Corte di Cassazione, sezione terza civile, Sentenza 7 marzo 2019, n. 6591.
La massima estrapolata:
Le domande aventi ad oggetto diversi e distinti diritti di credito (anche se relativi ad un medesimo rapporto di durata tra le parti) possano essere proposte, in linea di principio, in separati processi, nel caso in cui i suddetti diritti di credito, oltre a far capo ad un medesimo rapporto di durata tra le stesse parti, siano anche, in proiezione, inscrivibili nel medesimo ambito oggettivo di un possibile giudicato o comunque fondati sul medesimo fatto costitutivo (sì da non poter essere accertati separatamente se non a costo di una duplicazione di attività istruttoria e di una conseguente dispersione della conoscenza di una medesima vicenda sostanziale); le relative domande possono essere proposte in separati giudizi solo se risulta in capo al creditore agente un interesse oggettivamente valutabile alla tutela processuale frazionata.
Sentenza 7 marzo 2019, n. 6591
Data udienza 5 dicembre 2018
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente
Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere
Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere
Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere
Dott. DELL’UTRI Marco – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 21408-2016 proposto da:
(OMISSIS) SRL, in persona del legale rappresentante (OMISSIS), (OMISSIS) SRL in proprio e quale avente causa a titolo particolare della ditta (OMISSIS), in persona del suo amministratore unico legale rappresentante (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che li rappresenta e difende unitamente agli avvocati (OMISSIS) giusta procura speciale in calce al ricorso;
– ricorrenti –
contro
(OMISSIS) SPA, in persona del Presidente del Consiglio di Amministrazione e legale rappresentante (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati (OMISSIS) giusta procura speciale in calce al controricorso;
– controricorrente –
e contro
AGENZIA DELLE DOGANE E DEI MONOPOLI;
– intimata –
nonche’ da:
AGENZIA DELLE DOGANE E DEI MONOPOLI successore dell’AMINISTRAZIONE AUTONOMA DEI MONOPOLI DI STATO, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, da cui e’ difesa per legge;
– ricorrente incidentale –
contro
(OMISSIS) SRL, (OMISSIS) SRL, (OMISSIS) SPA;
– intimati –
avverso la sentenza n. 964/2016 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 13/02/2016;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 05/12/2018 dal Consigliere Dott. MARCO DELL’UTRI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. PEPE Alessandro, che ha concluso per il rigetto del ricorso principali incidentale:
udito l’Avvocato (OMISSIS);
udito l’Avvocato (OMISSIS) per l’Avvocatura dello Stato.
FATTI DI CAUSA
1. Con sentenza resa in data 13/2/2016, la Corte d’appello di Roma, in accoglimento dell’appello proposto dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli di Stato, e in riforma della decisione di primo grado, ha dichiarato improponibili le domande proposte dalla C.N.G. s.r.l., dalla (OMISSIS) s.r.l. e da (OMISSIS) (tutti quanti in qualita’ di interventori nell’originario giudizio introdotto dalla (OMISSIS) s.c.a r.l.) per la condanna dell’Amministrazione dei Monopoli di Stato (successivamente divenuta Agenzia delle Dogane e Monopoli di Stato) al risarcimento del danno da lucro cessante subito da dette societa’ per essere state costrette a dismettere apparecchi di gioco, di cui erano divenute proprietarie o noleggiatrici, siccome risultati irregolari in quanto ritenuti intrinsecamente funzionali all’esercizio del gioco d’azzardo, nonostante il nulla osta emesso dall’amministrazione convenuta.
2. A fondamento della decisione assunta, la corte territoriale, superato il rilievo di talune questioni processuali sollevate dalle societa’ appellate, ha evidenziato come queste ultime avessero inammissibilmente avanzato le proprie originarie istanze risarcitorie, avendo richiesto il risarcimento del danno da lucro cessante dopo aver rivendicato, in altra precedente sede, il risarcimento del danno emergente derivante dal medesimo fatto dannoso, in tal modo rendendosi responsabili, attraverso il frazionamento del credito risarcitorio scaturito da uno stesso fatto illecito, di un’abusiva attivazione dello strumento processuale, in violazione del generale dovere di correttezza e buona fede e del principio costituzionale del giusto processo di cui all’articolo 111 Cost..
