Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|| n. 27690.
La cessione dei crediti futuri non ha natura meramente obbligatoria e vi si può procedere
La cessione dei crediti futuri, ivi compresi quelli aventi causa risarcitoria, non ha natura meramente obbligatoria e vi si può procedere – quando nel negozio dispositivo sia individuata la fonte, oppure la stessa sia determinata o determinabile – senza che rilevi la probabilità della venuta in essere del credito ceduto, non esistendo una norma che vieti la disponibilità dei diritti futuri perché meramente eventuali, con la conseguenza che la venuta in essere del credito futuro integra un requisito di efficacia della cessione, ma non della sua validità. (Nella specie, in applicazione del detto principio, la S.C. ha cassato la decisione di merito che aveva escluso la legittimazione ad agire di una delle società ricorrenti, cessionaria di un credito di natura risarcitoria derivante dalla mancata prosecuzione di un contratto di appalto pubblico).
Ordinanza|| n. 27690. La cessione dei crediti futuri non ha natura meramente obbligatoria e vi si può procedere
Data udienza 2023
Integrale
Tag/parola chiave: OPERE E LAVORI PUBBLICI – APPALTO
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente
Dott. SCOTTI Umberto L. C. G. – rel. Consigliere
Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere
Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere
Dott. RUSSO Rita Elvira Anna – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 23955/2017 R.G. proposto da:
(OMISSIS) s.r.l., in liquidazione, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), ( (OMISSIS)), che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS), ( (OMISSIS));
– ricorrente –
contro
FALLIMENTO (OMISSIS) s.p.a., elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), ( (OMISSIS)), che lo rappresenta e difende;
– controricorrente e ricorrente incidentale –
e contro
(OMISSIS) s.p.a., elettivamente domiciliata in Roma via dei Portoghesi 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato, ((OMISSIS)), che la rappresenta e difende;
– controricorrente –
e contro
FALLIMENTO della (OMISSIS) s.r.l., in liquidazione (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), ( (OMISSIS)), che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati (OMISSIS), ( (OMISSIS)), e (OMISSIS), ( (OMISSIS));
avverso la sentenza della Corte d’appello di Roma n. 3574/2017 depositata il 29.5.2017;
udita la relazione svolta nella Camera di consiglio delll’8.6.2023 dal Consigliere Dott. Umberto Luigi Cesare Giuseppe Scotti.
La cessione dei crediti futuri non ha natura meramente obbligatoria e vi si può procedere
FATTI DI CAUSA
1. La Curatela della (OMISSIS) s.p.a. ha convenuto in giudizio l'(OMISSIS) in data 12.6.2001 dinanzi al Tribunale di Roma, assumendo che la societa’ ancora in bonis aveva stipulato un contratto di appalto il 27.7.1986 e che la Curatela, dopo il fallimento, intervenuto il (OMISSIS), si era dichiarata disposta a completare i lavori previo accordo con le imprese subappaltatrici ((OMISSIS) s.r.l.; (OMISSIS) s.p.a.; (OMISSIS) s.p.a.), che di fatto avevano eseguito anche le opere precedenti sino a quel momento con il consenso della committente, e dolendosi del fatto che l'(OMISSIS), pur piu’ volte sollecitata, non aveva provveduto a consegnare i lavori.
Parte attrice ha chiesto il risarcimento dei danni per il mancato utile conseguibile e per l’immobilizzo delle attrezzature e degli impianti rimasti in cantiere e ha reiterato la richiesta di pagamento per le somme iscritte a riserva per Lire 276.770.000.
Si e’ costituita in giudizio l'(OMISSIS), chiedendo il rigetto delle domande e assumendo di non aver consegnato il cantiere per l’impossibilita’ di provvedere al collaudo delle opere fino allora eseguite per la mancata messa in tensione dei tiranti.
E’ intervenuta volontariamente nel giudizio la (OMISSIS) s.r.l. quale acquirente del credito in forza di contratto di cessione del (OMISSIS), affermando il proprio subentro nei crediti spettanti alla (OMISSIS) s.p.a. in bonis, alla (OMISSIS) s.p.a. e alla (OMISSIS) s.p.a., fermo il proprio obbligo di riversare al Fallimento (OMISSIS) il 15% di quanto avrebbe incassato.
2. Il Tribunale ha respinto tutte le domande, ritenendo che le riserve non fossero state tempestivamente esplicitate e che comunque non fosse provato il maggior costo; inoltre, secondo il Tribunale, il rapporto conseguente al contratto di appalto si era estinto per il fallimento, poiche’ la curatela della (OMISSIS) non aveva manifestato tempestivamente la volonta’ di proseguire il rapporto.
