Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|19 giugno 2024| n. 16886.
In tema di assegnazione della quota di TFR all’ex coniuge titolare di assegno divorzile
In tema di assegnazione della quota di TFR all’ex coniuge titolare di assegno divorzile, l’allegazione di essere coniuge divorziato titolare di assegno nei confronti del coniuge che ha maturato il TFR costituisce già allegazione minima essenziale e con l’allegazione della data di inizio attività e di termine della stessa vi è prova della maturazione, mentre è irrilevante la mancata liquidazione.
Ordinanza|19 giugno 2024| n. 16886. In tema di assegnazione della quota di TFR all’ex coniuge titolare di assegno divorzile
Data udienza 23 aprile 2024
Integrale
Tag/parola chiave: Divorzio – Assegno v Quota TFR – Prova – Maturato – Sussistenza – Liquidazione – Non necessaria
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, da atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, al competente ufficio di merito, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 -bis, dello stesso articolo 13.
REPUBBLICA ITALIANA
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. TRICOMI Laura – Presidente
Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere
Dott. DAL MORO Alessandra – Consigliere
Dott. RUSSO Rita Elvira Anna – Consigliere – Rel.
Dott. REGGIANI Eleonora – Consigliere
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 11140/2023 R.G. proposto da:
Gi.Ro., rappresentata e difesa dall’avvocato FE.AN. (Omissis)
– ricorrente –
Contro
Fr.Ar.
– intimato –
Avverso il DECRETO della CORTE D’APPELLO di CATANZARO n. 1302/2022 depositata il 07/03/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 23/04/2024 dal Consigliere RITA ELVIRA ANNA RUSSO.
In tema di assegnazione della quota di TFR all’ex coniuge titolare di assegno divorzile
RILEVATO CHE
L’odierna ricorrente, coniuge divorziato di Fr.Ar., ha chiesto al Tribunale di Catanzaro, per quanto qui di interesse, il riconoscimento del diritto a percepire una quota del trattamento di fine rapporto spettante all’ex coniuge, ai sensi dell’art. 12- bis della Legge 898/1970. Il Tribunale ha respinto la domanda. La ricorrente ha interposto reclamo che la Corte d’appello di Catanzaro ha respinto. Gi.Ro. ha proposto ricorso per revocazione deducendo che la Corte d’appello non aveva esaminato le Certificazioni Uniche INPS 2021 e 2022 da lei prodotte alla udienza di trattazione scritta, da cui risulta incontestabilmente che ad Fr.Ar. era stata erogata, a titolo di trattamento di fine rapporto, la somma netta di Euro 43.907,01 nel 2020 e la somma netta di Euro 39.520,48 nel 2021, nonché la data di inizio rapporto di lavoro (18.12.1986) e la data della sua cessazione (8.9.2019); inoltre deduceva che dagli atti di causa emerge la data del matrimonio (16.6.1991) e quella della cessazione del matrimonio (21.4.2010).
La Corte di merito ha respinto la domanda di revocazione ritenendo che essa tenda a censurare un errore di giudizio poiché il precedente giudicante pronunciando su un punto controverso – ovvero la fondatezza o meno della domanda della Gi.Ro. ad ottenere la percentuale spettantele per Legge (essendo ella titolare di assegno divorzile) del TFS dell’ex coniuge, collocatosi in quiescenza dall’8 settembre 2019 – dopo aver ritenuto la domanda astrattamente ammissibile quanto al rito, la aveva rigettata per genericità compiendo, dunque, una argomentata valutazione della questione controversa, delle allegazioni di parte e degli elementi di prova offerti, giungendo a ritenerli inidonei a consentire la delibazione della domanda stessa.
Avverso il predetto provvedimento ha proposto ricorso per cassazione Gi.Ro., affidandosi ad un motivo. Non si è costituito l’intimato.
In tema di assegnazione della quota di TFR all’ex coniuge titolare di assegno divorzile
RITENUTO CHE
1. – Con il primo e unico motivo di ricorso si lamenta la violazione o falsa applicazione dell’art. 395, c. 1 n. 4 c.p.c. avendo la Corte d’appello di Catanzaro rigettato il ricorso per revocazione perché l’errore rilevato non integrerebbe un errore di fatto e, quindi, motivo di revocazione ex art. 395, c. 1 n. 4 c.p.c. bensì un errore di giudizio. La ricorrente deduce di avere fornito nel corso di causa tutta la documentazione utile per l’individuazione della quota di trattamento di fine rapporto ad ella spettante e, quindi, per l’accoglimento della domanda. Inoltre, deduce che non erano state mosse contestazioni da controparte sul fatto di aver maturato il diritto, che dagli atti si desumeva la durata del matrimonio e dai documenti da essa allegati la durata del rapporto lavorativo; di conseguenza, la Corte sarebbe incorsa in un errore di fatto perché ha giudicato dando per inesistenti documenti che erano invece allegati agli atti.
2. – Il motivo è fondato.
La Corte di merito si esprime per affermazioni stereotipate, tanto nel provvedimento revocando che nella decisione sulla revocazione, la quale rivela, peraltro, una frettolosa lettura del provvedimento revocando, pur riportato per intero nella motivazione.
