Corte di Cassazione, sezione lavoro civile, Sentenza 12 agosto 2019, n. 21318.
Massima estrapolata:
In tema di contratto di lavoro del personale di volo, la disciplina dettata dall’art. 902 cod. nav. prevede la specialità delle esigenze come unica condizione di legittimità per l’apposizione del termine (nel periodo anteriore all’entrata in vigore della l. n. 84 del 1986, in tema di assunzione di personale a termine nelle aziende di trasporto aereo ed esercenti servizi aeroportuali), specialità senz’altro ravvisabile nel caso del rapporto dirigenziale, caratterizzato da un profilo fiduciario, che giustifica una regolazione differenziata rispetto all’ordinario rapporto di lavoro, in particolare con riferimento alla recedibilità “ad nutum”.
Sentenza 12 agosto 2019, n. 21318
Data udienza 9 aprile 2019
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DI CERBO Vincenzo – Presidente
Dott. CURCIO Laura – Consigliere
Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere
Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere
Dott. PAGETTA Antonella – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 10496-2016 proposto da:
(OMISSIS), domiciliato ope legis presso la Cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso dagli avvocati (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) S.P.A. gia’ (OMISSIS) S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 722/2015 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 02/10/2015 R.G.N. 828/2013;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 09/04/2019 dal Consigliere Dott. ANTONELLA PAGETTA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CIMMINO Alessandro, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito l’Avvocato (OMISSIS);
udito l’Avvocato (OMISSIS) per delega verbale Avvocato (OMISSIS).
FATTI DI CAUSA
1. (OMISSIS) adiva il giudice del lavoro chiedendo, previo eventuale accertamento dell’illegittimita’ dell’inquadramento professionale nella qualifica di dirigente, dichiararsi, anche ai sensi dell’articolo 902 c.n., la illegittimita’ del termine apposto ai contratti stipulati con (OMISSIS) s.p.a. (divenuta in seguito (OMISSIS) s.p.a.) in relazione al periodo 5.7.2010/31.10.2010 e al periodo 15.12.2010/15.10.2011 (con proroga di quest’ultimo sino al 30.9.2012) e, per l’effetto, la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato con la societa’ datrice (da ora (OMISSIS) s.p.a.) con condanna di quest’ultima alla riammissione in servizio e alla corresponsione dell’indennita’ risarcitoria L. 4 novembre 2010, n. 183, ex articolo 32, comma 5.
2. La domanda e’ stata respinta dal giudice di primo grado con statuizione confermata in seconde cure.
2.1. Per quel che ancora rileva, la Corte di merito ha ribadito la decadenza dall’impugnazione del primo contratto ai sensi della L. n. 183 del 2010, articolo 32 cit., la legittimita’ dell’inquadramento professionale del (OMISSIS), comandante di aeromobile, quale dirigente, prevista dal contratto collettivo aziendale, la insussistenza della lamentata violazione dell’articolo 902 codice navale per la ritenuta applicabilita’ della disciplina dettata per il contratto a termine dal Decreto Legislativo n. 368 del 2001 che definisce per i dirigenti un regime in deroga in ragione della specialita’ del rapporto, la infondatezza delle censure relative alla mancata redazione del documento di valutazione dei rischi, ulteriormente evidenziando che erano inammissibili le deduzioni attinenti a vizi riferiti al documento per i profili non dedotti con il ricorso di primo grado e che, comunque, tale documento doveva ritenersi di data antecedente alla stipulazione del contratto.
3. Per la cassazione della decisione ha proposto ricorso (OMISSIS) sulla base di quattro motivi; la parte intimata ha resistito con tempestivo controricorso.
3.1. Parte ricorrente ha depositato memoria ai sensi dell’articolo 378 c.p.c..
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo di ricorso parte ricorrente deduce, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione della L. n. 183 del 2010, articolo 32 cit. censurando la sentenza impugnata per avere dichiarato la decadenza dall’impugnazione del termine apposto al primo dei contratti in controversia.
