Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|6 settembre 2022| n. 26214.

Il principio della ragione più liquida

Il principio della “ragione più liquida”, imponendo un approccio interpretativo con la verifica delle soluzioni sul piano dell’impatto operativo, piuttosto che su quello della coerenza logico sistematica, consente di sostituire il profilo di evidenza a quello dell’ordine delle questioni da trattare, di cui all’articolo 276 cod. proc. civ., in una prospettiva aderente alle esigenze di economia processuale e di celerità del giudizio, costituzionalizzata dall’articolo 111 Cost., con la conseguenza che la causa può essere decisa sulla base della questione ritenuta di più agevole soluzione – anche se logicamente subordinata – senza che sia necessario esaminare previamente le altre (Nel caso di specie, relativo ad un’azione risarcitoria promossa dal conduttore di un bene immobile adibito ad uso commerciale nei confronti del locatore ritenuto responsabile del danneggiamento della merce ivi depositata e destinata alla vendita, la Suprema Corte, rigettando il ricorso, ha ritenuto incensurabile la sentenza impugnata con la quale la corte del merito, nel riformare la decisione di prime cure con il rigetto della domanda risarcitoria, avvalendosi della ragione più liquida, identificata nel difetto di prova del danno in ordine al “quantum debeatur”, aveva, di conseguenza, ritenuto superfluo esaminare gli ulteriori motivi d’appello). (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezione civile V, ordinanza 9 gennaio 2019, n. 363; Cassazione, sezione civile V, sentenza 11 maggio 2018, n. 11458; Cassazione, sezione civile VI, sentenza 28 maggio 2014, n. 12002).

Ordinanza|6 settembre 2022| n. 26214. Il principio della ragione più liquida

Data udienza 21 giugno 2022

Tag/parola chiave: Procedimento civile – Sentenza – Ordine delle questioni – Principio della “ragione più liquida” – Applicabilità – Conseguenze – Deroga alla trattazione delle questioni secondo l’ordine ex art. 276 c.p.c. – Ammissibilità – Fattispecie relativa a controversia insorta in materia locatizia. (Cost, articoli 24 e 111; Cpc, articoli 112 e 276)

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente
Dott. GRAZIOSI Chiara – rel. Consigliere

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere

Dott. CONDELLO Pasqualina A. P. – Consigliere

Dott. ROSSELLO Carmelo C. – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 18578/2019 proposto da:
(OMISSIS) s.n.c., elettivamente domiciliata in (OMISSIS) presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), in persona dei procuratori generali (OMISSIS) ed (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS) presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS);
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1868/2018 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA, depositata il 6 dicembre 2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 21 giugno 2022 dal Consigliere Dott. CHIARA GRAZIOSI.

RILEVATO

che:
(OMISSIS), con contratto del 12 gennaio 2000, concedeva in locazione un suo immobile composto da “negozio, laboratorio, deposito, abitazione e giardino” a (OMISSIS) s.n.c., immobile del quale il 20 gennaio 2009 venivano allagate cantina e anticantina per “sfilamento/rottura” (per vizio strutturale dell’impianto) del tubo raccogliente le acque dalle pompe idrovore per precipitazioni avvenute quel giorno, con conseguenti danni – che ad avviso della conduttrice sarebbero stati irrimediabili – alla merce ivi depositata e destinata alla vendita. La conduttrice pertanto chiedeva al locatore il risarcimento dei danni, senza ottenerlo.
Con atto di citazione notificato l’8 marzo 2013 (OMISSIS) conveniva allora il (OMISSIS) davanti al Tribunale di Bergamo perche’ fosse condannato al risarcimento nei suoi confronti di danni nella misura di Euro 14.024,44, poi ridotta comparsa conclusionale a Euro 11.449,72; il convenuto si costituiva resistendo.
Il Tribunale di Bergamo, con sentenza del 25 febbraio 2016, condannava il (OMISSIS) a risarcire a controparte i danni nella misura di Euro 10.449,72 oltre interessi dalla domanda al saldo e spese di lite, ritenendo che il tubo fosse parte delle macchine idrovore, necessarie per godere l’immobile e per cui il locatore proprietario avrebbe avuto obbligo di manutenzione.
Il (OMISSIS) proponeva appello, cui (OMISSIS) resisteva.
La Corte d’appello di Brescia, con sentenza del 6 dicembre 2018, accoglieva il gravame, rigettando la domanda risarcitoria e condannando l’appellata alla restituzione di quanto ricevuto. In particolare, avendo il (OMISSIS) lamentato tra l’altro che erroneamente il giudice di prime cure aveva ritenuto provati i danni in base al un mero elenco fornito da controparte, la corte territoriale si avvaleva della ragione piu’ liquida, identificandola nel difetto di prova del danno in ordine al quantum, per essersi appunto il Tribunale basato soltanto sull’elenco dei beni danneggiati redatto unilateralmente da (OMISSIS); disattendeva comunque le conferme dei testimoni, che avrebbero reso dichiarazioni soltanto generiche e contraddittorie, e osservava che sarebbe stato giustificato disporre un accertamento tecnico preventivo, peraltro non richiesto.
(OMISSIS) ha depositato ricorso, da cui si sono difesi con controricorso, quali procuratori generali di (OMISSIS), (OMISSIS) ed (OMISSIS), che hanno pure depositato memoria.