3. Avverso la sentenza d’appello, la (OMISSIS) s.r.l., in proprio e quale avente causa a titolo particolare da (OMISSIS), e la (OMISSIS) s.r.l., propongono ricorso per cassazione sulla base di sette motivi d’impugnazione, illustrati da successiva memoria.
4. L’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli (quale successore ex lege dell’Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato) resiste con controricorso proponendo, a sua volta, ricorso incidentale sulla base di due motivi d’impugnazione, cui ha fatto seguito il deposito di memoria.
5. La (OMISSIS)Cermet (OMISSIS) s.p.a. (gia’ (OMISSIS) s.c.a r.l.) ha depositato controricorso, oltre a una successiva memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo, le ricorrenti principali censurano la sentenza impugnata per violazione degli articoli 101, 161, 167, 342, 345 e 112 c.p.c., nonche’ dell’articolo 111 Cost. (in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 4), per avere la corte territoriale riformato la decisione del giudice di primo grado in assenza di un corrispondente motivo d’appello proposto dall’amministrazione avversaria (a sua volta coerente a un’analoga eccezione tempestivamente e ritualmente formulata nel corso del giudizio di primo grado), e per avere comunque illegittimamente omesso di sottoporre al contraddittorio delle parti la questione eventualmente sollevata d’ufficio in ordine all’improponibilita’ della domanda per illegittimo frazionamento del credito.
2. Il motivo e’ inammissibile.
3. Preliminarmente, osserva il Collegio come, sulla base del principio di necessaria e completa allegazione del ricorso per cassazione ex articolo 366 c.p.c., n. 6 (valido oltre che per il vizio di cui all’articolo 360, comma 1, n. 5 anche per quelli previsti dai nn. 3 e 4 della stessa disposizione normativa), il ricorrente che denunzia la violazione o falsa applicazione di norme di diritto, non possa limitarsi a specificare soltanto la singola norma di cui, appunto, si denunzia la violazione, essendo tenuto a indicare gli elementi fattuali in concreto condizionanti gli ambiti di operativita’ di detta violazione (cfr. Sez. L, Sentenza n. 9076 del 19/04/2006, Rv. 588498).
4. Siffatto onere sussiste anche allorquando il ricorrente affermi che una data circostanza debba reputarsi comprovata dall’esame degli atti processuali, con la conseguenza che, in tale ipotesi, il ricorrente medesimo e’ tenuto ad allegare al ricorso gli atti del processo idonei ad attestare, in relazione al rivendicato diritto, la sussistenza delle circostanze affermate, non potendo limitarsi alla parziale e arbitraria riproduzione di singoli periodi estrapolati dagli atti processuali propri o della controparte.
5. e’ appena il caso di ricordare come tali principi abbiano ricevuto l’espresso avallo della giurisprudenza delle Sezioni Unite di questa Corte (cfr., per tutte, Sez. Un., Sentenza n. 16887 del 05/07/2013), le quali, dopo aver affermato che la prescrizione dell’articolo 366 c.p.c., n. 6, e’ finalizzata alla precisa delimitazione del thema decidendum, attraverso la preclusione per il giudice di legittimita’ di porre a fondamento della sua decisione risultanze diverse da quelle emergenti dagli atti e dai documenti specificamente indicati dal ricorrente, onde non puo’ ritenersi sufficiente in proposito il mero richiamo di atti e documenti posti a fondamento del ricorso nella narrativa che precede la formulazione dei motivi (Sez. Un., Sentenza n. 23019 del 31/10/2007, Rv. 600075), hanno poi ulteriormente chiarito che il rispetto della citata disposizione del codice di rito esige che sia specificato in quale sede processuale nel corso delle fasi di merito il documento, pur eventualmente individuato in ricorso, risulti prodotto, dovendo poi esso essere anche allegato al ricorso a pena d’improcedibilita’, in base alla previsione del successivo articolo 369, comma 2, n. 4 (cfr. Sez. Un., Sentenza n. 28547 del 02/12/2008 (Rv. 605631); con l’ulteriore precisazione che, qualora il documento sia stato prodotto nelle fasi di merito e si trovi nel fascicolo di parte, l’onere della sua allegazione puo’ esser assolto anche mediante la produzione di detto fascicolo, ma sempre che nel ricorso si specifichi la sede in cui il documento e’ rinvenibile (cfr. Sez. Un., Ordinanza n. 7161 del 25/03/2010, Rv. 612109, e, con particolare riguardo al tema dell’allegazione documentale, Sez. Un., Sentenza n. 22726 del 03/11/2011, Rv. 619317).
