Corte di Cassazione, sezione quarta penale, Sentenza 27 settembre 2018, n. 42506.
La massima estrapolata:
Il giudizio del tribunale del riesame sull’inadeguatezza degli arresti domiciliari a contenere il pericolo della reiterazione criminosa, per la sua natura di valutazione assorbente e pregiudiziale, costituisce pronuncia implicita sulla impossibilita’ di impiego di uno degli strumenti elettronici di controllo a distanza previsti dall’articolo 275-bis cod. proc. pen.
Sentenza 27 settembre 2018, n. 42506
Data udienza 11 luglio 2018
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUARTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. IZZO Fausto – Presidente
Dott. TORNESI Daniela Rita – Consigliere
Dott. BELLINI Ugo – Consigliere
Dott. CENCI Daniele – Consigliere
Dott. PAVICH Giuseppe – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS) nato a (OMISSIS);
(OMISSIS) nato a (OMISSIS);
(OMISSIS) nato a (OMISSIS);
avverso l’ordinanza del 03/04/2018 del TRIB. LIBERTA’ di ROMA;
udita la relazione svolta dal Consigliere GIUSEPPE PAVICH;
lette/sentite le conclusioni del PG FERDINANDO LIGNOLA che conclude per l’inammissibilita’ dei ricorsi.
E’ presente l’avvocato (OMISSIS) del foro di ROMA in difesa di (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) che insiste per l’accoglimento dei ricorsi. E’ presente l’avvocato (OMISSIS) del foro di ROMA in difesa di (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) che insiste per l’accoglimento dei ricorsi.
RITENUTO IN FATTO
1. Il Tribunale del Riesame di Roma, con provvedimento reso il 3 aprile 2018, ha confermato – per quanto d’interesse in questa sede – l’ordinanza con la quale il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Roma, in data 12 marzo 2018, aveva applicato la misura della custodia cautelare in carcere a (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), in relazione a un’imputazione provvisoria in ordine al reato di associazione a delinquere finalizzata alla commissione di furti in abitazione (capo A) e a vari reati scopo, costituiti da altrettanti furti (consumati o tentati) all’interno di varie abitazioni ed ascritti a (OMISSIS) e (OMISSIS) ai capi B, C, e D; a (OMISSIS) al capo E; a (OMISSIS) e (OMISSIS) al capo F.
Il Tribunale del Riesame, dopo avere ritenuto configurabile il c.d. giudicato cautelare in ordine ai reati-scopo (sui quali, in base a quanto si ricava dall’ordinanza impugnata, non sono stati articolati motivi di doglianza e che vengono percio’ ritenuti non contestati), ha richiamato le considerazioni svolte nell’ordinanza applicativa in ordine alla sussistenza del reato associativo di cui al capo A: reato ritenuto configurabile sulla base di elementi deponenti per la stabilita’ e permanenza del vincolo associativo fra i componenti, tutti legati da vincoli di sangue e dediti a una serie indeterminata di reati contro il patrimonio; della sussistenza di un’idonea struttura organizzativa, desunta dall’impiego di utenze telefoniche fittiziamente intestate a soggetti non censiti sul territorio nazionale, di autovetture noleggiate a nome di soggetti vittime di sottrazione di documenti, di sostanze finanziarie per l’acquisto di altra autovettura destinata a essere impiegata per la commissione di furti, nonche’ dalla disponibilita’ di una rete di soggetti gia’ pregiudicati per ricettazione per la vendita di gioielli e preziosi rubati. Inoltre il gruppo disponeva di una base logistica, costituita dall’abitazione di (OMISSIS). Il Tribunale adito ha poi richiamato le emergenze investigative relative ai reati-scopo e, infine, ha argomentato a proposito delle esigenze cautelari, facendo fra l’altro riferimento ai numerosi precedenti degli indagati per reati contro il patrimonio.
2. Avverso la prefata ordinanza del Tribunale del Riesame ricorrono (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), con due distinti atti a firma dei difensori di fiducia, ossia rispettivamente – dell’avv. (OMISSIS) e dell’avv. (OMISSIS).
3. Il ricorso a firma dell’avv. (OMISSIS) consta di tre motivi.
3.1. Con il primo si denuncia violazione di legge processuale per avere il Tribunale erroneamente ritenuto la sussistenza del giudicato cautelare sulla base della non contestazione del quadro indiziario sui reati-scopo, laddove la richiesta di riesame non contiene necessariamente l’elaborazione dei motivi a sostegno e non opera nella specie il principio devolutivo.
