Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|| n. 26185.
Il diritto potestativo di ciascun condomino di abdicare dall’uso dell’impianto comune di riscaldamento
Il diritto potestativo di ciascun condomino di abdicare dall’uso dell’impianto comune di riscaldamento, affinché possa costituirsi un impianto autonomo, opera sempre che l’interessato provi che dal distacco deriverà una effettiva proporzionale riduzione delle spese di esercizio e non si verificherà un pregiudizio del regolare funzionamento dell’impianto centrale stesso: segnatamente che da tale disattivazione non derivi né un aggravio di spese per coloro che continuano a fruire del riscaldamento centralizzato, né uno squilibrio termico dell’intero edificio, pregiudizievole per la regolare erogazione del servizi.
Ordinanza|| n. 26185. Il diritto potestativo di ciascun condomino di abdicare dall’uso dell’impianto comune di riscaldamento
Data udienza 21 marzo 2023
Integrale
Tag/parola chiave: Condominio degli edifici – Controversie – Mediazione obbligatoria – Condizione di procedibilità della domanda – Onere di esperire il tentativo obbligatorio di conciliazione – Grava sull’attore – Fattispecie relativa a giudizio di impugnazione di delibera assembleare condominiale
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MANNA Felice – Presidente
Dott. BERTUZZI Mario – Consigliere
Dott. FALASCHI Milena – rel. Consigliere
Dott. AMATO Cristina – Consigliere
Dott. PIRARI Valeria – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
Sul ricorso iscritto al n. 20717/2018 R.G. proposto da:
(OMISSIS), rappresentato e difeso dall’Avv. (OMISSIS), con giusta procura speciale in calce al ricorso ed elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’Avv. (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
CONDOMINIO DI (OMISSIS), in persona dell’Amministratore pro tempore, rappresentato e difeso all’Avv. (OMISSIS), unitamente all’Avv. (OMISSIS), con procura speciale in calce al controricorso ed elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio del secondo difensore;
– controricorrente –
avverso la sentenza del Tribunale di Torino n. 3114/2017, pubblicata il 13 giugno 2017;
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 21 marzo 2023 dal Consigliere Dott. Milena Falaschi.
Il diritto potestativo di ciascun condomino di abdicare dall’uso dell’impianto comune di riscaldamento
OSSERVAZIONI IN FATTO E IN DIRITTO
Rilevato che:
– con atto di citazione notificato l’8 gennaio 2016, (OMISSIS), nella qualita’ di proprietario di immobile facente parte dello stabile sito in (OMISSIS), evocava dinanzi al Tribunale di Torino il Condominio impugnando la Delib. condominiale 9 luglio 2015, limitatamente ai punti 1 e 3 dell’ordine del giorno, con i quali il Condominio, nel riparto delle spese di riscaldamento, gli attribuiva l’onere di pagamento pro quota anche delle spese relative al consumo, pur essendosi, il condomino, distaccato ai sensi dell’articolo 1118 c.c.; il (OMISSIS) chiedeva, inoltre, accertarsi la legittimita’ del distacco e la non derivabilita’ dallo stesso di squilibri di funzionamento o aggravi di spesa per gli altri condomini, con conseguente domanda di dichiarazione della debenza delle sole spese di manutenzione straordinaria e di conservazione e messa a norma;
– instaurato il contraddittorio, nella resistenza del Condominio che proponeva domanda riconvenzionale di accertamento della illegittimita’ del distacco per violazione dell’articolo 1118 c.c., il Tribunale di Torino, disposta ed espletata CTU, con sentenza n. 3114 del 2017, rigettava tutte le domande dell’attore e accoglieva la domanda riconvenzionale del convenuto Condominio.
