Corte di Cassazione, sezione tributaria, Sentenza 17 aprile 2019, n. 10674.

La massima estrapolata:

In tema di ICI ai fini del classamento di un immobile nella categoria E, come previsto dall’art. 2, comma 40, del d.l. n. 262 n. 2006, conv. in l. n. 286 del 2006, è necessario che lo stesso presenti caratteristiche tipologico-funzionali tali da renderlo estraneo ad ogni uso commerciale o industriale, con la conseguenza che le aree portuali non sono classificabili in detta categoria se in concreto destinate a tali finalità. (Nella specie, in applicazione del principio la S.C. ha ritenuto assoggettati ad ICI i locali magazzini utilizzati dalle società imprenditrici “terminaliste”, concessionarie del suolo, per le attività di movimentazione, stoccaggio, deposito, imbarco e sbarco di merci).

Sentenza 17 aprile 2019, n. 10668

Data udienza 26 febbraio 2019

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE MASI Oronzo – Presidente

Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – Consigliere

Dott. CROLLA Cosmo – rel. Consigliere

Dott. BALSAMO Milena – Consigliere

Dott. D’OVIDIO Paola – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 25445-2015 proposto da:
(OMISSIS) SNC, elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo STUDIO (OMISSIS), rappresentato e difeso dagli avvocati (OMISSIS), (OMISSIS);
– ricorrenti –
contro
COMUNE DI TRIESTE;
– intimati –
avverso la sentenza n. 110/2015 della COMM. TRIB. REG. di TRIESTE, depositata il 19/03/2015;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 26/02/2019 dal Consigliere Dott. COSMO CROLLA.

RITENUTO

CHE:
1. La soc. (OMISSIS) snc (di seguito denominata per brevita’ ” (OMISSIS)”), titolare di concessione demaniale avente ad oggetto un magazzino adibito a deposito movimentazione merci ove svolge operazioni di stoccaggio, carico, scarico, trasbordo e movimentazioni merci impugnava davanti alla Commissione Provinciale di Trieste, l’avviso di accertamento n. (OMISSIS) emesso dal Comune di Trieste per il pagamento dell’ICI relativa agli anni 2006 e 2007.
2. La Commissione Provinciale di Trieste ha accolto il ricorso rilevando che la (OMISSIS) svolgeva attivita’ portuali su aree demaniali, e quindi esenti da ICI ed estranee a qualsivoglia natura industriale o commerciale.
3. La sentenza veniva impugnata dal Comune di Trieste e la Commissione Regionale del Friuli Venezia Giulia in accoglimento dell’appello dichiarava la legittimita’ dell’avviso di accertamento osservando: a) che il Comune di Trieste era privo di legittimazione nella presente controversia che investe il problema dell’accatastamento degli immobili e la attribuzione della rendita; b) che la sentenza appellata aveva erroneamente affermato l’esenzione ICI in virtu’ dell’astratta classificabilita’ del bene senza tener conto dell’effettiva attivita’ svolta.
4. Avverso la sentenza della CTR ha proposto ricorso per Cassazione (OMISSIS) affidandosi a due motivi Ha resistito il Comune di Firenze. Il Pubblico Ministero non ha depositato conclusioni scritte. Entrambe le parti hanno depositato memorie.

