Corte di Cassazione, sezione sesta penale, sentenza 20 aprile 2018, n. 17996.
Il delitto di appropriazione indebita e’ reato istantaneo, che si consuma con la prima condotta appropriativa e cioe’ nel momento in cui l’agente compia un atto di dominio sulla cosa con la volonta’ espressa o implicita di tenere questa come propria.
Il reato di intestazione fittizia o di fraudolento trasferimento di denaro, beni o altra utilita’ al fine di agevolare la commissione del delitto di riciclaggio, avendo una sua autonoma e distinta valenza strumentale, concorre con il riciclaggio di denaro provento di attivita’ illecite, in quanto e’ ad esso funzionale.
Sentenza 20 aprile 2018, n. 17996
Data udienza 20 marzo 2018
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PAOLONI Giacomo – Presidente
Dott. TRONCI Andrea – Consigliere
Dott. AGLIASTRO Mirella – Consigliere
Dott. CRISCUOLO Anna – rel. Consigliere
Dott. CALVANESE Ersilia – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato il (OMISSIS);
avverso l’ordinanza del 26/06/2017 del TRIB. LIBERTA’ di REGGIO CALABRIA;
sentita la relazione svolta dal Consigliere Dott.ssa CRISCUOLO ANNA;
sentite le conclusioni del P.G. Dott. CANEVELLI PAOLO, che ha concluso per il rigetto.
RITENUTO IN FATTO
1. Il Tribunale di Reggio Calabria ha respinto l’istanza di riesame proposta nell’interesse di (OMISSIS) avverso l’ordinanza del 17 maggio 2017 con la quale il G.i.p. del Tribunale di Palmi le aveva applicato l’obbligo di dimora nel comune di residenza per i reati di partecipazione ad associazione per delinquere, fittizia intestazione di beni e riciclaggio.
La gravita’ indiziaria e’ stata desunta dalle indagini avviate nel giugno 2011 dalla Guardia di Finanza a carico della (OMISSIS), dalle risultanze delle intercettazioni telefoniche ed ambientali e dall’esito della rogatoria svizzera, attestante l’esistenza di conti correnti, societa’ fiduciarie e conti cifrati, riferibili al (OMISSIS) ed alla figlia (OMISSIS), sui quali erano confluite le ingenti somme, pari a circa 8 milioni di Euro, sottratte all’imposizione fiscale e provento di appropriazione indebita aggravata ai danni della (OMISSIS) s.r.l., in particolare, provento di vendite in nero o di fatturazioni per operazioni inesistenti, confermate dalla documentazione rinvenuta e dalle dichiarazioni dei clienti della societa’.
L’indagata, dipendente della societa’, aveva contribuito alla realizzazione del programma illecito, in quanto, essendo intestataria di conti correnti sui quali transitavano i fondi neri della societa’, effettuava o consentiva ad altri dipendenti di compiere operazioni di prelevamento e di negoziazione di assegni per occultare l’origine illecita delle somme; si era accertato che i conti venivano progressivamente svuotati con emissione di assegni, monetizzati per prelevare contante, spessissimo in banconote di grosso taglio, e che i carnet di assegni erano in possesso dell’addetta alla contabilita’, che aveva delega ad operare sui conti ed effettuava prelevamenti, su disposizione del (OMISSIS), al quale veniva consegnato il danaro.
Il Tribunale ha escluso che i dipendenti, pur consapevoli della provenienza illecita delle somme, concorressero nell’appropriazione indebita, ascrivibile al solo (OMISSIS), unico a poter imporre ai clienti di pagare in nero o di pagare ai suoi dipendenti, con conseguente configurabilita’ a loro carico dei delitti di riciclaggio e di intestazione fittizia di beni; ha ritenuto sussistente la gravita’ indiziaria anche per il reato associativo, essendo emersa la consapevolezza dell’indagata dei meccanismi illeciti ed il coinvolgimento in settori strategici, quali l’ufficio estero, nonche’ accertato l’aiuto prestato al (OMISSIS) per eludere le indagini in ordine ai rapporti fittizi tra la societa’ ed altra societa’ americana, distruggendo la documentazione relativa a conti esteri del (OMISSIS) e ricevendo presso la propria abitazione documentazione relativa a conti aperti dal (OMISSIS) in (OMISSIS).