2. Con il secondo motivo deduce, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione del Decreto Legislativo 6 settembre 2001, n. 368, articolo 10, comma 4, dell’articolo 2095 c.c. e del contratto collettivo (OMISSIS) per i comandanti. Censura la sentenza impugnata per avere, sul presupposto della correttezza dell’inquadramento del (OMISSIS) quale dirigente, affermata l’applicabilita’ del disposto del Decreto Legislativo n. 368 del 2001, articolo 10, comma 4, cit. in relazione al secondo contratto. Assume la natura meramente formale della qualifica dirigenziale attribuita ai comandanti di aeromobili dal contratto collettivo aziendale il quale si era limitato ad un mero riconoscimento formale della detta qualifica, riconoscimento che prescindeva dalle caratteristiche delle mansioni proprie del ruolo di comandante le quali, pur essendo altamente specifiche, non implicavano quell’ampiezza di poteri e quell’autonomia decisionale tale da influenzare la vita dell’azienda, propri delle funzioni direttive; in questa prospettiva evidenzia come il contratto collettivo richiamato non conteneva alcun declaratoria professionale, non instaurava alcun collegamento tra mansioni e qualifica ma si limitava ad affermare, come un assunto, che i comandanti, per il solo fatto di rivestire tale ruolo, dovessero essere considerati dirigenti. Secondo parte ricorrente, quindi, la Corte di merito aveva male applicato i principi giurisprudenziali in tema di rilevanza della contrattazione collettiva ai fini dell’attribuzione delle qualifiche non tenendo conto che le disposizioni contrattuali in questione non erano voci rappresentative delle parti sociali di settore; il contratto (OMISSIS), infatti, era stato sottoscritto unicamente da organizzazioni sindacali Confederali che rappresentavano meno del 10% dei comandanti; la disciplina sul contratto a termine era inderogabile e non poteva ammettersi che la sola attribuzione nominalistica della qualifica dirigenziale potesse comportare la disapplicazione delle norme di tutela del lavoratore.
3. Con il terzo motivo parte ricorrente deduce, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, violazione dell’articolo 902 codice navale nonche’ omessa motivazione e conseguente nullita’ della sentenza. Premesso di avere impugnato il contratto stipulato in data 15.12.2010 per contrasto con l’articolo 902 c.n., che secondo la consolidata interpretazione dell’articolo 1 del codice della navigazione le norme di quest’ultimo si applicano in via principale e quelle di diritto comune solo in via sussidiaria, argomenta che in tema di contratto a termine nel settore della navigazione, esclusa l’applicabilita’ del Decreto Legislativo n. 368 del 2001, articoli 1 e 2 ed abrogato l’articolo 2097 c.c., la norma regolatrice e’ costituita dall’articolo 902 c.n., destinata a prevalere, per il suo carattere di specialita’, rispetto a quelle generali. Tale norma e’ stata costantemente interpretata nel senso di una preferenza per il rapporto di lavoro a tempo indeterminato restando la possibilita’ di stipula dei contratti a termine condizionata da caratteristiche di specialita’ del rapporto non integrate dalla qualifica dirigenziale. In questa prospettiva si duole che la Corte di merito non avesse specificamente affrontato la questione limitandosi ad affermare la esistenza di un regime in deroga connesso alla qualifica dirigenziale.
4. Con il quarto motivo deduce, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione dell’articolo 2697 c.c. e degli articoli 414 e 416 c.p.c. censurando la sentenza impugnata per avere respinto il motivo di gravame concernente il documento valutazione rischi.
5. Il primo motivo di ricorso e’ infondato.
5.1. La sentenza impugnata ha confermato la decadenza dall’impugnazione del primo contratto ritenendo priva di fondamento la tesi del ricorrente secondo la quale la stipula del secondo contratto a termine, intervenuta entro i 60 giorni dalla cessazione del primo, configurava una causa impeditivi della decadenza ai sensi dell’articolo 2966 c.c.. Ha, infatti, osservato che nel caso di specie era da escludere qualsivoglia riconoscimento del diritto – impeditivo della decadenza ai sensi dell’articolo 2966 c.c. – collegabile alla stipula del successivo contratto a termine, anche se intervenuta ad un intervallo inferiore di sessanta giorni.
5.2. Tale accertamento di fatto non risulta incrinato dalle censure formulate con il motivo in esame che si limitano a riproporre una diversa interpretazione della condotta della societa’ sulla base di considerazioni generiche, senza addurre alcuna circostanza concreta il cui omesso esame avrebbe potuto – in tesi – far ritenere concludente, nel senso preteso dal (OMISSIS), il comportamento della datrice di lavoro. Ne’ il solo fatto della stipula di un secondo contratto a termine in un intervallo di tempo inferiore a sessanta giorni giustifica in astratto la ricostruzione in termini unitari del rapporto di lavoro, secondo quanto gia’ condivisibilmente ritenuto in fattispecie analoga da questa Corte la quale ha chiarito che in tema di successione di contratti di lavoro a termine in somministrazione, l’impugnazione stragiudiziale dell’ultimo contratto della serie non si estende ai contratti precedenti, neppure ove tra un contratto e l’altro sia decorso un termine inferiore a quello di sessanta giorni utile per l’impugnativa, poiche’ l’inesistenza di un unico continuativo rapporto di lavoro – il quale potra’ determinarsi solo “ex post”, a seguito dell’eventuale accertamento della illegittimita’ del termine apposto – comporta la necessaria conseguenza che a ciascuno dei predetti contratti si applichino le regole inerenti la loro impugnabilita’ (Cass. 21/11/2018 n. 30134).