3.2. Con il secondo, ampio motivo di lagnanza si denunciano violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla sussistenza degli indizi di reita’ relativi al reato associativo di cui al capo A: i fatti accertati non consentono di ravvisare un’associazione criminosa, ma solo alcune sporadiche condotte commesse da soggetti legati da vincolo di parentela; le intercettazioni non permettono di scorgere ulteriori elementi, ed inoltre si trattava di conversazioni in lingua rom, che pero’, nell’ordinanza applicativa, risultavano gia’ tradotte in lingua italiana ed e’ percio’ dubbio che la traduzione fosse stata correttamente eseguita. I contatti con i soggetti presuntivamente dediti alla ricettazione sono stati ritenuti sulla base della sola presenza di questi ultimi nei pressi dell’abitazione di (OMISSIS). In definitiva, l’ordinanza non considera la distinzione tra associazione a delinquere e concorso di persone nel reato; in proposito, vengono passati in rassegna alcuni episodi, dai quali non si ricava la sussistenza del vincolo associativo: non trova conferma la tesi di una “cassa comune” tra i fratelli (OMISSIS), ne’ della ripartizione degli utili degli ipotetici furti, ne’ in definitiva della partecipazione degli indagati a un comune programma criminoso; sempre sulla scorta del materiale investigativo vengono poi contestati i fondamenti dell’ipotizzata associazione sotto ulteriori profili: l’abitazione di (OMISSIS) non e’ la base logistica del presunto sodalizio, ma l’abitazione del padre dei (OMISSIS); non emerge alcun patto associativo fra gli indagati, ne’ una struttura qualificabile come associativa, avuto anche riguardo al ristretto numero di furti commessi dai fratelli (OMISSIS) in un arco temporale assai contenuto.
3.3. Con il terzo motivo i ricorrenti denunciano violazione di legge processuale in rapporto alla scelta della misura, ritenuta non adeguata e non proporzionata alle esigenze cautelari, a fronte del tempo decorso dai fatti contestati e della possibilita’, quanto meno, di applicare ai prevenuti gli arresti domiciliari con l’impiego del braccialetto elettronico.
4. Anche il ricorso a firma dell’avv. (OMISSIS) e’ affidato a tre motivi di doglianza.
4.1. Con il primo motivo si lamenta vizio di motivazione con riguardo al reato associativo di cui al capo A: la sussistenza del sodalizio costituisce invero mera ipotesi investigativa, non sorretta da elementi integranti i gravi indizi di colpevolezza degli indagati in relazione al suddetto reato. A tal fine l’esponente passa brevemente in rassegna alcuni elementi posti a base del convincimento del Tribunale del Riesame: ad esempio, i soldi che (OMISSIS) dice, in una conversazione, di dover portare alla famiglia di (OMISSIS) (soggetto che neppure era ritenuto partecipe dell’associazione) non possono ex se costituire indice della sussistenza del vincolo associativo, ben potendo essere un semplice aiuto per il complice di un furto; e anche la frase di (OMISSIS) “Io penso alle macchine voi pensate agli avvocati” null’altro significa se non che il soggetto di cui egli stava parlando aveva un fratello avvocato. Inoltre, l’esistenza del sodalizio criminoso non puo’ essere ritenuta sulla sola base del vincolo di sangue intercorrente tra i presunti compartecipi; e cio’ anche con riferimento alla presunta “base logistica” di (OMISSIS), che in realta’ e’ l’abitazione di famiglia degli indagati. Viene poi sottolineato che l’attivita’ di ricettazione della refurtiva e’ mero frutto di ipotesi; e che tra i concorrenti dei furti consumati o tentati in abitazione ve ne sono diversi che non sono ritenuti appartenenti al sodalizio criminoso.