6. Nella violazione di tali principi devono ritenersi incorsi le ricorrenti con il motivo d’impugnazione in esame, atteso che le stesse, nel dolersi che la corte d’appello avrebbe erroneamente riformato la decisione del giudice di primo grado in assenza di un corrispondente motivo d’appello proposto dall’amministrazione avversaria, hanno tuttavia omesso di fornire alcuna idonea e completa indicazione circa gli atti e i documenti (e il relativo contenuto) comprovanti il ricorso effettivo di detto errore, con cio’ precludendo a questa Corte la possibilita’ di apprezzare la concludenza delle censure formulate al fine di giudicare la fondatezza del motivo d’impugnazione proposto.
7. Quanto alla questione concernente la pretesa omessa sottopo-sizione, al contraddittorio delle parti, della questione (eventualmente sollevata d’ufficio) relativa all’improponibilita’ della domanda per illegittimo frazionamento del credito, e’ appena il caso di rilevare la radicale carenza di interesse delle ricorrenti, trattandosi della denuncia di un vizio processuale alla quale non risulta allegata l’indicazione del concreto pregiudizio eventualmente sofferto dalle societa’ deducenti per effetto della violazione processuale denunciata.
8. A tale ultimo riguardo, varra’ richiamare il consolidato insegnamento della giurisprudenza di questa Corte, ai sensi del quale deve ritenersi esclusa la sussistenza di un obbligo per il giudice di sollecitare, ex articolo 183 c.p.c., comma 4, la previa instaurazione del contraddittorio quando la questione rilevata d’ufficio sia di mero diritto, e, quindi, di natura processuale, ne’ tale obbligo assume rilievo se la parte non prospetti la specifica lesione del diritto di difesa che ne avrebbe patito, quantomeno allegando, quale verosimile sviluppo del processo svoltosi nel rigoroso rispetto della norma, l’insussistenza delle circostanze di fatto poste a base della decisione, potendosi vantare un diritto al rispetto delle regole del processo solo se, in dipendenza della loro violazione, ne derivi un concreto pregiudizio (cfr. Sez. 3, Sentenza n. 3432 del 22/02/2016, Rv. 638918 – 01).
9. Varra’ peraltro decisivamente evidenziare, in punto di fatto, come le stesse ricorrenti abbiano espressamente dato atto in questa sede (cfr. pag. 7 del ricorso) che la questione della prospettabile inammissibilita’ della domanda, in ragione dell’intervenuta parcellizza-zione del credito, era stata apertamente dedotta e sottoposta al contraddittorio processuale in sede di appello, con la conseguente inammissibilita’ dell’odierna deduzione delle appellanti, contraddittoriamente intesa a sostenere la pretesa estraneita’ della medesima questione al thema disputandum.
10. Con il secondo motivo, le ricorrenti principali censurano la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione dell’articolo 2 Cost. dell’articolo 104 c.p.c. (in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3), per avere la corte territoriale erroneamente ritenuto che la disgiunta proposizione delle domande riferite al medesimo credito risarcitorio fosse espressione, in via automatica, di un intento emulativo delle societa’ originarie istanti, senza procedere a una concreta verifica delle ragioni di detta separata proposizione, nella specie giustificata dall’impossibilita’ di rivendicare il risarcimento del danno da lucro cessante all’epoca della richiesta del risarcimento del danno emergente in ragione dell’oggettiva insussistenza, illo tempore, delle condizioni necessarie ai fini dell’esatta individuazione del danno subito.
