Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|| n. 28144.
La mancanza di data certa integra un’eccezione in senso lato
La mancanza di data certa di una scrittura privata rappresenta un fatto impeditivo all’accoglimento della domanda, integrante eccezione in senso lato, come tale rilevabile anche d’ufficio dal giudice, con conseguente necessità di sottoporre la relativa questione alle parti onde sollecitarne il contraddittorio ex art. 101, comma 2, c.p.c.
Ordinanza|| n. 28144. La mancanza di data certa integra un’eccezione in senso lato
Data udienza 15 settembre 2023
Integrale
Tag/parola chiave: Prova civile – Documentale (prova) – Scrittura privata – Data – Certa – In genere scrittura privata non autenticata – Mancanza di data certa – Fatto impeditivo costituente eccezione in senso lato – Configurabilità – Conseguenze.
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Presidente
Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere
Dott. GIANNITI Pasquale – Consigliere
Dott. MOSCARINI Anna – Consigliere
Dott. GORGONI Marilena – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 24155/2020 R.G. proposto da:
(OMISSIS), (OMISSIS), rappresentati e difesi dall’avvocato (OMISSIS), ( (OMISSIS)), pec: (OMISSIS);
– ricorrenti –
contro
(OMISSIS), (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), ( (OMISSIS)), che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS), ( (OMISSIS));
– controricorrenti –
e contro
CURATELA DEL FALLIMENTO (OMISSIS) SRL, IN LIQUIDAZIONE;
– intimata –
avverso la sentenza della Corte d’appello di Ancona n. 527/2020 depositata il 27/05/2020 e notificata, tramite il servizio postale, in data 19 giugno 2020;
Udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 15/09/2023 dal Consigliere Dott. MARILENA GORGONI.
La mancanza di data certa integra un’eccezione in senso lato
RILEVATO
che:
(OMISSIS) e (OMISSIS) evocavano, dinanzi al Tribunale di Pesaro, la societa’ (OMISSIS) S.r.L. (OMISSIS), (OMISSIS), amministratore della stessa, ed (OMISSIS), moglie di quest’ultimo, affinche’ fosse dichiarata l’inefficacia, ai sensi dell’articolo 2901 c.c., dell’atto con cui il 4 settembre 2006 la societa’ (OMISSIS) S.r.L. aveva venduto ai coniugi (OMISSIS) – (OMISSIS) il fabbricato di civile abitazione sito nel comune di (OMISSIS), al prezzo di Euro 620.000,00;
a fondamento della domanda adducevano che (OMISSIS), loro padre, era creditore nei confronti della societa’ (OMISSIS) della somma di Euro 92.390,00 per l’illegittima occupazione di alcuni terreni di sua proprieta’, come accertato dal Tribunale di Pesaro con la sentenza n. 613/2007, e che con l’atto di compravendita la societa’ si era spogliata dell’unico bene di sua proprieta’ e ne aveva ricavato un corrispettivo di gran lunga inferiore al suo valore;
i coniugi (OMISSIS) – (OMISSIS) e la societa’ (OMISSIS) chiedevano il rigetto della domanda, perche’ il contratto di vendita era stato preceduto da un contratto preliminare risalente al (OMISSIS), con il quale la societa’ (OMISSIS) si impegnava a portare a compimento i lavori di restauro e di risanamento costruttivo dell’immobile e ad alienare il bene a lavori ultimati, perche’ l’immobile era stato utilizzato come loro abitazione principale sin dal (OMISSIS) e perche’ avevano provveduto a corrispondere l’intero importo dovuto al momento del rogito notarile, dopo aver ottenuto la restituzione della caparra confirmatoria; percio’, atteso che lo stato soggettivo rilevante ai sensi dell’articolo 2901 c.c., doveva essere verificato non al momento della stipulazione del contratto definitivo, ma all’epoca in cui era stato concluso il preliminare, negavano che nel 2003 fossero consapevoli che l’atto dispositivo avrebbe pregiudicato le ragioni creditorie degli attori; aggiungevano che tale consapevolezza non vi era neppure al momento della stipula del definitivo, posto che la sentenza che aveva condannato la societa’ (OMISSIS) era stata emanata in data (OMISSIS), cioe’ un anno dopo l’atto dispositivo, sostenevano che la cifra di Euro 620.000,00 in linea con le condizioni di mercato dell’epoca e che il core business della societa’ alienante era la costruzione e la ristrutturazione di immobili da rivendere;