In particolare il Tribunale, richiamando le conclusioni del consulente tecnico d’ufficio, rilevava in primo luogo che il distacco operato dal (OMISSIS) comportava un aggravio delle spese dei consumi per gli altri condomini, determinato anche dal fatto che il condomino, nell’operare il distacco, non aveva provveduto ad installare un autonomo impianto di riscaldamento, usufruendo quindi del calore prodotto dai radiatori degli altri condomini; in secondo luogo il Tribunale osservava che la Delib. nella quale il (OMISSIS) affermava essere stato implicitamente autorizzato al distacco non risultava agli atti del procedimento e che anzi, da altra successiva Delib., si desumeva che il Condominio, chiedendo pareri legali in ordine ad un “eventuale” distacco dall’impianto centralizzato e in relazione al quale andava determinato “il danno economico subito dai restanti condomini”, il Condominio si riservava in realta’ ogni decisione in merito;
– in virtu’ di impugnazione interposta da (OMISSIS), la Corte d’appello di Torino, nella resistenza del Condominio di (OMISSIS), con ordinanza n. 1022 del 2018, dichiarava inammissibile ai sensi dell’articolo 348 bis c.p.c. l’appello;
– per la cassazione della sentenza del Tribunale di Torino ricorre ex articolo 348 ter c.p.c. (OMISSIS), affidato a tre motivi, cui resiste il CONDOMINIO di (OMISSIS) con controricorso;
– in prossimita’ dell’adunanza camerale il Condominio controricorrente ha curato anche il depositato di memoria ex articolo 380 bis.1 c.p.c.
Il diritto potestativo di ciascun condomino di abdicare dall’uso dell’impianto comune di riscaldamento
Atteso che:
– con il primo motivo il ricorrente lamenta la violazione o la falsa applicazione del Decreto Legislativo n. 28 del 2010, articolo 5 nella parte in cui il Tribunale accoglieva la domanda riconvenzionale del Condominio convenuto pur non avendo, questi, partecipato al procedimento di mediazione obbligatoria a seguito della convocazione da parte dell’attore, determinando, la mancata partecipazione, l’improcedibilita’ della sola domanda riconvenzionale.
La censura e’ priva di pregio.
Le disposizioni contenute nel Decreto Legislativo n. 28 del 2010, in particolare l’articolo 4, comma 2, nel regolare l’accesso alla mediazione, stabilisce come debba essere proposta la relativa domanda e specificamente dispone, al comma 2, che “l’istanza deve indicare l’organismo, le parti, l’oggetto e le ragioni della pretesa”. E’ una caratteristica tipica del nostro sistema processuale il fatto che sia l’attore, cioe’ colui il quale assume l’iniziativa processuale, a dover chiarire, tra le altre cose, l’oggetto e le ragioni della pretesa.
L’articolo 5, comma 1 – bis, inoltre, dispone che chi “intende esercitare in giudizio un’azione” relativa a una controversia nelle materie ivi indicate “e’ tenuto, assistito dall’avvocato, preliminarmente a esperire il procedimento di mediazione ai sensi del presente decreto”. Anche qui si deve confermare che l’obbligo di esperire il procedimento di mediazione e’ posto dalla legge a carico di chi intende esercitare in giudizio un’azione, e non c’e’ alcun dubbio che tale posizione sia quella dell’attore.
E’ possibile, dunque, trarre la conclusione di carattere testuale che le due norme ora richiamate sono univoche nel senso che l’onere di attivarsi per promuovere la mediazione debba essere posto a carico dell’attore, ossia di colui che vuole fare valere un diritto in via di azione, rappresentato nella specie dallo stesso condomino (OMISSIS).
Ove peraltro il contenuto della doglianza del ricorrente voglia essere ricondotto, piu’ appropriatamente, alla denuncia di una violazione di norme di diritto, occorre evidenziare come il Tribunale di Torinoabbia comunque fatto corretta applicazione del testo dell’articolo 71 quater disp. att. c.c. (inserito dalla L. 11 dicembre 2012, n. 220). Tale norma al comma 1 indica quali siano le “controversie in materia di condominio” che, ai sensi del Decreto Legislativo 4 marzo 2010, n. 28, articolo 5, comma 1, sono soggette alla condizione di procedibilita’ dell’esperimento del procedimento di mediazione, tra le quali certamente rientra la domanda avanzata dal condomino, il comma 3 del medesimo articolo 71 quater disp. att. c.c. aggiunge, quindi, che “al procedimento e’ legittimato a partecipare l’amministratore, previa Delib. assembleare da assumere con la maggioranza di cui all’articolo 1136, comma 2 cit. codice”. L’articolo 71 quater, comma 4 contempla poi l’ammissibilita’ di una proroga del termine di comparizione davanti al mediatore per consentire di assumere la Delib. autorizzativa dell’assemblea, alla quale, infine, il comma 5 di tale disposizione rimette l’approvazione della proposta di mediazione, da votare con la medesima maggioranza occorrente per garantire la partecipazione dell’amministratore alla procedura.