3. Avverso la predetta sentenza di primo grado del 21.12.2007 hanno proposto appello la s.r.l. (OMISSIS) e la Curatela della (OMISSIS) s.p.a..
La Corte di appello di Roma con sentenza del 29.5.2017 ha parzialmente accolto il gravame e ha condannato l'(OMISSIS) a pagare la somma di Euro 117.446,61 in favore del Fallimento (OMISSIS) s.p.a., nonche’ il 50% delle spese processuali del doppio grado, per il resto compensate, e ha compensato le spese quanto alla (OMISSIS).
La Corte di appello ha confermato le statuizioni di primo grado quanto alle riserve, ma ha ritenuto fondato l’appello relativamente all’applicazione, giudicata erronea, della L. Fall., articolo 81, e alla sussistenza di un impegno contrattuale assunto da (OMISSIS) nei confronti della Curatela e rimasto inadempiuto; ha liquidato i danni con riferimento alla permanenza in cantiere di strumenti e attrezzature;
ha escluso che nel contratto di cessione del credito potesse ritenersi compreso quello riveniente dal risarcimento per inadempimento.
3. Avverso la predetta sentenza, non notificata, con atto notificato il 5.10.2017 ha proposto ricorso per cassazione la (OMISSIS), svolgendo due motivi (ma in realta’ tre perche’ il primo si compone di due sotto-motivi).
Con atto notificato il 14.11.2017 ha proposto controricorso l'(OMISSIS), chiedendo la dichiarazione di inammissibilita’ o il rigetto dell’avversaria impugnazione.
Con atto notificato il 14.11.2017 ha proposto controricorso e ricorso incidentale il Fallimento della (OMISSIS) s.p.a., chiedendo la dichiarazione di inammissibilita’ o il rigetto dell’avversaria impugnazione e instando, a sua volta, con il supporto di tre motivi, per la cassazione della sentenza di secondo grado.
Con controricorso notificato il 6.12.2017 la (OMISSIS) ha resistito al ricorso incidentale del Fallimento della (OMISSIS) s.p.a., di cui ha chiesto il rigetto.
Intervenuta la dichiarazione di fallimento anche della (OMISSIS) s.r.l., si e’ costituita in giudizio la relativa Curatela fallimentare, presentando inoltre istanza di sollecita fissazione di udienza.
Il Fallimento (OMISSIS) ha presentato memoria.
La cessione dei crediti futuri non ha natura meramente obbligatoria e vi si può procedere
RAGIONI DELLA DECISIONE
4. Con il primo motivo di ricorso principale, rubricato I a) e inerente il mancato riconoscimento del danno per mancato utile, la ricorrente (OMISSIS) ha denunciato violazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 554 del 1999, articolo 34, comma 2, lettera d), e dell’articolo 1266 c.c. (rectius: articolo 1226), nonche’ irragionevolezza per contrarieta’ a nozioni di comune esperienza.
5. Con il secondo motivo di ricorso principale, rubricato I b), proposto ex articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, in tema di attribuzione del risarcimento al Fallimento (OMISSIS) e non alla (OMISSIS)la ricorrente (OMISSIS) ha denunciato violazione degli articoli 1262 e 1263 c.c. (rectius: articoli 1362 e 1363) e omesso esame di fatto accertato con riferimento alle espressioni “a qualsiasi titolo” e a quelle di cui all’articolo 6 dell’Accordo.
6. Con il terzo motivo di ricorso principale, rubricato II), inerente la sospensione parziale, proposto ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la ricorrente principale ha denunciato violazione o falsa applicazione del Decreto del Presidente della Repubblica 16 luglio 1962, n. 1063 e del Regio Decreto 25 maggio 1895, n. 350.
7. Con il primo motivo di ricorso incidentale, proposto ex articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, il Fallimento (OMISSIS) denuncia violazione o falsa applicazione degli articoli 1223, 1226, 2056 c.c., dell’articolo 115 c.p.c., della L. n. 2248 del 1865, articolo 345, e del Decreto del Presidente della Repubblica n. 554 del 1999, articoli 34 e 122, nonche’ mancanza di motivazione.
8. Con il secondo motivo di ricorso incidentale, proposto ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, il Fallimento ricorrente denuncia assoluta carenza di motivazione con riferimento alle riserve di appalto.
9. Con il terzo motivo di ricorso incidentale, proposto ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, il Fallimento ricorrente denuncia violazione o falsa applicazione del Regio Decreto 25 maggio 1895, n. 350, articoli 16 e 54, con riferimento alle riserve di appalto.