il Tribunale di Pesaro, con la sentenza n. 962/2015, rigettava la domanda attorea, ritenendo che il contratto preliminare del 28 marzo 2003 aveva determinato l’obbligo di stipulare il contratto definitivo;
la Corte d’Appello di Ancona, con la sentenza n. 527/2020, resa pubblica il 27 maggio 2020 e notificata il 19 giugno 2020, ha accolto l’appello di (OMISSIS) e di (OMISSIS) e ha riformato la decisione di prime cure, dichiarando inefficace, ex articolo 2901 c.c., l’atto di compravendita;
(OMISSIS) ed (OMISSIS), formulando sei motivi, ricorrono per la cassazione di detta sentenza;
resistono con controricorso (OMISSIS) e (OMISSIS);
nessuna attivita’ difensiva e’ svolta in questa sede dalla Curatela del fallimento della societa’ (OMISSIS) S.r.L.;
la trattazione del ricorso e’ stata fissata ai sensi dell’articolo 380-bis 1 c.p.c.;
(OMISSIS) e (OMISSIS) hanno depositato memoria.
La mancanza di data certa integra un’eccezione in senso lato
CONSIDERATO
che:
1) con il primo motivo, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4, i ricorrenti denunciano la violazione degli articoli 115, 183, 345 e 112 c.p.c., per avere il giudice a quo ritenuto applicabile il principio della rilevabilita’ d’ufficio dell’eccezione di inopponibilita’ delle scritture private prive di data certa oltre che validamente formulata la generica contestazione circa la pretesa inopponibilita’ per la mancata trascrizione del preliminare, sollevata dai fratelli (OMISSIS) nella prima memoria ex articolo 183 c.p.c., comma 6, sostenendo che gli stessi, parlando di mancata trascrizione ex articolo 2645 bis c.c., volessero riferirsi alla mancanza di data certa ex articolo 2704 c.c.;
oggetto di doglianza e’ la statuizione con cui la Corte d’appello ha accolto le censure degli appellanti ed ha riformato la sentenza di prime cure la’ dove risulta affermato non essere stata idoneamente censurata la deduzione che il contratto preliminare fosse stato stipulato nel (OMISSIS), perche’ le censure avevano fatto leva sulla mancata trascrizione del contratto che aveva solo l’effetto prenotativo riconosciutole dalla legge;
segnatamente, la Corte territoriale ha invocato la pronuncia n. 4213/2013 delle Sezioni Unite, a mente della quale la mancanza della data certa, non integrando un fatto costitutivo del diritto fatto valere, deve essere considerata, ove risulti dagli atti, come un fatto impeditivo oggetto di eccezione in senso lato rilevabile d’ufficio dal giudice; nel caso di specie, pur corrispondendo al vero che era stata eccepita l’inopponibilita’ del preliminare per non essere stato trascritto, la conclusione del giudice a quo e’ stata che “tale dedotta inopponibilita’ non puo’ che riferirsi alla mancanza di data certa ai sensi dell’articolo 2704 c.c., che regola l’efficacia dell’atto nei confronti dei terzi” e che neppure poteva dirsi provata la data del preliminare in ragione dell’avvenuto versamento della caparra confirmatoria con esso pattuita, perche’ le somme oggetto delle due distinte di versamento (datate 28 e 29 agosto 2003) era inferiore ai 150.000,00 Euro, oggetto dell’asserita caparra, perche’ non era chiaro chi avesse effettuato i pagamenti e perche’ il giornalmastro registrava, solo nel (OMISSIS), un incasso avvenuto a fine (OMISSIS);
La mancanza di data certa integra un’eccezione in senso lato
