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13.2.1. Per esse, la sanzione di nullita’ del (solo) patto di maggiorazione – che, attesane la natura di controdichiarazione dissimulatoria (al di la’ ed a prescindere dalla forma negoziale di volta in volta assunta), ne impedisce il dispiegarsi degli effetti – non si estende, difatti, all’intero contratto (se registrato), che resta, pertanto, valido ed efficace, ai sensi del citato articolo 13, salva, dopo il 2004, la nullita’ del contratto tout court per omessa registrazione.
13.2.2. Tale previsione normativa non e’ stata espressamente estesa, dal legislatore del 1998, alle locazioni non abitative, in relazione alle quali, pertanto, non risulterebbe apparentemente predicabile alcuna nullita’ testuale dell’accordo di maggiorazione occulta del canone.
13.3. Il procedimento simulatorio, costituito dall’accordo tra le parti (che ne consacra e ne cristallizza l’incontro delle volonta’ volto a stipulare una locazione con prezzo fittizio) e dall'(unica) convenzione negoziale (i.e. il contratto di locazione), perfetta in ogni suo elemento, il cui oggetto (il prezzo) simulato risulta essere diverso alla luce della controdichiarazione contenente l’oggetto (il prezzo, non il negozio) dissimulato, risulterebbe, pertanto, prima facie “neutro” (come accade per ogni vicenda di simulazione relativa, rispetto alla quale il legislatore del ‘42 adottera’ un atteggiamento felicemente definito agnostico dalla dottrina), sul piano tanto volontaristico, quanto causale (salvo quanto ancora si dira’ sull’intento evasivo/elusivo del locatore), proprio per l’assenza di una norma che sancisca la nullita’ del patto controdichiarativo di maggiorazione del canone.
La nullita’ e’, di converso, stabilita per l’intero contratto (e non per il solo patto controdichiarativo), in conseguenza non gia’ di un vizio endonegoziale, ma (della mancanza) di un requisito extraformale costituito dall’omissione della registrazione del contratto.
13.4. Questa stessa Corte, con la sentenza del 2015, aveva avuto modo di affermare che, se la sanzione della nullita’ derivasse dalla sola violazione dell’obbligo di registrazione, allora sembrerebbe ragionevole ammettere un effetto sanante al comportamento del contraente che, sia pur tardivamente, adempia a quell’obbligo.
Si pone allora, come prima questione, quella della configurabilita’ di una possibile sanatoria a seguito della tardiva registrazione di un (qualsivoglia) contratto di locazione che contenga l’indicazione del canone reale, come convenuto fin ab origine tra le parti.
14. In tale prospettiva, occorre preliminarmente verificare se una tardiva registrazione possa dirsi legittima.
La normativa tributaria sembra offrire una risposta positiva al quesito, considerato che il termine di trenta giorni previsto per assolvere al pagamento dell’imposta di registro non e’ qualificato come perentorio (Decreto del Presidente della Repubblica n. 131 del 1986, articolo 17, comma 1, come modificato dalla L. 21 novembre 2000, n. 342, articolo 68) e che l’articolo 38, dello stesso decreto, prevede che “la nullita’… dell’atto non dispensa dall’obbligo di chiedere la registrazione e di pagare la relativa imposta”. E’ inoltre prevista la possibilita’ di una registrazione volontaria tardiva anche in caso di decadenza dall’azione di riscossione (citato Decreto del Presidente della Repubblica n. 131 del 1986, articolo 76, comma 5), ed e’ lo stesso sistema tributario a consentire il c.d. “ravvedimento operoso”, riconoscendo l’attenuazione della sanzione prevista per la violazione delle norme tributarie nei casi ed alle condizioni indicate dal Decreto Legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, articolo 13.
14.1. Resta da valutare se un ostacolo alla possibilita’ di tardiva registrazione sia stato introdotto a seguito della novella della L. n. 431 del 1998, articolo 13, come recentemente modificato dalla L. 28 dicembre 2015, n. 208, articolo 1, comma 59, (c.d. legge di stabilita’ 2016), laddove e’ stato previsto l’obbligo unilaterale del locatore di provvedere alla registrazione del contratto di locazione entro il termine perentorio di trenta giorni (comma 1, secondo periodo dell’articolo 13 cit.) stabilendosi altresi’ che, in caso di inottemperanza a tale obbligo, il conduttore possa chiedere al giudice di accertare la esistenza del contratto e rideterminarne il canone in misura non superiore al valore minimo di cui al precedente articolo 2.
15. Valutando complessivamente tale disposizione, peraltro dettata con esclusivo riferimento alle locazioni ad uso abitativo, non sembra che da essa possa desumersi l’introduzione di una generalizzata “perentorieta’” del termine per la registrazione previsto dalla normativa tributaria, considerato che la perentorieta’ del termine sembra circoscritta alla condotta del solo locatore, ed esclusivamente al fine di far operare la correlata possibilita’ per il conduttore di ottenere la conformazione del contratto (altrimenti nullo perche’ non registrato nel termine) al canone autoritativamente predeterminato, come previsto dalla nuova disposizione. Ma cio’, si ripete, per i soli contratti di locazione ad uso abitativo.
16. Ritenendo, pertanto, non illegittima una registrazione tardiva, sembra coerente riconoscere a tale adempimento tardivo l’effetto di sanare la nullita’ sancita dal comma 346 della Finanziaria 2004, attesone il carattere:
– sul piano morfologico, di nullita’ per difetto di un coelemento di validita’ extranegoziale
– sul piano funzionale, di invalidita’ da inadempimento (dell’obbligo di registrazione).
17. Tale soluzione si pone in linea con quanto condivisibilmente affermato da quella dottrina che propone una lettura restrittiva dell’articolo 1423 c.c., limitata alla insanabilita’ del negozio nullo salvo convalida, cosi’ che (al di la’ dell’improprieta’ del termine adottato dal legislatore del 1942, essendo l’effetto di convalida predicabile con riferimento al solo negozio annullabile, del quale e’ destinato a fissarne definitivamente l’efficacia gia’ temporaneamente e provvisoriamente prodottasi fin dalla conclusione del contratto), la norma non puo’ ritenersi ostativa alla (eccezionale) ammissibilita’ di altre ipotesi di cd. sanatoria (ovvero di “recupero” degli effetti negoziali, come piu’ correttamente proposto da altra dottrina) delle nullita’ contrattuali (ne testimonierebbero la legittimita’ alcune fattispecie previste dallo stesso codice, come la conferma delle disposizioni testamentarie e delle donazioni nulle; il matrimonio putativo; l’esecuzione del contratto di lavoro nullo; la cosiddetta pubblicita’ sanante ex articolo 2652 c.c., n. 6; la sanatoria delle nullita’ delle deliberazioni assembleari di s.p.a. per mancanza del verbale, emendabile mediante verbalizzazione che preceda la successiva assemblea con effetto ex tunc; l’obbligo dell’assicuratore di pagare l’indennizzo anche quando il contratto sia nullo, perche’ stipulato in assenza di autorizzazione all’esercizio, ex articolo 167, comma 2, Cod. ass.).
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