10. Quanto al ricorso principale si impone in via prioritaria, dal punto di vista logico e giuridico, l’esame del secondo motivo, etichettato I b), che attiene alla legittimazione di (OMISSIS) s.r.l. perche’ solo il suo accoglimento eviterebbe l’assorbimento per carenza di legittimazione ed interesse del primo e del terzo che attengono all’entita’ della pretesa fatta valere dalla ricorrente.
11. La Corte romana nel p. 1, pag.3, della sentenza impugnata ha ritenuto che la (OMISSIS) fosse legittimata a far valere la domanda sub b), riguardante le riserve, e non la domanda sub a) riguardante la richiesta di risoluzione del contratto per inadempimento di (OMISSIS).
La legittimazione di (OMISSIS) a far valere la domanda sub c), riguardante il risarcimento del danno per la mancata prosecuzione del rapporto e’ invece stata trattata nel p. 9.5 a pag.23-24, ove e’ stato affermato che il contratto di cessione non riguardava il credito risarcitorio scaturente da inadempimento contrattuale.
In particolare, la Corte territoriale ha ritenuto che il secondo contratto di cessione del (OMISSIS) prevalesse sul primo del (OMISSIS); che il tenore letterale di questo secondo e prevalente contratto concernesse solo le pretese nascenti dal contratto e non dall’inadempimento della controparte; che tale conclusione fosse rafforzata dalla comparazione a contrario fra i due testi contrattuali; che (OMISSIS) avesse agito quale cessionaria del credito e non jure proprio quale subappaltatrice ed esecutrice; che l’Accordo del (OMISSIS) non fosse soggettivamente novativo.
12. Giova puntualizzare che i primi due contratti di cessione sono intervenuti a (OMISSIS), prima del fallimento della (OMISSIS) e prima della prosecuzione dell’appalto con l’Accordo del 1996 con l’intervento del Fallimento (OMISSIS) e delle imprese subappaltatrici.
Tuttavia e’ ben noto che la cessione di credito puo’ riguardare anche crediti futuri, purche’ determinati o determinabili, come conferma il disposto della L. 21 febbraio 1991, n. 52, articolo 3, in tema di factoring, secondo cui i crediti possono essere ceduti anche prima che siano stipulati i contratti dai quali sorgeranno, purche’ da stipulare in un periodo di tempo non superiore a ventiquattro mesi.
Inoltre la cessione di crediti in massa si considera con oggetto determinato, anche con riferimento a crediti futuri, se e’ indicato il debitore ceduto.
Secondo la giurisprudenza di questa Corte, la cessione dei crediti futuri, ivi compresi quelli aventi causa risarcitoria, non ha natura meramente obbligatoria e vi si puo’ procedere – quando nel negozio dispositivo sia individuata la fonte, oppure la stessa sia determinata o determinabile – senza che rilevi la probabilita’ della venuta in essere del credito ceduto, non esistendo una norma che vieta la disponibilita’ dei diritti futuri perche’ meramente eventuali, con la conseguenza che la venuta in essere del credito futuro integra un requisito di efficacia della cessione, ma non di validita’ (Sez. 1, n. 31896 del 10.12.2018).
Nessun dubbio nutre poi la giurisprudenza circa la cedibilita’ dei crediti risarcitori, nascenti da fatto illecito o da inadempimento contrattuale (Sez. 6 – 3, n. 8869 del 31.3.2021; Sez. 3, n. 22726 del 12.9.2019).
13. La ricorrente (OMISSIS) denuncia violazione degli articoli 1362 e 1363 c.c., e omesso esame di fatto accertato con riferimento alle espressioni “a qualsiasi titolo” e a quelle di cui all’articolo 6 dell’Accordo.
Il motivo e’ fondato.
La Corte territoriale ha mostrato di volersi attenere all’interpretazione letterale del testo dei due contratti, puntualmente trascritti alle pagine 4-6 del ricorso e allegati ad esso, e di ritenere prevalente il secondo testo, perche’ successivo, ma entrambi i testi utilizzano la stessa formula, ampia e onnicomprensiva “tutti i crediti che le spettano e le verranno a spettare a qualunque titolo” quanto alla cessione effettuata dalla (OMISSIS) alla (OMISSIS).
Il riferimento, peraltro specificativo, ai crediti risarcitori e’ contenuto nella prima scrittura ma riguarda la cessione a (OMISSIS), posta a monte, dei crediti delle due altre imprese subappaltatrici ( (OMISSIS) s.p.a. e (OMISSIS) s.p.a.) da esse vantati verso la (OMISSIS), ove si parla di “tutti i crediti presenti e futuri, compresi i danni subiti” (punto 2 della scrittura (OMISSIS)).