CONSIDERATO

che:
Il ricorso si articola in due motivi.
1.1 Il primo motivo denuncia, in riferimento all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4, violazione dell’articolo 112 c.p.c.
Fondandosi sull’asserita mancanza di prova in ordine al quantum del danno, il giudice d’appello avrebbe ritenuto superfluo esaminare gli ulteriori motivi d’appello. In tal modo non avrebbe accertato se “lo “slittamento” del tubo” causante l’allagamento fosse stato o meno originato da un vizio strutturale dell’impianto idrovoro e/o da un difetto di manutenzione da parte del locatore, come ritenuto dal primo giudice. Si sarebbe in tal modo violato l’articolo 112 c.p.c. quanto alla corrispondenza tra chiesto e pronunciato, che avrebbe investito pure le domande implicite.
Il principio della ragione piu’ liquida sarebbe poi inconferente, poiche’ applicabile “solo di fronte a una questione pregiudiziale di rito assorbita da una questione di merito”. Ma anche qualora si ammettesse l’utilizzabilita’ della ragione piu’ liquida pure per questioni preliminari di merito (articolo 187 c.p.c., comma 2), l’accertamento del fatto suddetto non sarebbe stata una mera questione preliminare di merito, essendo semmai una vera domanda attorea, esplicita o implicita.
1.2 Dinanzi a questa prima censura, i controricorrenti obiettano che la ragione piu’ liquida non sarebbe ristretta come sostiene la ricorrente, bensi’ sarebbe stata correttamente applicata dal giudice d’appello, tale strumento sostituendo l’evidenza all’ordine delle questioni.
La giurisprudenza di questa Suprema Corte consente in effetti di applicare il principio della ragione piu’ liquida come lo ha applicato il giudice d’appello nel caso in esame, non ricorrendo d’altronde l’assorbimento, da parte di una questione di merito utilizzata come ragione piu’ liquida, di una questione di rito.
S.U. 8 maggio 2014 n. 9936 ha espressamente enunciato il seguente principio: “In applicazione del principio processuale della “ragione piu’ liquida” desumibile dagli articoli 24 e 111 Cost. – deve ritenersi consentito al giudice esaminare un motivo di merito, suscettibile di assicurare la definizione del giudizio, anche in presenza di una questione pregiudiziale. (Nella specie, la S.C., sebbene il ricorrente avesse formulato l’eccezione di difetto di giurisdizione del giudice italiano, ha dichiarato l’infondatezza di una domanda risarcitoria ex articolo 2051 c.c., avendo ravvisato l’origine dell’evento dannoso in una utilizzazione impropria della “res” da parte del danneggiato).”
E proprio come hanno obiettato i controricorrenti, questa Suprema Corte gia’ da tempo ha riconosciuto la natura sostitutiva della ragione piu’ liquida all’ordinaria “scala” delle questioni, considerata anche la pregnanza costituzionale di un siffatto strumento, idoneo a facilitare, e dunque accelerare, la decisione, id est proteggendo il valore costituzionale della ragionevole durata del giusto processo (cfr., sulla scorta dell’intervento delle Sezioni Unite appena richiamato, Cass. sez. 6 – L, 28 maggio 2014 n. 12002: “Il principio della “ragione piu’ liquida”, imponendo un approccio interpretativo con la verifica delle soluzioni sul piano dell’impatto operativo, piuttosto che su quello della coerenza logico sistematica, consente di sostituire il profilo di evidenza a quello dell’ordine delle questioni da trattare, di cui all’articolo 276 