4.2. Con il secondo motivo si denuncia vizio di motivazione in riferimento alla qualita’ di compartecipe dell’associazione attribuita a (OMISSIS): il quale, secondo il Tribunale adito, si sarebbe occupato della ricollocazione della refurtiva sul mercato, smerciandola ai ricettatori; ma di tale ruolo non vi e’ traccia nel capo di provvisoria incolpazione. Inoltre e’ illogica l’affermazione secondo la quale la responsabilita’ del (OMISSIS) per il reato di cui al capo F deriverebbe dalla sua presenza presso la presunta base operativa (ossia l’abitazione di famiglia). In definitiva, vie e’ carenza di elementi e l’ordinanza impugnata risulta protesa a cercare di colmare un vuoto motivazionale sul punto.
4.3. Con il terzo e ultimo motivo si denuncia vizio di motivazione in ordine alle esigenze cautelari, a fronte di una misura non rispettosa dei criteri di scelta della misura imposti dalla novellata disciplina.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il primo motivo di ricorso a firma dell’avv. (OMISSIS) e’ generico e manifestamente infondato.
A prescindere, infatti, dal fatto che la mancata articolazione di motivi di doglianza avanti il Tribunale del Riesame abbia o meno determinato il formarsi del giudicato cautelare (che in realta’, per pacifica giurisprudenza, copre il dedotto ma non il deducibile: cfr. Sez. U, Sentenza n. 11 del 08/07/1994, Buffa, Rv. 198213; Sez. 1, n. 47482 del 06/10/2015, Orabona, Rv. 265858), nondimeno deve constatarsi che il ricorrente non articola in questa sede, ne’ del resto risulta avere articolato avanti il Collegio adito, alcuno specifico motivo di lagnanza attinente ai reati scopo; ne deriva la genericita’ del ricorso sul punto, a fronte del puntuale impianto argomentativo dell’ordinanza impugnata con riferimento al ruolo assegnato agli indagati nella commissione dei furti in abitazione consumati o tentati di cui ai capi da B ad F.
2. Possono essere poi congiuntamente trattati il secondo motivo di ricorso a firma dell’avv. (OMISSIS) e il primo a firma dell’avv. (OMISSIS), ambedue vertenti sulla configurabilita’ del quadro indiziario relativo al reato associativo di cui al capo A.
Si tratta in ambo i casi di motivi infondati, che rasentano anzi la manifesta infondatezza.
Invero deve premettersi che, in tema di misure cautelari personali, il ricorso per cassazione che deduca insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza e’ ammissibile solo se denuncia la violazione di specifiche norme di legge o la manifesta illogicita’ della motivazione del provvedimento, ma non anche quando propone censure che riguardano la ricostruzione dei fatti, o che si risolvono in una diversa valutazione degli elementi esaminati dal giudice di merito (cfr. ex multis Sez. 2, n. 31553 del 17/05/2017, Paviglianiti, Rv. 270628).
Tanto premesso, i singoli elementi richiamati nei motivi di ricorso in esame si pongono per l’appunto come mera rilettura del materiale investigativo raccolto, a fronte del fatto che il Tribunale adito ha valorizzato, in termini affatto logici e coerenti, una serie di elementi di segno opposto, che sostengono la tesi del sodalizio criminoso, non liquidabile come mero concorso di persone nel reato continuato: l’impiego, per il compimento delle attivita’ furtive, di utenze cellulari a nome di soggetti non censiti in Italia, o di vetture noleggiate a nome di soggetti vittime di furto di documenti, e’ gia’ di per se’ indice di un collaudato sistema nel quale il vincolo di sangue tra i compartecipi non era certo l’unico a cementare la compagine criminosa, ma vi era uno stabile e collaudato impiego di accorgimenti che, nelle intenzioni degli odierni ricorrenti, erano destinati a sottrarli alle indagini. Il Tribunale chiarisce poi che la rilevanza attribuita alla solidarieta’ manifestata da (OMISSIS) in una conversazione verso la famiglia di (OMISSIS), nel frattempo arrestato, si spiega non gia’ con l’appartenenza di quest’ultimo al sodalizio, ma alla sua compartecipazione a un episodio delittuoso e alla conseguente assistenza in danaro prestata dal sodalizio ai suoi familiari.
Ancora, il Collegio adito, sulla base delle risultanze investigative, attribuisce a ciascuno dei tre indagati uno specifico ruolo nell’associazione.
Il (OMISSIS), oltre a partecipare ad alcune azioni, si occupa del noleggio delle automobili.
Il (OMISSIS), partecipe a sua volta in alcuni episodi di furto, coordina le attivita’ degli altri.