Il canone di interpretazione letterale risulta cosi’ violato, non essendoci alcuna ragione per espungere dall’espressione “a qualunque titolo” il titolo risarcitorio da inadempimento contrattuale, mentre l’unico argomento addotto e’ del tutto inconsistente, visto che la frase considerata dalla Corte capitolina si riferisce ad un’altra cessione e comunque ha una portata meramente specificativa (tutti i crediti e quindi anche i crediti risarcitori, e non tutti i crediti piu’ quelli risarcitori).
Inoltre con la Convenzione del (OMISSIS) tra il Fallimento (OMISSIS) e le tre imprese subappaltatrici, fra cui (OMISSIS), fu pienamente confermata la cessione dei crediti, con indicazione delle modalita’ di riscossione, con la previsione che sarebbe stata appunto (OMISSIS) a incassare i crediti, trattenendo l’85% e girando il residuo 15% (corrispondente all’utile dell’appaltatore principale) al Fallimento (OMISSIS).
Deve poi considerarsi come la stessa Corte di appello abbia ritenuto l’esistenza del collegamento funzionale fra l’Accordo, e cioe’ la convenzione del 1996 e il contratto di appalto originario e la compenetrazione reciproca tra i due negozi (cfr. sentenza impugnata p. 7 e 8), al punto da indursi a ravvisare l’inadempimento di (OMISSIS) agli obblighi assunti in forza dell’Accordo a cui non e’ stata ritenuta estranea.
14. Con il primo motivo di ricorso principale, rubricato Ia) e inerente il mancato riconoscimento del danno per mancato utile, la ricorrente (OMISSIS) ha denunciato violazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 554 del 1999, articolo 34, comma 2, lettera d), e dell’articolo 1226 c.c., nonche’ irragionevolezza per contrarieta’ a nozioni di comune esperienza.
La censura corrisponde a quella proposta dal Fallimento (OMISSIS) con il primo motivo di ricorso incidentale, proposto ex articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, per denunciare violazione o falsa applicazione degli articoli 1223, 1226, 2056 c.c., dell’articolo 115 c.p.c., della L. n. 2248 del 1865, articolo 345, e del Decreto del Presidente della Repubblica n. 554 del 1999, articoli 34 e 122, nonche’ mancanza di motivazione, come pure con il secondo motivo di ricorso incidentale che denuncia assoluta carenza di motivazione.
15. Secondo la Corte capitolina non spettava al Fallimento (OMISSIS) e quindi neppure alla (OMISSIS), ove ritenuta legittimata, il risarcimento del danno per il mancato utile conseguibile se i lavori fossero stati completati come pattuito, in assenza dell’accertato inadempimento contrattuale dell'(OMISSIS), perche’ tale danno non poteva essere quantificato come indicato e parametrato al ricavo in Lire 1.230.000.000, mentre bisognava avere riguardo alla differenza fra il ricavo e la spesa per il completamento delle opere, non determinabile in base a circostanze concrete, sicche’ la domanda doveva essere respinta per difetto di prova sul quantum.
16. L’errore commesso dalla Corte, e stigmatizzato da entrambi i soggetti che si contendono il risarcimento (ormai, le Curatele fallimentari delle due imprese (OMISSIS) e (OMISSIS)), e’ evidente.
A parte il fatto che la valutazione del valore delle spese per le opere ancora da eseguire avrebbe potuto essere basata sui risultati di una eventuale consulenza tecnica, la legge forniva elementi sufficienti per la determinazione dell’utile d’impresa, anche in via equitativa ex articolo 1226 c.c., visto che il danno non poteva essere provato nel suo preciso ammontare e non per colpa della parte danneggiata perche’ gli elementi mancanti ai fini della valutazione riguardavano delle spese che non erano state sostenute a causa dell’inadempimento dell'(OMISSIS).
Il Decreto del Presidente della Repubblica 21 dicembre 1999, n. 554, articolo 34, recante il Regolamento di attuazione della legge quadro in materia di lavori pubblici 11.2.1994, n. 109 e successive modificazioni, in tema di “Stima sommaria dell’intervento e delle espropriazioni del progetto definitivo” al comma 4, indica nella percentuale del 10% l’utile dell’appaltatore da conteggiare a tali fini.
Nello stesso senso depone la giurisprudenza di questa Corte in tema di risarcimento del danno con riferimento al tema delle spese generali (Sez. 1 n. 14779 del 10.7.2020; Sez. 1, 2.3.2009, n. 5010; Sez. 1, 22.12.2011, n. 28429), allorche’ afferma che le spese generali, mentre non costituiscono perdite o causa di danni nel periodo in cui le opere sono eseguite, essendo computate nel prezzo pagato all’appaltatore, sono invece dovute a quest’ultimo a titolo risarcitorio ove il committente con il proprio comportamento ne abbia determinato un aggravio, essendo inerenti all’azienda e allo stesso impianto del cantiere, il che avviene segnatamente in caso di illegittima sospensione di lavori, di modo che il relativo rimborso costituisce componente ineluttabile del risarcimento del danno patito dall’appaltatore in conseguenza dell’allungamento dei tempi di lavorazione.