la censura dei ricorrenti si incentra, in primo luogo, sul fatto che la sentenza di legittimita’ Cass., Sez. Un., n. 4213/2016 (che ha risolto il contrasto giurisprudenziale riguardante la rilevabilita’ d’ufficio dell’eccezione di mancanza di data certa della scrittura privata su cui si fondi la domanda di ammissione al passivo fallimentare) non e’ applicabile al caso in esame, difettando l’identita’ di ratio; in secondo luogo, sul fatto che il preliminare non e’ stato utilizzato per far valere diritti nei confronti dei terzi, ma per difendersi da un’azione; in particolare, l’avvenuta stipulazione del contratto nel (OMISSIS), essendo stata allegata come fatto storico per resistere alle altrui pretese, avrebbe richiesto dalla controparte un onere di specifica contestazione da esercitare nel primo termine utile – prima udienza di trattazione – e non una generica confutazione in sede di prima memoria, ex articolo 183 c.p.c., comma 6, argomentata sostenendo che “il supposto preliminare non e’ opponibile a terzi perche’ non trascritto”; peraltro, con detta memoria neppure era stata eccepita la mancanza di data certa e la Corte d’appello e’ intervenuta erroneamente correggendo il contenuto dell’eccezione, la’ dove ha affermato che, sebbene l’eccezione fosse fondata sull’omessa trascrizione, gli appellanti intendessero riferirsi alla mancanza di data certa; nella sostanza, la Corte d’appello avrebbe violato l’articolo 345 c.p.c., avendo dato ingresso ad una eccezione nuova, non rilevabile d’ufficio, ed avrebbe violato l’articolo 112 c.p.c., sia per aver pronunciato su un’eccezione di contenuto diverso rispetto a quella effettivamente proposta sia per averla ritenuta rilevabile d’ufficio;
il motivo e’ infondato;
va anzitutto osservato l’erroneita’ dell’assunto secondo cui il principio applicato dalla Corte territoriale ha un ambito di applicazione limitato alla materia fallimentare, quello cioe’ con riferimento al quale le Sezioni Unite hanno specificamente pronunciato; e che la giurisprudenza di legittimita’ lo ha applicato limitatamente ad essa;
come questa Corte ha gia’ avuto modo di affermare, il principio enunziato da Cass., Sez. Un., n. 4213/2016 ha “portata di carattere generale in tema di regime probatorio delle scritture private” e non ha ravvisato ragioni per non applicarlo nel processo tributario in una fattispecie riguardante l’accertamento dell’esistenza dei presupposti per il riconoscimento in capo al contribuente del diritto ad un credito d’imposta della L. 23 dicembre 2000, n. 388, ex articolo 8, in deroga al regime ordinario di tassazione (v. Cass. 16/03/2016, n. 5198);
La mancanza di data certa integra un’eccezione in senso lato
ed infatti: Cass. 23/06/2016, n. 13017 ne ha fatto applicazione nel processo esecutivo; di particolare rilievo in questa sede e’ anche Cass. 27/06/2018, n. 16885 che si e’ occupata di una fattispecie analoga a quella per cui e’ causa: la Corte ha accolto il motivo di ricorso con cui era stata aggredita la statuizione della Corte territoriale che aveva dichiarato inammissibile, perche’ tardivamente proposta, l’eccezione relativa alla data della scrittura privata che documentava l’avvenuta stipulazione di un contratto preliminare; detta eccezione era stata formulata con la seconda comparsa conclusionale e poi era stata ribadita nella memoria di replica nel giudizio di primo grado ed era stata reiterata in appello, deducendo che l’eccezione di inopponibilita’ della scrittura privata costituisce una mera difesa che puo’ essere rilevata anche d’ufficio dal giudice;
ebbene, la Corte regolatrice ha espresso condivisione per il principio secondo cui l’eccezione in senso stretto, che si sostanzia in un controdiritto contrapposto al fatto costitutivo invocato dall’attore e la cui rilevazione e’ subordinata all’espressa manifestazione di volonta’ della parte che vi abbia interesse, ha carattere eccezionale, essendo limitata alle ipotesi in cui la legge riserva la relativa iniziativa esclusivamente all’interessato (Cass., Sez. Un., 27/07/2005, n. 15661); pertanto, la mancanza di data certa nelle scritture prodotte dal creditore si configura come fatto impeditivo all’accoglimento della domanda ed oggetto di eccezione in senso lato, in quanto tale rilevabile anche di ufficio dal giudice, con conseguente necessita’ di disporre la relativa comunicazione alle parti per eventuali osservazioni e richieste e subordina la decisione nel merito all’effettuazione di detto adempimento (Cass., Sez. Un., 20/02/2013, n. 4213);