11. Con il terzo motivo, le ricorrenti principali censurano la sentenza impugnata per violazione dell’articolo 88 c.p.c. (in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3), per avere la corte territoriale erroneamente ricollegato, al comportamento processuale ritenuto abusivo, la sanzione dell’improponibilita’ della domanda, in luogo delle conseguenze dettato dall’articolo 88 c.p.c. in relazione alla slealta’ del comportamento processuale, misurabile esclusivamente sul piano della regolazione delle spese processuali
12. Il secondo e il terzo motivo – congiuntamente esaminabili in ragione dell’intima connessione delle questioni dedotte – sono infondati.
13. Al riguardo, osserva il Collegio come le questioni poste con i motivi in esame abbiano trovato una definitiva soluzione nella giurisprudenza delle Sezioni Unite di questa Corte (Sez. U, 16 febbraio 2017, n. 4091), avendo queste ultime affermato come, benche’ le domande aventi ad oggetto diversi e distinti diritti di credito (anche se relativi ad un medesimo rapporto di durata tra le parti) possano essere proposte, in linea di principio, in separati processi, nel caso in cui i suddetti diritti di credito, oltre a far capo ad un medesimo rapporto di durata tra le stesse parti, siano anche, in proiezione, inscrivibili nel medesimo ambito oggettivo di un possibile giudicato o comunque fondati sul medesimo fatto costitutivo (si’ da non poter essere accertati separatamente se non a costo di una duplicazione di attivita’ istruttoria e di una conseguente dispersione della conoscenza di una medesima vicenda sostanziale), le relative domande possono essere proposte in separati giudizi solo se risulta in capo al creditore agente un interesse oggettivamente valutabile alla tutela processuale frazionata.
14. Ove la necessita’ di siffatto interesse (e la relativa mancanza) non siano state dedotte dal convenuto, il giudice che intenda farne oggetto di rilievo dovra’ indicare la relativa questione ai sensi dell’articolo 183 c.p.c. e, se del caso, riservare la decisione assegnando alle parti termine per memorie ai sensi dell’articolo 101 c.p.c., comma 2.
15. Nel caso di specie, superata ogni questione concernente il rispetto del contraddittorio tra le parti in relazione al punto controverso (cfr. supra), varra’ evidenziare come la corte territoriale abbia espressamente sottolineato il positivo mancato rilievo di alcuno specifico interesse delle danneggiate – in se’ oggettivamente valutabile all’invocazione in modo frazionato della rivendicata tutela processuale, avendo il giudice a quo al contrario evidenziato (sulla base di una motivazione giuridicamente corretta e logicamente congrua, come tale pienamente idonea a sfuggire alle odierne censure delle ricorrenti) come le stesse disponessero, sin dall’epoca anteriore all’introduzione del primo giudizio di danno, di un’effettiva, completa e tempestiva conoscenza di tutti i profili di pregiudizio derivati dal fatto dannoso dedotto e degli estremi oggettivi per la loro esatta quantificazione, si’ da rendere del tutto ingiustificata la separata proposizione delle due domande aventi ad oggetto crediti entrambi fondati sul medesimo fatto costitutivo.
16. Con il quarto motivo, le ricorrenti principali censurano la sentenza impugnata per violazione dell’articolo 24 Cost. e articolo 40 c.p.c. (in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3), per avere la corte territoriale erroneamente rilevato l’improponibilita’ della domanda delle originarie istanti senza aver preventivamente proceduto alla riunione dei diversi giudizi risarcitori, con la conseguente sanatoria dell’abuso rilevato.
17. Con il quinto motivo, le ricorrenti principali censurano la sentenza impugnata per omesso esame di un fatto decisivo controverso (in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 5), per avere la corte territoriale omesso di valutare la condotta processuale dell’Amministrazione dei Monopoli al fine di giudicare in termini di abusivita’ l’iniziativa processuale delle originarie istanti, non avendo la controparte mai contestato il rilevato frazionamento del credito, ne’ avendo la stessa mai invocato la riunione dei diversi giudizi risarcitori.
18. Il quarto e il quinto motivo – congiuntamente esaminabili in ragione dell’intima connessione delle questioni dedotte – sono infondati.