CONSIDERATO

CHE:
1. Con un il primo motivo denuncia la ricorrente “violazione e/o falsa applicazione del Decreto Legislativo n. 504 del 1992, articolo 4, del Decreto Legislativo n. n. 546 del 1992, articolo 19, e dell’articolo 24 Cost., in relazione all’articolo 24 Cost.”. Sostiene la ricorrente che oggetto del giudizio non e’ l’impugnazione di una attribuzione di rendita catastale bensi’ la contestazione della debenza di un tributo oggetto di accertamento ICI.
1.1 Con il secondo motivo viene dedotta la violazione e falsa applicazione del Decreto Legislativo n. 504 del 1992, articolo 7, comma 1, lettera b), e del Decreto Legge n. 262 del 2006, articolo 2, comma 40 e ss, in relazione all’articolo 360. In particolare l’impugnata sentenza viene criticata per non aver considerato che l’area demaniale del porto di (OMISSIS), dovendo essere censita in categoria “E “, era esente da tassazione ICI ai sensi del Decreto Legislativo n. 504 del 1992, articolo 7, comma 1, lettera b), anche per le finalita’ pubblicistiche di incremento dei traffici e di produttivita’ del porto che si perseguivano.
2. I giudici di seconde cure hanno deciso la causa non limitandosi ad affermare la carenza di legittimazione passiva del Comune di Trieste ma accogliendo nel merito le doglianze dell’appellante ed escludendo l’applicazione dell’esenzione sul presupposto della non riconducibilita’ degli immobili a categoria catastale E.
2.1 Alla luce di quanto sopra va prioritariamente esaminato il secondo motivo di ricorso poiche’, in applicazione del principio processuale della “ragione piu’ liquida” – desumibile dagli articoli 24 e 111 Cost., – deve ritenersi consentito al giudice esaminare un motivo di merito, suscettibile di assicurare la definizione del giudizio, anche in presenza di una questione pregiudiziale. Cio’ in considerazione del fatto che si impone un approccio interpretativo con la verifica delle soluzioni sul piano dell’impatto operativo, piuttosto che su quello della coerenza logico sistematica, ed e’ consentito sostituire il profilo di evidenza a quello dell’ordine delle questioni da trattare, di cui all’articolo 276 c.p.c., in una prospettiva aderente alle esigenze di economia processuale e di celerita’ del giudizio, costituzionalizzata dall’articolo 111 Cost., con la conseguenza che la causa puo’ essere decisa sulla base della questione ritenuta di piu’ agevole soluzione – anche se logicamente subordinata – senza che sia necessario esaminare previamente le altre (Cass. Sez. U, n. 9936 del 08/05/2014; Cass. n. 12002 del 28/05/2014)
3. Il secondo motivo e’ infondato.
3.1 Oggetto del contendere e’ la tassabilita’ o meno dell’area portuale demaniale – in particolare locali magazzino – utilizzata dalle societa’ imprenditrici “terminaliste”, concessionario del suolo, per le attivita’ di movimentazione, stoccaggio, deposito, imbarco e sbarco di merci.
3.2 La tesi sostenuta da (OMISSIS) e’ che, essendo l’area portuale classificabile nella categoria E1 che include “stazioni per servizi di trasporto terrestri marittimi ed aerei” troverebbe applicazione il regime esonerativo previsto dall’articolo 7, comma 1, lettera b), che riconosce l’esenzione dell’imposta ai “fabbricati classificati o classificabili nelle categoria catastali da E1 a E9”.
3.2 La qualificazione nel gruppo E e’ propria di quegli immobili (stazioni, ponti, fari, edifici di culto, cimiteri ecc..).con una marcata caratterizzazione tipologico-funzionale, costruttiva e dimensionale che li rendono sostanzialmente incommerciabili e estranei ad ogni logica di commercio e di produzione industriale. Una conferma di tale impostazione e’ data della L. n. 262 del 2006, articolo 2, comma 40, a tenore del quale “Nelle unita’ immobiliari censite nelle categorie catastali E/1, E/2, E/3, E/4, E/5, E/6 ed E/9 non possono essere compresi immobili o porzioni di immobili destinati ad uso commerciale, industriale, ad ufficio privato ovvero ad usi diversi, qualora gli stessi presentino autonomia funzionale e reddituale”. Dal che si evince come la legge instauri una vera e propria incompatibilita’ tra classificazione in categoria E, da un lato, e destinazione dell’immobile ad uso commerciale o industriale.
3.3 Ne consegue che per un corretto censimento catastale dell’area portuale non puo’ essere utilizzato il criterio formale ed astratto della localizzazione che viene prospettato dalla ricorrente ma e’ necessario accertare se lo svolgimento dell’attivita’ del terminalista venga esercitata secondo parametri imprenditoriali.
3.4 Contrariamente a quanto affermato dal ricorrente e’ irrilevante che le attivita’ “portuali” siano di pubblico interesse. L’interesse generale allo svolgimento dell’attivita’ non esclude che quest’ultima sia esercitata secondo criteri economici tipici dell’impresa commerciale.
