essendo in contrasto con la concreta intenzione espressa mediante il contenuto sostanziale delle argomentazioni svolte, deve ritenersi frutto di errore materiale (Nel caso di specie, relativo ad una controversia insorta in materia successoria, la Suprema Corte, accogliendo il ricorso, ha cassato con rinvio la sentenza impugnata che, omettendo di considerare il contenuto sostanziale dell’impugnazione, nel dichiarare che non era stato proposto appello avverso la sentenza non definitiva del giudice di primo grado, aveva accolto l’eccezione sollevata da parte appellata circa l’inammissibilità dell’appello medesimo con riferimento agli aspetti già decisi con tale pronunzia, sulla quale riteneva pertanto formatosi il giudicato). (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezione civile III, sentenza 2 marzo 2012, n. 3257; Cassazione, sezione civile II, sentenza 22 novembre 1986, n. 6883).
Ordinanza|14 settembre 2022| n. 27032. La manifestazione di volontà della parte di impugnare la sentenza non definitiva
Data udienza 7 giugno 2022
Integrale
Tag/parola chiave: Successioni – Impugnazioni – Appellante – Riserva di impugnazione contro una sentenza non definitiva – Proposizione di appello contro la pronuncia definitiva – Motivi di censura – Investimento anche della precedente – Impugnazione ritenuta diretta contro entrambe le pronunce
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MANNA Felice – Presidente
Dott. BERTUZZI Mario – Consigliere
Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere
Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere
Dott. POLETTI Dianora – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al R.G.N. 16266-2017 proposto da:
(OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo (OMISSIS) S.r.l., rappresentati e difesi dall’avvocato (OMISSIS), giusta procura speciale in atti;
– ricorrenti –
contro
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), da cui e’ rappresentato e difeso, in unione con gli avvocati (OMISSIS), e (OMISSIS), giusta procura speciale in atti;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 3017/2016 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA, depositata il 30/12/2016, non notificata;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 07/06/2022 dal Consigliere Dott. DIANORA POLETTI.
La manifestazione di volontà della parte di impugnare la sentenza non definitiva
FATTI DI CAUSA
1. Con atto di citazione notificato in data 15.02.2003, (OMISSIS) conveniva avanti il Tribunale di Belluno il fratello (OMISSIS), la cognata (OMISSIS) e la madre (OMISSIS), affermando la lesione della sua quota di legittima sia in conseguenza delle disposizioni testamentarie del padre (OMISSIS), sia per effetto delle donazioni indirette effettuate in vita dal de cuius. Lamentava in particolare che i genitori, riservandosi l’usufrutto, avevano simulatamente venduto al figlio (OMISSIS) e alla di lui alla moglie un bene con un atto che celava una donazione o in subordine un negozio misto con donazione ed esponeva che il defunto padre aveva donato al figlio (OMISSIS) un altro bene. Chiedeva l’attribuzione di singoli cespiti ereditari pari alla quota di legittima in piena ed esclusiva proprieta’. Instava infine per lo scioglimento della comunione ereditaria previa collazione, oltre alla resa di conto da parte dei convenuti per l’utilizzo in via esclusiva dei beni paterni e al riconoscimento di un’indennita’ per il godimento esclusivo di tali beni.
2. Si costituivano in giudizio i convenuti (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), che insistevano per il rigetto della domanda e chiedevano procedersi allo scioglimento della comunione ereditaria sui soli beni indicati nella dichiarazione di successione del de cuius, con rendiconto di una somma percepita dall’attore per avviare la sua attivita’ professionale, con richiesta di computo, per la denegata ipotesi di accoglimento della domanda di simulazione, di migliorie apportate all’immobile.
3. La causa veniva istruita con l’espletamento di interrogatorio formale dei convenuti, l’audizione di testi e l’espletamento di una CTU.
4. In data 11/06/2009 il Tribunale di Belluno emetteva sentenza non definitiva n. 450/2009, con la quale, accertato che il contratto di compravendita tra i genitori e il figlio (OMISSIS) e la di lui moglie integrava una donazione indiretta della quota di pertinenza di (OMISSIS) per un valore di Euro 227.195,45, disponeva la riduzione di tale attribuzione patrimoniale nei limiti necessari a consentire il soddisfacimento della quota di riserva spettante a (OMISSIS) e rigettava per il resto la domanda attorea di condanna dei convenuti al pagamento di un’indennita’ per il godimento esclusivo dei beni oggetto del predetto contratto. Respingeva parimenti la domanda dei convenuti di condanna dell’attore al pagamento di somme a titolo di rimborso e/o conguaglio per migliorie ed a titolo di rimborso per prestiti ricevuti, rimettendo la causa in istruttoria per lo svolgimento delle operazioni divisionali.
5. Entrambe le parti formalizzavano riserva di appello avverso la sentenza non definitiva.
6. Il processo perseguiva con conferimento dell’incarico a nuovo CTU per l’integrazione della precedente perizia.
7. Il Tribunale di Belluno, con sentenza n. 304/2013, faceva propria la soluzione prospettata dal CTU, dichiarava lo scioglimento della comunione ereditaria e attribuiva all’attore (OMISSIS) i beni immobili elencati in dispositivo e ai convenuti, in comunione tra loro, i residui beni dell’asse ereditario.