La Corte d’appello di Catanzaro, nel provvedimento di cui è stata chiesta la revocazione, così si era espressa: “La domanda, invero, è stata formulata in modo generico e risulta sfornita delle indicazioni minime per la sua valutazione: non è stato chiarito se il t.f.r. sia stato liquidato, quale sia il periodo di attività lavorativa coincidente con gli anni di matrimonio, se il trattamento sia stato corrisposto. Né, in assenza di allegazione dei presupposti di fatto della domanda, i relativi accertamenti possono essere demandati, per come richiesto dalla reclamante, al giudice. Ne discende l’inadempimento dell’onere probatorio gravante in capo alla reclamante”. Questa formula, con la quale il giudicante si limita ad affermare – in sostanza- che la odierna ricorrente nulla ha allegato e provato, è stata ritenuta dal giudice adito con istanza revocatoria “una argomentata valutazione della questione controversa, delle allegazioni di parte e degli elementi di prova offerti, giungendo a ritenerli inidonei a consentire la delibazione della domanda stessa”.
Così operando la Corte d’appello non si è avveduta che affermare l’assenza di allegazioni e di prove e ritenerle non idonee sono due cose ben diverse: nel primo caso si afferma un fatto, e cioè che mancano negli atti difensivi determinate affermazioni e nel fascicolo di parte i correlativi documenti, e quindi nessun esame viene eseguito perché il quid da valutare non c’è; nel secondo si formula un giudizio e cioè una volta viste ed esaminate le allegazioni e le prove, si valuta se sono idonee o meno a fondare l’accoglimento della domanda.
2.1. – Il provvedimento revocando si fonda sulla affermazione che la domanda fosse “sfornita” delle “indicazioni minime” utili alla sua valutazione, id est sulla affermazione della insussistenza in atti di allegazioni e documenti probatori. Tuttavia già la allegazione di essere coniuge divorziato avente diritto ad assegno di divorzio da parte di soggetto che ha maturato il trattamento di fine rapporto costituisce allegazione minima essenziale; e se in atti vi erano le certificazioni uniche che attestavano la data di inizio dell’attività lavorativa, il suo termine e la liquidazione del trattamento di fine rapporto, non poteva affermarsi che la ricorrente non avesse chiarito se il trattamento di fine rapporto era stato corrisposto e liquidato, poiché i documenti avrebbero dovuto essere esaminati e valutati anziché supposti come inesistenti. Ciò, a maggior ragione, ove si consideri che vi erano fatti non contestati (l’avere l’ex coniuge maturato il diritto al trattamento di fine rapporto), fatti desumibili dalla sentenza di divorzio (durata del matrimonio) e fatti accertati dallo stesso giudice e cioè la spettanza dell’assegno di divorzio, mentre la avvenuta liquidazione e percezione del trattamento di fine rapporto da parte del titolare è solo una condizione di esigibilità e non osta a che venga accertato il diritto dell’ex coniuge percepire la quota di sua spettanza qualora questi sia titolare di assegno di divorzio e non passato a nuove nozze (Cass. n. 24403 del 08/08/2022; Cass. n. 4499 del 19/02/2021).
La Corte d’appello nell’affermare che la domanda è “sfornita delle indicazioni minime per la sua valutazione” e che gli accertamenti “non possono essere demandati al giudice” mostra chiaramente di ignorare che in atti vi erano documenti probatori, ragionando come se nessuna produzione documentale fosse stata offerta, così come mostra di ignorare la sussistenza di allegazioni già esistenti in atti e di elementi probatori già ritualmente acquisti al processo.
3. – L’errore in cui è incorsa la Corte d’appello pertanto non è – diversamente da quanto ritenuto nella sentenza impugnata – un errore di giudizio, poiché nulla ha valutato la Corte di merito se non la pretesa assenza delle allegazioni e degli elementi probatori; si tratta di un errore di fatto, consistente in una falsa percezione della realtà, e cioè in sostanza nell’affermazione che mancassero in atti gli elementi a supporto della domanda. Deve qui ricordarsi che la affermazione circa l’inesistenza, nei fascicoli processuali (d’ufficio o di parte), di un documento che, invece, risulti esservi incontestabilmente inserito, non si concreta in un errore di giudizio, bensì in una mera svista di carattere materiale, costituente errore di fatto e, quindi, motivo di revocazione a norma dell’art. 395, n. 4, c.p.c. (Cass. 28/09/2016, n.19174; Cass. n. 1562 del 26/01/2021)
3.1. – Sulla decisività dell’errore è appena il caso di soffermarsi, dal momento che un documento idoneo a dimostrare che il trattamento di fine rapporto è stato non solo maturato ma anche percepito, nonché la data di inizio e fine del rapporto, completa il quadro degli elementi essenziali già a conoscenza della Corte d’appello e cioè l’essere la richiedente titolare di assegno divorzile.
Ha pertanto errato la Corte d’appello a ritenere che vi sia stata “una argomentata valutazione della questione controversa, delle allegazioni di parte e degli elementi di prova offerti” in quanto nessuna valutazione è stata fatta né delle allegazioni essenziali né del materiale probatorio o dei fatti non contestati.
Ne consegue, in accoglimento del ricorso, la cassazione del decreto impugnato e il rinvio alla Corte d’appello di Catanzaro in diversa composizione, affinché, ritenuto l’errore revocatorio, proceda ad un nuovo esame della domanda alla luce dei principi sopra indicati. La Corte d’appello provvederà anche sulle spese in esse comprese quelle del giudizio di legittimità.
Oscuramento dati personali.
In tema di assegnazione della quota di TFR all’ex coniuge titolare di assegno divorzile
P.Q.M.
– Accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione cassa il decreto impugnato e rinvia per un nuovo esame alla Corte di appello di Catanzaro in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
– In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri titoli identificativi a norma dell’art. 52 D.Lgs. 196/2003.
Così deciso in Roma, il 23 aprile 2024.
Depositato in Cancelleria il 19 giugno 2024.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
Le sentenze sono di pubblico dominio.
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