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3.2. Ancora richiamando la coerenza sistematica dell’ordinamento, non puo’ non rilevarsi che gli articoli 324 e 309 cod. proc. pen., norme regolatrici, rispettivamente, delle misure cautelari reali e di quelle personali, quanto alla ricezione dell’atto di impugnazione, descrivono discipline del tutto analoghe, giacche’ in entrambe le ipotesi vi e’ l’indicazione, principale, dell’ufficio di cancelleria presso l’autorita’ giudiziaria investita della competenza funzionale per la decisione (il tribunale del capoluogo della provincia nella quale ha sede l’ufficio che ha emesso il provvedimento, nella fattispecie disciplinata dall’articolo 324 c.p.p., commi 1 e 5; il tribunale del luogo nel quale ha sede la corte di appello nella cui circoscrizione e’ compreso l’ufficio del giudice che ha emesso l’ordinanza, nella ipotesi regolata dall’articolo 309 c.p.p., commi 4 e 7).
In entrambe le norme, poi, la indicazione principale si completa con il richiamo all’articolo 582 cod. proc. pen.; l’articolo 324 c.p.p., al comma 2, recita infatti: “La richiesta e’ presentata nelle forme previste dall’articolo 582 c.p.p.”; mentre l’articolo 309 c.p.p. dispone, nel secondo periodo del comma 4: “Si osservano le forme previste dagli articoli 582 e 583 c.p.p.”.
3.3. Sul rapporto tra gli articoli 309 e 582 cod. proc. pen., sono intervenute le Sezioni Unite, affermando il seguente principio:”Il rinvio che in tema di presentazione della richiesta di riesame l’articolo 309 c.p.p., comma 4, fa alle forme dell’articolo 582 c.p.p. comprende anche il medesimo articolo 582 c.p.p., comma 2, secondo il quale le parti private e i difensori possono presentare l’atto di impugnazione anche nella cancelleria della pretura in cui si trovano, se tale luogo e’ diverso da quello in cui fu emesso il provvedimento, ovvero davanti ad un agente consolare all’estero. Una volta avvenuta la presentazione della richiesta o dell’appello in tali ultimi uffici nel termine di dieci giorni di cui all’articolo 309 cod. proc. pen., comma 3, e’ del tutto irrilevante, al fine della tempestivita’, che l’atto raggiunga o meno entro lo stesso termine la cancelleria del tribunale indicato nello stesso articolo 309 cod. proc. pen., comma 7″ (Sez. U., n. 11 del 18/06/1991, D’Alfonso, Rv. 187922).
Appare utile richiamare gli argomenti sviluppati a sostegno del principio di cui alla massima appena evocata, giacche’: la soluzione restrittiva e’ affidata esclusivamente al dato testuale della norma, dal quale si e’ voluto dedurre che dal successivo richiamo all’articolo 582 c.p.p. siano esclusi i diversi uffici indicati nel comma 2 dello stesso articolo; il dato testuale richiama pero’ le forme previste dall’articolo 582 c.p.p. nella loro globalita’ e senza limitazioni che il legislatore, ove avesse inteso porre, avrebbe formulato esplicitamente; sotto tale aspetto non e’ vano il rilievo che, in genere e salvo particolari limitazioni, il rinvio operato da una norma alle forme previste da altra disposizione, non e’ limitato ai meri requisiti formali di un atto, ma si estende ad ogni modalita’ procedurale della norma alla quale il rinvio viene operato; l’apparente contrasto fra l’esplicita indicazione della cancelleria del tribunale di cui all’articolo 309 c.p.p., comma 7 ed il successivo generico richiamo alle forme di cui all’articolo 582 c.p.p. (che potrebbe far ritenere come da quel richiamo sia esclusa la possibilita’ della presentazione dell’atto in diversi uffici) puo’ essere spiegato nel senso che il legislatore abbia voluto indicare l’organo definitivo destinatario dell’istanza e non quello al quale necessariamente questa deve essere in un primo momento presentata; le allegate ragioni d’urgenza potrebbero compromettere proprio l’attuazione di quel diritto che si pretende con esse di assicurare ancor piu’ rapidamente; una diversa interpretazione sarebbe in contrasto con quel favor impugnationis cui e’ indubbiamente ispirato il sistema processuale, con intuitive possibilita’ di implicazione costituzionale, in relazione all’articolo 24 Cost., che gia’ di per se’ stesse portano a preferire l’interpretazione piu’ aderente alla salvaguardia del diritto di difesa costituzionalmente garantito.
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