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I termini per comparire in giudizio stabiliti dall’articolo 163-bis cod. proc. civ. sono fissati, non in relazione ai luoghi delle possibili notificazioni, bensi’ al luogo in cui la notificazione e’ realmente e validamente avvenuta (Cass., Sez. 2, 14 febbraio 1987, n. 1616; Cass., Sez. 3, 18 luglio 1991, n. 7978; Cass., Sez. 2, 8 gennaio 2014, n. 142, cit.), e cio’ avuto riguardo alla ratio di tale norma, che prevede un termine maggiore (di centoventi giorni, secondo il testo della disposizione ratione temporis applicabile) solo se il luogo della notificazione si trova non in Italia ma all’estero, dovendosi presumere la necessita’ di un maggior tempo per apprestare, dall’estero, una congrua difesa in Italia. Ne consegue che il termine piu’ ampio non opera la’ dove, come nella specie, la notifica dell’atto di citazione sia avvenuta a mani del convenuto in Italia, a nulla rilevando che questi, cittadino italiano, avesse formalmente all’estero, al tempo della notificazione, la propria residenza anagrafica.
3. – Con il terzo motivo (violazione degli articoli 3 e 5 del regolamento CE n. 44 del 2001 in riferimento all’articolo 360 c.p.c., n. 1), relativo al difetto di giurisdizione del giudice italiano, il ricorrente, inquadrato il contratto alla base della domanda in un mandato ad eseguire depositi di denaro contante in Lussemburgo, deduce che l’accertamento giudiziale inerente alle vicende derivanti da tale rapporto negoziale avrebbe dovuto avvenire presso il giudice del Granducato del Lussemburgo, in cui aveva residenza il (OMISSIS). Ne’, ad avviso del ricorrente, opererebbe la riserva contenuta nell’articolo 6 del citato regolamento, posto la disposizione non potrebbe avere l’effetto di attrarre l’accertamento del credito, riguardante il solo (OMISSIS), al giudizio in cui dovevano accertarsi, anche nei confronti del terzo acquirente, i presupposti dell’azione revocatoria o simulatoria.
3.1. – La censura e’ infondata.
Ai sensi dell’articolo 5, n. 1), del regolamento CE n. 44 del 2001, la persona domiciliata nel territorio di uno Stato membro puo’ essere convenuta in un altro Stato membro, in materia contrattuale, davanti al giudice del luogo in cui l’obbligazione dedotta in giudizio e’ stata o deve essere eseguita. E poiche’ nella specie l’obbligazione da prendere in considerazione e’ quella corrispondente al diritto di restituzione azionato in forza della dichiarazione autografa sottoscritta dal debitore (OMISSIS), correttamente e’ stata dichiarata la giurisdizione del giudice italiano, essendo in Italia il domicilio della creditrice, luogo dell’adempimento dell’obbligazione restitutoria nascente dal contratto, stipulato tra le parti, con cui il (OMISSIS) ha ricevuto la somma di Lire 430.000.000 in contanti, in successive 21 rate di Lire 20.000.000 piu’ una di Lire 10.000.000, dando in garanzia l’appartamento di (OMISSIS).
La giurisdizione del giudice italiano sussiste anche in relazione all’azione di simulazione e all’azione revocatoria, essendo questa stata proposta anche nei confronti di (OMISSIS), domiciliata in Italia: sicche’ trova applicazione l’articolo 6, n. 1, del medesimo regolamento, secondo cui in caso di pluralita’ di convenuti gli stessi possono essere citati davanti al giudice del luogo in cui uno di essi e’ domiciliato (cfr. Cass., Sez. U., 30 giugno 1999, n. 370).
4. – Il quarto motivo prospetta la violazione del combinato disposto degli articoli 1418 e 1345 cod. civ., unitamente al Decreto Legge n. 167 del 1990, articolo 4 in riferimento all’articolo 360 c.p.c., n. 3. Con esso ci si duole che la sentenza impugnata abbia omesso di rilevare la nullita’ del patto intercorso tra le parti, il quale si concretizzava in un negozio nullo o illecito per contrarieta’ a norme imperative di legge, specificamente quelle di natura tributaria, delle quali tendeva ad eludere l’applicazione quale unico motivo comune alle parti, secondo l’allora vigente Decreto Legge n. 167 del 1990, che imponeva di effettuare dichiarazione fiscale delle somme esportate all’estero. Dalla nullita’ avrebbe dovuto discendere l’applicazione dei principi sulla produzione di interessi da restituzioni, che, nel caso di specie, non potevano riconoscersi al solvens dal giorno della pattuizione, ma, semmai, dal giorno della domanda.
4.1. – Il motivo e’ inammissibile, perche’ introduce una questione nuova, non esaminata dalla Corte territoriale, che presuppone accertamenti di fatto non risultanti dal testo della pronuncia impugnata, laddove nel giudizio di merito (come emerge dalla pag. 17 della sentenza della Corte d’appello) il (OMISSIS) ha incentrato la sua difesa, non gia’ sulla inesistenza dell’obbligo di restituire l’importo richiesto, quanto, piuttosto, sulla circostanza di averlo gia’ compiutamente restituito.
5. – Il ricorso e’ rigettato.
Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.
6. – Poiche’ il ricorso e’ stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed e’ rigettato, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17, che ha aggiunto al testo unico di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, il comma 1-quater – della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al rimborso delle spese processuali sostenute dalla controricorrente, che liquida in complessivi Euro 5.200, di cui Euro 5.000 per compensi, oltre alle spese generali nella misura del 15% e agli accessori di legge; dichiara – ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17, – la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis.
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