Da cio’ la Corte di Cassazione ha tratto ragione per affermare, quindi, che fin dall’entrata in vigore del Decreto Ministeriale 29 maggio 1895, n. 257 (articolo 20), e poi, in epoca recente, la normativa (Decreto del Presidente della Repubblica 21 dicembre 1999, n. 554, articolo 34, comma 2, lettera b); Decreto Ministeriale 19 maggio 2000, n. 145, articolo 25, comma 2, lettera a); Decreto del Presidente della Repubblica 5 ottobre 2010, n. 207, articolo 32, comma 2, lettera b)) ha fornito analitica disciplina di determinazione di tale voce di spesa, prevedendo un ammontare percentuale rispetto al prezzo dell’appalto, inducendo una presunzione di danno, a tale titolo, per l’illegittimo protrarsi dei lavori.
17. Non diversamente ha ragionato questa Corte nell’applicare della L. n. 2248 del 1865, articolo 345, all. F), con riferimento al caso del recesso ad nutum del committente, espressione di un diritto potestativo il cui esercizio puo’ avere luogo in qualsiasi momento e non richiede particolari presupposti o motivi, restando tuttavia l’amministrazione tenuta a pagare i lavori gia’ eseguiti in base all’appalto, e avendo l’appaltatore il diritto di ottenere, in aggiunta, il risarcimento del danno calcolato sull’ammontare dell’utile conseguibile secondo il criterio presuntivo previsto da detta norma (Sez. 1, n. 26009 del 17.10.2018).
Tale norma attribuiva all’Amministrazione la facolta’ di risolvere in qualunque tempo il contratto, mediante il pagamento dei lavori eseguiti e del valore dei materiali utili esistenti in cantiere, oltre al decimo dell’importo delle opere non eseguite.
Tale principio e’ stato ribadito dal Decreto del Presidente della Repubblica 21 dicembre 1999, n. 554, articolo 122, come pure dal Decreto Legislativo 21 aprile 2006, n. 163, articolo 134, del Decreto Legislativo 18 aprile 2016, n. 50, articolo 109, ed ora dal Decreto Legislativo 31 marzo 2023, n. 36, articolo 123.
In tema di appalto di opere pubbliche, la L. 20 marzo 1865, n. 2248, articolo 345, all. F, ove stabilisce la percentuale del residuo corrispettivo dovuta all’impresa appaltatrice per il caso di esercizio da parte della committente della facolta’ di recesso, regola i crediti pecuniari derivanti da detto atto legittimo dell’Amministrazione, e, pertanto, nella diversa ipotesi della responsabilita’ risarcitoria dell’Amministrazione medesima per inadempimento, puo’ essere utilizzato quale parametro per la determinazione del lucro cessante dell’appaltatore, ma non incide sulla natura di credito di valore del corrispondente diritto del danneggiato, implicante la computabilita’, in sede di liquidazione, del sopravvenuto deprezzamento della moneta. (Sez. 1, n. 1114 del 1.2.1995, richiamata anche di recente da Sez.1, n. 11361 del 2.5.2023).
18. Merita quindi accoglimento il primo motivo di ricorso principale; deve invece essere rigettato il primo motivo del ricorso incidentale del Fallimento (OMISSIS), non legittimato, alla luce di quanto esposto con riferimento al secondo motivo di ricorso principale di (OMISSIS).
19. Con il terzo motivo di ricorso principale, rubricato II), inerente alla sospensione parziale, proposto ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la ricorrente principale (OMISSIS) ha denunciato violazione o falsa applicazione del Decreto del Presidente della Repubblica 16 luglio 1962, n. 1063, e del Regio Decreto 25 maggio 1895, n. 350.
La ricorrente contesta la valutazione di tardivita’ dell’iscrizione delle riserve e argomenta essenzialmente con riferimento alla riserva n. 3, per osservare che nella specie non era intervenuto un provvedimento di sospensione ma era stata emessa una serie di ordini di servizio con cui si disponeva l’interruzione di alcune categorie di lavori e la prosecuzione di altre, con andamento alternativo.
La Corte di appello, per ritenere tardiva l’iscrizione della riserva, ha fatto leva sul fatto che essa avrebbe dovuto avvenire nel momento in cui emergeva la mera potenzialita’ dannosa, senza che fosse a tal fine necessaria anche la piena consapevolezza di entita’ e connotazione degli oneri conseguenti.