trattandosi di eccezione in senso lato, deve considerarsi escluso che la sua proposizione sia preclusa dalla mancata contestazione, il cui onere riguarda i fatti e non i documenti e non impedisce il rilievo di fatti impeditivi che emergono dal materiale probatorio acquisito: il rilievo d’ufficio delle eccezioni in senso lato non e’ subordinato alla specifica e tempestiva allegazione della parte ed e’ ammissibile anche in appello, dovendosi ritenere sufficiente che i fatti risultino documentati “ex actis”, in quanto il regime delle eccezioni si pone in funzione del valore primario del processo, costituito dalla giustizia della decisione, che resterebbe sviato ove anche le questioni rilevabili d’ufficio fossero subordinate ai limiti preclusivi di allegazione e prova previsti per le eccezioni in senso stretto (Cass., Sez. Un., 7/05/2013, n. 10531);
ha chiarito, con enunciazione che spiega i suoi effetti anche nella vicenda per cui e’ causa, che l’irrilevanza della mancata contestazione discende da Cass., Sez. Un., 27/07/2005, n. 15661 e trova riscontro nel testo dell’articolo 183 c.p.c., nella parte in cui, anche nella nuova formulazione, dispone che il giudice “indica le questioni rilevabili d’ufficio delle quali ritiene opportuna la trattazione”; se ne desume “il potere del giudice di sollevare eccezioni rilevabili d’ufficio anche quando non vi e’ contestazione, altrimenti sarebbe superflua la segnalazione alle parti, che e’ espressione proprio della collaborazione del giudice con le parti nella formazione della materia del giudizio, ed e’ volto a garantire il principio del contraddittorio che governa il processo. E cio’ in piena coerenza con il regime delle preclusioni e dello ius poenitendi (di cui al comma successivo dell’articolo 183), in virtu’ del quale e’ consentito alle parti di modulare le proprie posizioni in conseguenza dello sviluppo dialettico del processo, sia esso dovuto all’attivita’ delle parti ovvero all’esercizio del potere di segnalazione del giudice, ove questo abbia determinato un ampliamento della materia del giudizio”;
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sulla base delle considerazioni che precedono, ricorrendo l’ipotesi di eccezione in senso lato, il comportamento processuale dei convenuti e’ da considerarsi irrilevante;
2) con il secondo motivo i ricorrenti lamentano che la Corte d’appello abbia violato e/o falsamente applicato l’articolo 2704 c.c., ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, e l’articolo 112 c.p.c., in riferimento all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4;
la sostanza delle censure mosse al giudice a quo e’ la seguente: l’articolo 2704 c.c., non contiene, secondo la giurisprudenza di legittimita’, una elencazione tassativa dei fatti in base ai quali la data della scrittura privata non autentica deve ritenersi certa e computabile rispetto ai terzi, pertanto, la Corte territoriale avrebbe dovuto ritenere provata la conclusione del contratto preliminare nel (OMISSIS), considerando gli elementi documentali e le altre prove raccolte; invece, nonostante la mancata contestazione che i versamenti oggetto delle distinte fossero da imputare alla caparra confirmatoria, la prova che la societa’ (OMISSIS) avesse restituito la caparra, sostituendosi alle parti e sopperendo alle carenze difensive degli appellanti, la Corte d’Appello, “ha costruito in via autonoma una propria personale tesi diretta a destrutturare il contenuto probatorio dei documenti prodotti”;
il motivo e’ in parte inammissibile e in parte infondato;