8. La sentenza veniva impugnata da (OMISSIS) e (OMISSIS), in proprio e quali eredi di (OMISSIS), deceduta nelle more del giudizio, e da (OMISSIS), quale erede di (OMISSIS), i quali chiedevano in via principale, in riforma della pronunzia parziale non definitiva e di quella definitiva, lo scioglimento della comunione ereditaria sui beni facenti parte del patrimonio relitto di (OMISSIS), nel rispetto delle quote di spettanza e in subordine la revisione del dispositivo della sentenza definitiva, nella parte relativa agli assegni divisionali, invertiti rispetto alla motivazione della pronunzia.
9. Si costituiva in giudizio (OMISSIS), chiedendo in via preliminare la dichiarazione di inammissibilita’ del gravame per mancata proposizione di valido appello avverso la sentenza non definitiva n. 450/2009. Chiedeva nel merito il rigetto dell’impugnazione e proponeva anch’egli appello incidentale per la corretta assegnazione dei lotti alle parti.
10. Con sentenza n. 3017 del 30.12.2016, la Corte d’Appello di Venezia ha accolto parzialmente l’appello principale e interamente l’appello incidentale del (OMISSIS) e riformato, in modo parziale, la sola sentenza definitiva del Tribunale di Belluno (n. 304/2013).
In particolare, la decisione impugnata ha dichiarato che non era stato proposto appello avverso la sentenza non definitiva n. 450/2009 del Tribunale di Belluno, accogliendo l’eccezione sollevata da parte appellata circa l’inammissibilita’ dell’appello con riferimento agli aspetti gia’ decisi con tale pronunzia, sulla quale riteneva formato il giudicato.
11. Avverso la sentenza della corte distrettuale propongono ricorso per cassazione, articolato in due motivi, i sigg.ri (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS).
12. Resiste (OMISSIS) con controricorso, chiedendo il rigetto della proposta impugnazione.
13. Il ricorso e’ stato avviato alla trattazione in camera di consiglio ex articolo 375 c.p.c., comma 2 e articolo 380 bis.1 c.p.c.
14. In prossimita’ dell’udienza il ricorrente ha depositato memoria illustrativa.
La manifestazione di volontà della parte di impugnare la sentenza non definitiva
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.- Con il primo motivo, cosi’ rubricato “Violazione e falsa applicazione dell’articolo 112 e 340 c.p.c. in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4”, i ricorrenti contestano la declaratoria di mancata proposizione dell’appello avverso la sentenza non definitiva n. 450/2009 e quindi la declaratoria di inammissibilita’ di numerosi motivi di gravame avanzati nei confronti di tale decisione (erronea determinazione del valore commerciale del bene compravenduto: primo motivo; conseguente erronea qualifica dell’atto; secondo motivo; erroneo conferimento nell’asse ereditario della quota acquistata da (OMISSIS): terzo motivo; erronea conclusione che vi sia stata lesione della quota di legittima spettante a (OMISSIS): quarto motivo; cui aggiungere le censure sulla modalita’ di calcolo della quota disponibile, l’errata considerazione in sentenza di valori mobiliari nella determinazione degli assegni divisionali e l’erroneita’ del progetto divisionale con richiesta di nomina di nuovo CTU).
Il motivo e’ rivolto a criticare la sentenza di seconde cure, la quale non avrebbe tenuto conto della riserva di appello formulata dagli odierni ricorrenti nel corso del giudizio di primo grado e, dando preminenza al dato “formale” piuttosto che al contenuto “sostanziale” dell’impugnazione, dal quale si evince che questa era rivolta al riesame anche della sentenza non definitiva, ha dichiarato inammissibili le censure rivolte a quest’ultima.
2.- Il secondo motivo prospetta la “Violazione e falsa applicazione articolo 112 c.p.c. e articolo 347 c.p.c., comma 2, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4”.
Con esso i ricorrenti contestano che la produzione della copia semplice della sentenza non definitiva n. 450/09 possa essere invocata, come argomentato dal giudice a quo, come elemento rivelatore formale dell’asserita mancata impugnazione della sentenza non definitiva, utile per la dichiarazione di inammissibilita’/improcedibilita’ dell’appello.
3. – Preliminarmente vanno esaminate le eccezioni avanzate dal controricorrente riguardo alla inammissibilita’ del ricorso, per violazione degli articoli 366 e 360 bis c.p.c.
Sostiene il controricorrente che dai motivi di ricorso, entrambi erroneamente prospettati sub articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4 anziche’ come ipotesi di violazione di legge ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, non e’ consentito comprendere in modo sufficientemente chiaro e intelligibile quali siano i passaggi dell’impugnata sentenza in relazione ai quali si assume la violazione delle norme indicate e che comunque la Corte d’appello di Venezia avrebbe deciso le questioni di diritto in modo conforme alla giurisprudenza della Suprema Corte, non essendovi elementi per discostarsi dal suo orientamento.