c.p.c., in una prospettiva aderente alle esigenze di economia processuale e di celerita’ del giudizio, costituzionalizzata dall’articolo 111 Cost., con la conseguenza che la causa puo’ essere decisa sulla base della questione ritenuta di piu’ agevole soluzione – anche se logicamente subordinata – senza che sia necessario esaminare previamente le altre.”; successivamente si sono posti sulla medesima linea, tra gli arresti massimati, Cass. sez. 5, 11 maggio 2018 n. 11458 e Cass. sez. 5, ord. 9 gennaio 2019 n. 363).
Sussiste, invero, un’opzione interpretativa che ancora valorizza, nell’applicazione dell’istituto della ragione piu’ liquida, la distinzione tra questioni di rito e questioni di merito (v. Cass. sez. 6-3, ord. 26 novembre 2019 n. 30745: “L’ordine di trattazione delle questioni, imposto dall’articolo 276 c.p.c., comma 2, mentre lascia libero il giudice di scegliere, tra varie questioni di merito, quella che ritiene “piu’ liquida”, gli impone, per contro, di esaminare per prime le questioni pregiudiziali di rito rispetto a quelle di merito. La violazione di tale regola costituisce una causa di nullita’ del procedimento che e’, tuttavia, sanata se non venga fatta valere con l’impugnazione o, nel caso in cui la parte che ne risulti svantaggiata sia quella vittoriosa in primo grado ed appellata, con l’appello incidentale.”), ma nel caso in esame, trattandosi esclusivamente di questioni di merito, non e’ pertinente.
Il primo motivo pertanto risulta infondato.
2.1 Il secondo motivo denuncia, in riferimento all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, omesso esame di fatto discusso e decisivo.
La domanda risarcitoria sarebbe derivata dalla domanda di accertamento: “anche nel caso di negazione dell’esistenza dei danni” si sarebbe dunque creata una soccombenza reciproca, per cui avrebbe dovuto disporsi la compensazione totale o parziale delle spese di lite, ex articolo 92 c.p.c., comma 1.
2.2 Il motivo e’ manifestamente infondato, in quanto, nel caso in esame, non fu presentata una domanda generica, cioe’ sull’an debeatur separata da quella relativa all’accertamento del quantum debeatur; e d’altronde la domanda di condanna specifica al risarcimento del danno costituisce un’unica domanda giudiziale, non generando due distinti capi di domanda, appunto sull’an debeatur e sul quantum debeatur (Cass. sez. 2, 26 aprile 2012 n. 6517; e cfr. da ultimo, sulle tematiche di interpretazione dell’articolo 278 c.p.c., l’ampio esame offerto in motivazione, nelle pagine 26 ss., da Cass. sez. 3, ord. 3 giugno 2022 n. 17984, non ancora massimata).
3. In conclusione, il ricorso deve essere rigettato, con conseguente condanna della ricorrente alla rifusione a controparte delle spese processuali, liquidate come da dispositivo, quantificate le spese vive nella misura indicata nella “Nota spese” prodotta dal controricorrente.
Seguendo l’insegnamento di S.U. 20 febbraio 2020 n. 4315 si da’ atto, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis se dovuto.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente a rifondere a controparte le spese processuali, liquidate in un totale di Euro 3000, oltre a Euro10,58 per spese vive, al 15% per spese generali e agli accessori di legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis se dovuto.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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