Come e’ stato gia’ affermato da questa Corte (cfr Cass. 8 giugno 2020 n. 10846), la lettera dell’articolo 71 quater disp. att. c.c., comma 3 porta a concludere che la condizione di procedibilita’ della “controversie in materia di condominio” non possa dirsi realizzata allorche’ all’incontro davanti al mediatore l’amministratore partecipi sprovvisto della previa Delib. assembleare da assumere con la maggioranza di cui all’articolo 1136 c.c., comma 2, non essendo in tal caso “possibile” iniziare la procedura di mediazione e procedere con lo svolgimento della stessa, come suppone il Decreto Legislativo 4 marzo 2010, n. 28, articolo 8, comma 1. Non rileva nel senso di escludere la necessita’ della Delib. assembleare ex articolo 71 quater disp. att. c.c., comma 3 il fatto che si tratti, come nella specie e per quanto meglio si dira’ con riferimento al secondo mezzo, di controversia che altrimenti rientra nell’ambito delle attribuzioni dell’amministratore, in forza dell’articolo 1130 c.c., e con riguardo alla quale percio’ sussiste la legittimazione processuale di quest’ultimo ai sensi dell’articolo 1131 c.c., senza necessita’ di autorizzazione o ratifica dell’assemblea. Pur in relazione alle cause inerenti all’ambito della rappresentanza istituzionale dell’amministratore, questi non puo’ partecipare alle attivita’ di mediazione privo della Delib. dell’assemblea, in quanto l’amministratore, senza apposito mandato conferitogli con la maggioranza di cui all’articolo 1136 c.c., comma 2, e’ altrimenti comunque sprovvisto del potere di disporre dei diritti sostanziali che sono rimessi alla mediazione, e, dunque, privo del potere occorrente per la soluzione della controversia (arg. da Cass. 27 marzo 2019 n. 8473). Tale evenienza non corrisponde, dunque, all’ipotesi contemplata dal Decreto Legislativo 4 marzo 2010, n. 28, articolo 5, comma 2 bis, il quale dispone che “quando l’esperimento del procedimento di mediazione e’ condizione di procedibilita’ della domanda giudiziale la condizione si considera avverata se il primo incontro dinanzi al mediatore si conclude senza l’accordo”, in quanto, ancor prima che mancato, qui l’accordo amichevole di definizione della controversia e’ privo di giuridica possibilita’;
– con il secondo motivo il ricorrente lamenta la violazione o la falsa applicazione degli articolo 1136 c.c., articolo 67 disp. att. c.c., articoli 115 e 167 c.p.c. in relazione alla assenza dei presupposti deliberativi necessari al potere di rappresentanza in giudizio dell’amministratore. Il ricorrente deduce, in primo luogo, che l’assunto secondo cui la ratifica dell’operato dell’amministratore contenuta in una Delib. successiva all’instaurazione del giudizio produrrebbe effetti retroattivi violerebbe il disposto di cui all’articolo 1136 c.c.; in secondo luogo, deduce, in relazione alla medesima Delib., la violazione dell’articolo 67 disp. att. c.c. per essere stata assunta con 485 mm al netto di quelli del ricorrente, da cui andrebbero comunque decurtati ulteriori 50 millesimi stante la rappresentanza di oltre 1/5 del valore totale dell’edificio del condomino Picco munito di numerose deleghe. Infine, il ricorrente rileva che, in ogni caso, la ratifica dell’operato dell’amministratore sarebbe giunta gia’ scaduti i termini decadenziali di cui all’articolo 167 c.p.c., cio’ determinando l’improcedibilita’ della domanda riconvenzionale.
Anche il secondo motivo e’ infondato e pertanto non puo’ trovare ingresso.
Il diritto potestativo di ciascun condomino di abdicare dall’uso dell’impianto comune di riscaldamento
E’ innegabile che nella fattispecie si controverte innanzitutto in ordine alla Delib. dell’assemblea condominiale del 9 luglio 2015 (cfr. v. pag. 4 dello stesso ricorso).