6. Il secondo motivo e’ infondato.
6.1. La sentenza impugnata ha respinto il motivo di gravame con il quale il (OMISSIS) aveva inteso far valere la natura meramente formale della qualifica di dirigente, argomentando dalla esistenza di specifica previsione collettiva (contratto collettivo aziendale dirigenti per il personale navigante tecnico con qualifica di comandante della (OMISSIS)) – secondo cui al personale navigante tecnico (OMISSIS), con qualifica di Comandante, atteso il ruolo ricoperto in azienda caratterizzato da un elevato grado di professionalita’, autonomia e potere decisionale, e le funzioni esplicitate al fine di promuovere, coordinare e gestire la realizzazione degli obiettivi della impresa e’ riconosciuta, ad ogni effetto di legge, la categoria di Dirigente il cui rapporto di lavoro e’ disciplinato dal presente contratto collettivo- e dalla compatibilita’, “in ogni caso”, delle mansioni di comandante di aereo, cosi’ come descritte dalle parti, con il contenuto della mansione dirigenziale quale ricostruito dalla evoluzione della giurisprudenza sul punto. Ha richiamato la giurisprudenza di legittimita’ secondo la quale rientra nei poteri delle parti collettive attribuire la qualifica di dirigente e fissare i requisiti che ne delineano la figura con il conseguente obbligo del giudice di attenersi ai requisiti prefissati in tale sede; ha, quindi, escluso la lamentata violazione dell’articolo 902 codice navale in quanto la disciplina del contratto a termine ex Decreto Legislativo n. 368 del 2001 definisce per i dirigenti un regime in deroga.
6.2. Le censure articolate con il motivo in esame non si confrontano con il complesso delle ragioni che sostengono la decisione di secondo grado; in particolare non viene investito l’accertamento di fatto – costituente una delle due autonome rationes decidendi – con il quale la Corte di merito ha affermato la compatibilita’ delle mansioni di comandante di aereo, cosi’ come descritte dalle parti, con il contenuto della funzione dirigenziale quale ricostruito dalla evoluzione giurisprudenziale.
6.3. L’accertamento in concreto della sussistenza delle condizioni necessarie per l’inquadramento nell’una o nell’altra categoria costituisce apprezzamento di fatto riservato al giudice di merito, censurabile in sede di legittimita’ soltanto per vizi di motivazione di talche’ occorreva, al fine di incrinare tale accertamento, in coerenza con l’attuale configurazione dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, la deduzione di omesso esame di fatto decisivo, oggetto di discussione fra le parti dedotto nei rigorosi termini precisati da Cass. Sez. Un. 7/4/2014 n. 8053, neppure formalmente prospettata dal ricorrente.
6.4. L’accertamento in oggetto neppure e’ denunziabile in quanto parametrato su una nozione della funzione dirigenziale non conforme a diritto in quanto alla luce della evoluzione registrata dalla giurisprudenza di legittimita’, la qualifica di dirigente non spetta al solo prestatore di lavoro che, come “alter ego” dell’imprenditore, ricopra un ruolo di vertice nell’organizzazione o, comunque, occupi una posizione tale da poter influenzare l’andamento aziendale, essendo invece sufficiente che il dipendente, per l’indubbia qualificazione professionale, nonche’ per l’ampia responsabilita’ in tale ambito demandata, operi con un corrispondente grado di autonomia e responsabilita’, dovendosi, a tal fine, far riferimento, in considerazione della complessita’ della struttura dell’azienda, alla molteplicita’ delle dinamiche interne nonche’ alle diversita’ delle forme di estrinsecazione della funzione dirigenziale (non sempre riassumibili a priori in termini compiuti) ed alla contrattazione collettiva di settore, idonea ad esprimere la volonta’ delle associazioni stipulanti in relazione alla specifica esperienza nell’ambito del singolo settore produttivo (Cass. 04/08/2017 n. 19579; Cass. 08/03/1990 n. 1877). In questa prospettiva e’ stata affermata la necessita’ di valorizzazione della contrattazione collettiva e delle prassi sindacali che hanno portato al riconoscimento della qualifica dirigenziale anche a lavoratori che, pur non investiti di quei poteri di direzione necessari per richiamare la nozione di “alter ego” dell’imprenditore, sono in possesso di elevate conoscenze scientifiche e tecniche o, comunque, sono dotati di professionalita’ tale da collocarsi in condizioni di particolare forza nel mercato del lavoro (Cass. /10/2016 n. 20805), e puntualizzato che in presenza di definizione da parte della disciplina collettiva (che, adeguandosi all’evoluzione delle forme di organizzazione imprenditoriale, puo’ assegnare rilievo a tratti distintivi diversi da quelli minimi caratterizzanti la figura ex lege), la nozione legale di dirigente prevale sulla definizione contrattuale solo se questa risulti piu’ restrittiva (Cass. 03/04/1992 n. 4103), situazione esclusa nel caso di specie nel quale il lavoratore lamenta, al contrario, “l’ampiezza” eccessiva della nozione di dirigente individuata dalla contrattazione collettiva.