attinta da esso e’ la statuizione con cui la Corte territoriale, tenuto conto della mancata corrispondenza tra la somma degli importi risultanti dalle distinte di versamento prodotte in giudizio e l’ammontare della caparra confirmatoria asseritamente versata per adempiere all’obbligo assunto con il contratto preliminare del 2003, dell’impossibilita’ di risalire agli autori dei suddetti versamenti, dell’avvenuta contabilizzazione al (OMISSIS) nel giornalmastro di incassi che sarebbero avvenuti tra il (OMISSIS), ha considerato sprovvista di prova la tesi degli odierni ricorrenti secondo la quale il contratto del (OMISSIS) era da considerare un atto dovuto – nel senso che esso era stato stipulato allo scopo di adempiere al contratto preliminare risalente al (OMISSIS);
i ricorrenti negano che l’ascrivibilita’ dei versamenti prodotti all’adempimento del preliminare nonche’ il ricevimento di detti versamenti da parte della societa’ (OMISSIS) quale caparra confirmatoria nei modi e nei termini allegati siano mai stati oggetto di contestazione: le distinte di versamento, la copia del giornalmastro, la scrittura privata da cui risultava che la societa’ (OMISSIS) aveva restituito la caparra confirmatoria, ai fini della legge Bersani, erano state prodotte con la comparsa di risposta con la quale peraltro si era fatto espresso riferimento al fatto che la stipula del preliminare era stata accompagnata dal versamento della caparra;
la conseguenza che ne traggono e’ che la Corte d’appello avrebbe dovuto considerare fatto certo l’avvenuto versamento della caparra confirmatoria in adempimento del preliminare del (OMISSIS), a fortiori in considerazione del fatto che la circostanza era stata confermata dalle dichiarazioni rese dal notaio che aveva stipulato l’atto dispositivo oggetto della presente controversia;
innanzitutto, deve rilevarsi il mancato rispetto delle prescrizioni di cui all’articolo 366 c.p.c., comma 1, n. 6, che grava su chi invoca la violazione del principio di non contestazione: deve invero rammentarsi che il motivo di ricorso per cassazione con il quale si intenda denunciare l’omessa considerazione, nella sentenza impugnata, della prova derivante dalla assenza di contestazioni della controparte su una determinata circostanza, deve indicare specificamente il contenuto della comparsa di risposta avversaria e degli ulteriori atti difensivi, evidenziando in modo puntuale la genericita’ o l’eventuale totale assenza di contestazioni sul punto: v. ex multis, Cass. 7/06/2023, n. 16028 in motivazione;
La mancanza di data certa integra un’eccezione in senso lato
l’onere processuale in discorso non risulta assolto, essendosi i ricorrenti limitati ad asserire l’insussistenza di rilievi formulati dalla controparte;
in ogni caso, il principio di non contestazione “non esclude che il giudice, ove dalle prove comunque acquisite emerga la smentita di quel fatto o una sua diversa ricostruzione, possa pervenire ad un diverso accertamento; l’articolo 115 c.p.c., comma 1, non reca alcuna finzione di dimostrazione del fatto non specificatamente contestato, bensi’ si limita a stabilire una relevatio ab onere probandi a favore della parte che lo ha allegato; la circostanza narrata, in difetto di una specifica contestazione, dovra’ essere valutata dal giudice nella formazione del suo convincimento, potendo, pur sola e indimostrata, fondare la decisione, ma potra’ anche essere reputata inesistente, qualora constino agli atti prove in senso contrario (v. in tal senso Cass. 04/04/2012, n. 5363, la quale ha precisato che nel rito del lavoro, la mancata contestazione di un fatto costitutivo della domanda esclude il fatto non contestato dal tema di indagine solo allorche’ il giudice non sia in grado, in concreto, di accertarne l’esistenza o l’inesistenza, ex officio, in base alle risultanze ritualmente acquisite”: in termini, Cass. 07/06/2023, n. 16028, in motivazione;