Sul piano delle esigenze cautelari il Tribunale ha ravvisato sia il pericolo di inquinamento probatorio che di reiterazione, stante la perdurante operativita’ della (OMISSIS) s.r.l., l’esistenza di fondi esteri ancora da individuare e la prolungata collaborazione prestata al (OMISSIS).
2. Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso il difensore della (OMISSIS), che articola i seguenti motivi:
2.1 violazione dell’articolo 416 cod. pen., L. n. 356 del 1992, articolo 12 quinquies, articoli 648 bis e 157 cod. pen. e vizio di motivazione.
Si sostiene che il Tribunale avrebbe errato nell’anticipare il perfezionamento del reato di appropriazione indebita al momento della disposizione patrimoniale e non all’atto dell’interversione del possesso, in quanto la vendita in nero o la disposizione del credito della (OMISSIS) non esprime la volonta’ di farle proprie, cosicche’ nel momento in cui le somme transitavano sui conti della ricorrente il reato presupposto di appropriazione indebita non si era ancora consumato, con conseguente esclusione dell’articolo 648 bis cod. pen., atteso che il riciclatore riceve il profitto di un reato consumato. Neppure puo’ ritenersi consumato il reato fiscale, che si consuma al momento della presentazione della falsa dichiarazione dei redditi, con la conseguenza che si e’ in presenza di condotte prodromiche a tali reati, mancando peraltro, in capo al (OMISSIS) il possesso delle somme in assenza della condotta della (OMISSIS).
Il Tribunale non motiva sul punto, non considera che l’appropriazione indebita si realizza solo attraverso il meccanismo ideato, che consentiva di prelevare le somme dal conto della ricorrente e consegnarle al (OMISSIS), e cade in contraddizione quando afferma che la ricorrente si e’ attenuta alle direttive del suo datore di lavoro, escludendo il dolo del concorso nell’appropriazione indebita, ma non anche il dolo del riciclaggio e della partecipazione associativa. Inoltre, il Tribunale erra nel ritenere il concorso tra il reato associativo e il riciclaggio, per essere il reato associativo in grado di generare profitti con conseguente non configurabilita’ del riciclaggio e del reato di intestazione fittizia di beni, comunque, insussistenti per mancanza dell’elemento soggettivo;
2.2 violazione dell’articolo 273 cod. proc. pen. in relazione all’articolo 416 cod. pen., in quanto la condizione della ricorrente di mera esecutrice delle disposizioni del (OMISSIS) sarebbe sufficiente ad escluderne la partecipazione all’associazione, al pari della mancata percezione di profitti;
2.3 violazione dell’articolo 274 cod. proc. pen. e vizio di motivazione per avere il Tribunale ravvisato il pericolo di inquinamento probatorio anche in presenza di dati cristallizzati, documentali e intercettivi, e di reiterazione senza tener conto della distanza temporale dai fatti, risalenti al 2013, e ravvisando il pericolo di recidiva solo nell’aver aiutato il (OMISSIS);
2.4 violazione di legge in relazione all’aggravante di cui alla L. n. 146 del 2006, articolo 4 e omessa motivazione sul punto, non avendo il Tribunale considerato che il (OMISSIS) sarebbe partecipe sia del primo gruppo che del gruppo criminale organizzato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso e’ infondato, ai limiti dell’inammissibilita’, e va rigettato per le ragioni di seguito illustrate.
2. Del tutto infondato e’ il motivo relativo al concorso della ricorrente nel delitto presupposto di appropriazione indebita.