6.5. La questione relativa alla scarsa rappresentativita’ delle associazioni sindacali che avevano sottoscritto il contratto aziendale, non specificamente affrontata dalla Corte di merito risulta inammissibile per novita’ non avendo la parte ricorrente dimostrato di averla ritualmente sollevata in prime cure e riproposta con il ricorso in appello (Cass. 09/08/2018 n. 20694; Cass. 28/01/2013 n. 1435; Cass. 28/07/2008 n. 20518; Cass. 20/10/2006 n. 22540).
6.6. Quanto sopra osservato esime dalla verifica relativa alla asserita natura meramente formale della qualifica attribuita ai Comandanti con il contratto aziendale la quale, anzi, e’ da ritenersi esclusa dalla circostanza che le parti collettive non si sono limitate alla mera attribuzione della qualifica dirigenziale ma hanno dimostrato di ricollegarla ad una ricognizione del contenuto delle corrispondenti mansioni di comandante (- autonomia e potere decisionale, e le funzioni esplicitate al fine di promuovere, coordinare e gestire la realizzazione degli obiettivi della impresa-) la cui valutazione non risulta puntualmente investita da censura.
7. Il terzo motivo di ricorso e’ infondato in relazione alla denunzia di omessa motivazione avendo la Corte di merito, sia pure in forma sintetica, argomentato che la specialita’ del rapporto dirigenziale giustificava l’applicazione della disciplina di cui al Decreto Legislativo 6 settembre 2001, n. 368, articolo 10, comma 4. La sentenza contiene, quindi, una effettiva esposizione delle ragioni che la sorreggono nel senso che le argomentazioni sviluppate consentono di ricostruire senza incertezze il percorso logico -giuridico alla base del decisum (Cass. Sez. Un. 03/11/2016 n. 22232).
7.1. Nel merito della questione di diritto posta dal motivo in esame occorre premettere che la giurisprudenza di questa Corte e’ consolidata nell’affermazione, coerente anche con la giurisprudenza costituzionale (Corte Cost. 3/4/1987 n. 96 e Corte Cost. 31/1/1991 n. 41), secondo la quale, dall’articolo 1 codice navale discende che nel settore marittimo l’operativita’ del diritto comune presuppone, salvo che sia diversamente disposto, la mancanza di norme poste in via diretta o ricavabili per analogia dalla disciplina speciale; in particolare in tema di rapporto di lavoro nautico e’ stato ribadito che la relativa disciplina configurante una legislazione speciale con proprie regole ispirate anche ad interessi pubblici costituisce un subsistema incardinato sull’articolo 1 c.n., che regola le fonti del diritto della navigazione. Anche in questo settore, percio’, l’operativita’ del diritto comune presuppone, salvo che sia diversamente disposto, la mancanza di norme poste in via diretta o ricavabili per analogia dalla disciplina speciale (Cass. 18/2/1995 n. 1741; Cass. 23/4/1991 n. 4386; Cass. 23/03/1989 n. 1479).