Quanto al (OMISSIS), che e’ anche compartecipe nel reato scopo di cui al capo F (il suo coinvolgimento emerge con chiarezza dalla conversazione riportata a pag. 13 dell’ordinanza), viene illustrata una conversazione con il fratello (OMISSIS), dalla quale si ricava il suo ruolo di soggetto incaricato di smerciare la refurtiva ai ricettatori, atteso che egli indica “il nero” come canale piu’ redditizio per piazzare la merce.
3. Cio’, a ben vedere, consente di dichiarare infondato anche il secondo motivo di lagnanza a firma dell’avv. (OMISSIS), riferito appunto al ruolo di (OMISSIS) nella compagine delittuosa: tale ruolo, come detto, non viene ricavato dal Tribunale unicamente sulla base della sua presenza presso l’abitazione di (OMISSIS) anche dopo l’arresto dei fratelli (OMISSIS) e (OMISSIS), ma anche sulle conversazioni intercettate, dalle quali si ricava il suo pieno coinvolgimento non solo nel reato-scopo (egli, parlando dell’episodio dell’8 dicembre 2016 durante la conversazione telefonica con (OMISSIS) del 10 dicembre, fa espresso riferimento all’invito a fuggire rivoltogli da altri, contro il parere di altro soggetto presente, mentre fuori vi erano una decina di poliziotti). Molto interessante e’, del resto, anche la conversazione di qualche giorno prima, in cui, dopo essere stato fermato dai Carabinieri con gioielli di cui non sapeva giustificare la provenienza e dopo essere stato successivamente rilasciato, (OMISSIS) telefona al fratello manifestando il sospetto di essere stato rilasciato dai carabinieri perche’ costoro volevano controllarlo e individuare anche il complice. Ne deriva, quanto meno a un qualificato livello indiziario, un quadro deponente per la sicura consapevolezza di (OMISSIS) di operare congiuntamente agli altri fratelli coindagati nell’ambito di un piu’ ampio e indeterminato sistema delittuoso.
4. Resta da dire dei motivi di ricorso riguardanti le esigenze cautelari (terzo motivo a firma dell’avv. (OMISSIS) e terzo motivo a firma dell’avv. (OMISSIS)).
Anche questi motivi possono essere congiuntamente trattati e, altrettanto congiuntamente, devono essere dichiarati infondati.
Sul punto, la motivazione offerta dall’ordinanza impugnata va esente da censure, non solo per quanto riguarda la gravita’ delle esigenze sottese alla misura inframuraria applicata, ma anche con riguardo alla sua insostituibilita’ con altra misura meno afflittiva: cio’ vale sia per quanto riguarda (OMISSIS) e (OMISSIS), gia’ sottoposti a misure restrittive e condannati in precedenza per reati della stessa indole, ma – nonostante cio’ – ancora proclivi a delinquere; sia per quanto riguarda (OMISSIS), il quale ha ben 15 condanne risultanti dal certificato del Casellario giudiziale, una delle quali per evasione; l’affermazione dell’inidoneita’ della misura autocustodiale a soddisfare le esigenze cautelari correnti nel caso di specie, stante l’incapacita’ di autocontrollo degli indagati, soddisfa i requisiti di motivazione implicita del diniego della sostituzione della misura inframuraria con quella degli arresti domiciliari, ancorche’ con l’utilizzo di strumento di controllo elettronico a distanza: in proposito va ricordato che il giudizio del tribunale del riesame sull’inadeguatezza degli arresti domiciliari a contenere il pericolo della reiterazione criminosa, per la sua natura di valutazione assorbente e pregiudiziale, costituisce pronuncia implicita sulla impossibilita’ di impiego di uno degli strumenti elettronici di controllo a distanza previsti dall’articolo 275-bis cod. proc. pen. (cfr. Sez. 2, n. 31572 del 08/06/2017, Caterino, Rv. 270463).
5. Al rigetto dei ricorsi segue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
Va disposta, in relazione allo stato di detenzione dei detti ricorrenti, la trasmissione del presente provvedimento al direttore dell’istituto penitenziario competente, affinche’ provveda a quanto stabilito dall’articolo 94 disp. att. cod. proc. pen., comma 1-ter.
P.Q.M.
Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’articolo 94 disp. att. cod. proc. pen., comma 1-ter.
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