Viceversa, osserva (OMISSIS), non era stato considerato che non vi era stata alcuna sospensione in senso tecnico-giuridico e l’istituto della sospensione parziale era stato introdotto solo con il Decreto del Presidente della Repubblica n. 554 del 1999, articolo 133, non applicabile ratione temporis.
20. Con il secondo motivo di ricorso incidentale, proposto ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, il Fallimento ricorrente denuncia assoluta carenza di motivazione con riferimento alle riserve di appalto.
Con il terzo motivo di ricorso incidentale, proposto ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, il Fallimento ricorrente, dichiarando di condividere il motivo di (OMISSIS), denuncia violazione o falsa applicazione del Regio Decreto 25 maggio 1895, n. 350, articoli 16 e 54.
Solo in data 18.10.1993, secondo la ricorrente, erano insorte le condizioni per l’acquisizione della contezza della potenzialita’ lesiva delle “interruzioni” disposte dalla committente, in assenza di una sospensione totale delle opere.
21. I predetti motivi, anche in questo caso proposti dai due soggetti che si contendono il risarcimento nei confronti di (OMISSIS), si sovrappongono integralmente nel loro contenuto.
I motivi proposti dal Fallimento (OMISSIS) appaiono tuttavia inammissibili poiche’ la sentenza impugnata ha ritenuto che con riferimento alla domanda di pagamento delle riserve svolte durante l’esecuzione dell’appalto sussistesse la legittimazione attiva di (OMISSIS), quale cessionaria del credito (cfr. sentenza impugnata, pag. 3, p. 1).
Il motivo proposto da (OMISSIS) appare complessivamente infondato, pur presentando anche profili di inammissibilita’.
22. Il fatto che il Decreto del Presidente della Repubblica n. 554 del 1999, articolo 133, abbia espressamente considerato la natura parziale del provvedimento di sospensione dei lavori da parte della stazione appaltante non significa affatto che prima di tale espressa regolamentazione non potessero essere emessi provvedimenti parziali di sospensione, come nel caso e’ avvenuto secondo la ricostruzione fattuale operata dai giudici del merito e non messa in discussione dal motivo, attraverso l’alternata disposizione selettiva mediante ordini di servizio di alcune lavorazioni e il blocco delle altre (a) drenaggio del terreno a monte delle pile; b) consolidamento strutturale delle pile e fondazioni; c) posa in opera dei tiranti di ancoraggio delle pile).
Nulla esclude, quindi, che anche a tali ordini di lavorazione parziale, comportanti altrettanti ordini di sospensione parziale, quali fatti potenzialmente dannosi per l’appaltatore, dovesse applicarsi l’istituto della riserva codificato dal Regio Decreto 25 maggio 1895, n. 350, articolo 54, recante il Regolamento per la direzione, la contabilita’ e la collaudazione dei lavori dello Stato che sono nelle attribuzioni del Ministero dei lavori pubblici.
L’attuazione dell’opera pubblica, dalla gara di appalto, alla consegna dei lavori, alla loro esecuzione ed al collaudo, si compie in fasi successive attraverso un procedimento formale e vincolato, che si articola in una serie di registrazioni e certificazioni, alla cui formazione l’appaltatore e’ chiamato di volta in volta a partecipare. Allo stesso e’ imposto l’onere, reso evidente dal riferimento operato dal Regio Decreto n. 350 del 1895, articolo 53, alla necessita’ che l’appaltatore indichi tutte le domande che crede di fare, di contestare immediatamente ogni circostanza che riguardi le prestazioni (eseguite o non), la quale sia suscettibile di comportare un incremento delle spese previste, mediante un atto, pur esso a forma vincolata quanto a tempo e modalita’ di formulazione, cui deve provvedere tempestivamente, a pena di decadenza, non soltanto per un dovere di lealta’ contrattuale e per l’esigenza di tempestivi controlli, ma soprattutto nell’interesse pubblico di consentire all’Amministrazione appaltante la tempestiva verifica delle contestazioni, attesa la necessita’ della continua evidenza della spesa dell’opera in funzione della corretta utilizzazione e della eventuale integrazione dei mezzi finanziari predisposti per la sua realizzazione. (Sez. 1, n. 9518 del 4.4.2019; Sez. 1, n. 4718 del 28.2.2018).