Le censure del ricorrente muovono da un presupposto erroneo, in quanto trascurano che l’appropriazione indebita contestata e’ commessa in danno della societa’ con la conseguenza che il reato si consuma, come correttamente ritenuto dal Tribunale, gia’ nel momento in cui il (OMISSIS) disponeva dei crediti della societa’, derivanti dalle vendite in nero, autorizzando i clienti a pagare in contanti o con assegni da versare sui conti dei dipendenti, tra cui quelli intestati alla ricorrente. Gia’ in tale momento il (OMISSIS) disponeva di tali proventi come se fossero di sua spettanza e non della societa’, realizzando con tale disposizione distrattiva l’interversione del possesso, tipica del reato di appropriazione indebita.
La valutazione e’ corretta e conforme all’orientamento di questa Corte, secondo il quale il delitto di appropriazione indebita e’ reato istantaneo, che si consuma con la prima condotta appropriativa e cioe’ nel momento in cui l’agente compia un atto di dominio sulla cosa con la volonta’ espressa o implicita di tenere questa come propria (Sez. 2, n. 40870 del 20/06/2017, Narducci, Rv. 271199).
Anche la circostanza che la ricorrente si limitasse ad eseguire le disposizioni del suo datore di lavoro risulta erroneamente interpretata nel ricorso, avendo il Tribunale chiarito che in alcun modo la ricorrente, per posizione, potesse intervenire o concorrere nella decisione distrattiva, spettante unicamente al (OMISSIS), amministratore della societa’, pur essendo consapevole della finalita’ distrattiva e della provenienza illecita delle somme transitate sui conti correnti a lei intestati. In tale prospettiva e’ evidente l’inconsistenza della tesi difensiva della mancata appropriazione delle somme da parte della ricorrente, che doveva solo consentire ed agevolare, schermandone la provenienza illecita, l’incameramento da parte del (OMISSIS).
2. La ricostruzione delle modalita’ operative dell’ingranaggio ideato e realizzato dal (OMISSIS), per sua stessa ammissione (pag. 17-18 dell’ordinanza), con il concorso dei familiari e dei dipendenti, e la documentazione acquisita dimostrano che sin dal 2006 sul conto acceso a nome della ricorrente sono transitate somme per oltre 370 mila Euro; che all’estinzione del conto nell’aprile 2009 corrispose l’accensione di altro conto, sul quale risultano transitati oltre 277 mila Euro prima dell’estinzione, avvenuta il 9 maggio 2011, cosicche’ i conti, alimentati da fondi di provenienza illecita, venivano progressivamente svuotati mediante l’emissione di assegni in proprio favore o in favore di altri dipendenti, contestualmente monetizzati allo sportello con prelevamento delle somme in contanti, destinate al (OMISSIS).
Tale meccanismo correttamente e’ stato ritenuto integrare i reati contestati di intestazione fittizia e di riciclaggio, sorretti da dolo, in ragione dell’anomalia delle operazioni descritte e dell’insostenibilita’ della tesi dell’assenza di consapevolezza della ricorrente, che vedeva versare sui propri conti assegni dei clienti della (OMISSIS) s.r.l. senza averne titolo, e li monetizzava, girandoli a se stessa o ad altri dipendenti per la successiva consegna al (OMISSIS).
Precisato che la L. n. 356 del 1992, articolo 12 quinquies punisce la fittizia intestazione, comunque commessa, di un bene ad un qualsiasi soggetto terzo, al fine di eludere le disposizioni in materia di misure di prevenzione patrimoniali o di agevolare la commissione dei reati di riciclaggio, come ritenuto da questa Corte, il reato e’ configurabile in capo all’autore del delitto presupposto, il quale attribuisca fittiziamente ad altri la titolarita’ o la disponibilita’ di denaro, beni o altre utilita’, di cui rimanga effettivamente “dominus”, al fine di agevolare una successiva circolazione nel tessuto finanziario, economico e produttivo (Sez. un. n. 25191 del 27/02/2014, Iavarazzo, Rv. 259590) come avvenuto nel caso di specie.