19. Al riguardo – ferma l’assorbente considerazione riferita alla mancata dimostrazione, da parte delle odierne ricorrenti principali, dell’effettiva e concreta sussistenza dei presupposti in fatto e in rito per la riunione dei procedimenti richiamati, o l’avvenuto adeguato assolvimento degli oneri di allegazione e produzione processuale imposti dall’articolo 366 c.p.c., n. 6 e articolo 369 c.p.c., comma 2, n. 4, in relazione al carattere incontestato dell’avvenuto frazionamento – osserva il Collegio come all’adozione (ove possibile) di un eventuale provvedimento di riunione dei procedimenti, o alla mancata contestazione della proposizione frazionata di domande riferite a crediti rivenienti dal medesimo fatto costitutivo, non possa essere ascritta alcuna virtu’ sanante dell’improcedibilita’ della domanda illegittimamente frazionata, dovendo ritenersi che il solo fatto oggettivo dell’avvenuto frazionamento del credito attraverso la separata conduzione di diverse iniziative giudiziarie, valga a sancire l’irrimediabile carattere abusivo delle pretese successive, indipendentemente dalla sorte processuale delle diverse domande proposte, non potendo ascriversi, al ricorso di eventuali scelte discrezionali del giudice o della controparte, o all’accadimento di mere evenienze fattuali puramente accidentali, la virtu’ di condizionare o meno a legittimita’ (o la proponibilita’) di eventuali iniziative processuali, il rilievo della cui eventuale illegittimita’ deve ritenersi spettante ai poteri di iniziativa officiosa del giudice.
20. Con il sesto motivo, le ricorrenti principali censurano la sentenza impugnata per omesso esame di un fatto decisivo controverso (in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 5), per avere la corte territoriale omesso di rilevare le circostanze di fatto, analiticamente richiamate in ricorso, in forza delle quali avrebbe dovuto ritenersi incontestabile l’improponibilita’ di una contestuale domanda di risarcimento del danno emergente e del lucro cessante in considerazione dell’impossibilita’ di procedere a una completa e definitiva individuazione di quest’ultimo all’epoca della proposizione del primo giudizio.
21. Il motivo e’ inammissibile.
22. La corte territoriale ha coerentemente e correttamente sottolineato come le societa’ istanti avrebbero positivamente ed efficacemente potuto rivendicare il risarcimento di tutti danni derivanti dal comportamento illecito dell’amministrazione avversaria sin dall’originaria istaurazione del giudizio per il risarcimento del danno emergente, avendo sottolineato come, gia’ da tale epoca, fosse determinabile il periodo corrispondente alla prevista mancata percezione degli introiti programmati, ed avendo altresi’ evidenziato, in ogni caso, la possibilita’ di far salva l’eventuale proposizione, in altra sede, del danno non ancora determinabile all’epoca di definizione dell’unico giudizio risarcitorio proposto.
23. Tanto basta a escludere l’ammissibilita’ della doglianza in esame, atteso che, attraverso la relativa proposizione, le odierne ricorrenti risultano aver censurato, non gia’ l’omissione rilevante ai fini dell’articolo 360 n. 5 cit., bensi’ la congruita’ del complessivo risultato della valutazione operata nella sentenza impugnata con riguardo all’intero materiale probatorio, che, viceversa, il giudice a quo risulta aver elaborato in modo completo ed esauriente, sulla scorta di un discorso giustificativo dotato di adeguata coerenza logica e linearita’ argomentativi, senza incorrere in alcuno dei gravi vizi d’indole logico-giuridica unicamente rilevanti in questa sede, avendo le ricorrenti ulteriormente trascurato di circostanziare gli aspetti dell’asserita decisivita’ della mancata considerazione, da parte della corte territoriale, delle occorrenze di fatto asseritamente dalla stessa non esaminate, e che avrebbero al contrario (in ipotesi) condotto a una sicura (e non gia’ solo possibile) diversa risoluzione dell’odierna controversia.
24. Attraverso la censura in esame, pertanto, le ricorrenti altro non prospettano se non una rilettura nel merito dei fatti di causa secondo il proprio soggettivo punto di vista, in coerenza ai tratti di un’operazione critica come tale inammissibilmente prospettata in questa sede di legittimita’.