3.5 A supporto delle suesposte osservazioni va segnalato il recente orientamento di questo Collegio (Cass. 10031/2017, 1369/2017, 20259/2017, 20026/2015), formatasi proprio con riferimento alle aree portuali scoperte e coperte che ha avuto modo di tenere distinto il fenomeno dell’impresa i esercente attivita’ portuale (quindi, lucrativa) dallo svolgimento di un servizio pubblico che e’ proprio, nell’attuale fase, dell’autorita’ di vigilanza del settore.
Cio’ in quanto, sempre secondo quanto affermato da questa Corte, “la L. 28 gennaio 1994, n. 84, eliminando la riserva, a favore delle compagnie portuali e dei gruppi portuali, delle operazioni di sbarco, di imbarco e di maneggio delle merci, in attuazione sia del principio della liberta’ di iniziativa economica ex articolo 41 Cost., comma 1, sia del principio comunitario di libera concorrenza, ha imposto la trasformazione in societa’ delle compagnie e dei gruppi portuali “per l’esercizio in condizioni di concorrenza delle operazioni portuali” (L. 28 gennaio 1994, n. 84, articolo 21, comma 1, lettera a)..”(Cass. n. 7651/06).
3.6 L’esercizio da parte del compagine sociale ricorrente in forma concorrenziale dell’attivita’ commerciale comporta il necessario utilizzo dei siti demaniali dati in concessione senza i quali non potrebbero svolgersi tutte quelle operazioni (carico, scarico, stoccaggio ecc.) destinate al servizio portuale.
3.7 Lo sfruttamento dell’area da parte di un operatore commerciale in forma privatistica ed esclusiva, non puo’ non avere incidenza in tema di ICI in quanto “cio’ che conta ai fini dell’imposizione e’ che l’area in considerazione sia suscettibile di costituire un’autonoma unita’ immobiliare, potenzialmente produttiva di reddito” (Cass. 10031/2017, 1369/2017, 20259/2017, 20026/2015).
3.8 L’autonomia funzionale e reddituale del sito oggetto di controversia comporta che i locali magazzini destinati ad uso commerciale e/o industriale non possano essere classato in categoria E con conseguente esenzione dell’imposta ai sensi del Decreto Legislativo n. 504 del 1992, articolo 7, comma 1, lettera b).
3.9 Anche questa Corte ha avuto modo di affermare che “In tema di classamento, ai sensi del Decreto Legge n. 262 del 2006, articolo 2, comma 40, convertito, con modificazioni, nella L. n. 286 del 2006, nelle unita’ immobiliari censite nelle categorie catastali E/1, E/2, E/3, E/4, E/5, E/6 ed E/9 non possono essere compresi immobili o porzioni di immobili destinati ad uso commerciale, industriale, ad ufficio privato ovvero ad usi diversi, qualora gli stessi presentino autonomia funzionale e reddituale, e, cioe’, alla luce del combinato disposto del R.Decreto Legge n. 652 del 1939, articolo 5 e del Decreto del Presidente della Repubblica n. 1142 del 1949, articolo 40, immobili per se stessi utili o atti a produrre un reddito proprio, anche se utilizzati per le finalita’ istituzionali dell’ente titolare” (Cass. n. 20026/15).
3.10 La CTR, nell’aver valorizzato, per escludere l’agevolazione ICI, le caratteristiche e la destinazione commerciale degli immobili ha fatto buon governo della normativa e dei principi giurisprudenziali sopra esposti.
3.11 Destituite di fondamento sono anche le ulteriori considerazioni, svolte dalla ricorrente nella memoria ex articolo 378 c.p.c., secondo le quale intassabilita’ dell’area discenderebbe dalla condizione di zona franca del porto di (OMISSIS). I depositi franchi, i punti franchi e gli altri analoghi istituti sono assimilabili ai territori extradoganali (del testo unico di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 43 del 1973, articolo 2, comma 5). Le misure di favore che vengono assicurate all’attivita’ di impresa nella zone franche, dalle condizioni di agevolazioni dei prelievi fiscali e doganali a eventuali incentivi ed esenzioni, sono finalizzate al rilancio del sistema economico consentendo liberta’ di transito alle merci (articolo 1 all. VIII cit.). In altri termini, tutte le operazioni compiute in ambito portuale (imbarco, sbarco manipolazione trasformazioni industriali) cono esenti da dazi doganali. Tuttavia l’esenzione dal pagamento di dazi ed imposte concerne esclusivamente le merci e le operazioni commerciali svolte e non si estende anche alle imposte comunali sui cespiti.
4. L’accoglimento del secondo motivo rende superfluo l’esame del primo motivo in quanto anche nell’ipotesi in cui dovesse ritenersi fondato la sentenza resa dalla CTR non potrebbe essere modificata nelle sua conclusioni.
5 Il ricorso va, quindi, rigettato. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte:
– rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese di giudizio che si liquidano in Euro 2.900, oltre rimborso forfettario ed accessori di legge.
– Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte de corrente dell’ulteriore importo pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis.

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