e’ evidente che i ricorrenti muovono da una premessa in iure erronea (cioe’ che parte avversa avrebbe dovuto contestare le allegazioni e tutto il materiale probatorio) in quanto l’onere di contestazione riguarda – come detto – i fatti storici sottesi a domande ed eccezioni, ma non i documenti ne’ le conclusioni ermeneutiche da trarre dai medesimi (Cass. 05/03/2020, n. 6172; Cass., 21/06/2016, n. 12748; Cass., 21/12/2017, n. 30744);
3) con il terzo motivo i ricorrenti sostengono che la Corte d’Appello ha violato l’articolo 116 c.p.c., avendo reso una motivazione che avrebbe dovuto anche implicitamente dar conto di aver disatteso tutti i rilievi e le circostanze incompatibili con la decisione adottata; in particolare, si rimprovera al giudice a quo di non aver considerato che avevano iniziato ad abitare l’immobile oggetto del preliminare gia’ nel (OMISSIS), che la stipulazione del definitivo era stata posposta alla vendita dell’immobile precedentemente occupato per godere delle agevolazioni prima casa, che il corrispettivo era stato versato con mezzi tracciabili solo in sede di stipulazione del definitivo su suggerimento del notaio, ai fini della legge Bersani;
il motivo e’ inammissibile;
deve ribadirsi che il presupposto della violazione
dell’articolo 116 c.p.c., e’ che il giudice, nel valutare una risultanza probatoria, non abbia operato (in assenza di diversa indicazione normativa) secondo il suo “prudente apprezzamento”, pretendendo di attribuirle un altro e diverso valore oppure il valore che il legislatore attribuisce ad una differente risultanza probatoria (come, ad esempio, valore di prova legale), oppure, qualora la prova sia soggetta ad una specifica regola di valutazione, abbia dichiarato di valutare la stessa secondo il suo prudente apprezzamento; diversamente, ove si deduca che il giudice abbia solo male esercitato il proprio prudente apprezzamento della prova, la censura e’ ammissibile, ai sensi del novellato articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, solo nei rigorosi limiti in cui e’ ancora consentito il sindacato di legittimita’ sui vizi di motivazione, e dunque solo in presenza dei gravissimi vizi motivazionali individuati dalle stesse Sezioni unite (Cass., Sez. Un., 7/04/2014, nn. 8053 e 8054; Cass., Sez. Un., 27/12/2019, n. 34474);
le critiche che i ricorrenti muovo alla sentenza si risolvono, in effetti, al di la’ dell’apparente deduzione di vizi di violazione di legge, in una contestazione del cattivo esercizio del potere di apprezzamento delle prove (non legali) da parte del giudice di merito;
al giudice di merito spetta, infatti il compito di individuare, secondo il suo prudente apprezzamento, le fonti del proprio convincimento, di assumere e valutare le prove, di controllarne l’attendibilita’ e la concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicita’ dei fatti ad esse sottesi, assegnando prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, nonche’ la facolta’ di escludere anche attraverso un giudizio implicito la rilevanza di una prova, dovendosi ritenere, a tal proposito, che egli non sia tenuto ad esplicitare, per ogni mezzo istruttorio, le ragioni per cui lo ritenga irrilevante (Cass. 09/05/2023, n. 12395);
non e’ stato in ogni caso provato che le prove non esaminate offrissero la dimostrazione di circostanze di tale portata da invalidare, con un giudizio di certezza e non di mera probabilita’, l’efficacia delle altre risultanze istruttorie che hanno determinato il convincimento del giudice di merito, di modo che la ratio decidendi venga a trovarsi priva di fondamento (Cass. 26/06/2018, n. 16812);
la censura in concreto formulata oltre a non essere riconducibile alla categoria di cui all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, non integra gli estremi di quella del precedente n. 4, disposizione che – per il tramite dell’articolo 132 c.p.c., n. 4 – da’ rilievo unicamente all’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante; e cio’ sia perche’ la contestazione della persuasivita’ del ragionamento del giudice di merito nella valutazione delle risultanze istruttorie attiene alla sufficienza della motivazione, non piu’ censurabile, sia perche’ con il ricorso per cassazione la parte non puo’ rimettere in discussione, contrapponendovi la propria, la valutazione delle risultanze processuali e la ricostruzione della fattispecie operate dai giudici del merito, trattandosi di accertamento di fatto, precluso in sede di legittimita’;