Propriamente l’Amministratore del condominio dello stabile di via Don Murialdo n. 45, si e’ costituito e in primo grado e in secondo grado al fine di contrastare l’impugnazione dell’anzidetta Delib. esperita dal condomino (OMISSIS), cosicche’, nel solco della previsione dell’articolo 1130 c.c., comma 1, n. 1), nella formulazione applicabile ratione temporis (“l’amministratore deve: 1) eseguire le Delib. dell’assemblea dei condomini (…)”), esplica valenza l’insegnamento secondo cui, in tema di condominio negli edifici, l’amministratore puo’ resistere all’impugnazione della Delib. assembleare e puo’ gravare la relativa decisione del giudice senza necessita’ di autorizzazione o ratifica dell’assemblea, giacche’ l’esecuzione e la difesa delle deliberazioni assembleari rientrano fra le attribuzioni proprie dello stesso amministratore (cfr. Cass. 23 gennaio 2014 n. 1451; Cass. 20 marzo 2017 n. 7095).
Evidentemente, se l’amministratore, in tema di impugnazione di Delib. assembleari, puo’ senza necessita’ di autorizzazione alcuna proporre impugnazione avverso la statuizione di prime cure, a fortiori puo’ senza necessita’ di autorizzazione alcuna resistere all’avversa impugnazione.
In verita’ nella fattispecie si controverte, altresi’, in ordine all’accertamento della sussistenza in capo al condomino (OMISSIS) del diritto di effettuare il distacco dall’impianto di riscaldamento centralizzato (cosi’ pag. 5 della sentenza impugnata), nel solco della previsione dell’articolo 1131 c.c., comma 2 (“(l’amministratore) puo’ essere convenuto in giudizio per qualunque azione concernente le parti comuni dell’edificio (…);”), l’amministratore del Condominio dello stabile di (OMISSIS), era pur al riguardo appieno investito della legittimazione a resistere in giudizio (cfr. Cass. 26 febbraio 1996 n. 1485, secondo cui l’articolo 1131 c.c., comma 1 nel prevedere la legittimazione passiva dell’Amministratore in ordine ad ogni lite avente ad oggetto interessi comuni dei condomini – senza distinguere tra azioni di accertamento ed azioni costitutive o di condanna -, deroga alla disciplina valida per le altre ipotesi di pluralita’ di soggetti passivi, soccorrendo, cosi’, all’esigenza di rendere piu’ agevole ai terzi la chiamata in giudizio del Condominio, senza la necessita’ di promuovere il litisconsorzio passivo nei confronti dei condomini; Cass. 24 novembre 2005 n. 24764).
E nondimeno anche a tal ulteriore riguardo non vi era bisogno dell’autorizzazione preventiva ovvero successiva (in via di ratifica) dell’assemblea condominiale, siccome profilo litigioso – quest’ulteriore – direttamente connesso all’oggetto della Delib. per la cui “conservazione” l’amministratore resisteva in giudizio e dunque profilo litigioso dalla Delib. assembleare direttamente dipendente.
Evidentemente la piena legittimazione dell’Amministratore a resistere senza necessita’ di autorizzazione assembleare alcuna assorbe e rende vana la disamina dell’ulteriore ragione di censura veicolata dal motivo in esame e concernente il raggiungimento – attesa la necessita’ di prescindere dalla validita’ delle deleghe del condomino Picco – della prescritta maggioranza nell’assemblea tenutasi il 02.10.2015 e in quella del 26.04.2016;
– infine, con il terzo motivo, il ricorrente lamenta la violazione o la falsa applicazione del Decreto Legislativo n. 220 del 2012, articolo 2 dell’articolo 1118 c.c., nonche’ degli articoli 116, 196 c.p.c. e articoli 2735 c.c., nella parte in cui il Tribunale ha ritenuto il distacco illegittimo, nonostante vi fosse, secondo il ricorrente, la prova dell’autorizzazione da parte del Condominio, e fondando la propria decisione sulla Consulenza tecnica che lo stesso ricorrente ritiene incongrua e violativa del Decreto Legislativo n. 104 del 2014 nonche’ della normativa UNI 10200.
Il terzo motivo e’ inammissibile sotto vari profili.
Il diritto potestativo di ciascun condomino di abdicare dall’uso dell’impianto comune di riscaldamento, affinche’ possa costituirsi un impianto autonomo, opera sempre che l’interessato provi che dal distacco derivera’ una effettiva proporzionale riduzione delle spese di esercizio e non si verifichera’ un pregiudizio del regolare funzionamento dell’impianto centrale stesso: segnatamente che da tale disattivazione non derivi ne’ un aggravio di spese per coloro che continuano a fruire del riscaldamento centralizzato, ne’ uno squilibrio termico dell’intero edificio, pregiudizievole per la regolare erogazione del servizi (Cass. n. 7708 del 2007; Cass. n. 15079 del 2006; Cass. n. 5974 del 2004).