Nei pubblici appalti, e’ obbligo dell’impresa inserire una riserva nella contabilita’ contestualmente all’insorgenza e percezione del fatto dannoso; in particolare, in relazione ai fatti produttivi di danno continuativo, la riserva va iscritta contestualmente o immediatamente dopo l’insorgenza del fatto lesivo, percepibile con la normale diligenza, mentre il quantum puo’ essere successivamente indicato. Ne consegue che, ove l’appaltatore non abbia la necessita’ di attendere la concreta esecuzione dei lavori per avere consapevolezza del preteso maggior onere che tale fatto dannoso comporta, e’ tardiva la riserva formulata solo nel s.a.l. successivo. (Sez. 1, n. 28801 del 9.11.2018).
In tema di appalto di opere pubbliche, l’appaltatore, il quale pretenda un maggior compenso o rimborso, rispetto al prezzo contrattualmente pattuito, a causa dei pregiudizi o dei maggiori esborsi conseguenti alla sospensione dei lavori disposta o protratta dall’amministrazione, ha l’onere, ai sensi del combinato disposto del Regio Decreto n. 350 del 1895, articoli 53, 54 e 64 (applicabile ratione temporis), e delle norme successive in materia, di iscrivere la relativa riserva nel momento in cui emerga, secondo una valutazione propria del giudice di merito, la concreta idoneita’ del fatto a produrre i suddetti pregiudizi o esborsi, potendo la specifica quantificazione del danno operarsi nelle successive registrazioni. Ne consegue che, ove la sospensione possa ritenersi illegittima o produttiva di danno sin dall’inizio, l’appaltatore deve inserire la sua riserva nello stesso verbale di sospensione e dovra’ poi iscrivere regolare riserva o domanda nel registro di contabilita’, quando egli successivamente lo sottoscriva, ripetendo quindi la riserva stessa nel verbale di ripresa e nel registro di contabilita’ successivamente firmato (Sez. 1, n. 7479 del 23.3.2017).
23. V’e’ da aggiungere che la Corte territoriale (a pag. 6, sub p. 3.1.) ha formulato un preciso accertamento di fatto, non sindacabile in questa sede, circa l’evidenza della specifica potenzialita’ dannosa di ciascun ordine di lavorazione parziale e correlativa sospensione, per esempio con riferimento all’utilizzo del personale presente in cantiere, percepibile dall’impresa a prescindere dalla concreta incidenza quantitativa sui costi.
Inoltre, secondo una giurisprudenza risalente ma mai smentita (e anzi di recente richiamata: Sez. 13.2.2019 n. 4259; Sez. 1, 11.3.2019 n. 6926), nell’appalto di opere pubbliche, l’onere di immediata denuncia di ogni fatto connesso all’esecuzione dell’opera, che l’appaltatore ritenga produttivo di conseguenze patrimoniali a se’ sfavorevoli, e’ espressione di un principio generale, e pertanto sussiste anche riguardo ai fatti cosiddetti continuativi, come quelli prodotti da una causa costante o da una serie causale di non immediata rilevanza onerosa, rispetto ai quali il detto onere diventa operativo quando la potenzialita’ dannosa del fatto si presenti obiettivamente apprezzabile, secondo i criteri della diligenza e della buona fede, da parte dell’appaltatore, e questi disponga di dati sufficienti per segnalare alla stazione appaltante le cause delle situazioni per lui pregiudizievoli ed il presumibile onere economico, salvo poi a precisarne l’entita’ nelle successive registrazioni o in chiusura del conto finale. L’accertamento del giudice di merito circa la tempestivita’ in concreto delle riserve, in rapporto alla specifica natura dei fatti oggetto delle medesime ed al manifestarsi dei loro effetti pregiudizievoli, sfugge al sindacato di legittimita’ se adeguatamente e correttamente motivato. (Sez. 1, n. 2599 del 12.4.1986; Sez. 1, n. 2102 del 6.4.1982; Sez. 1, 19.5.1989, n. 2395).
24. Si e’ gia’ detto che il secondo e il terzo motivo del ricorso incidentale del Fallimento (OMISSIS) sono inammissibili perche’ rivolti avverso un capo della decisione in tema di riserve d’appalto sul quale e’ stata ravvisata la legittimazione di (OMISSIS) gia’ dalla Corte di appello.
E’ quindi superfluo aggiungere che la censura proposta per vizio motivazionale di omesso esame di fatto decisivo discusso fra le parti ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5 e’ erroneamente qualificata perche’ in realta’ il ricorrente si duole di una mancanza assoluta di motivazione che rileva ai sensi dell’articolo 132 c.p.c., comma 2, n. 4, come vizio di nullita’ della sentenza ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4; inoltre nessun fatto decisivo storico risulta omesso o indicato dalla parte ricorrente.