Le censure possono essere rigettate, sia perche’ le ragioni del ricorso appaiono comprensibili e adeguatamente esposte, sia perche’ – quanto alla eccepita inammissibilita’ dell’atto ex articolo 360 bis c.p.c. – la sentenza censurata, come si dira’, ha omesso proprio di considerare precedenti di questa Corte.
4. – Passando all’esame dei motivi di ricorso, il primo motivo e’ fondato e va accolto, essendo pertinenti le critiche svolte dal ricorrente alla sentenza censurata.
Va anzitutto rilevato che l’esistenza della riserva di appello avverso la sentenza n. 450/2009 non e’ contestata neppure dal controricorrente (pag. 5 del controricorso) e, anche se la corte di merito non ne fa cenno in motivazione, costituisce il presupposto della sua pronuncia, che ha dichiarato l’appello inammissibile per non essere stato diretto espressamente contro la sentenza non definitiva e non gia’ per l’intervenuto passaggio in giudicato di quest’ultima.
Gli indici sostanziali che denotavano la direzione dell’appello avverso la sentenza non definitiva sono stati posti nel nulla da una interpretazione della domanda da parte della Corte veneziana che si e’ arrestata agli aspetti formali (in alcuni passaggi, meramente letterali dell’appello), ma i motivi di censura sono chiaramente rivolti alla sentenza non definitiva, a partire dall’incipit delle conclusioni degli appellanti riportate a pag. 2 della sentenza impugnata (“Voglia l’Ecc.ma Corte di Appello di Venezia, in riforma dell’impugnata sentenza di primo grado, ovvero n. 450/09 n. d….”)
Questi passaggi sono elencati puntualmente dai ricorrenti a pag. 9-12 dell’atto introduttivo del presente giudizio ed e’ comunque sintomatico che in piu’ luoghi della sentenza, per ritenerli inammissibili in quanto rivolti alla decisione non definitiva asserita non impugnata, la Corte abbia testualmente richiamato proprio i motivi di doglianza presentati dai ricorrenti contro quest’ultima.
Con questo, la Corte di Appello di Venezia ha trascurato di considerare un significativo precedente di questo Giudice (Cass., Sez. 3, n. 3257/2012, che a sua volta richiama Cass. n. 6883/1986), ampiamente riportato nel ricorso, attinente ad un caso sovrapponibile a quello di specie.
Con tale decisione, i giudici di legittimita’ hanno infatti preso in considerazione proprio la questione se, “ai fini della individuazione della inequivoca manifestazione di volonta’ della parte di impugnare la sentenza non definitiva, il dato “formale” ed “esterno” della mancata espressa indicazione che l’impugnazione avverso la sentenza definitiva e’ diretta anche avverso la sentenza non definitiva possa prevalere sul dato sostanziale costituito dalla presenza nello stesso atto di impugnazione di motivi di censura inequivocabilmente diretti a censurare le statuizioni della sentenza non definitiva”, dando ai quesiti risposta negativa. Di conseguenza, “allorche’ l’appellante, dopo aver fatto riserva di impugnazione contro una sentenza non definitiva, proponga appello contro la pronuncia definitiva e, pure specificando di indirizzare il proprio gravame con contro quest’ultima, investe effettivamente, con i motivi di censura, anche la precedente, deve ritenersi che l’impugnazione sia diretta contro entrambe: a nulla rilevando la suddetta limitazione formale, che, essendo in contrasto con la concreta intenzione espressa mediante il contenuto sostanziale delle argomentazioni svolte, deve ritenersi frutto di errore materiale”.
Questa giurisprudenza merita di essere confermata, tanto piu’ alla luce del ripudio di interpretazioni eccessivamente formaliste, oggi provenienti dalla giurisprudenza Europea, riguardo al diritto ad avere la propria causa esaminata da un tribunale (CEDU, causa Succi e altri c/o Italia, 28 ottobre 2021).
Sussiste dunque la denunciata violazione degli articoli 112 e 340 c.p.c. per avere la sentenza gravata omesso di considerare la riserva di appello effettuata e il contenuto sostanziale dell’impugnazione.
4.- Visto quanto argomentato riguardo al primo motivo di ricorso, il secondo motivo deve considerarsi assorbito.
Il punto, tuttavia, non costituisce un’autonoma ratio decidendi della sentenza impugnata e, comunque, la produzione di copia semplice della sentenza non e’ causa di improcedibilita’ dell’appello, come riconosciuto da precedenti di questa Corte (Cass. n. 23713/2016).
5.- In conseguenza dell’accoglimento del primo motivo di ricorso, la decisione impugnata va cassata e la causa va rinviata alla Corte di Appello di Venezia la quale, in diversa composizione, alla stregua delle considerazioni svolte, si atterra’ al principio di diritto sopra riportato e pronuncera’ su tutti i motivi di appello proposti dagli odierni ricorrenti avverso la sentenza non definitiva. Provvedera’ altresi’ alla regolazione delle spese di giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso; dichiara assorbito il secondo.
Cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di Appello di Venezia, la quale decidera’, in diversa composizione, anche sulle spese del presente giudizio.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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