7.2. La giurisprudenza di questa Corte che, con riguardo allo specifico tema dell’applicabilita’ al rapporto di lavoro nautico della disciplina comune dei contratti a termine, ha indagato il rapporto tra la disciplina in tema di contratto a termine dettata dalla L. n. 230 del 1962 e la previsione dell’articolo 902 c.c. ha chiarito che il rapporto di lavoro a termine del personale navigante esula dall’ambito di applicazione della L. n. 230 del 1962 e successive modificazioni, attesa l’autonomia del diritto marittimo per la quale (articolo 1 c.n.) il ricorso alla legislazione di diritto comune puo’ aver luogo solo in via sussidiaria, ove manchino disposizioni del diritto della navigazione e non ve ne siano di applicabili per analogia, puntualizzando che la disciplina dettata dall’articolo 902 codice navale – norma applicabile nel periodo precedente l’entrata in vigore della L. n. 84 del 1986 (in tema di assunzione di personale a termine nelle aziende di trasporto aereo ed esercenti servizi aeroportuali) – pone, quale unica condizione di legittimita’ dell’apposizione del termine quella della specialita’ delle esigenze che determinano tale apposizione (Cass. 21/12/1990 n. 12118).
7.3. Tale specialita’ e’ senz’altro ravvisabile con riferimento al rapporto dirigenziale, caratterizzato da un profilo fiduciario, che giustifica una regolazione differenziata rispetto all’ordinario rapporto di lavoro in particolare con riferimento alla recedibilita’ ad nutum.
7.4. Questa Corte, con riferimento al Decreto Legislativo n. 368 del 2001, articolo 10, comma 4, cit., ha chiarito che esso si interpreta nel senso che il limite quinquennale ivi previsto non costituisce il termine finale massimo entro cui deve essere contenuto il rapporto, comprensivo di eventuali proroghe o rinnovi, bensi’ il vincolo di durata massima del singolo contratto esplicitamente sottolineando che il lavoro a termine non costituisce – limitatamente a detta categoria di prestatori deroga al principio generale della normale durata a tempo indeterminato del contratto e, conseguentemente, non sono applicabili le disposizioni che, in caso di superamento del termine massimo, ne comportano la conversione, senza che tale interpretazione, in considerazione della natura fiduciaria delle funzioni svolte e del peculiare ruolo di preminenza gerarchica e/o professionale assegnato, si ponga in contrasto con l’articolo 3 Cost. ovvero con la normativa Europea in materia (Cass. 10/07/2017 n. 17010).
7.5. In continuita’ con tali affermazioni che rimarcano la specialita’ del rapporto dirigenziale, deve concludersi che anche con riferimento al rapporto di lavoro disciplinato dal codice della navigazione, la natura dirigenziale conferisca allo stesso quella specialita’ che giustifica l’apposizione del termine.
7.6. A parziale modifica della motivazione sul punto della sentenza impugnata occorre, tuttavia, puntualizzare che il Decreto Legislativo n. 368 del 2001, articolo 10 cit. non viene in rilievo come norma direttamente regolante il rapporto in oggetto, che rimane assoggettato al codice della navigazione, ma come disciplina che concorre a conferire, unitamente ad altre previsioni dell’ordinamento lavoristico, un connotato di intrinseca specialita’ al rapporto di natura dirigenziale e che quindi legittima alla luce del comma 2 dell’articolo 902 codice navale l’apposizione del termine.
8. Il quarto motivo di ricorso e’ infondato. Dalla sentenza impugnata emerge che le critiche articolate con l’atto di appello al documento di valutazione rischi erano intese a contestare la possibilita’ di assegnare allo stesso una data certa antecedente a quella della stipula dei contratti a temine (v. sentenza pag. 7, in fine e pag. 8). A riguardo la sentenza impugnata oltre a rilevare la inammissibilita’ per tardivita’ delle contestazioni relative al documento di valutazione rischi ha richiamato l’accertamento del giudice di prime cure il quale sulla base del verbale di riunione sindacale aveva ritenuto comunque accertata la anteriorita’ del detto documento alla stipula del contratto a termine, con affermazione non specificamente investita da censura con l’atto di appello.
8.1. Parte ricorrente non si confronta con tale ultima autonoma ratio decidendi, in quanto incentra le proprie doglianze sulla valutazione di tardivita’ delle critiche formulate e sulla inadeguata valutazione del documento in questione che, in violazione del disposto dell’articolo 366 c.p.c., comma 1, n. 6 omette di trascrivere o riassumere nei suoi contenuti essenziali.
9. Da tutto quanto sopra consegue l’integrale rigetto del resto con condanna del soccombente al pagamento delle spese processuali.
10. Sussistono i presupposti per l’applicabilita’ del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese di lite che liquida in Euro 5.000,00 per compensi professionali, Euro 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15% e accessori come per legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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