La mancanza di data certa integra un’eccezione in senso lato
4) con il quarto motivo i ricorrenti adducono la violazione del combinato disposto degli articoli 116 e 132 c.p.c., perche’ il Collegio d’appello ha dimenticato di esaminare tutto il materiale probatorio in suo possesso e non ha indicato le ragioni per le quali non ha esaminato la prova testimoniale, la scrittura provata che comprovava la restituzione della caparra confirmatoria, il certificato di residenza;
il motivo va rigettato;
oltre a ribadire quanto gia’ rilevato supra sub p. 3, deve aggiungersi che secondo il consolidato orientamento di legittimita’ non puo’ attribuirsi al giudice di merito un vizio di motivazione che per emergere necessiti del confronto tra la sentenza ed elementi – atti processuali, prove, ecc. – estrinseci;
il vizio di motivazione se c’e’ deve emergere dalla sentenza in se’ e per se’ considerata: Cass., Sez. Un., 7/04/2014, nn. 8053 e 8054;
5) con il quinto motivo alla Corte d’appello viene dai ricorrenti ascritta la violazione e/o falsa applicazione degli articoli 2901 e 2697 c.c., in correlazione agli articoli 116 e 132 c.p.c., relativamente alla sussistenza dell’eventus damni;
lamentano che la corte di merito ha erroneamente esonerato i creditori dall’onere di dimostrare che l’atto dispositivo avesse provocato una variazione qualitativa e quantitativa del patrimonio della (OMISSIS) che aveva continuato a svolgere la sua attivita’ di costruzione e ristrutturazione di immobili finalizzati alla vendita fino al 2018;
ne’ sarebbe stato attribuito rilievo al fatto che l’atto dispositivo rientrava nell’oggetto sociale della disponente e che, in applicazione della giurisprudenza di legittimita’ – Cass. n. 16986/2007 – cio’ richiedeva “un’interpretazione coerente con la esigenza di speditezza e certezza dei traffici giuridici”, altrimenti tutti gli atti compiuti nell’esercizio dell’impresa potessero essere oggetto di revocatoria; tantomeno la Corte d’appello avrebbe tenuto conto del fatto che la L. Fall., articolo 67, e’ stato modificato, al fine di escludere dalla revocatoria fallimentare gli acquisti di immobili destinati a prima casa d’abitazione;
il motivo e’ infondato;
risponde a principio consolidato (Cass. 12/05/2022, n. 15257) che, in tema di azione revocatoria ordinaria, non e’ richiesta, a fondamento dell’azione, la totale compromissione della consistenza patrimoniale del debitore, ma basta il compimento di un atto che renda piu’ incerta o difficile la soddisfazione del credito e che puo’ consistere non solo in una variazione quantitativa del patrimonio del debitore, ma anche in una variazione qualitativa di esso; tale rilevanza quantitativa e qualitativa dell’atto di disposizione deve essere provata dal creditore che agisce in revocatoria, mentre e’ onere del debitore, per sottrarsi agli effetti dell’azione revocatoria, provare che il suo patrimonio residuo sia tale da soddisfare ampiamente le ragioni del creditore;
la Corte territoriale ha fatto buon governo della legge e della logica, per un verso, affermando correttamente che doveva essere il debitore a dare la prova della possibilita’ che aveva di garantire idoneamente il credito vantato dai fratelli (OMISSIS), per altro verso, esponendo che il bene alienato era l’ultimo rimasto nel patrimonio della societa’ disponente dopo che altri immobili erano stati nell’anno immediatamente successivo venduti ai figli dell’amministratore;
6) con il sesto motivo viene dai ricorrenti censurata, per violazione dell’articolo 2901 c.c., articoli 112 e 132 c.p.c., la statuizione con cui la Corte d’appello ha ritenuto sussistente la scientia damni;