Tale facolta’ e’ espressamente recepita dall’ordinamento, posto che il Decreto del Presidente della Repubblica 26 agosto 1993, n. 412, articolo 1, lettera I), prevede la possibilita’ per il condomino di installare un impianto termico a risparmio energetico, previo distacco dall’impianto centralizzato.
Da ultimo, l’articolo 1118 c.c., come modificato dalla L. n. 220 del 2012, consente al condomino di distaccarsi dall’impianto centralizzato – di riscaldamento o di raffreddamento – condominiale allorche’ una siffatta condotta non determini notevoli squilibri di funzionamento dell’impianto stesso o aggravi di spesa per gli altri condomini, e dell’insussistenza di tali pregiudizi quel condomino deve fornire la prova, mediante preventiva informazione corredata da documentazione tecnica, salvo che l’assemblea condominiale abbia autorizzato il distacco sulla base di una propria, autonoma valutazione del loro non verificarsi (Cass. n. 22285 del 2016).
In siffatta evenienza, il condomino autorizzato a rinunziare all’uso del riscaldamento centralizzato e a distaccare le diramazioni della sua unita’ immobiliare dall’impianto comune rimane obbligato a pagare le sole spese di conservazione di quest’ultimo – quali, ad esempio, quelle di sostituzione della caldaia -, perche’ l’impianto centralizzato e’ comunque un accessorio di proprieta’ comune, al quale egli potra’, in caso di ripensamento, riallacciare la propria unita’ immobiliare; qualora tuttavia, in seguito ad un intervento di sostituzione della caldaia, il mancato allaccio non sia espressione della volonta’ unilaterale di rinuncia o distacco, ma una conseguenza dell’impossibilita’ tecnica di fruire del nuovo impianto, che non consente neppure un futuro collegamento, egli non puo’ essere piu’ considerato titolare di alcun diritto di comproprieta’ su tale impianto e percio’ non deve piu’ partecipare ad alcuna spesa ad esso relativa (Cass. n. 18131 del 2020).
Il diritto potestativo di ciascun condomino di abdicare dall’uso dell’impianto comune di riscaldamento
Il Tribunale di Torino, nel caso concreto, ha ritenuto che la Delib. 9 luglio 2015 con la quale il Condominio di (OMISSIS) ha negato a (OMISSIS) l’autorizzazione ad effettuare il distacco della propria unita’ immobiliare dall’impianto di riscaldamento centralizzato era immune da censure perche’ il condomino non aveva dimostrato, e lo avrebbe dovuto, la sussistenza dei presupposti di cui all’articolo 1118 c.c. e cioe’ la mancanza di squilibri tecnici pregiudizievoli per l’erogazione del servizio e di eventuali aggravi di spesa per i rimanenti condomini scaturenti dal chiesto distacco, e/o comunque, non ha ritenuto, che la prova dell’insussistenza dei detti pregiudizi fosse presente negli atti del processo, stante l’esito della consulenza tecnica d’ufficio.
Ora, proprio perche’ il Tribunale ha ritenuto che la prova dell’insussistenza del pregiudizio di cui si dice, la sentenza non presenta il vizio denunciato, che oltre a non criticare puntualmente la motivazione, investe un accertamento di merito insindacabile in sede di legittimita’ ove sorretto, come nel caso di specie, da argomentazioni adeguate e logiche.
In definitiva, alla stregua delle complessive argomentazioni svolte, il ricorso deve essere integralmente respinto, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, che si liquidano nei sensi di cui in dispositivo.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, occorre dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dello stesso ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis se dovuto.
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P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso;
condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio in favore del Condominio che si liquidano in complessivi Euro 5.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre contributo forfettario, iva e cap nella misura e sulle voci come per legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis se dovuto.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
Le sentenze sono di pubblico dominio.
La diffusione dei provvedimenti giurisdizionali “costituisce fonte preziosa per lo studio e l’accrescimento della cultura giuridica e strumento indispensabile di controllo da parte dei cittadini dell’esercizio del potere giurisdizionale”.
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