E’ altrettanto pacifico che il reato di intestazione fittizia o di fraudolento trasferimento di denaro, beni o altra utilita’ al fine di agevolare la commissione del delitto di riciclaggio, avendo una sua autonoma e distinta valenza strumentale, concorre con il riciclaggio di denaro provento di attivita’ illecite, in quanto e’ ad esso funzionale: una volta dimostrato, come nel caso di specie, il concorso della ricorrente con il (OMISSIS) nell’intestazione fittizia, avendo la stessa accettato l’intestazione fittizia di conti correnti per creare una evidenza formale difforme dalla realta’ con la finalita’ di schermare la provenienza illecita del danaro e di agevolare la commissione del successivo delitto di riciclaggio del denaro, nella ragionevole previsione della possibilita’ di realizzare le operazioni economiche utili per effettuare il riciclaggio, deve ritenersi realizzata la condotta tipica di entrambi i reati.
3. Infondato nonche’ generico e’ il motivo relativo alla configurabilita’ del reato associativo a fronte dell’ampia ed esaustiva motivazione offerta dal Tribunale, che ha illustrato la pluralita’ di elementi sui quali e’ fondata la partecipazione della ricorrente e la chiara consapevolezza dei meccanismi illeciti utilizzati dal gruppo per consentire al (OMISSIS) di accumulare enormi ricchezze illecite, frodando il fisco ed esportando capitali all’estero, concretamente emergente dalle conversazioni intercettate e dalle attivita’ compiute dall’indagata per tutelare, anche in costanza di indagini, il (OMISSIS) ed i fondi esteri, integranti un piu’ che concreto contributo alla realizzazione e consolidamento dei risultati e dei profitti illeciti conseguiti (pagine da 25 a 35).
4. Parimenti infondato, oltre che generico, e’ il motivo relativo alla sussistenza dell’aggravante transnazionale, risultando dimostrata l’esistenza di gruppi organizzati, operanti stabilmente all’estero, distinti dall’associazione costituita in Italia e funzionali a realizzare le operazioni finanziarie estere di riciclaggio (pagina 35 dell’ordinanza impugnata).
Non essendovi sovrapposizione ne’ immedesimazione dell’associazione con il gruppo organizzato, che ha fornito un rilevante contributo per la commissione dei reati fine, l’aggravante e’ correttamente ritenuta sussistente per ragioni oggettive, riferendosi alla sfera di azione di un gruppo organizzato operante in piu’ di uno stato; ne’ e’ di ostacolo alla configurabilita’ dell’aggravante la circostanza che dei due gruppi faccia parte il (OMISSIS), atteso che l’eventuale responsabilita’ non discende solo dall’appartenenza al sodalizio criminoso, ma dall’aver fornito un contributo materialmente o moralmente rilevante, secondo i comuni principi in tema di concorso di persone nel reato (Sez. 5, n.7641 del 17/11/2016 dep. 2017, Merisio, Rv. 269371).
5. Infondato e’ anche il motivo relativo alle esigenze cautelari, avendo il Tribunale giustificato la valutazione sia sul piano dell’inquinamento probatorio che della reiterazione dei reati, nonostante si tratti di fatti risalenti, in ragione dell’attivita’ di occultamento di prove e di agevolazione posta in essere dalla ricorrente nel corso degli anni e, come gia’ detto, persino nel corso delle indagini.
La prognosi negativa formulata risulta concretamente ancorata all’operativita’ ancora attuale della societa’ ed all’attivita’ di indagine ancora in corso, diretta ad individuare i conti esteri del (OMISSIS), non ancora rintracciati, e soprattutto, al rapporto fiduciario, che lega l’indagata al datore di lavoro e che, alla luce della protrazione della condotta agevolativa per un lungo periodo di tempo e della pluralita’ e reiterazione della stessa nel tempo, giustifica l’intervento cautelare.
Al rigetto del ricorso consegue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.
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