Per altro verso, anche volendo riqualificare il motivo come vizio di nullita’ per error in procedendo alla stregua del principio iura novit curia, il denunciato vizio assoluto di motivazione non sussiste, poiche’ la Corte di appello ha affrontato le deduzioni del Fallimento (OMISSIS) e ha dato conto a pagina 4, p. 2.1. e 2.2., delle ragioni del ritenuto carattere pacifico o irrilevante dei fatti che i capitoli formulati intendevano dimostrare.
Infine, per costante giurisprudenza, il vizio di motivazione per omessa ammissione della prova testimoniale o di altra prova puo’ essere denunciato per cassazione solo nel caso in cui esso investa un punto decisivo della controversia e, quindi, ove la prova non ammessa o non esaminata in concreto sia idonea a dimostrare circostanze tali da invalidare, con un giudizio di certezza e non di mera probabilita’, l’efficacia delle altre risultanze istruttorie che hanno determinato il convincimento del giudice di merito, di modo che la ratio decidendi risulti priva di fondamento (Sez. 6 – 1, n. 16214 del 17.6.2019; Sez. 3, n. 18285 del 25.6.2021).
Inoltre in sede di ricorso per cassazione, qualora il ricorrente intenda lamentare la mancata ammissione da parte del giudice di appello della prova testimoniale – non ammessa in primo grado perche’ superflua e riproposta in secondo grado – deve dimostrare, a pena di inammissibilita’, di aver ribadito la richiesta istruttoria in sede di precisazione delle conclusioni davanti al giudice di appello (Sez. 3, n. 22883 del 13.9.2019).
25. Infine la Corte di appello ha ritenuto che le prove dedotte fossero attinenti a fatti pacifici (fra cui le varie sospensioni lavori) o irrilevanti ai fini del decidere; che alcuni capitoli quelli rubricati c), d), f) e r) fossero generici per il mancato riferimento teleologico; che i capitoli o) e p) attenessero a fatti pacifici.
La ricorrente non si confronta con tali esistenti e specifiche motivazioni, insiste sull’ammissione di capitoli giudicati pacifici (e quindi non bisognosi di prova), ovvero generici, senza dimostrarne la specificita’ e la loro disconosciuta preordinazione teleologica, o infine irrilevanti, senza dimostrarne in modo specifico e puntuale la rilevanza, specie in riferimento a quanto argomentato in sentenza nel p. 2.2. di pag. 4.
26. Per i motivi esposti occorre accogliere il primo e il secondo motivo di ricorso principale, respinto il terzo, e rigettare il ricorso incidentale del Fallimento (OMISSIS).
La sentenza impugnata deve essere cassata in relazione ai motivi accolti e la causa deve essere rinviata alla Corte di appello di Roma, in diversa composizione, anche per la regolazione delle spese del giudizio di legittimita’.
Nulla in punto spese, quanto ai rapporti Fallimento (OMISSIS) – (OMISSIS) poiche’ (OMISSIS) non ha proposto controricorso al ricorso incidentale del Fallimento (OMISSIS).
Ricorrono i presupposti per l’applicazione, nei confronti del ricorrente incidentale, del cd. doppio contributo di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, ove dovuto.
La cessione dei crediti futuri non ha natura meramente obbligatoria e vi si può procedere
P.Q.M.
La Corte;
accoglie il primo e il secondo motivo di ricorso principale, respinto il terzo, rigetta il ricorso incidentale del Fallimento (OMISSIS) s.p.a., cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia la causa alla Corte di appello di Roma, in diversa composizione, anche per la regolazione delle spese del giudizio di legittimita’.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, si da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente incidentale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi dell’articolo 13, comma 1 bis, Decreto del Presidente della Repubblica cit., se dovuto.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
Le sentenze sono di pubblico dominio.
La diffusione dei provvedimenti giurisdizionali “costituisce fonte preziosa per lo studio e l’accrescimento della cultura giuridica e strumento indispensabile di controllo da parte dei cittadini dell’esercizio del potere giurisdizionale”.
Benchè le linee guida in materia di trattamento di dati personali nella riproduzione di provvedimenti giurisdizionali per finalità di informazione giuridica non richiedano espressamente l’anonimizzazione sistematica di tutti i provvedimenti, e solo quando espressamente le sentenze lo prevedono, si possono segnalare anomalie, richiedere oscuramenti e rimozioni, suggerire nuove funzionalità tramite l’indirizzo e-mail info@studiodisa.it, e, si provvederà immediatamente alla rimozione dei dati sensibili se per mero errore non sono stati automaticamente oscurati.
Il presente blog non è, non vuole essere, né potrà mai essere un’alternativa alle soluzioni professionali presenti sul mercato. Essendo aperta alla contribuzione di tutti, non si può garantire l’esattezza dei dati ottenuti che l’utente è sempre tenuto a verificare.
Leave a Reply