25. Con il settimo motivo, le ricorrenti principali censurano la sentenza impugnata per violazione degli articoli 24, 101 e 111 Cost. (in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3), per avere la corte territoriale erroneamente escluso l’applicabilita’, al caso di specie, del principio del c.d. overruling processuale, avendo le societa’ istanti avanzato le proprie richieste risarcitorie prima che la giurisprudenza di legittimita’ riconoscesse il carattere abusivo del frazionamento del medesimo credito ri-sarcitorio di natura extracontrattuale attraverso la proposizione di separate iniziative giudiziarie.
26. Il motivo e’ infondato.
27. Sul punto, ritiene il Collegio che la corte territoriale si sia correttamente allineata all’orientamento gia’ in precedenza seguito da questa Corte (che il Collegio condivide e fa proprio al fine di assicurarne continuita’) ai sensi del quale la proposizione di separate azioni risarcitorie per danni diversi nascenti dallo stesso fatto illecito, avvenuta anteriormente all’arresto delle Sezioni Unite che ha affermato il principio dell’infrazionabilita’ della domanda giudiziale per crediti derivanti da un unico rapporto, si sottrae all’applicazione del prospective overruling, secondo cui restano salvi gli effetti degli atti processuali compiuti dalla parte che abbia fatto incolpevole affidamento sulla stabilita’ di una previgente interpretazione giurisprudenziale, atteso che quella decisione non ha comportato il mutamento dell’interpretazione di una regola del processo che preveda una preclusione o una decadenza, ma ha sancito l’improponibilita’ delle domande successive alla prima in ragione del difetto di una situazione giuridica sostanziale tutelabile, per contrasto con il principio costituzionale del giusto processo, che non consente di accordare protezione ad una pretesa caratterizzata dall’uso strumentale del diritto di azione (cfr. da ultimo, Sez. 3 -, Sentenza n. 929 del 17/01/2017, Rv. 642700 – 01).
28. Con il primo motivo del ricorso incidentale, l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli di Stato censura la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione dell’articolo 105 c.p.c. (in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3), per avere la corte territoriale disatteso il motivo di appello avanzato dell’amministrazione ricorrente in relazione alla denunciata inammissibilita’ dell’intervento delle controparti in assenza dei presupposti processuali idonei a consentirlo.
29. Con il secondo motivo, la ricorrente incidentale censura la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione dell’articolo 183 c.p.c. (in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3), per avere la corte territoriale omesso di rilevare come le controparti avessero spiegato inammissibilmente il proprio intervento nel giudizio instaurato da altra societa’ dopo la maturazione delle preclusioni processuali sancite dall’articolo 183 c.p.c..
30. Osserva il Collegio come la rilevanza di entrambi i motivi del ricorso incidentale, in forza delle concrete ragioni di doglianza ivi illustrate, debba ritenersi assorbita dall’avvenuto accertamento della complessiva e integrale infondatezza del ricorso principale.
31. Sulla base delle argomentazioni che precedono, rilevatane la complessiva infondatezza, dev’essere pronunciato il rigetto del ricorso principale e – assorbita la rilevanza del ricorso incidentale – la conseguente condanna delle ricorrenti al rimborso, in favore dell’amministrazione pubblica controricorrente, delle spese del giudizio di legittimita’, secondo la liquidazione di cui al dispositivo.
32. L’avvenuta notificazione alla (OMISSIS)Cermet (OMISSIS) s.p.a. (gia’ estromessa dal processo) del ricorso principale e del ricorso incidentale al solo (espresso) fine della “regolarita’ del contraddittorio” (cfr. la prima pagina di entrambi i ricorsi), senza proposizione di alcuna domanda nei relativi confronti, vale a escludere il ricorso dei presupposti per la liquidazione, in suo favore, delle spese relative al presente giudizio.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso principale.
Dichiara assorbito il ricorso incidentale.
Condanna le ricorrenti al rimborso, in favore dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, delle spese del giudizio di legittimita’, liquidate in complessivi Euro 18.000,00, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, e agli accessori come per legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte delle ricorrenti principali, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dell’articolo 1-bis, dello stesso articolo 13.
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