nell’atto di citazione di primo grado parte attrice aveva dedotto che, allo scopo di rendere impossidente la societa’ di cui era amministratore, (OMISSIS) aveva venduto la propria casa a se stesso, quindi, aveva riferito la sussistenza del consilium fraudis, cristallizzando la causa petendi, cioe’ facendo riferimento ad un atto dispositivo anteriore rispetto al sorgere del credito – il credito era sorto nel 2007 per effetto della sentenza di condanna, l’atto dispositivo era del 2006; la Corte territoriale, anziche’ tenerne conto, ha violato l’articolo 2901 c.c., perche’ ha applicato la disciplina relativa agli atti dispositivi posteriori all’origine del credito, e l’articolo 112 c.p.c., cioe’ il principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato, e, infine, anche l’articolo 132 c.p.c., per non aver offerto alcuna giustificazione in ordine all’applicazione di un regime diverso da quello richiesto;
il motivo e’ infondato;
i ricorrenti dimostrano di non avere colto la ratio decidendi della sentenza impugnata che, dopo aver escluso che il contratto del (OMISSIS) fosse un atto dovuto, non essendo stata dimostrata, la precedente stipulazione del contratto preliminare, ha considerato l’atto dispositivo raggiunto dalla domanda revocatoria posteriore al sorgere del credito, perche’ ha avuto riguardo non gia’ per momento in cui era stata emessa la sentenza dal Tribunale di Pesaro, bensi’ per quello dell”instaurazione del giudizio, in applicazione del principio secondo cui anche il credito litigioso a una aspettativa di credito legittima all’esercizio dell’actio pauliana (p. 7);
la decisione risulta sul punto conforme ai principi di diritto costantemente affermati da questa Corte in tema di azione revocatoria, con riguardo all’anteriorita’ del credito rispetto all’atto da revocare, secondo i quali “per l’esercizio dell’azione revocatoria e’ sufficiente una ragione di credito eventuale, mentre il requisito dell’anteriorita’ del credito rispetto all’atto impugnato in revocatoria deve essere riscontrato in base al momento in cui il credito stesso insorga e non a quello del suo accertamento giudiziale” (cfr., ex multis: Cass. 05/09/2019, n. 22161).
quanto alla violazione dell’articolo 112 c.p.c., deve osservarsi che, oltre a non risultare affatto dimostrato che i fratelli (OMISSIS) avessero agito per ottenere la revocazione di un atto dispositivo anteriore rispetto al sorgere del credito, sol perche’ avevano lamentato il fatto che (OMISSIS) nella doppia veste di amministratore della societa’ e di acquirente della stessa non potesse che essere a conoscenza della condanna che la societa’ (OMISSIS) stava per subire e dello scopo fraudolento di liberarsi di ogni bene immobile, la violazione del principio della corrispondenza fra il chiesto e il pronunciato, fissato dall’articolo 112 c.p.c., sussiste quando il giudice attribuisca, o neghi, ad alcuno dei contendenti un bene diverso da quello richiesto e non compreso, nemmeno virtualmente, nella domanda, oppure ponga a fondamento della decisione fatti e situazioni estranei alla materia del contendere (Cass. 12/09/2019, n. 22753); ipotesi di cui nel caso di specie non ricorrono i presupposti;
7) il ricorso va pertanto rigettato;
8) le spese del giudizio di cassazione seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
La mancanza di data certa integra un’eccezione in senso lato
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna i ricorrenti al pagamento, in solido, delle spese del giudizio di legittimita’, che liquida in Euro 5.600,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge, in favore dei controricorrenti.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17, da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis, se dovuto.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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